Più volte Gesù ha paragonato il Paradiso ad una festa di nozze, ad una riunione di famiglia attorno alla tavola. Nella nostra esperienza umana sono questi infatti i momenti più belli e sereni. Ma quanti entreranno in Paradiso, quanti prenderanno posto nella “sala del convito”?
È la domanda che un tale rivolge un giorno a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Gesù, come ha fatto altre volte, va al di là della discussione e mette ognuno davanti alla decisione che deve prendere. Lo invita ad entrare nella casa di Dio.
Ma ciò non è facile. La porta per entrare è stretta e resta aperta per poco tempo. Per seguire Gesù è necessario infatti rinnegarsi, rinunciare, almeno spiritualmente, a se stessi, alle cose, alle persone. Addirittura occorre portare la croce come Lui ha fatto. Una via difficile, è vero, ma che tutti, con la sua grazia, possiamo percorrere.
«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno»
È più facile imboccare “la porta larga e la via spaziosa”, di cui parla altrove Gesù, ma essa può condurre alla “perdizione”. Nel nostro mondo secolarizzato, saturo di materialismo, di consumismo, di edonismo, di vanità, di violenza tutto sembra consentito. Si tende a soddisfare ogni esigenza, a cedere a ogni compromesso pur di raggiungere la felicità.
Ma noi sappiamo che la vera felicità si ottiene amando e che la rinuncia è la condizione necessaria all’amore. Occorre esser potati per dare buoni frutti. Occorre morire a se stessi per vivere. È la legge di Gesù, un suo paradosso. La mentalità corrente ci investe come un fiume in piena e noi dobbiamo camminare controcorrente: saper rinunciare, ad esempio, alla bramosia del possedere, all’antagonismo per partito preso, alla denigrazione dell’avversario; ma anche compiere con onestà il proprio lavoro, e con generosità, senza ledere gli interessi altrui; saper discernere ciò che si può vedere alla televisione o ciò che si può leggere, ecc.
«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno»
Per chi si lascia andare ad una vita facile e non ha il coraggio di affrontare il cammino proposto da Gesù, si apre un futuro triste. C’è anche questo nel Vangelo. Gesù ci parla del dolore di quelli che saranno lasciati fuori. Non basterà vantare la propria appartenenza religiosa o accontentarsi di un cristianesimo di tradizione. Inutile dire: “Abbiamo mangiato in tua presenza…”. La salvezza non è un dato scontato per nessuno.
Sarà duro sentirsi dire: “Non vi conosco, non so di dove siete”. Sarà solitudine, disperazione, assoluta mancanza di rapporto, il rammarico bruciante di aver avuto la possibilità di amare e di non poter più amare. Un tormento di cui non si vede la fine perché non avrà mai fine: “pianto e stridore di denti”.
Gesù ci avverte perché vuole il nostro bene. Non è Lui che chiude la porta, semmai saremo noi a chiuderci al suo amore. Lui rispetta la nostra libertà.
«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno»
Se la porta larga conduce alla perdizione, quella stretta si spalanca sulla vera felicità. Dopo ogni inverno spunta la primavera. Sì, dobbiamo vivere con prontezza la rinuncia che il Vangelo richiede, portare ogni giorno la propria croce. Se sapremo soffrire con amore, in unità con Gesù che ha assunto ogni nostro dolore, sperimenteremo un paradiso anticipato.
È stato così anche per Roberto quando è andato all’ultima udienza del processo contro chi, quattro anni prima, aveva causato la morte del papà. Dopo la sentenza di condanna, l’investitore, insieme alla moglie e al padre, appariva molto depresso. “Avrei voluto avvicinarmi a quell’uomo, vincendo l’orgoglio che mi diceva di no; fargli sentire che gli ero vicino”.
Ma la sorella gli dice: “Sono loro che devono scusarsi con noi…”. Roberto la convince e insieme vanno dalla famiglia “avversaria”: “Se questo può alleggerirvi l’animo, sappiate che non nutriamo nessun rancore nei vostri riguardi”. Si stringono la mano con forza. “Mi sento pervadere dalla felicità: ho saputo cogliere l’occasione per guardare al dolore dell’altro dimenticando il mio”.
Chiara Lubich
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