Le insicurezze nate dalle sfide mondiali come la globalizzazione, il cambiamento climatico e la pandemia del coronavirus sembrano svegliare in tanti un nuovo bisogno di una vita spirituale. Ma una spiritualità per l’oggi – afferma Chiara Lubich nel seguente testo – si caratterizza da una decisa dimensione comunitaria. Una delle caratteristiche più originali della spiritualità dell’unità risiede nella sua dimensione comunitaria. Si sa come in questi duemila anni dalla venuta di Gesù, la Chiesa abbia visto fiorire nel suo seno, l’una dopo l’altra, e a volte contemporaneamente, le più belle, le più ricche spiritualità, sicché la Sposa di Cristo si è vista adorna delle perle più preziose, dei brillanti più rari che hanno formato e formeranno ancora tanti santi. In tutto questo splendore una nota è sempre stata costante: è soprattutto la persona singola che va a Dio. […] Ma oggi i tempi sono cambiati. In quest’epoca lo Spirito Santo chiama con forza gli uomini a camminare accanto ad altri uomini, anzi ad essere, con tutti quanti lo vogliono, un cuor solo e un’anima sola. E lo Spirito Santo ha spinto il nostro Movimento, fin dai suoi inizi, a fare questa solenne sterzata verso gli uomini. Secondo la spiritualità dell’unità si va a Dio proprio passando per il fratello. “Io-il fratello-Dio”, si dice. Si va a Dio insieme con l’uomo, insieme con i fratelli, anzi si va a Dio attraverso l’uomo. […] È un’era, dunque, la nostra in cui la realtà della comunione viene in piena luce, in cui si cerca, oltre il Regno di Dio nelle singole persone, anche il Regno di Dio in mezzo alle persone. Le spiritualità più propriamente individuali inoltre manifestano in genere delle precise esigenze in coloro che vi sono più impegnati: la solitudine e la fuga dalle creature per raggiungere la mistica unione con la Trinità dentro di sé. Per custodire la solitudine si esige il silenzio. Per tenersi separati dagli uomini si usano il velo e la clausura, oltre ad un particolare abito. Per imitare la passione di Cristo si fanno le più svariate penitenze, a volte durissime, digiuni, veglie. Nella via dell’unità si conosce pure la solitudine e il silenzio, per attuare, ad esempio, l’invito di Gesù a chiudersi nella propria stanza a pregare, e si fuggono gli altri se portano al peccato, ma in genere si accolgono i fratelli, si ama Cristo nel fratello, in ogni fratello, Cristo che può essere vivo in lui o può rinascere anche per l’aiuto che noi gli offriamo. Ci si vuole unire con i fratelli nel nome di Gesù, onde aver garantita la sua presenza in mezzo a noi (cfr. Mt 18,20). Nelle spiritualità individuali si è quindi come in un magnifico giardino (la Chiesa) e si osserva e si ammira soprattutto un fiore: la presenza di Dio dentro di sé. In una spiritualità collettiva si amano e si ammirano tutti i fiori del giardino, ogni presenza di Cristo nelle persone. E la si ama come la propria. […]
Chiara Lubich
Da: Una spiritualità di comunione. In: Chiara Lubich, La dottrina spirituale, Milano 2001, pag. 69.
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