E’ stato uno dei primi religiosi ad aderire alla spiritualità dei Focolari. Un contemplativo in piena azione; un uomo di Dio immerso nell’umanità. Cosa significa e a che cosa serve “contemplare” oggi? E come si contempla nel XXI secolo? In tempi come questi, chiusi in casa per il Covid e pressati da preoccupazioni per il futuro, prendersi del tempo per metterci in contatto con l’Assoluto potrebbe non sembrare una priorità. Da pochi giorni, però, mi sono dovuta ricredere: ho conosciuto la straordinaria figura di padre Ermanno Rossi, domenicano italiano, pioniere dei Focolari negli anni ’50 che ci ha lasciati lo scorso lunedì di Pasquetta. La sua parabola esistenziale dice che solo una relazione intima con Dio poteva renderla possibile. Lo conferma un suo scritto, stilato in occasione del suo 90mo compleanno: “Le vicende della mia vita sono state tante! Ricordo soltanto una convinzione interiore che mi ha guidato in tutte le scelte: ‘Nulla chiedere e nulla rifiutare’. Ciò significava per me: valutare bene il compito che mi veniva affidato, metterci tutte le forze con la certezza che al resto ci avrebbe pensato Dio. Per questo motivo, non ho mai chiesto nulla né rifiutato nulla, qualunque compito mi venisse richiesto, anche se è stato quasi sempre contrario al mio sentire. Giunto a questa età posso, però, assicurare che è valsa la pena fidarsi di Dio. (…) Assieme alle difficoltà ho avuto delle grazie straordinarie. Tra queste ha un posto di tutto rilievo l’incontro con Chiara Lubich e con il suo Movimento. Questo incontro è stato il faro della mia vita”. E la sua è stata una vita a dir poco intensa: dal 1950 al ’55 è stato incaricato dei giovani aspiranti alla vita domenicana; scriveva che la sua cella era l’automobile: “Ero sempre in giro per l’Italia centrale”. E’ in quegli anni che padre Ermanno approda in una delle prime comunità romane dei Focolari e conosce Graziella De Luca: “Feci solo una domanda: ‘Ora che siete in vita voi, va tutto bene; ma quando la prima generazione sarà passata, avverrà inevitabilmente il declino, com’è capitato a tutte le fondazioni’. Graziella mi rispose: ‘No! Finché ci sarà Gesù in mezzo, questo non avverrà’ ”. Da quel momento la sua vita ha subito, se possibile, ancor più un’accelerata: è stato rettore ed economo di un seminario; docente di Morale a Loppiano; ha girato l’Europa per far conoscere lo spirito dei Focolari a numerosi religiosi. E’ stato responsabile per il Centro Missionario della sua provincia religiosa, poi parroco a Roma e superiore di una piccola comunità. Con quale spirito padre Ermanno ha vissuto tutto questo? Lo racconta lui stesso: “In tutte queste vicende c’è stata una costante: ogni volta ho dovuto cominciare da capo; ho dovuto “riciclarmi”. È stato come se mi avessero affidato ogni volta un mestiere nuovo. Altra costante: al primo impatto, la nuova situazione si è sempre rivelata dolorosa, poi l’ho vista provvidenziale. Ora ho la certezza che ciò che la Provvidenza dispone a mio riguardo è quanto di meglio mi possa capitare”. Nella spiritualità dell’Unità padre Ermanno ha trovato la strada per un nuovo rapporto con Dio. Fino allora, Dio era stato cercato nella solitudine. Da Chiara Lubich scopre che il fratello è la via diretta per andare a Dio; un cammino che non richiede necessariamente la solitudine: può esser fatto anche in mezzo alla folla.
Stefania Tanesini
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