D. – Ma cosa significa in concreto il termine ‘interdipendenza’? R. – Ovviamente, va tenuto presente che io vengo da un Paese, gli Stati Uniti, che da 225 anni si basa sulla premessa che indipendenza, giustizia, felicità e sicurezza vadano di pari passo; che se le persone volevano essere giuste, democratiche e sicure, dovevano essere indipendenti. Noi abbiamo una Dichiarazione d’Indipendenza. E tutti gli Stati nazionali – Italia, Francia, Cina – partono dagli stessi presupposti. Oggi questa premessa di indipendenza non è più sufficiente. Interdipendenza significa che noi possiamo creare un mondo che sia sicuro per tutti, oppure un mondo che non è sicuro per nessuno. D. – Lei nutre speranze positive, nonostante gli eventi recenti di violenze e di terrorismo crescente? R. – Il terrorismo è sintomo di una malattia nascosta, ma la buona notizia è che qui in Europa, dove per 300 anni le singole Nazioni si sono fatte la guerra e hanno compiuto genocidi una nei riguardi dell’altra, oggi vivono una condizione di interdipendenza civile ed economica. Ecco che l’Europa dimostra come l’interdipendenza sia un principio politico fattibile e realistico, sempre che i singoli individui abbiano la volontà di realizzarla. Quello che manca oggi, in alcuni Paesi come gli Stati Uniti, è proprio questa volontà. Noi stiamo cercando di costruire proprio questa volontà politica per attuare una sempre maggiore interdipendenza. (Radio Vaticana, 13.09.2004)
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