Movimento dei Focolari

Chiara Lubich: Gesù parla nel nostro cuore

Nel viaggio della vita, a volte dobbiamo rallentare la marcia per qualche attimo e ascoltare la voce che parla nel nostro cuore. Scopriremo nuove sfide come suggerisce in questo testo  Chiara Lubich. Ascoltare la voce di Gesù (…) non significa soltanto ascoltare la sua dottrina, farla propria, ma stabilire un rapporto personale con Gesù, che chiama uno ad uno, per nome. La sua voce si fa sentire nell’intimo, la sua verità (che è la verità) opera nel cuore, anche se la risposta al suo invito rimane libera per ogni singolo. Facendo l’esempio del buon Pastore, Gesù afferma che c’è opposizione tra il pastore legittimo, che entra per la porta, e il ladro o il brigante che salta il recinto. Sono esistiti, attraverso i secoli (ed esistono pure oggi), altri falsi messia che, con le loro ideologie, cercano di attrarre gli uomini. Ma coloro che appartengono a Gesù, che conoscono la sua voce, non si lasciano ingannare dalle varie promesse e non si fidano di altre voci. (…) Prova ad ascoltare la voce di Gesù che parla nel tuo cuore. Vedrai che essa ti porterà fuori dal tuo egoismo, dal tuo non-amore, dal voler primeggiare, dalla tua superbia, dal desiderio di violenza…: da tutto ciò che ti rende schiavo. Se porrai la tua vita in Gesù ed Egli sarà la tua guida, sarai senz’altro spinto fuori dalla tentazione d’un cristianesimo facile e di comodo, dalla mediocrità d’una vita senza senso. Seguendo Lui, che parla in te, che chiama proprio te (perché chiama uno per uno) non conoscerai sentieri battuti, ma ti avvierai in un’avventura divina mai sognata; tutto sarà nuovo e bello anche se costerà alla tua natura; costaterai quant’è varia la fantasia divina e comprenderai come, seguendo un simile pastore, la vita è piena, abbonda di frutti, irradia dappertutto il bene. E finalmente capirai che potente e meravigliosa rivoluzione sia il Vangelo vissuto.

Chiara Lubich

 (Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 204-208) (altro…)

Chiara Lubich: perdonarsi scambievolmente

Nella società di oggi, perdonare é una scelta decisamente controcorrente. “Qualcuno pensa che il perdono sia una debolezza – scrive Chiara Lubich nel brano che pubblichiamo – No, è l’espressione di un coraggio estremo, è amore vero, il più autentico perché il più disinteressato”.  Se vogliamo contribuire infatti a realizzare un mondo nuovo la strada é fare come Dio che non solo perdona, ma anche dimentica. Il Signore perdona tutte le nostre colpe perché “è buono e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore”[1]. Chiude gli occhi per non vedere più i nostri peccati[2], li dimentica gettandoseli dietro le spalle[3]. Dio perdona perché, come ogni padre, come ogni madre, vuol bene ai figli suoi e quindi li scusa sempre, copre i loro sbagli, dà loro fiducia e li incoraggia senza stancarsi mai. Perché padre e madre, a Dio non basta amare e perdonare i suoi figli e le sue figlie. Il suo grande desiderio è che essi si trattino da fratelli e sorelle, vadano d’accordo, si vogliano bene, si amino. La fratellanza universale, ecco il grande progetto di Dio sull’umanità. Una fraternità più forte delle inevitabili divisioni, tensioni, rancori che si insinuano con tanta facilità per incomprensioni e sbagli. Spesso le famiglie si sfasciano perché non ci si sa perdonare. Odi antichi mantengono la divisione tra parenti, tra gruppi sociali, tra popoli. A volte c’è addirittura chi insegna a non dimenticare i torti subiti, a coltivare sentimenti di vendetta… Ed un rancore sordo avvelena l’anima e corrode il cuore. Qualcuno pensa che il perdono sia una debolezza. No, è l’espressione di un coraggio estremo, è amore vero, il più autentico perché il più disinteressato. “Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?” – dice Gesù – questo lo sanno fare tutti: “Voi amate i vostri nemici”[4]. Anche a noi viene chiesto di avere, imparando da Lui, un amore di padre, un amore di madre, un amore di misericordia nei confronti di quanti incontriamo nella nostra giornata, specialmente di chi sbaglia. A quanti poi sono chiamati a vivere una spiritualità di comunione, ossia la spiritualità cristiana, il Nuovo Testamento chiede ancora di più: “Perdonatevi scambievolmente”[5]. L’amore reciproco domanda quasi un patto fra noi: essere sempre pronti a perdonarci l’un altro. Solo così potremo contribuire a creare la fraternità universale.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 666-667) [1] Cf. Sal 103, 3.8 [2] Cf. Sap 11, 23 [3] Cf. Is 38, 17 [4] Cf. Mt 5, 42-47 [5] Cf. Col 3, 13 (altro…)

Chiara Lubich: L’unità

In questa occasione ci soffermiamo sul cardine fondamentale della Spiritualità dell’unità. Chiara Lubich ci indica la via per ottenere la grazia dell’unità da parte del Padre. […] Qui, in questo cardine, tipico nostro, è implicito il “di più” di ciò che è richiesto, in genere, nelle spiritualità individuali, almeno lungo il loro decorso. Quel “di più” che è, come sappiamo, reciprocità e unità. L’unità. Ma che cos’è l’unità? Si può attuare l’unità? L’unità è ciò che Dio vuole da noi. L’unità è realizzare la preghiera di Gesù: “Padre che siano uno come io e te. Io in essi e tu in me affinché siano uno” (cf Gv 17,21). Ma l’unità non si può attuare con le sole nostre forze. Può realizzarla solo una grazia particolare, che scende dal Padre, se trova una particolare disposizione in noi, un requisito preciso e necessario. Esso è l’amore reciproco, comandato da Gesù, messo in atto. Il suo amore reciproco, quello che Lui vuole, che non è – lo sappiamo – semplice amicizia spirituale o accordo o buona intesa. E’ l’amarsi l’un l’altro come Lui ci ha amato. E cioè fino all’abbandono: fino al distacco completo dalle cose e  creature, materiali e spirituali per poterci far uno l’un l’altro vicendevolmente e perfettamente. In tale maniera si fa la parte nostra e si è nelle condizioni per ricevere la grazia dell’unità, che non mancherà, che non può mancare. […] Occorre ricordarsi che, nella nostra spiritualità comunitaria, c’è una grazia in più; che il Cielo può aprirsi ogni momento per noi; e noi, se facciamo quanto Esso chiede, invasi da questa grazia, possiamo operare molto, molto per il Regno di Dio. […] Durante il prossimo mese sforziamoci per procurarci sempre questo dono! E non attendiamolo solo per la nostra felicità, ma per essere abilitati alla nostra tipica evangelizzazione. La conoscete: “Siano uno affinché il mondo creda” (cf Gv 17,21). C’è tanto bisogno nel mondo di fede, di credere! E tutti siamo chiamati a evangelizzare. […] Che chiunque osservi due o più di noi uniti (in focolare, nei nuclei, nelle unità, nei nostri incontri, o perché casualmente insieme), sia colpito da un raggio della nostra fede e creda: creda all’amore, perché l’ha visto. Mettiamoci sotto. Questo vuole il Signore da noi. Lo vuole attraverso il nostro carisma inciso nei nostri statuti: l’unità è la premessa di ogni altra volontà di Dio. Poi possiamo anche parlare per irradiare il Vangelo. Ma dopo.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Conversazioni, Cittá Nuova, 2019, p. 523-524) https://youtu.be/i-Ml83z7OFQ (altro…)

Un approfondimento sull’unità

Da poco è uscito il libro “L’unità. Uno sguardo dal Paradiso’49 di Chiara Lubich”, a cura di Stefan Tobler e Judith Povilus (Città Nuova, Roma 2021). Prossimamente sarà pubblicato in altre lingue. Un approfondimento a più voci che ci aiuta a capire cosa è l’unità, cardine centrale della spiritualità dei Focolari. “L’unità è la nostra specifica vocazione”[1]; “L’unità, dunque, è il nostro ideale e non un altro”[2]. Chiara Lubich era ben consapevole della missione dell’opera alla quale aveva dato vita. Se “l’unità è ciò che caratterizza il Movimento dei Focolari”[3], esso è chiamato a interrogarsi sull’eredità ricevuta e sulle modalità per svilupparsi in maniera creativa e fedele. Come vivere oggi l’unità nei focolari, nei nuclei, tra quanti condividono la “Parola di Vita”? Come percorrere con audacia e libertà una strada che eviti autoritarismi e individualismi, che consenta il pieno sviluppo delle doti personali e il perseguire di obiettivi comuni? Come percorrere il difficile cammino di una comunione che richiede salvaguardia di legittime autonomie e ricerca di identità e di accoglienza, integrazione, apertura al diverso? Il tema tocca sul vivo l’intera Opera. Nello stesso tempo il lascito di Chiara Lubich è di ben più vasto respiro: l’unità riguarda il mondo ecclesiale, i rapporti tra religioni, culture, nazioni… Su richiesta del Centro dell’Opera di Maria la Scuola Abbà da alcuni anni si è interrogata su questo tema, a partire, come è nella sua natura, dall’esperienza vissuta da Chiara Lubich negli anni 1949-1951. Ne è nato il libro “L’unità. Uno sguardo dal Paradiso’49 di Chiara Lubich”. Si articola in tre parti. La prima – “Fondamenta” – offre uno sguardo globale sull’unità dal punto di vista biblico, teologico, spirituale. Gli scritti di Chiara si tagliano in tutta la loro profondità e arditezza. Colti nel loro contesto mostrano la “logica” divina, quella di un Dio il cui “interno” “non è da pensare come un tutt’uno in cui spariscono le differenze, anzi: Dio è l’Uno proprio essendo infinita molteplicità”, una dinamica che si rispecchia nella creazione. Come Chiara scrive, Il Padre “dice: ‘Amore’ in infiniti toni”, a indicare la straordinaria ricchezza delle infinte manifestazioni del suo amore. La seconda parte del libro propone una lettura di alcuni testi del Paradiso ’49, così da fare emergere le intuizioni fondanti sull’unità. Si illuminano così di luce nuova pagine o formule che l’usura del tempo o una ripetitività pigra a volte hanno reso incomprensibili o inaccettabili. Per vivere l’unità occorre l’annullamento della propria personalità o non piuttosto il “dono di sé senza riserve, nella logica della vita di Dio che porta a ‘correre il rischio’ di ‘perdere’ la propria”? Cosa significa vivere “a mo’ della Trinità”? Nell’unità vi è livellamento o non piuttosto l’epifania della pluralità? Si affrontano con lucidità equivoci e derive a cui può portare una inesatta comprensione di espressioni quali “perdere”, “morire”, “annullarsi”, e si evidenzia la fecondità di un amore esigente e totale che porta alla piena realizzazione di sé: “Si è visto chiaramente – afferma Chiara – che ognuno di noi ha una personalità ben distinta, inconfondibile”, che è “la parola che Dio ha pronunciato creandoci”. L’unità appare allora dinamica, in costante divenire, creativa, bisognosa dell’apporto di ciascuno e di tutti, rispettosa di ognuno e di tutti. In questo ambito viene compreso anche l’apporto e la posizione unica e irrepetibile della persona di Chiara quale strumento di mediazione del carisma e fondatrice. La terza parte del libro si apre a discipline diverse che si ispirano al dettato del Paradiso ’49 per una proposta attinente al proprio campo specifico. Quest’ultima parte è quella che ha richiesto una maggiore attenzione metodologica. Poiché il linguaggio del Paradiso ’49 è prevalentemente di natura religiosa ci si è chiesti come scrivere un libro transdisciplinare intorno ad una parola plurisemantica – unità – senza il rischio di parlare di cose diverse e di mescolare i linguaggi. Se da un Movimento e una spiritualità che si definiscono “dell’unità” sono nate realtà sociali e apporti academici nei campi più diversi ciò significa che esiste un denominatore comune, un punto di partenza e un fondamento stabile che rende possibile a tutti, pur lavorando nei campi diversi, riconoscere nell’unità un comune orizzonte, anche quando si esprimono nel linguaggio specifico della propria disciplina. Vengono tracciare soltanto alcune linee intuitive in alcuni campi della vita sociale e del pensiero che richiederanno ulteriori sviluppi. Il libro è frutto di un lento processo della Scuola Abbà. Per più di due anni, a cominciare attorno al 2017, è stato letto il Paradiso ’49 alla luce di questa tematica specifica. Ognuno dei dodici contributi porta la firma dei rispettivi autori, che conservano il proprio stile, competenza e metodologia specifica. Nello stesso tempo è frutto della comunione di tutto in gruppo; un modo di lavorare che ha richiesto un esercizio di “unità” – in consonanza con la tematica stessa! – non sempre facile, per accogliere e comprendere l’altro nella sua diversità, per provenienza da Paesi diversi, per formazioni scientifiche differenti e ambiti disciplinari e metodologici specifici. Il libro si limita alla lettura di alcune pagine del Paradiso ’49. Non ha dunque la pretesa di esaurire un tema così vasto e impegnativo, anche se, grazie alla profondità dei testi di riferimento, offre una grande ricchezza di intuizioni e proposte.

Fabio Ciardi

[1] L’unità e Gesù Abbandonato, Città Nuova, Roma 1984, p. 26. [2] Ibid., p. 43. [3] Ibid.,  p. 26. (altro…)

Chiara Lubich: camminare contro corrente

La Parola di vita di questo mese di gennaio 2022 dice che i Magi sono arrivati a Betlemme seguendo la stella per onorare il Bambino Gesù. Anche noi oggi possiamo onorare il Signore con le nostre scelte di vita, come propone Chiara Lubich in questo brano. Tu sei nel mondo. E chi non lo vede? Ma tu non sei del mondo. E questo comporta una grande differenza. Questo ti classifica fra coloro che si nutrono non delle cose che sono del mondo, ma di quelle che ti sono espresse dalla voce di Dio dentro di te. Essa è nel cuore di ogni uomo e ti fa entrare – se l’ascolti – in un regno che non è di questo mondo, dove si vivono l’amore vero, la giustizia, la purezza, la mansuetudine, la povertà, dove vige il dominio di sé. (…) Non è del cristiano la vita comoda e tranquilla; e Cristo non ha chiesto e non ti chiede di meno, se lo vuoi seguire. Il mondo t’investe come un fiume in piena e tu devi camminare contro corrente. Il mondo per il cristiano è una fitta boscaglia nella quale bisogna vedere dove mettere i piedi. E dove vanno messi? In quelle orme che Cristo stesso ti ha segnato passando su questa terra: sono le sue parole.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Cittá Nuova, 2017, pag 110-112) (altro…)

Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Chiara Lubich in dialogo con il mondo: la parola si fa dono

Il 21 gennaio 2022 si terrà presso l’auditorium della sede internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa – Italia) la presentazione del libro ‘Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’, edito dalla casa editrice Rubbettino. “Gli scritti di autori ed autrici definiti ‘maestri di spirito’ sono “spesso considerati solo come libri di edificazione spirituale (…) offerti al pubblico in versioni antologiche e con apparati critici sintetici. In realtà sono spesso opere di grande valore letterario, testimonianze di una lingua viva, creativa e coraggiosa[1]”. Con queste parole, Anna Maria Rossi, linguista, docente, collaboratrice del Centro Chiara Lubich, introduce il lettore all’interno di un cammino di conoscenza, quello proposto dal libro “Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti’ (edito da Rubbettino) di cui è curatrice insieme a Vincenzo Crupi. Questa opera raccoglie le relazioni presentate durante l’omonimo Convegno tenutosi a Trento (Italia) dal 24 al 25 settembre del 2020, in occasione del Centenario della nascita di Chiara Lubich. La proposta di pubblicare questo libro “è stata accolta di buon grado e senza riserva in quanto perfettamente rispondente alle linee guida della collana ‘Iride’ della Rubbettino, nata con l’intento di ‘diventare un punto di incontro fra studiosi italiani e stranieri per rispondere ad un’esigenza di informazione dialettica’ su quanto di meglio si produce nel campo della critica letteraria, della linguistica e della filologia” afferma Rocco Mario Morano, Direttore della collana. “Il volume su Chiara Lubich – continua – aggiunge a questo filone di ricerca, il pregio della vastità e profondità di analisi riscontrabile nei saggi dei 25 studiosi che, da varie parti del mondo, hanno messo a frutto le proprie esperienze di lettura e le proprie sensibilità e competenze nei vari settori disciplinari oggetto di studio”. Per descrivere la propria esperienza spirituale, Chiara Lubich autrice, aggiunge Morano, ha un’attenzione particolare nell’utilizzare “modelli di scrittura resi di volta in volta consoni all’esigenza primaria di comunicare i propri moti interiori e il proprio pensiero permeati di  una elevata spiritualità e di una grande religiosità (…). E da qui deriva inoltre l’esigenza di sottoporre i suoi testi a revisioni continue per consentire a chi ne fruisce di penetrarne i significati più profondi in tutte le sfumature (…), un affinamento che non prescinde mai (…) dal desiderio vivo e dalla gioia immensa di far dono della Parola come atto d’amore a tutti gli uomini di buona volontà  del mondo intero, indipendentemente dal loro credo religioso, politico e filosofico”. Il libro, che verrà presentato il 21 gennaio 2022 presso la sede interazionale del Movimento dei Focolari approfondisce, di fatto, in una prima parte la lettura di quei testi scritti da Chiara Lubich tra il 1949 e il 1951, meglio noti come “Paradiso ‘49”. La parola, attraverso un’attenta analisi testuale e lo studio dettagliato del linguaggio mistico, veicola il messaggio di un’esperienza  molto profonda che “attraverso immagini e metafore – afferma Anna Maria Rossi- offre spunti per raffronti intertestuali”. Ma la parola è anche vista come mezzo che conduce a un ideale, all’unità. La seconda parte del libro, infatti, analizza gli scritti della Lubich rivelandoci il suo essere “donna del dialogo”, rivolta sempre all’altro, attenta alla dimensione multiculturale dei suoi interlocutori; una donna capace di edificare con la parola, costruire abbattendo le differenze, vivendo in pieno l’amore evangelico. Un amore che, perfino nel passaggio da una lingua a un’altra, attraverso il delicatissimo compito della traduzione, prevede il confronto, lo scambio con l’altro, l’esistenza di un rapporto tra traduttore e autore, come ci spiega Regina Célia Pereira da Silva, Docente di Lingua Portoghese presso l’Università per Stranieri di Siena (Italia), specializzata in Traduzione, Strategie e Tecnologie di Informazione Linguistica: “Le parole di Chiara non provengono da una semplice teoria religiosa, ma sono frutto di una vita reale, concreta, scaturita dall’incontro con il divino. Soltanto se il traduttore fa la stessa esperienza, del donarsi dicendo, riuscirà a capire tali realtà, vivendole, non singolarmente, ma in modo collettivo”. Al fine di ridonare al mondo un’esperienza tanto forte rispettando le volontà dell’autore e eliminando ogni possibilità di ambiguità nel linguaggio, non serve soltanto esprimersi nella stessa lingua, ma è necessario che il traduttore doni la propria idea, si svuoti, sia disposto a perderla; è necessario che si stabilisca un dialogo tra “autore, traduttore e fruitori del testo d’arrivo che – continua Regina Pereira – presuppone una nuova dinamica che è tipica di Chiara Lubich (…) penetrare nella necessità dell’altro per condividerla e se possibile fare il primo passo. Esige umiltà e amore. Il rapporto autore-traduttore s’innesta nella nuova comunicazione basata su quel nulla che, perché vuoto, accoglie totalmente l’altro con la sua identità e bagaglio culturale. Il traduttore o il lettore entra nel testo, nell’autore e acquisisce la sua esperienza che lo arricchisce”.

Maria Grazia Berretta

[1] Rossi, Anna Maria in Chiara Lubich in Dialogo con il mondo, prospettive interculturali, linguistiche e letterarie nei suoi scritti, a cura di Anna Maria Rossi, Vincenzo Crupi, Rubbettino Editore, 2021, p. 11. (altro…)

Consenso ai cookie con Real Cookie Banner
This site is registered on wpml.org as a development site. Switch to a production site key to remove this banner.