Signore e Signori politici impegnati a livello comunale, cantonale e nazionale, Signore e Signori, Amici,
esprimo anzitutto la gioia nel trovarmi qui con tutti i presenti, dopo aver incontrato e conversato cordialmente, l’estate scorsa, con alcuni di loro partecipanti ad Innsbruck nel novembre 2001, al Congresso “Mille città per l’Europa”. E ringrazio per l’occasione che mi hanno dato di fare un intervento su un argomento che tanto appassiona me e politici in più parti del mondo. Esso recita così: “La sfida di una politica autentica”, intendendo quella arricchita dalla fraternità come nuova categoria politica. Un argomento attraente che immette fiducia e alimenta speranze. Eppure poche volte forse, come nel tempo presente, il nostro pianeta è stato ed è attraversato dalla sfiducia, dal timore, dal terrore persino; mai il nostro mondo, specie quello civile e politico, è stato così profondamente scosso. Basta accennare a due terribili avvenimenti: l’affacciarsi del terrorismo, l’11 settembre 2001 e lo scoppio d’una guerra aborrita dai più: il 20 marzo 2003. Tutto nero, dunque, senza speranza? Può sembrare, ma non è così. Infatti, contemporaneo a questi tristissimi avvenimenti, non si può negare un fatto, anche se oggi è messo senza dubbio in ombra. Un fatto reale: il mondo, il nostro mondo, in questi ultimi decenni, va verso l’unità. “Questa – è stato detto autorevolmente – sembra la prospettiva che emerge dai molteplici segni del nostro tempo: la prospettiva di un mondo unito. E’ la grande attesa degli uomini di oggi (…) e, nello stesso tempo, la grande sfida del futuro”. Molti fattori religiosi, sociali e politici lo stanno a dimostrare. Lo affermano, nel mondo cristiano, le varie Chiese e Comunità ecclesiali, spinte verso la riconciliazione e la piena comunione, dopo secoli di indifferentismo e di lotta. Lo afferma la realtà del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che rappresenta più di 300 Chiese, come lo ha sottolineato il Concilio Vaticano II. Lo dice ancora, nel mondo religioso, ad esempio, la Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace, che unisce rappresentanti delle più varie tradizioni religiose in un comune impegno ricco di iniziative, a favore della pace. Nel mondo politico, poi, dicono che il mondo va verso l’unità gli Stati che lavorano, in modi diversi, alla loro unificazione, come quelli dell’Unione Europea. Un caso recente è anche l’Unione Africana che ha visto la luce nel luglio 2002, chiamata a modellarsi intorno al concetto africano di “cooperazione comune solidale”, così da garantire, accanto all’integrazione economica, una coesione sociale ed umana tra le diverse anime di quel continente. Un altro caso sono le Conferenze ibero-americane che periodicamente indicano obiettivi comuni all’azione dei Paesi dell’America Latina, della Spagna e del Portogallo. E ancora le riunioni tra i Paesi che sono parte dell’APEC, il sistema di cooperazione economica tra l’Asia e il Pacifico, che vede unirsi intorno ad obiettivi comuni i Paesi del continente asiatico e di quello americano. Evidenzia ancora la tendenza del nostro mondo all’unità l’affermarsi di numerosi enti e organizzazioni internazionali come l’ONU. E fanno capire questa tendenza situazioni, esigenze, aspetti importanti della realtà contemporanea. I mezzi di comunicazione rendono presenti gli uni agli altri persone e popoli materialmente lontanissimi. La globalizzazione economica e finanziaria ha intrecciato tutti i nostri interessi, per cui ciò che accade in un Paese può avere ripercussioni materiali immediate in molti altri Paesi. Esistono problemi che interessano l’umanità nel suo insieme: basta pensare alla questione ambientale e in particolare l’ecologia umana, lo sviluppo e l’alimentazione, le problematiche riguardanti il patrimonio genetico dei diversi gruppi umani. Viviamo in un mondo che davvero è diventato un villaggio. L’umanità vive oggi come fosse un piccolo gruppo che, se non è riuscito ancora a sviluppare sufficientemente un pensiero capace di rispettare le distinzioni, comprende la sua fondamentale unità. Sì, anche se oggi tutto può dire il contrario, anche se altre nere previsioni lasciano l’uomo moderno col cuore sospeso, il mondo va verso l’unità, anzi, l’unità globale. Ed è in questo quadro che va collocato anche il Movimento che indegnamente rappresento: il Movimento dei Focolari. Occorre vederlo così perché il suo obiettivo è proprio l’unità, è la fratellanza universale. Non solo, occorre vederlo così, e quindi come elemento di speranza nel mondo d’oggi, perché è una delle riprove che Dio, se lo si ama, sa sempre trarre dal male, da qualsiasi male, anche dai terribili mali moderni, un bene. Il Movimento dei Focolari è nato proprio durante una guerra, la seconda guerra mondiale, quando, di fronte ai nostri occhi ed al nostro giovane cuore, pieno di idealità, tutto crollava sotto le bombe e ogni nostro sogno si spegneva sotto le macerie. Ma ecco che la grazia d’un carisma dello Spirito Santo ci fece capire che uno solo era l’Ideale che non passa: Dio e con Lui il suo piano sull’umanità: fare di essa una famiglia, attraverso la fratellanza universale. S’è cominciato con grande slancio. Ora siamo presenti in 182 nazioni e contiamo milioni e milioni di persone, più di quelle dell’intera Confederazione svizzera. Se amiamo Dio, possiamo attenderci, dunque, anche dalle attuali circostanze, un bene. Naturalmente occorre fare la propria parte. Quale? Cooperare al disegno di Dio e cioè alla fraternità universale. E’ la sfida che dobbiamo affrontare. La fratellanza universale, anche prescindendo dal cristianesimo, non è stata assente dalla mente di qualche spirito forte. Diceva il Mahatma Gandhi: “La regola d’oro è di essere amici del mondo e considerare ’una’ tutta la famiglia umana” . Ed è presente tuttora in qualche grande personalità come il Dalai Lama che, a proposito di quanto era successo l’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, scriveva ai suoi: “Per noi le ragioni (degli eventi di questi giorni) sono chiare. (…) Non ci siamo ricordati delle verità umane più basilari. (…) Siamo tutti uno. Questo è un messaggio che la razza umana ha grandemente ignorato. Il dimenticare questa verità è l’unica causa dell’odio e della guerra (…)”. Ma anche altre voci stimolano l’umanità ad amare; così Augusto Comte propone una religione (tutta terrena) che abbia come morale l’altruismo e una regola fondamentale “vivere per l’altro” ; così Feuerbach, uno dei padri dell’ateismo moderno, afferma: “La legge prima e suprema deve essere l’amore dell’uomo per l’uomo” . Ma chi ha portato la fraternità come dono essenziale all’umanità, è stato proprio Gesù, che ha pregato così prima di morire: “Padre…, che tutti siano uno” (cf Gv 17,21). Egli, rivelando che Dio è Padre, e che gli uomini, per questo, sono tutti fratelli, abbatte le mura che separano gli “uguali” dai “diversi”; gli amici dai nemici; che isolano una città dall’altra. E scioglie ciascun uomo dai vincoli che lo imprigionano, dalle mille forme di subordinazione e di schiavitù, da ogni rapporto ingiusto, compiendo in tal modo un’autentica rivoluzione esistenziale, culturale e politica. L’idea della fraternità iniziò così a farsi strada nella storia. E tutti vi sono chiamati: anche coloro che lavorano in politica. Lo ha detto, ad esempio, la Rivoluzione francese che nel suo motto: “Libertà, uguaglianza, fraternità”, ha sintetizzato il grande progetto politico della modernità, anche se questo progetto è stato inteso da essa in modo assai riduttivo. La Rivoluzione francese, nonostante le sue contraddizioni, aveva però intuito quel che le esperienze successive hanno dimostrato: i tre principi stanno o cadono insieme; solo il fratello può riconoscere piena libertà e uguaglianza al fratello. Inoltre, se numerosi Paesi, arrivando a costruire regimi democratici, sono riusciti a dare una certa realizzazione alla libertà e all’uguaglianza, la fraternità è stata più annunciata che vissuta. La fraternità, dunque, come ideale da recuperare, come ideale di oggi. Ma come suscitare fraternità? Per dare al mondo la fraternità che generi un’unità spirituale, garanzia dell’unità politica, economica, sociale, culturale, non mancano gli strumenti. Basta saperli individuare. Uno, la cui efficacia non è ancora del tutto scoperta, è quello dell’apparire nel mondo cristiano, dopo i primi decenni del ’900, di decine e decine di Movimenti, simili al nostro già menzionato, che, come tante reti collegano i popoli, le culture e le diversità: quasi un segno che il mondo potrebbe diventare una casa delle Nazioni perché esso lo è già attraverso queste realtà , pur se ancora a livello di laboratorio. Sono Movimenti meritevoli di grande ed alta stima perché effetto non di progettualità umane, ma anch’essi di carismi dello Spirito di Dio, che conosce meglio di qualsiasi uomo e donna della terra i problemi del nostro pianeta ed è desideroso di concorrere a risolverli. Ora questi Movimenti, poiché fondati o prevalentemente composti da laici, veicolano un sentito e profondo interesse per il vivere umano con ricadute nel campo civile, cui offrono concrete realizzazioni politiche, economiche, e così via. Sono venuti in piena luce appena cinque anni fa, quando la Chiesa cattolica si è riscoperta e ripresentata al mondo costituita, oltre che dall’aspetto istituzionale, anche da quello carismatico, atto a riportare il popolo cristiano, spesso secolarizzato dal contatto col mondo, alla radicalità del Vangelo, sempre capace di dare un volto nuovo anche alla città terrena. Questi Movimenti, seguendo ciascuno il proprio carisma, concretizzano l’amore in tante forme. Qualcuno fra questi, in particolare, manifesta la forza dello Spirito nella capacità che ha d’aprire uomini e donne del nostro pianeta a un dialogo profondo e dare così origine a brani di umanità affratellata. Per quanto riguarda il Movimento dei Focolari, quattro sono i dialoghi che, da quasi mezzo secolo, esso ha messo in atto. Il dialogo all’interno della Chiesa, che l’aiuti ad essere sempre più “comunione”, quella comunione in cui la fraternità e la pace sono assicurate. Il dialogo ecumenico nella sua forma di “dialogo del popolo”, che coinvolge, vivissimo, cristiani di 350 Chiese, trasformati tutti in una sola “famiglia cristiana”, quasi un pezzo d’anima di quell’unica Chiesa di Cristo che verrà. Il dialogo con persone di altre religioni: musulmani, ebrei, buddisti, indù, sikhs, ecc., oggi presenti un po’ dovunque per le ondate migratorie. Dialogo possibile per la cosiddetta “regola d’oro”, comune a tutte le principali religioni della terra. Essa dice: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” (cf Lc 6,31). Regola d’oro che in fondo domanda di amare ogni prossimo, cosicché se noi, perché cristiani, amiamo, ed essi, pure, come indù, musulmani, ebrei, amano, ecco l’amore reciproco, da cui fiorisce la fraternità. Questo dialogo ha già fruttato, per il Movimento dei Focolari, una fraternità piena e sentita con un Movimento buddista moderno di Tokio, la Rissho Kosei-kai, che conta sei milioni di membri. E con un altro Movimento musulmano afroamericano, l’Associazione di musulmani americani, di due milioni di membri, il quale, per lo scambio dei doni che si effettua nel dialogo, ha, ad esempio, aperto a noi 40 moschee negli USA, dove possiamo annunciare le nostre esperienze evangeliche, da loro tanto desiderate, e la nostra finalità: la fraternità universale. Dialogo, infine, con i nostri fratelli che non professano una fede religiosa, ma hanno iscritta pure essi, nel DNA della loro anima, la spinta ad amare. E sono, forse, i più. Ma ecco ciò che più particolarmente interessa qui. Il Movimento dei Focolari, pur essendo primariamente religioso, ha avuto, sin dal 1948, e poi durante gli anni, un’attenzione particolare per il mondo politico, sino a veder nascere dal suo seno, a Napoli nel 1996, il cosiddetto “Movimento politico per l’unità”. Movimento che ora sta diffondendosi e organizzandosi su tutto il pianeta. Vi fanno parte politici, amministratori, funzionari, studiosi e cittadini, appartenenti ai più diversi orientamenti politici. Ne parlerà oggi l’on. Lucia Fronza, deputato al Parlamento italiano per due legislature ed ora presidente del “Movimento politico per l’unità”. Della genesi e sviluppo di detto Movimento ho potuto parlare anch’io più volte come, fra il resto, ai parlamentari italiani, a Strasburgo, al Centro Europeo di Madrid e all’ONU. Non è un nuovo partito, ma il portatore di una cultura e di una prassi politiche nuove. Cambia il metodo della politica. Pur rimanendo fedele alle proprie autentiche idealità, il politico dell’unità ama non solo i politici del suo partito, ma tutti gli altri politici, cercando di vivere in comunione con ognuno. Fa questo nei consigli comunali, nei partiti, nei diversi gruppi di iniziativa civica e politica, nei parlamenti regionali o cantonali, nei parlamenti nazionali. L’unità, così vissuta, è portata come fermento anche tra i partiti stessi, nelle istituzioni, in ogni ambito della vita pubblica, nei rapporti fra gli Stati. Lo scopo specifico del “Movimento politico per l’unità” è dunque: aiutare ed aiutarsi a vivere sempre nella fraternità; con essa alla base, credere nei valori profondi, eterni dell’uomo e solo dopo, muoversi nell’azione politica. Ed ecco alcune idee-forza del “Movimento politico per l’unità”. Anzitutto, per il politico dell’unità, la scelta dell’impegno politico è un atto d’amore, con il quale egli risponde ad un’autentica vocazione, ad una chiamata personale. Egli vuol dare risposta ad un bisogno sociale, ad un problema della sua città, alle sofferenze del suo popolo, alle esigenze del suo tempo. Chi è credente, avverte che è Dio stesso a chiamarlo, attraverso le circostanze; il non credente, risponde ad una domanda umana che trova eco nella sua coscienza: ma è sempre l’amore che entrambi immettono nella loro azione. E gli uni e gli altri, questi politici, hanno la loro casa nel “Movimento politico per l’unità”. In secondo luogo, il politico dell’unità prende coscienza che la politica è, nella sua radice, amore; e ciò porta a comprendere che anche l’altro, colui che a volte è chiamato avversario politico, può avere compiuto la propria scelta per amore. E questo esige che lo si rispetti, anzi il politico dell’unità ha a cuore che anche l’altro realizzi il disegno buono di cui è portatore, che, se risponde ad una chiamata, ad un bisogno vero, è parte integrante di quel bene comune che solo insieme si può costruire. Il politico dell’unità ama, dunque, non solo coloro che gli danno il voto, ma quelli che lo danno ad altri; non solo il proprio partito, ma anche quello altrui. Un altro aspetto della fraternità in politica è la capacità di saper ascoltare tutti, anche i “diversi”. E in tal modo ci si “fa uno” con tutti, ci si apre alla loro realtà. E il farsi uno aiuta a superare i particolarismi, rivela aspetti delle persone, della vita, della realtà, che ampliano anche l’orizzonte politico: il politico che impara a farsi uno con tutti diventa più capace di capire e di proporre. Il farsi uno è il vero realismo politico. Ancora, il politico dell’unità non può rimanere passivo davanti ai conflitti, spesso aspri, che scavano abissi tra i politici e tra i cittadini. Al contrario, egli compie il primo passo per avvicinarsi all’altro e riprende la comunicazione interrotta. Creare la relazione personale dove essa non c’è, o dove ha subito una interruzione, può significare, a volte, riuscire a sbloccare lo stesso processo politico. La fraternità, ancora, trova piena espressione nell’amore reciproco, di cui la democrazia, se rettamente intesa, ha una vera necessità: amore dei politici fra loro, e fra i politici e i cittadini. Il politico dell’unità non si accontenta di amare da solo, ma cerca di portare l’altro, alleato o no, all’amore, perché la politica è relazione, è progetto comune. Un’ultima delle nostre idee-forza è che la patria altrui va amata come la propria; la più alta dignità per l’umanità sarebbe infatti quella di non sentirsi un insieme di popoli spesso in lotta fra loro, ma, per l’amore vicendevole, un solo popolo, arricchito dalla diversità di ognuno e per questo custode nell’unità delle differenti identità. E’ quanto il Movimento ha cercato di vivere in momenti anche drammatici, attraverso gesti di amicizia e di pace attuati tra i nostri dell’una e dell’altra nazione: gesti che avevano un profondo significato politico. Ma tutti questi aspetti dell’amore politico, che realizzano la fraternità, richiedono sacrificio. Quante volte l’attività politica fa conoscere la solitudine, l’incomprensione da parte, anche, dei più vicini! E a quante divisioni, spaccature, ferite della propria gente il politico deve rimediare. E’ questo il prezzo della fraternità che è a lui richiesto: prezzo altissimo, ma altissimo è anche il premio. La fedeltà alla prova farà, infatti, del politico un modello, un punto di riferimento per i suoi concittadini, orgoglio della sua gente. Questi sono i politici che il “Movimento politico per l’unità” desidera, con l’aiuto di Dio, generare, nutrire, sostenere. E non è utopia. Lo dicono alcuni dei nostri che ci hanno preceduti in Cielo: Jozef Lux, già vice-primo ministro della Repubblica Ceca, che seppe conquistare l’ammirazione dei colleghi e degli altri; o Domenico Mangano, che visse la politica nell’amministrazione comunale di Viterbo, in costante servizio ai suoi concittadini; o il deputato nazionale Igino Giordani, modello non solo di virtù religiose, ma anche di virtù civili: segno, questo, che ci si può realizzare come cristiani non “nonostante la politica”, ma “attraverso la politica”. Questi uomini hanno risposto alla loro chiamata. E la risposta alla vocazione politica è anzitutto un atto di fraternità: non si scende in campo, infatti, solo per risolvere un problema, ma si agisce per qualcosa di pubblico, che riguarda gli altri, volendo il loro bene come fosse il proprio. Il vivere così permette ai sindaci, ad esempio, di ascoltare fino in fondo i cittadini, di conoscerne i bisogni e le risorse; li aiuta a comprendere la storia della propria città, a valorizzarne il patrimonio culturale e associativo: in tal modo arrivano a cogliere, un po’ alla volta, la sua vera vocazione ed a guardare ad essa con sicurezza per tracciarne il cammino. Il compito dell’amore politico è quello di creare e custodire le condizioni che permettono a tutti gli altri amori di fiorire: l’amore dei giovani che vogliono sposarsi e hanno bisogno di una casa e di un lavoro, l’amore di chi vuole studiare e ha bisogno di scuole e di libri, l’amore di chi si dedica alla propria azienda e ha bisogno di strade e ferrovie, di regole certe… La politica è perciò l’amore degli amori, che raccoglie nell’unità di un disegno comune la ricchezza delle persone e dei gruppi, consentendo a ciascuno di realizzare liberamente la propria vocazione. Ma fa pure in modo che collaborino tra loro, facendo incontrare i bisogni con le risorse, le domande con le risposte, infondendo in tutti fiducia gli uni negli altri. La politica si può paragonare allo stelo di un fiore, che sostiene e alimenta il rinnovato sbocciare dei petali della comunità. Ma ora, parlando più in particolare ai Signori Sindaci, viene spontaneo chiedersi: che cosa significa e comporta l’ideale della fraternità per la vita della città? Esso non si aggiunge dall’esterno alla riflessione e alla pratica politica, ma si può considerare l’anima con la quale affrontare i problemi di oggi. Noi sappiamo, infatti, che anche oggi ci sono cittadini per i quali la città è come non esistesse, cittadini per i cui problemi le istituzioni cercano con difficoltà le risposte. C’è anche chi si sente escluso dal tessuto sociale e separato dal corpo politico, a causa della mancanza di lavoro, o di casa, o della possibilità di curarsi adeguatamente. Sono questi, e molti altri, i problemi che quotidianamente i cittadini pongono a chi ha il governo della città. E la risposta che ricevono è determinante perché anch’essi si sentano a pieno titolo cittadini e avvertano l’esigenza e abbiano la possibilità di partecipare alla vita sociale e politica. E perciò, da questo punto di vista il Comune è la più importante delle istituzioni, perché più vicina alle persone, di cui incontra direttamente tutti i tipi di bisogni. Ma è pure attraverso il rapporto con il Comune, nelle sue varie articolazioni, che il cittadino sviluppa la gratitudine – o il rancore – verso l’insieme delle istituzioni, anche quelle più lontane, quali lo Stato. Nel “Movimento politico per l’unità” si è sperimentato che il Comune riesce a rispondere bene alle esigenze dei cittadini se colui che governa, o che in qualche modo ha una responsabilità nell’amministrazione della città, ha, alla base del suo impegno politico, l’esigenza di vivere la fratellanza con tutti, e guarda anche al cittadino come ad un fratello. E si sa che per un fratello i problemi si risolvono più facilmente, perché si pensa e si ripensa al suo problema, si bussa a tutte le porte, si cercano tutte le opportunità, si mettono insieme tutte le risorse; e, infine, quando tutte le forze fossero state impiegate, ci si rivolge, se si ha la fede, pure a Dio perché provveda. Il “Movimento politico per l’unità” in generale vede l’umanità come un unico corpo nel quale tutti gli uomini possono essere affratellati. L’umanità è prima di tutto una cosa sola. Un’unità, sempre nella diversità, nella libertà, costruita da persone e da popoli che siano veramente se stessi, portatori di una propria identità e di una propria cultura aperte e dialoganti con le altre. E quando sarà così, si potrà conoscere finalmente la pace. Infatti, a mano a mano che a ciò ci si avvierà, vedremo realizzarsi particolari sogni di grandi della nostra storia. Come quello di Martin Luther King: “Oggi ho (…) sognato che (…) gli uomini muteranno le loro spade in aratri, (…) (e che) la guerra non sarà neppure più oggetto di studio. (…) Con questa fede noi saremo capaci di affrettare il giorno in cui vi sarà pace sulla terra e buona volontà verso tutti gli uomini. Sarà un giorno glorioso, e le stelle canteranno tutte insieme, ed i figli di Dio grideranno di gioia” . Che il Signore ed il nostro agire facciano in modo che quel giorno non sia lontano. Ringrazio tutti dell’ascolto. Chiara Lubich
Martigny, 22 marzo 2003
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