Movimento dei Focolari

Chiara Lubich: L’ora della carità

La Parola scelta per vivere durante questo mese di luglio 2022 dice: “Ma di una cosa sola c’è bisogno”, tratta dal Vangelo di Luca. E lo sappiamo, oggi, come ai tempi di Gesù, è necessaria la carità, l’amore al prossimo, verso tutti, senza escludere nessuno. Dio Amore, credere al suo amore, rispondere al suo amore amando, sono i grandi imperativi di oggi. Sono l’essenziale che l’attuale generazione attende. Senza di esso il mondo minaccia di correre per poi sbandare, come un treno fuori binario. Scoprire o meglio riscoprire che Dio è Amore è la più grande avventura dell’uomo moderno. Nell’enciclica Ecclesiam Suam, Paolo VI afferma: “Noi pensiamo …che la carità debba oggi assumere il posto che le compete, il primo, il sommo nella scala dei valori religiosi e morali, non solo nella teorica estimazione, ma altresì nella pratica attuazione della vita cristiana. Ciò sia detto della carità verso Dio … come della carità che di riflesso noi dobbiamo effondere sopra … il genere umano. La carità tutto spiega. La carità tutto ispira. La carità tutto rende possibile. La carità tutto rinnova”. E chi di noi ignora queste cose? E se lo sappiamo, non è forse questa l’ora della carità?

Chiara Lubich

(Lubich, Ch., “Scritti spirituali /2, L’essenziale di oggi, Città Nuova, 1978, pag. 160) (altro…)

Chiara Lubich: Tenere solo il necessario

Ai ragazzi, la Lubich parlava senza mezze parole. Così è successo quando al Supercongresso del 1992 al Palaghiaccio di Marino (Italia) le hanno domandato cosa dovessero fare per limitare il consumismo. Bisogna vivere e diffondere la “cultura del dare”, del dare. Un consiglio che io do a voi anche, se lo desiderate, è questo. All’inizio dell’anno, voi dovete, ognuno di voi, fare un piccolo fagotto, come si dice noi, di tutte le cose superflue che avete. Ne avete magari poche, ma qualcosa avete: un libro, un giocattolo, una matita, uno zainetto che non adoperate più, un vestito…, qualche cosa, qualche cosa che vi è di superfluo, che è di troppo. Lo raccogliete e lo portate nei vostri centri: centri dei Ragazzi per l’unità o Centri gen. Lì voi, che siete industriosissimi, e che sapete fare tante e tante iniziative, con dei mercatini, con delle pesche o con quello che inventate, cercate di realizzare con tutti questi fagottini che arrivano qualche cosa, un po’ di soldi, per poterli dare ai ragazzi che sono poveri (…) Voi dovete mantenere per voi, tenetelo presente, soltanto quello che è necessario come fanno le piante, le quali assorbono dal terreno soltanto l’acqua, i sali e le altre cose necessarie, ma non di più. Così ognuno di noi deve avere quello che ci è necessario, tutto il resto va dato via, per metterlo in comunione con gli altri. Naturalmente sperimenterete che voi, dando, riceverete un sacco di cose, questa è l’esperienza del nostro Movimento su tutte le latitudini. Riceverete perché? Perché il Vangelo dice: “Date – ecco la cultura del dare – e vi darà dato”; e dice: “una misura piena – come si avesse un grembiule pieno di grano – una misura piena, pigiata, traboccante vi sarà messa in grembo…” (Lc 6, 38), cioè vi tornano tante cose da qui, e da lì, e dal signor tale, dal ragazzo tale, dall’insegnante, dalla mamma, vi tornano tante cose. (…) Dovete diffondere questa cultura del dare, allora raccontare, come già fate, proprio per l’edificazione comune, le vostre esperienze, per esempio che avete dato una cosa è vi è arrivata un’altra. Raccontate le vostre esperienze, tutti questi episodi evangelici, queste promesse del Vangelo che si realizzano veramente, le raccontate oppure le scrivete, oppure fate disegni, oppure con i video, con i piccoli video, oppure con i telegiornali che voi già avete per i ragazzi. E così create la mentalità in tutti, la mentalità della “cultura del dare”.

Chiara Lubich

(Lubich, Ch. “Ai Gen 3, 1981 – 1995, Città Nuova, 2006, pag. 66-68) (altro…)

Chiara Lubich: Dio solo è tutto!

Nell’ottobre 1946, Chiara Lubich scrive a suor Josefina e suor Fidente che cercavano di mettere in pratica lo spirito del Movimento nascente. In questo stralcio della lettera si coglie l’entusiasmo e l’ardore dei primi tempi e ci sprona, ancora oggi, a mettere Dio al primo posto della nostra vita. “Dio dell’anima mia, mio Amore, mio Tutto, parla Tu a questi due piccoli cuori. Parla colla Tua Voce Divina. Dì loro che Tu solo sei Tutto e che TU ABITI IN ESSE! Dì loro che non ti cerchino fuori di sé ma ti trovino sempre nel loro cuore! Tu lo sai Gesù quanto io Le amo e come vorrei esser sempre con loro. (…) DIO SOLO È TUTTO! E questa Verità va vissuta nella più grande Passione per la Povertà! Quando ti si ama Signore? Quando ti si trova. Quando ti si trova sicuramente? Quando si confida solo in Te e pazzamente si butta lo sguardo in alto e si cerca solo Te: Dio-Padre nostro! Ed ora che, spoglie di tutto, le tue Spose, sono convinte che Tu solo basti; solo ora di’ al loro cuore che accettino pure (come io pure l’accetto gioiosa e riconoscente) l’amore ardente che io porto loro e il desiderio sviscerato di far di esse ciò che il mio cuore vuole esser per Te! (…) Sorelline mie, La vostra vita così spesso simile a quella di Gesù vivente, operante, amante nella casetta di Nazareth, quanto può far del bene! Ma non sapete voi che un’anima che ama così che la sua vita sia una continua vita a due (Gesù e l’anima) fa tanto come predicasse all’universo intero? Ora che spoglie delle vostre miserie, che giornalmente donerete a Dio, siete libere di amare, AMATE! Egli vuole vivere con voi. E null’altro desidera di più di questa vita a due. (…)

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Lettere 1939-1960, Città Nuova 2022, pag. 355/6) (altro…)

Chiara Lubich: puntare il cuore su Dio

Gesù ha affermato che giá siamo mondi in virtù della Parola che Lui ci ha annunziato. Perciò non sono tanto degli esercizi rituali a purificare l’animo, ma la sua Parola nella misura in cui riusciamo a metterla in pratica. Essa ci porta ad avere il cuore sempre puntato su Dio solo. La Parola di Gesù non è come le parole umane. In essa è presente Cristo, come in altro modo, è presente nell’Eucaristia. Per essa Cristo entra in noi e, finché la lasciamo agire, ci rende liberi dal peccato e quindi puri di cuore. Dunque, la purezza è frutto della Parola vissuta, di tutte quel­le Parole di Gesù che ci liberano dai cosiddetti attaccamenti, nei quali necessariamente si cade, se non si ha il cuore in Dio e nei suoi insegnamenti. Essi possono riguardare le cose, le creature, se stessi. Ma se il cuore è puntato su Dio solo, tutto il resto cade. Per riuscire in questa impresa, può essere utile, durante la giornata, ripetere a Gesù, a Dio, quell’invocazione del Salmo che dice: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene”[1]. Proviamo a ripe­terlo spesso, e soprattutto quando i vari attaccamenti vorrebbero trascinare il nostro cuore verso quelle immagini, sentimenti e passioni che possono offuscare la visione del bene e toglierci la libertà. Siamo portati a guardare certi cartelloni pubblicitari, a se­guire certi programmi televisivi? No, diciamogli: “Sei tu, Signo­re, l’unico mio bene” e sarà questo il primo passo che ci farà uscire da noi stessi, ridichiarando il nostro amore a Dio. E così avremo acquistato in purezza. Avvertiamo a volte che una persona o un’attività si frap­pongono, come un ostacolo, fra noi e Dio e inquinano il nostro rapporto con Lui? È il momento di ripetergli: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene”. Questo ci aiuterà a purificare le nostre inten­zioni e a ritrovare la libertà interiore. La Parola vissuta ci rende liberi e puri perché è amore. È l’amore che purifica, con il suo fuoco divino, le nostre intenzioni e tutto il nostro intimo, perché il “cuore” secondo la Bibbia è la sede più profonda dell’intelligenza e della volontà. Ma c’è un amore che Gesù ci comanda e che ci permette di vivere questa beatitudine. È l’amore reciproco, di chi è pronto a dare la vita per gli altri, sull’esempio di Gesù. Esso crea una cor­rente, uno scambio, un’atmosfera la cui nota dominante è pro­prio la trasparenza, la purezza, per la presenza di Dio che, solo, può creare in noi un cuore puro [2]. È vivendo l’amore scambie­vole che la Parola agisce con i suoi effetti di purificazione e di santificazione. L’individuo isolato è incapace di resistere a lungo alle solle­citazioni del mondo, mentre nell’amore vicendevole trova l’am­biente sano, capace di proteggere la sua purezza e tutta la sua autentica esistenza cristiana.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 616-618) [1] Cf. Sal 16, 2. [2] Cf. Sal 50, 12 (altro…)

Chiara Lubich: l’unico mio bene

La parola di vita di giugno 2022 “Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene” ci propone di riconoscere Gesù in tutte le circostanze della vita, soprattutto nei momenti più difficili, di dolore fisico o spirituale. Gesù nell’abbandono si è fatto per noi accesso al Padre. La parte sua è fatta. Ma per usufruire di tanta grazia anche ognuno di noi deve fare la sua piccola parte, che consiste nell’ac­costarsi a quella porta e nel passare al di là. Come? Quando ci sorprende la delusione o siamo feriti da un trau­ma o da una disgrazia imprevista o da una malattia assurda, possiamo sempre ricordare il dolore di Gesù che tutte queste prove, e mille altre ancora, ha impersonato. Sì, Egli è presente in tutto ciò che ha sapore di dolore. Ogni nostro dolore è un suo nome. Proviamo, dunque, a riconoscere Gesù in tutte le angustie, le strettoie della vita, in tutte le oscurità, le tragedie personali e altrui, le sofferenze dell’umanità che ci circonda. Sono Lui, perché Egli le ha fatte sue. Basterà dirgli, con fede: “Sei tu, Si­gnore, l’unico mio bene”[1], basterà fare qualcosa di concreto per alleviare le “sue” sofferenze nei poveri e negli infelici, per andare oltre la porta, e trovare al di là una gioia mai provata, una nuova pienezza di vita.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 605) [1] Cf. Sal 16, 2 (altro…)

Chiara Lubich: “La mia notte non ha oscurità”

Nel 1976 durante la prima Scuola Gen, Chiara Lubich ha risposto alle domande di tanti giovani dei Focolari provenienti da tutto il mondo. Riferendosi a ciò che viveva in quei giorni ha detto quanto segue Ho letto […] una paginetta – che forse voi l’avete letta – breve così, […] che diceva così: “Gesù abbandonato abbracciato, serrato a sé, consumato in uno con noi, consumati in uno con lui, fatti dolore con lui dolore, ecco come si diventa Dio, l’Amore.” Questa frase mi ha particolarmente toccata perché sono scritti che ho fatto quando io ero sotto una via illuminativa; quindi, scrivevo cose più grandi di quelle che potevo vivere o anche le vivevo ma da più piccola. Più avanti vado, più ne scopro il valore e la profondità. […], mi è piaciuto e lo Spirito Santo mi ha toccato su questo non essere in due: io e Gesù abbandonato, cioè io e il dolore che mi subentra, io e il dubbio che mi viene, io e scoprirlo e poi pian pianino abbracciarlo, poi dire a Gesù… metterci un po’ di minuti. No, zac! “Fatti dolore con lui dolore”, volere quello solo. “Ecco come si diventa Dio”, come si diventa Dio, “l’Amore”, l’Amore. Poi […] avevo appena ricevuto una cartolina da Loppiano dove il nostro don Mario Strada mi aveva mandato, oltre la letterina, anche alcune foto della sua chiesetta nuova di Cappiano, mi pare, con dei bellissimi affreschi e fra cui ce n’era uno con sotto questa frase: “Nox mea – la mia notte – obscurum non habet”, “La mia notte non ha oscurità”. Allora mi è piaciuta enormemente, come il Signore me l’avesse mandata, perché – dico – questo è quello che io voglio vivere. Cioè, il dolore appena arriva devo abbracciarlo con tale celerità, devo serrarlo a me, devo consumarlo in uno, […] fatta dolore con lui dolore, ecco come si diventa, non dolore, l’Amore, Dio. […] E ho visto, gen, che vivendola tutto il giorno è una cura ricostituente d’Ideale inimmaginabile, inimmaginabile, perché si incomincia la mattina, magari sai? sei un pochino stanca, non hai dormito la notte, ecco, la stanchezza: ah, che stupendo! la mia notte non ha oscurità, cioè questo dolore non esiste perché io l’amo. Mi alzo, trovo magari delle difficoltà o dei problemi subito, intanto che mi dicono: “Chiara, dovrei dirti una cosa.” “Ah – dentro di me – che stupendo! Gesù, ci siamo, ecco, ti abbraccio, ti serro a me, fatta con te dolore”, mi faccio subito… “La mia notte non ha oscurità.” Poi avanti tutto il giorno. Io credo che si… io credo che si proceda spiritualmente di più in una settimana vivendo quest’unica cosa, che non in mesi e mesi in altra maniera. […] Ma per tutto quello che fa dolore: ti fa dolore un po’ il mal di piedi, ti fa dolore un pochino il freddo, ti fa dolore un pochino una risposta sgarbatina da…, ti fa dolore dover andar a fare una cosa, ti fa dolore…, ecco, subito è qui; […] in modo da poter sempre proclamare quando si va a letto la sera: “Gesù, la mia notte non ha avuto oscurità”, […] veramente si sente… si può dire – adesso che Dio lo confermi – che non siamo noi a vivere ma è l’Amore che vive dentro, è Dio […]

Chiara Lubich

(Grottaferrata, 2 giugno 1976, alla Suola gen) https://youtu.be/uzlwkcJoLR4   (altro…)

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