Lug 5, 2021 | Chiara Lubich
Chiara Lubich sottolinea che se vogliamo essere fedeli al carisma dell’unità, dobbiamo spalancare le porte del cuore a Gesù Abbandonato. Crescere nell’unità su tutti i fronti. Unità: parola chiave per tutti noi, parola sintesi di tutta la nostra spiritualità, conditio sine qua non per mantenere la vita che c’è ed incrementarla. […] L’unità, infatti, non si può concepire senza il dolore, senza il morire. Perché l’unità è un dono, ma è anche frutto del nostro autentico agire cristiano e non c’è espressione vera di vita cristiana senza la croce. Dobbiamo averlo sempre presente. […] Dobbiamo ricordarci sempre che abbiamo dato la vita ad uno solo: a Gesù Abbandonato. Non dobbiamo e non possiamo, quindi, barattarlo né tradirlo mai. Egli ci insegna l’immenso valore del patire proprio in vista dell’unità: è proprio per la sua croce, per il suo abbandono che ha riunito gli uomini a Dio e fra loro. Sta lì, quindi, a dirci che l’unità costa, anche se con Lui, facendo come Lui, si raggiunge. E allora, se vogliamo essere fedeli al carisma dell’unità, che lo Spirito ci ha dato, spalanchiamo ancora una volta le porte del cuore a Gesù Abbandonato e diamogli il posto migliore. […] per sottolineare un aspetto concreto di questo amore, amiamolo nelle difficoltà che comporta proprio l’unità fra noi […]. E ciò significa essere sempre pronti a vederci nuovi; vuol dire avere pazienza; sopportare; saper sorvolare; significa dare fiducia; sperare sempre; credere sempre. Soprattutto: non giudicare. Il giudizio verso gli altri, specie verso i responsabili, è terribile, è il varco attraverso il quale entra il demonio della disunità; con esso ogni bene dell’anima lentamente si dissolve, la vocazione stessa può vacillare. Curiamo dunque quest’amore per gli altri pieno di sfumature dolorose: sono l’aspetto concreto del nostro essere pronti a morire l’uno per l’altro; sono i piccoli o grandi ostacoli da superare con l’amore a Gesù Abbandonato perché l’unità sia sempre piena.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa 25 ottobre 1990) Tratto da: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 412. (altro…)
Giu 28, 2021 | Chiara Lubich
Siamo chiamati tutti ad operare in noi questa conversione ricominciando continuamente ad amare tutti, se ci fossimo fermati; dobbiamo sperimentare questa specie di rinascita, questa pienezza di vita. Occorre cercare perciò, il più possibile, di tradurre in amore verso il prossimo tutte le espressioni della nostra esistenza. Ecco di fronte ai miei occhi la pagina stupenda del giudizio finale: Gesù che verrà per giudicarci e ci dirà: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere”*. Leggendo quelle parole sono rimasta colpita come fosse la prima volta che le leggevo. Riscoprivo che Gesù, all’esame finale, non mi avrebbe chiesto questa o quell’altra cosa che pure devo fare, ma avrebbe puntato proprio sull’amore al prossimo. Ho cominciato, come una persona che inizia ora la sua salita a Dio, ad amare tutti, tutti quelli con cui avevo a che fare durante la giornata. E, credetelo, mi sono sentita rinata. Ho avvertito che la mia anima ha soprattutto fame di amore, fame di amare; e che qui, nell’amore verso tutti, trova veramente il suo respiro, il suo alimento, la sua vita. Il fatto è che anche prima cercavo di compiere tanti atti d’amore, ma – ora me ne rendevo conto – alcuni erano più che altro espressione d’una spiritualità troppo individuale, che si alimenta di piccole o meno piccole penitenze, che, nonostante la nostra buona volontà, possono essere occasione per noi, chiamati all’amore, di un certo ripiegamento su noi stessi. Adesso, in questa nuova tensione ad amare tutti, potevo cogliere ancora tanti atti d’amore, ma tutti finalizzati ai fratelli, nei quali vedevo e amavo Gesù. E solo qui era per me la pienezza della gioia. Carissimi, siamo chiamati tutti ad operare continuamente in noi questa conversione; dobbiamo tutti sperimentare questa specie di rinascita, questa pienezza di vita. Occorre cercare perciò, il più possibile, di tradurre in carità verso il prossimo tutte le espressioni della nostra esistenza. È nostro dovere accudire alla casa? Non facciamolo solo per motivi umani, ma perché c’è Gesù nei fratelli da amare, vestendoli, sfamandoli, servendoli. Dobbiamo svolgere qualsiasi altro lavoro? C’è Gesù nei singoli e nelle comunità ai quali portare il nostro contributo. Dobbiamo pregare? Preghiamo sempre per la nostra persona come per le altre, usando quel “noi” che Gesù ci ha insegnato nel “Padre nostro”. Siamo chiamati a soffrire? Offriamo il nostro dolore per i fratelli. È volontà di Dio trattare con qualcuno? Sempre ci sia l’intenzione di ascoltare Lui, di consigliare Lui, di istruire Lui, di consolare Lui… in una parola: di amare Lui. Dobbiamo riposare, mangiare, svagarci? Diamo a tutte queste azioni l’intenzione di volere, con questi atti, riprendere le forze per servire meglio il fratello. Facciamo ogni cosa, insomma, in vista del prossimo. Per questo, anzi perché avvenga in noi tale riconversione, teniamo in mente nei prossimi […] giorni l’impegno: “Rinascere con l’amore»”
Chiara Lubich
*Mt 25, 35. (in una conferenza telefonica, Rocca di Papa 20 marzo 1986) Tratto da: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 235. (altro…)
Giu 21, 2021 | Chiara Lubich
Ogni giorno di fronte ad ogni azione possiamo scoprire quale volto di Gesù Abbandonato amare attraverso di essa. È questo il suggerimento di Chiara Lubich per compiere bene, perfettamente tutto quanto dobbiamo fare. Amare Gesù Abbandonato. È proprio a questo nome, che tocca così tanti aspetti della nostra vita di singoli e di comunità, che vorrei anche oggi accennare. Più precisamente, vorrei dirvi qualcosa su un modo particolare di amare Gesù Abbandonato, porta, via alla nostra santità. […] Dovunque abbiamo la possibilità meravigliosa di amarlo, di sollevarlo, di consolarlo, di porre rimedio a mali concreti, espressioni di Lui. E ciò è una grande grazia. Per questo lavoro siamo sempre in contatto con Lui, con Gesù Abbandonato, e amandolo possiamo costruire la nostra santificazione. Però c’è modo e modo di amarlo. Si può amarlo tanto, si può amarlo poco. E ciò significa: si può con questo amore contribuire ad una nostra grande santità o ad una piccola. […] I santi hanno cercato e cercano, per la gloria di Dio, quell’amore che dà il massimo rendimento. Scriviamo la nostra storia per donare la nostra esperienza? Facciamolo bene, benissimo, ascoltando con grande attenzione la sua voce dentro di noi che getta luce sul nostro passato e presente, quella luce che piace a chi ascolta e che attira. Prestiamo attenzione a quanto quella voce ci suggerisce e a quello che corregge. Facciamo ogni cosa con impegno, con il massimo impegno. Smettiamo di ritoccare il nostro lavoro solo quando quella voce non ha più nulla da dirci. Non strapazziamo mai l’Opera di Dio. Non facciamo mai opere imperfette. Facciamo dunque tutto bene, tutto benissimo. […] Di fronte a qualsiasi opera che intraprendiamo, cerchiamo di scoprire quale volto di Gesù Abbandonato possiamo amare con essa, e lanciamoci a farla perfetta. Opere, dunque, perfette per amore di Gesù Abbandonato e costruire così la nostra santità, la nostra grande santità.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Loppiano 20 febbraio 1986) Tratto da: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 232. (altro…)
Giu 14, 2021 | Chiara Lubich
Vivere la carità, fonte di ogni virtù, risalta in noi la figura del Cristo, perché amando si è un altro Lui. Nonostante il nostro amore ai fratelli ci portiamo dietro alcuni difetti che tolgono qualcosa alla bellezza di Cristo in noi. […] Voi sapete come nell’acquisto (delle virtù) e nella lotta ai vizi opposti, noi, chiamati da Dio a far del fratello la nostra “fortuna”, troviamo proprio nell’amore a Lui la rinuncia a noi stessi. E voi sapete come sia nella nostra prassi in genere, per migliorarci, non tanto prendere di mira difetto per difetto, quanto aggirare gli ostacoli, “cambiare stanza”, come diciamo noi, “vivendo gli altri” e ponendoci così nella carità, fonte di ogni virtù. […] Del resto Gesù Abbandonato, a cui abbiamo dato la vita, è per noi modello di tutte le virtù e sempre ripetiamo di volerlo amare non solo nel dolore, ma anche nella pratica di esse. La carità infatti staglia in noi la figura del Cristo, perché amando si è un altro Lui. Ma amando Gesù Abbandonato nella pratica delle virtù, si ha l’impressione di cesellare questa figura di Cristo in noi, di rifinirla. Il fatto è che si può osservare come nonostante il nostro amore ai fratelli ci portiamo dietro da anni dei piccoli o meno piccoli difetti, alle volte banali, ma che tolgono qualcosa alla bellezza di Cristo in noi. […] Quali sono questi difetti? Ognuno ha i suoi. A volte guastiamo quanto facciamo per la fretta, o compiamo imperfettamente la volontà di Dio; siamo distratti nella preghiera; ci soffermiamo su sciocchezze che piacciono al mondo; o non sappiamo moderare la gola. Spesso siamo vinti dalla curiosità, o cadiamo nella vanagloria; parliamo a sproposito o senza necessità. Siamo attaccati a piccoli oggetti, un po’ dipendenti dalla televisione; ci facciamo servire dai fratelli, siamo incostanti e così via. Che fare? Gesù, quando si tratta di cose non buone invita ad agire con decisione, come quando ha affermato: «Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo»*. Anche noi dunque, pur continuando nella via dell’amore, dobbiamo per amore di Gesù Abbandonato non tentennare, rimanendo quelli che siamo, ma sradicare vizio per vizio. […] Io sono convinta che nella nostra via le cose sono più possibili. L’amore, infatti, aiuta, l’amore è rinnegamento di sé e brucia anche queste cose. Tuttavia non sarà male prendere di mira qualche difetto e far l’abitudine opposta. […] Coraggio allora e all’opera!
Chiara Lubich
*Cf. Mt 5, 29. (in una conferenza telefonica, Rocca di Papa 21 giugno 1984) Tratto da: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 157. (altro…)
Giu 7, 2021 | Chiara Lubich
La carità, che è una partecipazione alla vita divina, non possiamo improvvisarla noi, dobbiamo attingerla da Dio e dal suo Spirito. Allora, nell’ascolto e nell’obbedienza alla sua voce, il piano di Dio si snoda magnifico e maestoso. […] Essere perfetti nell’amore. E per raggiungere questo scopo – lo si sa – essere ogni giorno più perfetti, perché «chi non va avanti va indietro». Avere verso il prossimo che ci passa accanto una carità sempre più raffinata, sempre più squisita. Ma quale il miglior mezzo per raggiungere tale obiettivo? Io non ne vedo altri che quello di aver cuore, mente, forze puntati verso Gesù Abbandonato in un desiderio sempre rinnovato di amarlo; di amarlo nei dolori inevitabili d’ogni giornata, […]. È con questo amore, è – come noi diciamo – con l’andare al di là della piaga sempre in ogni momento, che il Risorto può vivere luminoso in noi, che il suo Spirito può rompere ogni catena del nostro io. E se lo Spirito è libero in noi, egli può espandere meglio la carità che è diffusa nel nostro cuore proprio da Lui. Sto facendo l’esperienza in questi giorni che, cercando di vivere con il Risorto nel cuore, la voce di Dio si ingigantisce dentro di me ed è quella voce che mi guida nei rapporti che devo intavolare con chiunque, sia o no della Chiesa o del Movimento. […] Sì, la carità, che è una partecipazione alla vita divina, non possiamo improvvisarla noi, dobbiamo attingerla da Dio e dal suo Spirito. Allora, nell’ascolto e nell’obbedienza alla sua voce, il piano di Dio si snoda magnifico e maestoso. E mentre questo si realizza, l’unità fra noi s’approfondisce, cresce […]. Carissimi, abbiamo un ideale straordinario, divino. […] Veramente non sappiamo quello che abbiamo. O meglio lo sappiamo: abbiamo Gesù, il Figlio di Dio in noi e in mezzo a noi, che vive e domina dove la carità è regina. E allora, affinché siamo sempre più così, […] ributtiamoci ad amare Gesù Abbandonato perché il Risorto splenda nel nostro cuore. La parola del suo Spirito si farà potente in tutti noi e potremo essere sempre più perfetti nell’amore, piacendo sempre più a Dio, a Maria, ed essendo sempre più atti a servire la Chiesa. Ricordiamo questo trinomio: Gesù Abbandonato, il Risorto, ascoltare la voce dello Spirito. Così saremo per tutti l’espressione della carità di Dio.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa 21 novembre 1985) Tratto da: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 219. (altro…)
Mag 31, 2021 | Chiara Lubich
L’esperienza dei Focolari è vivere nella gioia dell’unità, effetto del reciproco amore, che è volontà di Dio per tutti noi Carissimi, a confermare ancora una volta la nostra spiritualità collettiva, m’è venuto incontro in questi ultimi giorni un libretto segnalatomi recentemente. È del beato Baldovino, vissuto nel XII secolo. Abate cistercense, era divenuto vescovo, quindi primate d’Inghilterra e in seguito legato pontificio. Nei suoi scritti[1] parla della necessità per i monaci di vivere bene non solo la solitudine (O beata solitudo o sola beatitudo), ma di attuare anche la «comunione» con i fratelli. Si rifà al: «Guai a chi è solo»[2] e dice: «L’amore odia essere solitario». […] Esiste, dunque, per il beato Baldovino, l’amore di colui che ama e cerca la comunione, che egli chiama «l’amore della comunione», e il ritorno dell’amore da parte dell’amato, che fa nascere fra i due la «comunione dell’amore». Quindi c’è un amore della comunione e la comunione dell’amore. […] La «comunione dell’amore», secondo lui, porta alla beatitudine come si può sperimentare sulla terra. È la nostra esperienza: si tratta della gioia dell’unità, effetto del reciproco amore, che è volontà di Dio per tutti noi. […] Se viviamo la nostra vita cristiana pienamente, come il nostro Ideale insegna (ed è nell’amore reciproco), noi partecipiamo – come è possibile sulla terra – alla gloria e alla lode che è nella SS.ma Trinità; ne partecipiamo nel nostro rapporto con Dio (riusciamo a glorificarlo a nostra volta e a lodarlo degnamente) e ne partecipiamo nel nostro rapporto reciproco. Dice il beato: «Ogni bene, per il fatto solo che è bene, è bisognoso di lode». «Ogni bene», ogni vero amore, quindi anche quello fra di noi. E sono questa gloria e lode reciproche, insite nell’amore vicendevole, che ci fanno godere con semplicità di quanto di gioioso esiste nella nostra vita di comunione. […] Puntiamo allora sempre lì, all’amore reciproco, alla comunione dell’amore e lasciamoci illuminare e riscaldare dall’irradiazione del suo splendore di lode e di gloria, a sola gloria di Dio, per essere sempre più degni, sempre più pronti a portare questo amore là dove si gela nella reciproca indifferenza e dove si muore dal freddo.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa 26 ottobre 1995) Tratto da: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 500. ———————————– [1] Baldovino di Ford, Perfetti nell’amore, Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano 1987. [2] Qo 4, 10. (altro…)