Movimento dei Focolari

La fraternità in politica: utopia o necessità ?

Nel 1998, in occasione del 150° anniversario della Costituzione svizzera, ero stata invitata dal Comitato “Una visione per la Svizzera” a prendere la parola proprio qui a Berna durante la giornata federale di riflessione. Era stato un onore per me, italiana, e quindi straniera in questo Paese, poter rivolgermi ad un’assemblea così qualificata e rappresentativa di tutta la Svizzera. L’avevo fatto con una particolare gioia perché, da decenni ormai, amo e considero questa terra come la mia seconda patria. Così è una gioia speciale per me rivolgermi oggi a loro, impegnati in diversi modi in politica. Ringrazio in modo particolare il gruppo di politici del Comitato d’organizzazione per questa giornata. Essi, dopo aver promosso nel marzo dell’anno scorso una giornata molto riuscita a Martigny, seguita da vari incontri a livello locale, hanno ora voluto approfittare della imminente sessione autunnale delle Camere federali per organizzare l’odierno incontro. Il titolo che mi è stato proposto è: “La fraternità in politica: utopia o necessità?” La mia speranza è che, nel presente intervento, possa dimostrare la necessità della fraternità e la possibilità di realizzarla. Il trittico: “libertà, uguaglianza, fraternità”, quasi una sintesi del programma politico della modernità, esprime un’intuizione profonda, e sollecita oggi da noi una profonda riflessione: a che punto siamo con la realizzazione di questa grande aspirazione? La Rivoluzione francese ha annunciato i tre principi, ma certamente non li ha inventati: essi avevano già cominciato il loro faticoso cammino attraverso i secoli, soprattutto a partire dall’annuncio cristiano, che ha illuminato il meglio delle tradizioni antiche dei diversi popoli e il patrimonio della rivelazione ebraica, portando un’autentica rivoluzione: l’umanesimo nuovo, aperto da Cristo, che ha reso l’uomo capace di vivere pienamente questi principi. Da quell’annuncio, attraverso i secoli, essi vanno rivelando la loro ricchezza nelle opere degli uomini. Libertà e uguaglianza hanno segnato profondamente la storia politica dei popoli arrivando ad esprimere frutti di civiltà e creando le condizioni per la progressiva espressione della dignità della persona umana. La libertà e l’uguaglianza sono diventati principi giuridici e vengono quotidianamente applicati come vere e proprie categorie politiche. Ma l’affermazione esclusiva della libertà, lo sappiamo bene, può trasformarsi nel privilegio del più forte, mentre l’uguaglianza, e la storia lo conferma, può tradursi in collettivismo che massifica. Inoltre, molti popoli, in realtà, ancora non beneficiano dei contenuti della libertà e dell’uguaglianza… Come fare allora perché la loro acquisizione porti frutti maturi? Come rimettere in cammino la storia dei nostri Paesi e quella dell’umanità intera, verso quel destino che le è proprio? Noi crediamo che la chiave stia nella fraternità universale, nel darle il giusto posto tra le categorie politiche fondamentali. Solo l’uno accanto all’altro, i tre principi potranno dar origine ad una politica adeguata alle domande dell’oggi. Raramente come nel tempo presente, il nostro pianeta è stato ed è attraversato dalla sfiducia, dal timore, dal terrore persino: basta ricordare l’11 settembre 2001 e, più vicino a noi, l’11 marzo 2004, senza dimenticare le centinaia di attentati che, in questi ultimi anni, hanno crivellato la nostra cronaca quotidiana. Il terrorismo: una calamità grave almeno quanto le decine di guerre che tuttora insanguinano il nostro pianeta! E quali ne sono le cause? Molteplici. Non si può però non riconoscere che una delle più profonde è lo squilibrio economico e sociale che esiste nel mondo fra Paesi ricchi e Paesi poveri. Squilibrio che genera risentimento, ostilità, vendetta, favorendo in questo modo il fondamentalismo che attecchisce più facilmente in un simile terreno. Ora, se le cose stanno così, perché il terrorismo s’allenti e taccia, non è certo una risposta la guerra, occorre cercare le vie del dialogo, vie politiche e diplomatiche. Ma non basta; occorre suscitare nel mondo più solidarietà fra tutti e una più equa comunione dei beni. Senza contare che ancor più numerosi sono i temi scottanti che interpellano la politica, nella dimensione nazionale come in quella internazionale. Anche nel mondo occidentale lo stesso modello di sviluppo economico è ormai innegabilmente in crisi, crisi che chiede non più solo limitati aggiustamenti, ma un ripensamento globale. La marcia inarrestabile della ricerca scientifica non può avvenire senza provvedere a garantire l’integrità e la salute della specie umana e dell’intero ecosistema. Il riconoscimento della funzione essenziale dei mezzi di comunicazione nel mondo moderno, deve trovare regole certe di fronte alle specifiche esigenze di promozione dei valori e di tutela delle persone, dei gruppi, dei popoli. Un’altra domanda centrale emerge dalla necessità di difendere e valorizzare la ricchezza che viene dalle diverse appartenenze etniche, religiose, culturali, pur nell’orizzonte degli irreversibili processi di globalizzazione in atto. Queste, che appaiono come alcune tra le maggiori sfide poste dall’attualità, reclamano fortemente l’idea e la pratica della fraternità, e, data la vastità del problema, di una fraternità universale. E’ pensiero di grandi anime la fraternità universale. Diceva il Mahatma Gandhi: “La regola d’oro è di essere amici del mondo e considerare ’una’ tutta la famiglia umana” . E, a proposito di quanto era successo l’11 settembre 2001, il Dalai Lama ha scritto: “Per noi le ragioni (degli eventi di questi giorni) sono chiare. (…) Non ci siamo ricordati delle verità umane più basilari. (…) Siamo tutti uno. Questo è un messaggio che la razza umana ha grandemente ignorato. Il dimenticare questa verità è l’unica causa dell’odio e della guerra (…)”. Senza dimenticare il santo svizzero, Nicola da Flüe, profeta e fautore di pace, per realizzare la quale afferma che i conflitti si possono risolvere in maniera proficua solo nel pieno e totale rispetto reciproco; e perciò nella fraternità spinta fino all’obbedienza reciproca. Chi però ha indicato e portato la fraternità, come dono essenziale all’umanità, è stato Gesù, che ha pregato così prima di morire: “Padre, che tutti siano uno” (Gv 17,21). Egli, rivelando che Dio è Padre, ci ha resi tutti fratelli e ha abbattuto le mura che separano gli “uguali” dai “diversi”, gli amici dai nemici. La fraternità, dunque, come ideale da affermare, come ideale di oggi. Ma esistono segni della fraternità nelle attuali vicende dei popoli? Durante gli anni, avendo sperimentato innumerevoli volte, nella mia vita ed in quella degli altri, l’azione provvidenziale di Dio, e avendo potuto conoscere direttamente tanti popoli, ho imparato a scorgere i passi in avanti che segnano il progredire dell’umanità, fino a poter affermare che la sua storia è un lento, ma inarrestabile, cammino verso la fraternità universale. I fatti sono davanti a noi, dobbiamo saperli interpretare. La tensione del mondo verso l’unità non è stata mai così viva e riconoscibile come oggi. Segni ne sono le Unioni di Stati e i processi di integrazione economica e politica che con maggiore intensità si vanno realizzando a livello continentale o per aree geo-politiche; il ruolo degli organismi internazionali, in particolare delle Nazioni Unite, che torna ad essere determinante per conoscere, affrontare e gestire le principali questioni che toccano la vita di popoli e Paesi; lo sviluppo di un dialogo a 360? sempre più diffuso e fecondo fra le più varie persone; la crescita di Movimenti sociali, culturali e religiosi, che si presentano come nuovi protagonisti delle relazioni internazionali e operano verso obiettivi a dimensione mondiale. Per dare al mondo la fraternità che generi un’unità spirituale, garanzia dell’unità politica, economica, sociale, culturale, non mancano poi gli strumenti. Basta saperli individuare. Uno, la cui efficacia non è ancora del tutto scoperta, è quello dell’apparire nel mondo cristiano, dopo i primi decenni del ’900, di decine e decine di Movimenti che, come tante reti collegano i popoli, le culture e le diversità: quasi un segno che il mondo potrebbe diventare una casa delle nazioni perché esso lo è già attraverso queste realtà, pur se ancora a livello di laboratorio. Sono Movimenti effetto non di progettualità umane, ma di carismi dello Spirito di Dio, che conosce meglio di qualsiasi uomo e donna della terra i problemi del nostro pianeta ed è desideroso di concorrere a risolverli. Questi Movimenti, poiché fondati o prevalentemente composti da laici, veicolano un sentito e profondo interesse per il vivere umano con ricadute nel campo civile, cui offrono concrete realizzazioni politiche, economiche, e così via. Sono vari e splendidi questi Movimenti, sorti nella Chiesa cattolica, riformata, anglicana, evangelica, ortodossa, ecc. Una loro particolarità è la presenza in essi di moltissimi giovani, garanzia del futuro, che meno condizionati degli adulti da deludenti esperienze del passato, sanno credere con maggior entusiasmo ad ideali veri ed ai più grandi. Si sono fatti conoscere, questi Movimenti, l’8 maggio scorso a Stoccarda (Germania) in una Giornata riuscitissima, da essi stessi indetta, trasmessa via satellite nel nostro continente ed oltre, dal titolo: “Insieme per l’Europa”. Si sono offerti come contributo a realizzare, accanto all’Europa politica o economica o dell’euro, l’Europa dello spirito, nel cercare di ridare un’anima all’Europa che, oltre tutto, avrebbe così meglio garantita la propria molteplicità e coesione. Per dare un esempio di questi Movimenti vorrei esporre loro le linee principali di quello che meglio conosco perché ad esso legata: il Movimento dei Focolari, il cui obiettivo è proprio l’unità e la fratellanza universale. E’ nato durante la seconda guerra mondiale, sotto i bombardamenti, a Trento, nell’Alta Italia, quando crollavano le case, e con esse progetti di vita – anche i nostri -, le speranze, le sicurezze. Tutto veniva meno, mentre nei cuori di noi, giovani focolarine, si affacciava, con forza mai prima conosciuta, una sola verità: Dio è l’unico Ideale che non crolla; Dio che si rivelava a noi per quello che è: Amore. E, proprio al culmine dell’odio e della divisione, Dio Amore ci ha suggerito che, per amarlo, dovevamo impegnarci ad amarci tra di noi, e a portare poi questo amore a tutti. Amore che da subito si è esteso alla città. E poi, con gli anni, su tutto il pianeta, in 182 nazioni. La chiamata all’unità ci ha fatto preferire i punti della terra dove più forte era la divisione, e sono così venuti sempre più in luce alcuni luoghi specifici di dialogo e di condivisione: prima di tutto all’interno delle singole Chiese, dove il Movimento dà il suo contributo perché ci sia sempre di più “comunione”; tra i cristiani di diverse denominazioni; con i fedeli delle grandi religioni, con numerose esperienze di “dialogo della vita” rispettoso e fecondo, premessa alla pace. E dialogo, infine, intessuto di fattiva collaborazione, anche con quanti non hanno un preciso riferimento religioso. Il Movimento dei Focolari poi, pur essendo primariamente religioso, ha avuto, sin dagli inizi, e poi durante gli anni, un’attenzione particolare per tutti gli ambiti della società, compreso il mondo politico, sino a veder nascere dal suo seno, a Napoli (Italia) nel 1996, il cosiddetto “Movimento politico per l’unità”. Movimento che pure esso sta ora diffondendosi e organizzandosi su tutto il pianeta. Della sua genesi e del suo sviluppo ho potuto parlare più volte, fra il resto, a parlamentari di varie nazioni europee e non solo: a Strasburgo, al Centro Europeo di Madrid e all’ONU. Quale espressione politica del Movimento dei Focolari, questo Movimento ha come scopo quello di aiutare persone e gruppi impegnati in politica, a riscoprire i valori profondi, eterni dell’uomo, a mettere la fraternità a base della loro vita e, solo dopo, muoversi nell’azione politica. Ne consegue che l’agire politico, da amore interpersonale, diventa possibilità di un amore più grande, quello verso la polis. Un amore che, acquisendo la dimensione politica, non perde le sue caratteristiche: il coinvolgimento di tutta la persona, con l’intelligenza e la volontà di arrivare a tutti, l’intuizione e la fantasia per fare il primo passo, il realismo del mettersi nei panni dell’altro, con la capacità di donarsi senza interessi personali e di aprire strade nuove anche quando i limiti umani e i fallimenti sembrano chiuderle. Non si tratta di un nuovo partito, né si vuol confondere religione e politica, come è avvenuto e avviene per gli integralismi di cristiani e anche di non cristiani. Soggetti del Movimento politico per l’unità sono: politici di ogni livello – amministratori, parlamentari, militanti di partito -, di appartenenze partitiche le più varie, che sentono il dovere di agire assieme al vero titolare della sovranità: il cittadino; cittadini, che vogliono fare la loro parte di soggetto politico attivo; in modo speciale poi i giovani che dovunque, come qui in Svizzera, sanno impegnarsi in modo mirabile e appassionato quali studiosi di politologia, ad es., che vogliono offrire il loro contributo di competenza e di ricerca; funzionari della Pubblica Amministrazione, coscienti del proprio ruolo specifico. Ciò che si propone e si testimonia insieme è uno stile di vita che permetta alla politica di raggiungere nel miglior modo il suo fine: il bene comune nell’unità del corpo sociale. Anzi, si vorrebbe proporre a tutti quanti agiscono in politica di formulare quasi un patto di fraternità per il loro Paese, che metta il suo bene al di sopra di ogni interesse parziale, sia esso individuale, di gruppo, di classe o di partito. Perché la fraternità offre possibilità sorprendenti: essa consente di tenere insieme e valorizzare esigenze che rischiano, altrimenti, di svilupparsi in conflitti insanabili. Armonizza, ad esempio, le esperienze delle autonomie locali con il senso della storia comune; consolida la coscienza dell’importanza degli organismi internazionali e di tutti quei processi che tendono a superare le barriere e realizzano importanti tappe verso l’unità della famiglia umana. E’ la fraternità, infatti, che può far fiorire progetti ed azioni nel complesso tessuto politico, economico, culturale e sociale del nostro mondo. E’ la fraternità che fa uscire dall’isolamento e può aprire la porta dello sviluppo ai popoli che ne sono ancora esclusi. E’ la fraternità che indica come risolvere pacificamente i dissidi e che può relegare la guerra ai libri di storia. E’ per la fraternità vissuta che si può sognare e persino sperare in una qualche comunione dei beni fra Paesi ricchi e poveri. Il profondo bisogno di pace che l’umanità oggi esprime, dice che la fraternità non è solo un valore, non è solo un metodo, ma il paradigma globale di sviluppo politico. Ecco perché un mondo che di fatto è sempre più interdipendente ha bisogno di politici, di imprenditori, di intellettuali, di artisti che pongano la fraternità – strumento di unità – al centro del loro agire e del loro pensare. Era il sogno di Martin Luther King che la fraternità diventi l’ordine del giorno di un uomo d’affari e la parola d’ordine dell’uomo di governo. I politici del “Movimento politico per l’unità” vogliono fare di questo sogno una realtà. Ma questo può essere solo se nell’attività politica non si dimentica la dimensione spirituale, o, comunque, la fede nei valori profondi che devono regolare la vita sociale. Ne era convinto, anche qui, Nicola da Flüe che tanto ebbe da fare per la vita politica di questa nazione. Egli era sempre informato di tutto. Nella sua cella una finestra guardava verso l’esterno, agli uomini, ma l’altra verso l’interno, all’altare della cappella. E l’on. Igino Giordani, parlamentare italiano e confondatore del nostro Movimento, oggi dichiarato Servo di Dio, nel suo stile inconfondibile, scriveva: “Quando si varca la soglia di casa per tuffarsi nel mondo, la fede non s’appende come una papalina stinta a un chiodo dietro l’uscio” . Un giorno mi sembrò di comprendere cosa volesse dire la politica come amore. Se dessimo un colore ad ogni attività umana, all’economia, alla sanità, alla comunicazione, all’arte, al lavoro culturale, alla amministrazione della giustizia… la politica non avrebbe un colore, sarebbe lo sfondo, il nero, che fa risaltare tutti gli altri colori. Per questo la politica deve ricercare un rapporto continuo con ogni altro ambito di vita, per porre in questo modo le condizioni affinché la società stessa, con tutte le sue espressioni, possa realizzare fino in fondo il suo disegno. E’ chiaro che in questa continua attenzione al dialogo, la politica ha il dovere di riservare a sé alcuni specifici spazi: dare le priorità in un programma equo, fare degli ultimi i soggetti privilegiati, ricercare sempre e comunque la partecipazione, che vuol dire dialogo, mediazione, responsabilità e concretezza. Per i politici di cui parlo, la scelta dell’impegno politico è un atto di amore, con il quale ognuno risponde ad un’autentica vocazione, ad una chiamata personale. Chi è credente avverte che è Dio stesso a chiamarlo, attraverso le circostanze; il non credente risponde ad una domanda umana, ad un bisogno sociale, ad un problema della sua città, alle sofferenze del suo popolo, che trovano eco nella sua coscienza. E gli uni e gli altri hanno la loro casa nel Movimento politico per l’unità ed è sempre l’amore che entrambi immettono nella loro azione. Quell’amore che è fonte di luce, che fa vedere la possibilità di grandi risultati, che sostituisce quel timore schiacciante – che, spesso presente nel mondo politico, immette paura – col coraggio, con nuovo coraggio. I politici dell’unità, che prendono coscienza che la politica è, nella sua radice, amore, comprendono che anche gli altri, a volte chiamati avversari politici, possono avere compiuto la propria scelta per amore. Prendono coscienza che ogni formazione politica, che ogni opzione politica, possono essere la risposta ad un bisogno sociale e quindi sono necessarie alla composizione del bene comune. Quindi si interessano al destino dell’altro e all’istanza che porta, come alla loro, e la critica si fa costruttiva. Si cerca di praticare l’apparente paradosso di amare il partito altrui come il proprio, perché il bene del Paese ha bisogno dell’opera di tutti. Questo è a grandi linee l’ideale del “Movimento politico per l’unità” ed è questa – mi pare – la politica che vale la pena di essere vissuta, una politica capace di riconosce e servire il disegno della propria comunità, della propria città e nazione, fino all’umanità intera, perché la fraternità è il disegno di Dio sull’intera famiglia umana. E’ questa la vera politica autorevole di cui ogni Paese ha bisogno; il potere, infatti, conferisce la forza, ma è l’amore che dà autorità. E’ questa la politica che costruisce opere che rimarranno. Le generazioni che verranno non saranno grate ai politici per avere detenuto il potere, ma per come lo avranno gestito. Questa è la politica che il “Movimento politico per l’unità” desidera, con l’aiuto di Dio, generare, sostenere. E allora quale il mio augurio per loro, politici della splendida Svizzera? Che questo popolo e in particolare i suoi rappresentanti, ricchi della loro nobile storia di democrazia, trovino nella fraternità il vigore necessario per continuare con efficacia ancora maggiore il loro cammino e per dare un apporto da protagonisti nella storia di unità della famiglia umana. Noi, da parte nostra, ci impegniamo a non lasciarvi soli, mettendo a vostra disposizione il carisma dell’unità offerto dal Cielo per l’umanità intera. Grazie dell’ascolto.

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La fraternità in politica: utopia o necessità?

La fraternità in politica: utopia o necessità?

In un’epoca contrassegnata dalla frammentazione provocata da una crescente polarizzazione a tutti i livelli dell’amministrazione federale, e dalla diffusa visione della politica come lotta di potere tra partiti, il Convegno di Berna che si svolgerà al Centro Congressi della BEA (Bern-expo) sabato 4 settembre 2004, proporrà una rilettura dei principi dell’agire politico alla luce di un’idea-guida innovativa: la fraternità universale. Questa iniziativa vuole offrire ai politici svizzeri nuovi stimoli per il loro impegno e favorire il dialogo tra politici e giovani.

Il tema principale: “La fraternità in politica: utopia o necessità” è stato affidato a Chiara Lubich che nel 1996, a Napoli, ha dato il via al Movimento politico dell’unità, poi diffuso in vari Paesi. La fondatrice dei Focolari ha già affrontato l’impegnativo argomento in varie sedi politiche in ambito internazionale, tra cui: Londra, Madrid, Bratislava, Brasilia. Aprirà l’incontro il Cancelliere federale, Annemarie Huber-Hotz. Presenterà Chiara Lubich il Consigliere nazionale del Ticino, Chiara Simoneschi-Cortesi. Seguirà un dialogo tra i partecipanti e politici di vari Paesi che hanno già iniziato a sperimentare sul campo questa nuova proposta. Nel pomeriggio verrà dato particolare spazio ai giovani. L’appuntamento di Berna fa seguito al Convegno svolto nel marzo 2003 a Martigny, nel Vallese, a cui avevano partecipato 250 persone impegnate in politica a vari livelli. Di qui nasce il progetto di questo nuovo appuntamento a cui hanno già confermato la loro partecipazione deputati, membri dei parlamenti cantonali, sindaci e numerosi giovani. L’iniziativa è stata promossa da: W. Donzé, Consigliere Nazionale (Frutigen, Berna), dai sindaci elvetici: M. Schwery di St. Léonard (Vallese), R. Lurati di Canobbio (Ticino), M. Wenger di Schaffhausen, S. Pont di Mollens (Vallese), M. Weber, vicesindaco di Oberägeri (Zugo), dal Presidente e dalla delegata del Parlamento dei giovani del Vallese*, Laurent Mösching e Krystel Bovy. * Il Parlamento dei Giovani del Vallese è stato creato nel 1995. Iniziative simili sono in atto anche negli altri cantoni svizzeri. E’ aperto a giovani che sono domiciliati o studiano nel Vallese, sia Svizzeri che stranieri. Nei vari incontri vengono affrontati temi di attualità che toccano la politica regionale, nazionale o internazionale. (altro…)

La fraternità in politica: utopia o necessità?

PROGRAMMA

MATTINA 10,00 Inizio trasmissione di TELEPACE e internetBenvenuto Stéphane Pont, sindaco di Mollens Messaggio del Cancelliere della Confederazione Annemarie Huber-Hotz 10,15 Storia del Congresso Charlotte Schaedler, delegata di Umanità Nuova 10,30 Presentazione di Chiara Lubich Chiara Simoneschi-Cortesi, Consigliere nazionale del Ticino 10,40 “La Fraternità in politica: utopia o necessità?” Chiara Lubich 11,15 Dialogo con la sala (impressioni, domande-risposte) 11,45 Il Movimento politico per l’unità Lucia Fronza Crepaz 11,20 Intermezzo musicale 11,50 Interviste a persone impegnate in politica tra cui: Giuseppe Gambale – deputato al Parlamento italiano Laurent Mösching e Krystel Bovy – Parlamento dei giovani del Vallese Stéphane Pont, sindaco di Mollens Alberto Pacher, sindaco di Trento ecc. 12,20 Conclusione Michel Schwéry, sindaco di St-Léonard 12,30 Fine DIRETTA POMERIGGIO 13,45 Dialogo tra i politici e i giovani 15,30 Conclusione (altro…)

“Libertà, uguaglianza… che fine ha fatto la fraternità”

Un importante appuntamento è previsto alla sede del Parlamento, Palazzo di Westminster, dove sono attesi oltre 50 deputati e membri della Camera dei Lord di vari schieramenti a cui Chiara Lubich si rivolgerà affrontando una tematica politica di particolare attualità: “Libertà, uguaglianza… che fine ha fatto la fraternità?”, a cui seguirà un dibattito.

Tra i politici che hanno dato la loro adesione: Clara Short, già incaricata del governo per lo sviluppo internazionale, Lord Ahmed of Rotherham (musulmano) e il Rev. Martin Smyth, ministro protestante del Democratic Unionist Party dell’Irlanda del Nord. L’on. Giuseppe Gambale, membro del Parlamento italiano, presenterà il Movimento politico per l’unità, promosso da Chiara Lubich in Italia, nel 1996 ed ora diffuso tra politici in altri Paesi Europei e in America Latina. (altro…)

1° Giornata Mondiale dell’Interdipendenza

Signor Governatore della Pennsylvania, Signor Edward Rendell, Professor Benjamin Barber, Signore e Signori,

è un grande onore poter rivolgermi con questo messaggio ad un pubblico così qualificato che si raduna oggi a Filadelfia per dichiarare l’impegno a costruire un mondo più unito, più giusto, più fraterno. Il desiderio sarebbe stato quello di essere presente di persona. Non essendo stato possibile, permettetemi di offrirvi con questo messaggio una breve e personale riflessione. Quando lo scorso giugno a Roma ho avuto un incontro lungo e caloroso con il professor Benjamin Barber, è stato spontaneo per me aderire con gioia a questa prima Giornata Mondiale dell’Interdipendenza. La realtà dell’interdipendenza, infatti, richiama un ideale a me molto caro, per il quale – assieme a molte persone di buona volontà impegnate nella politica, nell’economia e nei vari campi dell’agire e del sapere – ho deciso di spendere la mia vita: l’unità della famiglia umana. All’indomani dell’11 settembre, molti di noi hanno avvertito l’esigenza di riflettere a fondo sulle cause, ma soprattutto di impegnarsi per un’alternativa vera, responsabile, decisa, al terrore ed alla guerra. È stato, per me, un po’ come rivivere l’esperienza della distruzione e la sensazione dell’umana impotenza, nella città italiana di Trento, bombardata durante la seconda guerra mondiale. Ma è proprio sotto le bombe che io e le mie prime compagne abbiamo scoperto nel Vangelo la luce dell’amore reciproco, che ci ha rese pronte a dare la vita l’una per l’altra. È tra le macerie di quella distruzione, nella convinzione che “tutto vince l’Amore”, che è nato il desiderio forte di rendere partecipi di questo amore tutti i prossimi, senza distinzione di persone, gruppi, popoli, e senza considerazione di condizioni sociali, cultura, convinzioni religiose. Analogamente in molti ci chiediamo oggi, a New York come a Bogotà, a Roma come a Nairobi, a Londra come a Baghdad, se sia possibile vivere in un mondo di popoli liberi, uguali, uniti, non solo rispettosi l’uno dell’identità dell’altro, ma anche solleciti alle rispettive necessità. La risposta è una sola: non solo è possibile, ma è l’essenza del progetto politico dell’umanità. E’ l’unità dei popoli, nel rispetto delle mille identità, il fine stesso della politica, che la violenza terroristica, la guerra, l’ingiusta ripartizione delle risorse nel mondo e le disuguaglianze sociali e culturali sembrano oggi mettere in discussione. Da più punti della terra, oggi, sale il grido di abbandono di milioni di rifugiati, di milioni di affamati, di milioni di sfruttati, di milioni di disoccupati che sono esclusi e come “recisi” dal corpo politico. E’ questa separazione, e non solo gli stenti e le difficoltà economiche, che li rende ancora più poveri, che aumenta, se possibile, la loro disperazione. La politica non avrà raggiunto il suo scopo, non avrà mantenuto fede alla sua vocazione fin a quando non avrà ricostituito questa unità e guarito queste ferite aperte nel corpo politico dell’umanità. Ma come raggiungere questa mèta così impegnativa, che sembrerebbe al di sopra delle nostre forze? Libertà ed uguaglianza, dinanzi alle sfide del presente e del futuro dell’umanità, non sono da sole sufficienti. La nostra esperienza ci insegna che c’è bisogno, crediamo, di un terzo elemento, lungamente dimenticato nel pensiero e nella prassi politica: la fraternità. Senza la fraternità, nessun uomo e nessun popolo sono veramente e fino in fondo liberi ed eguali. Uguaglianza e libertà saranno sempre incomplete e precarie, finché la fraternità non sarà parte integrante dei programmi e dei processi politici in ogni regione del mondo. Cari amici, il nome della città in cui vi trovate – Filadelfia – non evoca, esso stesso, un programma di amore fraterno? E’ la fraternità che può dare oggi contenuti nuovi alla realtà dell’interdipendenza. E’ la fraternità che può far fiorire progetti ed azioni nel complesso tessuto politico, economico, culturale e sociale del nostro mondo. E’ la fraternità che fa uscire dall’isolamento e apre la porta dello sviluppo ai popoli che ne sono ancora esclusi. E’ la fraternità che indica come risolvere pacificamente i dissidi e che relega la guerra ai libri di storia. E’ per la fraternità vissuta che si può sognare e persino sperare in una qualche comunione dei beni fra Paesi ricchi e poveri, dato che lo scandaloso squilibrio, oggi esistente nel mondo, è una delle cause principali del terrorismo. Il profondo bisogno di pace che l’umanità oggi esprime, dice che la fraternità non è solo un valore, non è solo un metodo, ma un paradigma globale di sviluppo politico. Ecco perché un mondo sempre più interdipendente ha bisogno di politici, di imprenditori, di intellettuali e di artisti che pongano la fraternità – strumento di unità – al centro del loro agire e del loro pensare. Era il sogno di Martin Luther King che la fraternità diventi l’ordine del giorno di un uomo d’affari e la parola d’ordine dell’uomo di governo. Cari amici, come cambierebbero, i rapporti tra i singoli, i gruppi ed i popoli, se solo fossimo coscienti che siamo tutti figli di un solo Padre, Dio, che è Amore e che ama ciascuno personalmente ed immensamente e si prende cura di tutti! Questo amore, coniugato nelle sue infinite forme, anche politiche ed economiche, porterebbe a superare angusti nazionalismi e visioni parziali, aprendo menti e cuori dei popoli e dei loro governanti, spingendo tutti – come ho affermato in un mio intervento alle Nazioni Unite a New York nel 1997 – ad amare la patria altrui come la propria. Questa è l’esperienza ormai pluridecennale del Movimento dei Focolari, presente in 182 Paesi del mondo, ed al quale aderiscono milioni e milioni di persone di ogni latitudine. Auguro così a questa prima Giornata Mondiale dell’Interdipendenza di essere l’occasione, per quanti vi hanno aderito, di un nuovo impegno a vivere ed a lavorare assieme, con dedizione e con fiducia, e sostenendosi sempre l’un l’altro, per l’unità della famiglia umana universale.   (altro…)

Più potente delle armi

Mi ero trasferita ad Abidijan da alcuni mesi per continuare gli studi, quando è scoppiata la guerra civile nel nostro paese. In poco tempo, tensione e paura hanno preso il sopravvento, insieme a un clima di diffidenza e disperazione generale.

Eravamo tutti chiusi in casa, incollati alla radio che trasmetteva solo bollettini di morte e violenza; si diceva che nei gruppi armati ribelli c’erano anche molti stranieri e questo fatto ha alimentato un odio crescente verso gli immigrati dai paesi vicini.

Con gli altri amici con i quali vivo e credo che costruire un mondo unito è possibile abbiamo deciso di non lasciarsi prendere in questa spirale di divisione e odio; Gesù ha detto “Ama il prossimo tuo come te stesso”: era questo il momento di crederci e vivere così per dare il nostro contributo a riportare la pace al nostro popolo.
Abbiamo deciso di cominciare dalla zona più povera della città, una bidonville in maggioranza abitata da stranieri – e quindi presi di mira – che vivono quotidianamente in condizioni di emarginazione. Quando siamo arrivati abbiamo trovato cumuli di macerie dappertutto, le case distrutte dall’esercito, la gente terrorizzata, perché sospettata di nascondere armi e ribelli.

Cosa potevamo fare per loro? Ancora una volta la risposta l’abbiamo trovata nel Vangelo: “Qualunque cosa avrete fatto a uno di questi piccoli, l’avrete fatta a me”. Abbiamo avvicinato le persone e cercato di capire di cosa avessero bisogno. Quindi abbiamo raccolto vestiario e cibo e l’abbiamo distribuito. Poi abbiamo fatto conoscere anche a loro la nostra azione mondiale per la pace: il Time out, un minuto di preghiera o di silenzio ogni giorno, diffuso ormai tra migliaia di persone in tutto il mondo. Tanti di loro hanno preso parte anche alle nostre iniziative per la pace ed il responsabile civile del quartiere ci ha detto di aver visto la sua gente riprendere speranza. Ora quella era anche la “nostra” gente: sentivamo di essere ormai un’unica famiglia e la loro vita, il loro dolore è il nostro.

Nel dicembre scorso la situazione è precipitata: nella capitale gli scontri si sono fatti violentissimi, i ribelli sono entrati anche in casa di alcuni di noi, distruggendo tutto e malmenando le persone. E per le strade decine, centinaia di morti ogni giorno. Tanti hanno iniziato a fuggire da Man: un esodo interminabile di migliaia di uomini, donne e bambini che avevano poco o nulla con se e nessun posto dove andare.

Abbiamo così aperto le porte di Victoria, la cittadella del Movimento dei Focolari in Costa d’Avorio, a quasi 1500 persone che vi si sono rifugiate per diverse settimane.
Sapevamo di trovarci proprio sulla linea del fronte tra le milizie ribelli e le truppe governative; ce lo ricordavano quei boati che squarciavano la notte: continue sparatorie e bombardamenti a pochi chilometri da noi ed ogni sera non si sapeva se all’indomani si sarebbe stati ancora vivi.

L’elettricità era saltata, il pozzo era inservibile, le riserve di cibo scarseggiavano; l’ospedale della città era stato chiuso. Improvvisiamo un’infermeria in casa di alcuni di noi. C’era un solo medico…, molti i feriti, i malati, le donne in attesa di partorire. Eppure, in mezzo a tutto questo è nato un bambino a cui la mamma ha dato il nome di Marius, per ricordare che è nato sotto la protezione di Maria.

Ad ogni ora del giorno e della notte continuavano ad arrivare famiglie, anziani o bambini che cercavano di sfuggire alla “strategia di pulizia” organizzata dai ribelli.
Abbiamo anche allestito una mensa, condiviso il riso che ci restava; aperto le nostre case, preparato letti, distribuito indumenti.

Una mattina, durante la S. Messa, dieci minuti terribili: rumori di mitragliatrici, esplosioni, sparatorie… Ma nessuno gridava o piangeva, c’era in tutti una grande sicurezza mentre recitavamo, una dopo l’altra, l’Ave Maria. Abbiamo continuato a recitare il rosario giorno e notte, sentivamo fortemente che solo Maria poteva ridonarci la pace.
“Anche qui, come dappertutto scarseggia il cibo e non c’è nulla – ci dicevano in tanti – ma si respira un’aria diversa, insieme non abbiamo paura”. Ed era vero, la forza era in quel patto che avevamo fatto: che tutto crollasse, ma non l’amore fra di noi, quello era più potente delle bombe. Quell’amore risanava ferite dentro e fuori, portava a sperare, a perdonare, a trattare gli altri come loro venivano trattati.

A fine gennaio un gruppo di ribelli è penetrato nella cittadella, sono stati accolti ed abbiamo dato loro del cibo, un luogo dove lavarsi, una stanza per riposare. Sembrava che questi soldati, alcuni di loro giovanissimi, avvertissero il clima di fratellanza che si respirava tra tutti e, come per miracolo, non si è verificato nessun incidente e non solo: ci hanno offerto la loro protezione.

(Colombe, Costa d’Avorio)