Nov 24, 2020 | Dialogo Interreligioso
In occasione dei 50 anni di Religions for Peace, facciamo il punto sul cammino fatto e le prospettive future con Azza Karram, eletta segretario generale.
Azza Karram
Azza Karram è stata eletta segretario generale di Religions for Peace nell’agosto 2019. Egiziana di origini, cittadina olandese, docente di studi religiosi e diplomazia, ex funzionario dell’Onu, anima dalla dimensione universale, guida oggi un movimento a cui aderiscono oltre 900 leaders religiosi di 90 paesi impegnati con lei nel fare della pace un luogo di incontro e un cammino da percorrere comunitariamente. Religions for Peace, dal 16 al 21 agosto del 1970, apriva la sua prima assemblea. A condurla Nikkyo Niwano, giapponese e fondatore della Rissho Kosei-kai, uno spirito di grande visione. Negli anni ’90 coinvolse anche Chiara Lubich in questa assise mondiale: trovò in lei una consonanza spirituale e pragmatica unica. Quest’anno Religions for Peace festeggia i suoi 50 anni. Abbiamo raggiunto Azza Karram a New York per chiederle un’analisi del cammino fatto e le prospettive di futuro. Dopo 50 anni dalla fondazione di Religions for Peace, quale mission e quale messaggio il movimento continua a dare? Dopo 50 anni di vita la nostra è la testimonianza che è inevitabile per le religioni il lavorare insieme, al di là delle differenze istituzionali, geografiche o di dottrina. Questo è il messaggio che diamo anche se non lo realizziamo ancora perfettamente perché sappiamo che un processo di apprendimento costante e che c’è anche la fatica del lavoro insieme. Il Covid, poi, ha messo ancor più in evidenza la necessità di un lavoro comune. Le comunità religiose o le ong ispirate da valori religiosi stanno facendo perché sono state le prime a rispondere a questa crisi umanitaria non altri. E’ vero che le istituzioni sanitarie sono anche intervenute, ma non avrebbero potuto farlo in maniera così capillare senza le istituzioni religiose che a questa crisi hanno dato non solo una risposta sanitaria, finanziaria, psicologica, ma hanno saputo guardare ai bisogni spirituali di una comunità e stanno rispondendo su tutti i fronti al 100%. Tuttavia quante di queste istituzioni religiose, pur rispondendo ai bisogni di una stessa comunità stanno lavorando insieme? Molto poche e non perché manchino i bisogni o l’efficienza o la conoscenza. A volte mi viene il sospetto che in realtà stiamo cercando di salvare le nostre istituzioni e collaborare in questo tempo complesso richiede ancora più sforzo e più impegno perché è più semplice preoccuparsi della santità e della coesione dei nostri gruppi che aprirci ad un impegno universale e invece proprio il Covid ci costringe ad altro. Noi abbiamo voluto lanciare un fondo umanitario multi-religioso proprio per mostrare che rispondere insieme ad un bisogno è costruire il futuro comune con intenzionalità e volontà e i risultati sono e saranno copiosi: lo sappiamo dalla nostra storia e vogliamo continuare a mostrare quanto fruttuosa è la collaborazione interreligiosa. Quali sfide Religions for Peace si sta trovando a vivere? Le sfide di Religions for Peace penso siano le stesse di tutte le istituzioni non solo religiose, ma politiche, istituzionali, giudiziarie e finanziarie in termini di fiducia, efficienza, legittimità, competenze. A mio parere le istituzioni religiose stanno soffrendo di queste crisi da lungo tempo e ne soffriranno più a lungo delle istituzioni civili. Torno ancora alla pandemia. I blocchi e le chiusure hanno creato un breakdown istituzionale nelle nostre comunità. Potete ben capire cosa vuol dire non potersi più riunire che è una delle funzioni basilari e fondamentali delle nostre esperienze e invece queste funzioni sono minacciate con chiese, templi, moschee e sinagoghe che accoglievano migliaia o centinaia su centinaia di persone e ora devono limitarsi a 50 o a poche decine. L’assenza del convenire quindi chiede di ristrutturare anche il nostro servizio religioso e infatti ci siamo trasferiti li, ma quanto questo sta incidendo sulla pratica religiosa? Anche chi guida queste comunità e non solo i membri deve riconfigurare il suo ruolo e il modo di svolgerlo nel mondo. Per questo se sto già battagliando per sopravvivere come istituzione come posso lavorare con altri che hanno gli stessi problemi in altre parti del mondo? Siamo tutti sfidati in questo ripensarci, lo sono le Nazioni Unite, i governi e lo siamo anche noi come religioni. E poi ci sono le minacce proprio all’esistenza delle fedi in paesi e società dove l’autoritarismo non consente le pratiche di fede e dove i regimi si sentono minacciati nella loro intrinseca fragilità da queste voci che vibrano per i diritti umani, la giustizia, il pluralismo. Per rispondere a queste sfide serve maggiore collaborazione, servono risorse finanziarie e oserei dire che servirebbe anche maggiore consapevolezza politica del ruolo sociale delle collaborazioni multi-religiose che andrebbero sostenute anche economicamente perché sono spazi di servizio, di incontro, di risorse uniche per la crescita di una società. E invece vedo che le fedi sono spesso ai margini e se poi lavorano insieme sono maggiormente ultime nelle prospettive dei governi. Citava prima la collaborazione come un pilastro base dell’esperienza interreligiosa. Sappiamo che tra Religions for Peace e il movimento dei Focolari c’ è una collaborazione di lunga data. Come continua e come implementare questo lavoro comune? E’ una collaborazione lontana, nata nel 1982 e che ha visto in Chiara Lubich uno dei presidenti onorari di Religions for Peace sin dal 1994 e ora anche Maria Voce continua ad essere dal 2013 uno dei nostri co- presidenti. Mi sono ripromessa, iniziando il mio mandato, di onorare tutti quelli che mi hanno preceduto e che hanno permesso a Religions for Peace di essere ciò che è e quindi anche Chiara. Devo proprio trovare uno spazio, anche nel nostro sito per raccontare di questa amicizia. La cosa che più mi colpisce del nostro legame, sia nel passato che adesso è che la nostra è stata sempre una collaborazione vitale, viva fatta dalle persone. E’ frutto di questa eredità se anche oggi la comunicazione di Religions for Peace è curata da una persona del Focolare e negli anni, quanti del focolare hanno servito il nostro movimento nei modi più vari. E lo stesso ha fatto la Rissho Kosei-kai. Queste collaborazioni interreligiose in grado di condividere risorse umane, immagini del divino viventi che onorano con la loro presenza lo spazio sacro del dialogo sono per me un segno della reciprocità verso Dio perché attraverso questo lavoro comune nel dialogo interreligioso lo stiamo servendo, mostrando a tutti la bellezza di averci creati di tante religioni. Come immagina il futuro per Religions for Peace? Lo immagino all’insegna del multilateralismo. Così come le Nazioni Unite sono il multilateralismo dei governi, io vedo il nostro movimento come il multilateralismo delle religioni. Noi in fondo ci impegniamo come esseri umani a livello micro e macro a preservare la diversità voluta dal Creatore e a salvarla per tutti, comprese le istituzioni. Immagino il beneficio che le istituzioni potrebbero avere da questa visione e dal nostro lavoro e se insieme collaboriamo si fiorirà entrambi. Se le istituzioni politiche sono focalizzare a salvare sé stesse, se le entità religiose sono interessate a salvare sé stesso, questo porterà alla distruzione non solo dei nostri gruppi ma dell’intero pianeta. E invece il papa stesso, prima con la Laudato sì ora con la sua enciclica, nata da quel documento comune con il massimo leader sunnita ci chiama, è una chiamata comune alla salvaguardia della terra, ma soprattutto alla fraternità umana inclusiva di tutte le religioni. Noi supportiamo questa enciclica e questo richiamo alla fraternità non lascia escluso nessuno, neppure chi è senza una fede e ci batteremo perché sia davvero un patrimonio di tutte le religioni.
A cura di Maddalena Maltese
(altro…)
Mag 11, 2020 | Dialogo Interreligioso
“Con la giornata di preghiera interreligiosa del 14 maggio prossimo l’Alto Comitato per la Fratellanza Umana ci ricorda che l’attuale pandemia ha segnato un punto di non ritorno: ci salviamo solo guardando al bene comune, non al bene dell’uno o dell’altro, non agli interessi di una parte o dell’altra ma al bene di tutti”. Con queste parole Maria Voce, presidente dei Focolari ha annunciato la piena adesione del Movimento alla giornata di preghiera per l’umanità, annunciata anche da papa Francesco domenica 3 maggio scorso, “affinché il prossimo 14 maggio i credenti di tutte le religioni si uniscano spiritualmente in una giornata di preghiera e digiuno e opere di carità, per implorare Dio di aiutare l’umanità a superare la pandemia di coronavirus”. “Siamo una grande famiglia – ha aggiunto ancora Maria Voce – formata da cristiani, fedeli di diverse tradizioni religiose, insieme a persone senza un preciso riferimento di fede. Incoraggio tutti a vivere la giornata di giovedì prossimo 14 maggio in uno spirito di preghiera – secondo le rispettive fedi e tradizioni – di digiuno e di impegno concreto nell’aiuto di chi ci sta accanto, soprattutto i più deboli ed emarginati. Lo realizzeremo a livello locale, come ogni comunità lo riterrà opportuno, sempre in conformità alle disposizioni vigenti, ed in spirito di vera e fattiva fratellanza”. “Siamo certi che le preghiere che saliranno a Dio dai suoi figli e figlie saranno ascoltate per il bene della grande famiglia che è l’umanità e che la prova che tutti stiamo vivendo ci renderà davvero più forti nel pellegrinaggio comune che è la vita”.
Stefania Tanesini
(altro…)
Dic 22, 2019 | Dialogo Interreligioso
Figura di primo piano del buddismo theravada thailandese, il Venerabile Phra Phrom Mongkol, vi si è spento il 12 dicembre scorso a 97 anni. Altissima l’esperienza di dialogo buddhista-cristiano tra lui e Chiara Lubich. A metà degli anni Novanta, grazie a Phramaha Thongratana, monaco che aveva avuto l’occasione di incontrare Giovanni Paolo II e di conoscere il Movimento dei Focolari e Chiara Lubich, il Gran Maestro aveva trascorso un periodo nella cittadella di Loppiano, insieme al suo giovane seguace, noto in ambito cattolico anche con il nome di Luce Ardente. Dopo i primi incontri che questi aveva avuto con la fondatrice dei Focolari, era nato il desiderio di un dialogo fra buddismo e cristianesimo in Thailandia, che, nelle parole del monaco doveva essere realizzato «dolcemente, con una carità squisita, con tanto amore ed occupandocene con il cuore». A questo aggiungeva una considerazione fondamentale per il dialogo: «Questi due termini – buddhismo e cristianesimo – sono soltanto due parole […] il bene, l’amore, è ciò che unisce tutti gli uomini di qualsiasi razza, religione, lingua e fa sì che tutti possano ritrovarsi e convivere insieme». Da qui, il suo impegno, deciso e, per certi versi, sorprendente: «Finchè avrò respiro, finchè avrò vita, cercherò di costruire rapporti veri e belli con tutti nel mondo». La Lubich confermava questi sentimenti con un invito che è anche profezia: «Continuiamo a preparare la strada vivendo secondo la Luce che abbiamo ricevuto e tanti ci seguiranno». Con questa preparazione l’anziano e venerabile monaco era giunto nella cittadella di Loppiano dove aveva soggiornato presso il Centro di spiritualità chiamato Claritas, che accoglie regolarmente religiosi di diverse congregazioni che desiderano vivere una esperienza di comunione di carismi. Due monaci theravada insieme a francescani, salesiani, gesuiti, domenicani ed altri: una vera profezia. Il Ven. Phra Phrom Mongkol era rimasto profondamente toccato dall’accoglienza ricevuta e, incontrando la Lubich, aveva commentato: «Il fatto che tu hai invitato dei monaci buddhisti a venire qui in mezzo al tuo popolo, è una cosa bellissima». Tutto questo non era semplicemente formalità e gentilezza, aspetti sia pure tipici della cultura thai. Si trattava dei primi passi di una profonda esperienza spirituale, di cui i due monaci erano ben consapevoli. Chiara Lubich aveva confermato la sua attesa di quel primo incontro con un atteggiamento di ascolto volto a imparare, piuttosto che a insegnare: «io sono contenta di questa visita anche per imparare qualcosa di bello. Qual è il cuore del vostro insegnamento?» Da qui, era iniziato un percorso imprevedibile. Agli inizi del 1997, infatti, la leader cattolica era stata invitata in Thailandia da queste personalità del monachesimo buddhista e non si trattava solo di una visita di cortesia. Chiara fu invitata a rivolgere la sua parola di testimonianza cristiana a diversi gruppi di monaci, monache e laici buddhisti sia a Bangkok che, soprattutto, a Chiang Mai. Proprio qui, presso il Wat Rampoeng Temple, il Gran Maestro la introdusse con parole sorprendenti: «Tutti voi, miei seguaci, vi domandate perché la mamma che è una donna è stata invitata. Vorrei che voi monaci e seminaristi, dimenticaste questa domanda e non pensaste che lei è una donna. Chi è saggio ed è in grado di indicare la strada giusta per la nostra vita, che sia donna o uomo, merita rispetto. E’ come quando siamo al buio: se c’è qualcuno che viene a portarci una lampada per guidarci gli siamo grati, e non ci importa se quella persona che è venuta a portarci la luce per farci camminare sulla strada giusta è una donna o un uomo, un bambino o un adulto». In queste poche parole sembra condensarsi la grande sapienza di quest’uomo capace, insieme ad altri, di camminare sulla via del dialogo senza timore, trascinando altri in questa esperienza profetica. La stessa Lubich, toccata da questa apertura e sensibilità, aveva colto una presenza superiore in questo rapporto e si era rivolta al Gran Maestro con parole che sembrano una profezia «Continuiamo a preparare la strada vivendo secondo la Luce che abbiamo ricevuto e tanti ci seguiranno». E così è stato. Da venticinque anni questa esperienza di dialogo continua e si sviluppa. Anche nella morte qualcosa sembra accomunare questo vegliardo monaco della millenaria tradizione theravada con la donna cattolica fondatrice di un movimento ecclesiale recente. Il 7 dicembre, infatti, a Trento si sono aperti i festeggiamenti per il centenario della nascita della Lubich, tra questi un evento interreligioso il 7 giugno 2020. Il Ven. Gran Maestro aveva espresso il desiderio di essere presente per quella occasione. Un’amicizia destinata ora a continuare nell’eterno.
Roberto Catalano (Co-responsabile Dialogo Interreligioso Movimento dei Focolari)
A colloquio con il Gran Maestro Ajahn Thong, un servizio del Collegamento CH del 13 febbraio 2016 https://vimeo.com/155437353 (altro…)
Lug 29, 2019 | Dialogo Interreligioso
Andrea Cardinali, giovane scrittore, racconta la quarta edizione del Summer Camp dei ragazzi di Armonia tra i popoli che si è svolta a luglio in Terra Santa. È il racconto personale di un’esperienza e di una terra capaci di toccare l’anima come pochi posti al mondo. Ci sono viaggi dai quali si torna rilassati perché vissuti come vacanze, altri dai quali bisogna prendersi giorni di riposo ulteriori per il sonno accumulato e poi ci sono viaggi che al ritorno ci si domanda: “Ma… dove sono stato?”
A volte si vive tutto così intensamente che manca il momento della domanda, la fase nella quale l’uomo si interroga sul senso, sul dove, sul perché. Non è necessariamente un male. Tutt’altro. Soprattutto quando si tratta di trascorrere la maggior parte del tempo con bambini ancora inconsapevoli di essere “prigionieri” nel loro luogo di nascita, la Palestina. Il fatto che manchi il momento della domanda non è sintomo di poca riflessione. Per alcuni viaggi, forse i più grandi, funziona proprio così, parti quando dici un quasi inconsapevole “Sì” ed entri con forza nel pieno dell’avventura. Non è più possibile pensare il senso da un fuori, sei così in uscita da te stesso che il senso lo viaggi da dentro.
Sono stato in Palestina 18 giorni, trascinato da Antonella Lombardo e dalle meravigliose ragazze della scuola Dance Lab di Montecatini (Italia), alcune delle quali incontrate nell’indimenticabile Genfest Let’s Bridge del 2012. “Armonia tra i Popoli” nasce nel 2005 con l’intento di utilizzare l’arte e la danza come strumenti di unità tra popoli e culture. Dopo varie edizioni italiane e workshop con ragazzi provenienti da vari Paesi, alcuni anni fa è nato grazie alla collaborazione con padre Ibrahim Faltas il progetto “Children without borders” che quest’estate è arrivato alla quarta edizione in Palestina. Sono stato l’ultimo ad aggregarsi a questa comitiva di artisti-educatori e con Luca Aparo di Sportmeet abbiamo cominciato a muoverci anche sul fronte sportivo che sappiamo essere altrettanto prezioso per imparare a divertirsi rispettando diversità di ogni tipo. Dopo due settimane di workshop artistici siamo andati in scena con i bambini il 14 luglio al Teatro Notre Dame di Gerusalemme e il 16 luglio alla Fondazione Giovanni Paolo II di Betlemme, rappresentando l’incontro storico di San Francesco d’Assisi con il Sultano d’Egitto Malik Al-Kamil avvenuto 800 anni fa nel 1219. Ad impreziosire le due serate c’era con noi anche il cantante Milad Fatouleh, conosciuto in Italia per “Una stella a Betlemme” votata migliore canzone straniera allo Zecchino d’Oro del 2004. Molte le personalità politiche e religiose presenti ai due spettacoli per celebrare l’incontro del Cristianesimo e dell’Islam, segno profetico del dialogo interreligioso e di una pace possibile.
Andrea Cardinali
(altro…)
Lug 14, 2019 | Dialogo Interreligioso
Per la prima volta una settimana insieme: ebrei, musulmani, indù, buddisti, cristiani. Appartengono alla famiglia dei Focolari. Liridona viene dalla Macedonia del Nord ed è musulmana, sunnita. A Papa Francesco, nel suo recente viaggio, ha presentato l’esperienza che vive con altri giovani dei Focolari, cristiani e musulmani, concludendo con la domanda: «È lecito continuare a sognare?»[1]. Dal 17 al 23 giugno, il suo sogno si è incrociato con quello di una quarantina di persone, da 15 Paesi, di 5 fedi diverse, attesi a Castel Gandolfo come si attende «quelli di casa» dal team del centro del dialogo interreligioso dei Focolari. Prima tappa la cappella che custodisce la tomba di Chiara Lubich[2]. Con un canto Vinu Aram, indiana, leader del movimento Shanti Ashram, esprime per tutti l’amore che li lega alla «fonte» che ha cambiato le loro vite. E il dr. Amer, musulmano, docente di teologia comparata: «Vengo dalla Giordania, dove scorre il Giordano. Mi fa pensare che il nostro cammino inizia con la purificazione dell’anima. Spesso mi chiedo come persone possano togliere la vita ad altri e a sé stessi spinti dall’estremismo radicale. Chiedo a Dio il coraggio di essere pronti a dare la vita per il Bene, per testimoniare quest’amore tra noi e a tutti». Un quarto dei partecipanti ha meno di trentacinque anni. Fra loro Kyoko, buddista, dal Giappone, Nadjib e Rassim musulmani dell’Algeria, Israa e Shahnaze, sciite, che vivono negli Usa, Vijay indù di Coimbatore. Si vivono giorni di «profezia» approfondendo l’esperienza mistica dell’estate ‘49. Shubhada Joshi, indù, racconta: «Quando ho sentito parlare per la prima volta di “Gesù Abbandonato“ stavo sopportando grandi sofferenze e non riuscivo a capire. Ho iniziato a guardarlo come l’altro lato della medaglia dell’amore. Sto comprendendo la mia tradizione in un modo migliore». Dopo tre giorni questo «laboratorio» si apre a un centinaio di persone, per lo più cristiani, impegnate nel cammino di fraternità dei Focolari. Il messaggio del neo-Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, mons. Ayuso Guixot esprime un segno di profonda «sintonia» con l’operato di papa Francesco. La narrazione di questo dialogo nel magistero degli ultimi Papi fatta da Rita Moussallem e Roberto Catalano mette in evidenza l’apertura e lo spirito profetico del Vaticano II. Formazione e trasformazione dunque. Ognuno, arrivato «carico» delle proprie esperienze, trova nella condivisione con fratelli e sorelle di varie fedi la «scuola» più vera, fa l’esperienza di un «Dio presente». Oltre il dialogo, si guarda avanti insieme. Del resto Papa Francesco a Liridona aveva risposto di: «diventare bravi scalpellini dei propri sogni con applicazione e sforzo, e specialmente con una gran voglia di vedere come quella pietra, per la quale nessuno avrebbe dato nulla, diventa un’opera d’arte»[3].
Gianna Sibelli
[1]cfr. www.vaticannews.va/it/papa/news/2019-05/papa-francesco-viaggio-macedonia-nord-incontro-ecumenico-giovani.html [2]La cappella del centro del Movimento dei Focolari, a Rocca di Papa, custodisce la tomba di Chiara Lubich insieme a quelle dei co-fondatori dell’Opera di Maria: Igino Giordani e d. Pasquale Foresi [3]www.vatican.va, viaggio apostolico in Macedonia del Nord, Discorso di Papa Francesco all’incontro ecumenico e interreligioso con i giovani, Skopje, 7 maggio 2019. (altro…)
Apr 11, 2019 | Dialogo Interreligioso
Roberto Catalano del Centro per il Dialogo Interreligioso dei Focolari ci offre una lettura del contesto, del percorso storico e geo-politico che ha accompagnato la stesura del documento sulla Fratellanza umana per la pace e la convivenza comune, co-firmato da Papa Francesco e dall’Imam di al-Azhar, Ahamad al-Tayyib ad Abu Dhabi, il 4 febbraio scorso. La fraternità universale è ancora un obiettivo primario per l’umanità? Quale valore ha in questo tempo dominato da bolle digitali, confini personali e collettivi sempre più stagliati, nuovi protezionismi economici e via dicendo? La dichiarazione di Abu Dhabi firmata da Papa Francesco e dall’Imam di al-Azhar riporta la fraternità al centro dello scacchiere geopolitico e anche mediatico: il tono chiaro e concreto del documento-dichiarazione ripropone la fraternità come obiettivo per l’intera famiglia umana e non solo per le due religioni cristiana e musulmana. Roberto Catalano ci spiega contesto e percorsi di questa che è una tappa fondativa del dialogo per la pace mondiale. Qual è il valore della dichiarazione firmata da Papa Francesco e dall’Imam al-Tayyib ad Abu Dhabi il 4 febbraio scorso? Il documento sulla fratellanza rappresenta una pietra miliare e propone un testo che resterà paradigma di riferimento. Impossibile non riconoscerne la valenza profondamente innovativa. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una ‘prima assoluta’ di Papa Bergoglio. Mai prima nella storia della Chiesa era avvenuto che un papa sottoscrivesse un documento comune con un leader di un’altra religione. La firma è avvenuta in un contesto preciso, caratterizzato da abbracci, discorsi, cammini mano nella mano dei leaders della Chiesa Cattolica e di al-Azhar. Il testo condiviso interpella non solo addetti ai lavori e leader religiosi, ma tutti i credenti e gli abitanti del mondo. Gli Emirati Arabi sono un po’ uno spaccato di questo mondo globalizzato: la penisola arabica è il cuore dell’Islam, ma conta anche una crescente presenza di lavoratori provenienti da altri Paesi e culture… Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti e luogo della firma del documento è l’ultima propaggine della penisola arabica. Tutti questi stati hanno un significato importante sia sullo scacchiere dell’economia che su quello della geopolitica. In pochi decenni il possesso del petrolio ha permesso un progresso da capogiro anche grazie ad una manodopera proveniente da Paesi come le Filippine, l’India, il Pakistan, il Bangladesh. La penisola arabica è il cuore dell’Islam, ma presenta un vero mosaico musulmano. Dominante è la presenza del Regno Saudita, immagine dell’Islam sunnita che s’identifica con il wahabismo, che, anche livello internazionale, appoggia il salafismo. A fronte di tutto questo, sta un fenomeno nuovo di comunità cristiana. Infatti, mentre le Chiese cristiane tradizionali e apostoliche del Medio Oriente vivono momenti drammatici che spesso costringono i cristiani a fuggire, la zona degli Emirati si sta popolando di una nuova cristianità,un vero spaccato della cristianità odierna. La maggioranza dei cattolici sono filippini e indiani, ma anche del Medio Oriente.Siamo nel periodo della globalizzazione e la Chiesa negli Emirati ne è una delle espressioni più caratteristiche. Anche nel recente viaggio di Papa Francesco in Marocco si sono ricordati gli 800 anni dell’incontro fra Francesco d’Assisi ed il Sultano Malik al-Kamil. Questo papa sembra aver intrapreso una sorta di “pellegrinaggio di pace”… Proprio così. Anche Abu Dhabi si inserisce in questo anniversario, come segno del desiderio di essere «fratello che cerca la pace con i fratelli» per «essere strumenti di pace». La Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate afferma che nel «corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani» e quindi, il Concilio ha provveduto ad esortare «tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà». A Ratisbona nel 2006 una citazione di Benedetto XVI causò un doloroso e complesso contenzioso con il mondo musulmano. Molti avvertirono la frase citata da Ratzinger come un’offesa nei confronti del Corano, anche se si riferiva al rapporto fra fede e ragione e tra religione e violenza. Si aprì una stagione piuttosto burrascosa, all’interno della quale l’università di al-Azhar interruppe i contatti con il Vaticano. Negli anni successivi, con grande pazienza diplomatica, si sono riannodati i rapporti, ispirandosi alla Evangelii Gaudium, che, dopo aver definito il dialogo interreligioso come un «dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose» (EG 250), aveva affermato la rilevanza del rapporto fra cristiani e musulmani. Finalmente, nel maggio del 2016 l’Imam al-Tayiib è in Vaticano. Significativo il suo commento a caldo: «Riprendiamo il cammino di dialogo e auspichiamo che sia migliore di quanto era prima». La risposta al gesto di accoglienza di Francesco non si è fatta attendere. Nel 2017, l’imam ha accolto papa Francesco al Cairo, invitandolo ad una Conferenza Internazionale per la Pace. In quell’occasione, il Papa, dopo aver affermato con forza, «solo la pace è santa e nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio, perché profanerebbe il suo Nome», ha suggerito tre orientamenti che, «possono aiutare il dialogo: il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità e la sincerità delle intenzioni». Progressivamente è nata una profonda intesa spirituale fra i due leaders religiosi.
A cura di Stefania Tanesini
(altro…)