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Spiritualità | Movimento dei Focolari
Movimento dei Focolari

Chiara Lubich: la fraternità si realizza soltanto con un amore speciale

Oggi, 14 marzo, giorno in cui ricordiamo la partenza per il Cielo di Chiara Lubich, pubblichiamo alcune sue parole, pronunciate durante l’incontro del Movimento Politico per l’Unità a Berna (Svizzera), il 4 settembre del 2004. Una riflessione sul tipo di “amore” necessario affinché la fraternità universale sia possibile.

[…] La fraternità si realizza soltanto con un amore speciale. E’ un amore che va diretto a tutti, come Dio Padre che manda la pioggia e il sole sui cattivi e sui buoni. Non è un amore che va diretto unicamente, solamente ai parenti, agli amici, a qualche persona, ma va diretto a tutti, e questa è già una ginnastica. Se noi portassimo via da questa sala soltanto il proposito di amare tutte le persone che incontrerò, possibilmente, se cristiani, vedendo Cristo in esse – perché Lui dirà: “L’hai fatto a me”, “L’hai fatto a me”, “L’hai fatto a me”-, secondo me avremmo già fatto un grande guadagno, perché da qui partirebbe la rivoluzione cristiana.

Ma poi questo amore, che è necessario per la fraternità, che non è tolleranza ma è anche tollerante, che non è solidarietà ma è anche solidarietà, è qualcosa di diverso perché è l’amore stesso di Dio – noi cristiani diciamo: diffuso nel nostro cuore dallo Spirito Santo -, è un amore che ama per primo, non aspetta di essere amato, si lancia per primo, si interessa delle persone, quando…, naturalmente bisogna non turbarle; è lui che parte per primo, non aspetta di essere amato. In genere nell’amare si aspetta sempre di essere amati per poter amare; invece, è un amore che va per primo, che deve partire per… Da questo la rivoluzione. E come il nostro Movimento è arrivato per opera di un carisma di Dio, non tanto nostra, agli ultimi confini della terra; perché, se si parte da qua pensando di amare tutti e di partire sempre per primi, senza aspettare…, eh! Qui è già un Vangelo. Capite cos’è il Vangelo? Questo è Vangelo.

Poi è un amore che non è sentimentale, che non è un amore platonico, non è un amore, così, evanescente, ma un amore concreto, che si fa uno con la persona amata: se è ammalato, si sente ammalato con essa; se gode, gode con essa; se conquista qualcosa, è la conquista anche sua quella cosa. E’ un amore che… Come dice san Paolo: “Farsi tutto a tutti”, “Farsi tutto a tutti”, farsi povero, ammalato con gli altri. Condividere: questo è questo amore, è un amore concreto.

Quindi: un amore che va diretto a tutti, un amore che parte per primo, è un amore che deve essere concreto.

E poi bisogna amare gli altri come sé, così dice il Vangelo. Quindi la mia compagna, la Eli, che vedo in sala, sono io, perché devo amarla come me, come Chiara, come amo me stessa. E così la Clara: devo amarla come me; la signora devo amarla come me; l’altra signora devo amarla come me, come me, perché questo è Vangelo. Anche questo è grosso: quando mai si ama gli altri come sé? E si trasferisce, quasi, in certo modo, se stessi negli altri per amarci come sé. E’ un amore, poi, che se vissuto da più persone diventa reciproco, perché io amo Marius, Marius ama me; io amo la Clara, la Clara ama me. Questo amore reciproco che è la perla del Vangelo – Gesù ha detto: “Io vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” e ha detto che è il comandamento suo e nuovo, suo, per cui sintetizza il Vangelo -, è la base della fraternità. Cosa vogliamo…? Cosa possiamo fare noi per essere fratelli gli uni gli altri se non amarci e amarci come Lui ci ha amato, pronto addirittura a dare la vita per noi?

Bisogna tener presente queste cose qua.

Tenendo presente com’è questo amore, ecco, per rispondere al signore che mi ha fatto la domanda, come va pensato il rapporto con gli altri? Va pensato a mo’ di dialogo. Io devo veder nell’altro qualcuno col quale io devo dialogare, ma per poter dialogare io devo conoscerlo, allora io devo entrare nell’altro, non tanto essere io a farmi avanti, ma cercare di capire l’altro, lasciare che l’altro si esprima. […] Bisogna entrare nell’altro, lasciare che l’altro si apra, lasciare che l’altro parli e che senta il vuoto in noi, la capacità di comprenderlo, di capirlo. E allora succede – è nostra esperienza – che anche l’altro capisce di essere amato, allora ben volentieri attende anche il nostro discorso.

E qui il Papa dice una frase bellissima per il dialogo. E allora occorre dare la nostra verità, quella a cui noi pensiamo, ma che sia “un rispettoso annuncio”, cioè un annuncio che rispetta il pensiero dell’altro, che non vuole fare dei proseliti, che non vuole, insomma, infierire sull’altro.

Questo è il dialogo che va fatto, signore, è a base della nostra vita, della fraternità universale.

Chiara Lubich


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Oikoumene – da tutta la terra

Oikoumene – da tutta la terra

Venerdì 1 marzo si è concluso nella storica città di Augsburg in Germania il 40° Convegno ecumenico di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. 60 i partecipanti provenienti da 26 nazioni e appartenenti a 29 Chiese cristiane. “Dare to Be One. A call from Jesus to live the future, now” il titolo e più ancora la realtà dell’incontro.

1518 – Ad Augsburg (Germania) si trovano a discutere il cardinale romano Caetano, noto teologo tomista, e il monaco agostiniano Martin Lutero, docente di Sacra Scrittura all’università di Wittenberg (Germania), sulle 95 tesi sulle indulgenze che ha avanzato Lutero. Nulla da fare. Non si intendono. Lutero teme per la sua vita e sfugge di notte.

1530 – La Dieta del Sacro Impero Romano conduce ad Augsburg l’imperatore Carlo V che intende rimettere insieme protestanti e cattolici ormai divisi. Per l’occasione Filippo Melantone, teologo amico di Lutero, ha preparato la Confessio Augustana, una confessione di fede redatta per mettere tutti d’accordo. Il tentativo fallisce.

1555 – Durante un’ulteriore Dieta ad Augsburg si firma la Pace religiosa che assicura la coesistenza tra cattolici e luterani. Ogni principe dell’Impero stabilisce quale confessione si seguirà nel suo territorio, una decisione riassunta nell’espressione latina cuius regio eius religio (di chi è la regione è la religione)

1650 – Dopo la sanguinosa guerra dei 30 anni, che ha toccato pure Augsburg, si sanziona la libertà d’espressione religiosa e la parità di protestanti e cattolici in tutti gli uffici pubblici. Nasce l’Alta Festa della Pace che si celebra ancora oggi ogni 8 agosto.

È in questo luogo carico di storia, Augsburg, che, su invito del Vescovo cattolico del posto Bertram Meier, si è svolto dal 27 febbraio al 1 marzo il 40° Convegno ecumenico di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. Vi hanno partecipato 60 Vescovi di 26 nazioni, appartenenti a tutte le grandi famiglie di Chiese: ortodossi, Chiese orientali ortodosse, anglicani, metodisti, evangelici, riformati, cattolici di rito latino, armeno e bizantino. Mai erano stati tanti e con una provenienza così universale, che è stata rilevata anche dalla Sindaca della città, Eva Weber, quando ha ricevuto i Vescovi nel Municipio.

Sin dagli arrivi, colpisce il rapporto tra questi Vescovi, tra cui sono anche due donne Vescovo di Chiese nate dalla Riforma. Ogni Chiesa viene accolta così com’è. Uno spirito semplice di fraternità permea le giornate, senza misconoscere le ferite e i punti di non accordo fra le Chiese che ci sono tuttora. Ma tutto è sotteso da quel patto di amore vicendevole che ha caratterizzato sin dall’inizio questi Convegni e che i Vescovi rinnovano solennemente pure quest’anno, promettendosi di condividere le gioie e le croci l’uno dell’altro. Ne nasce un’originale sinodalità ecumenica, com’è stata definita da vari partecipanti.

Dare to Be One. A call from Jesus to live the future, now (Osare essere uno. Una chiamata di Gesù a vivere il futuro, ora) è l’ardito motto del convegno e, più ancora, del cammino al quale partecipano anche la Presidente e il Copresidente dei Focolari, Margaret Karram e Jesús Morán. Tre i temi principali approfonditi, ciascuno illustrato da esperienze: l’ecumenismo ricettivo come metodologia ecumenica che porta ad imparare gli uni dagli altri; la comune chiamata a testimoniare il Vangelo in un mondo diviso in cerca di pace; Gesù crocifisso e abbandonato come via per affrontare la notte del mondo e rispondervi in modo generativo.

Ancora una data: il 31 ottobre 1999. Sono 25 anni da quando la Federazione Luterana Mondiale e la Chiesa cattolica hanno siglato proprio ad Augsburg la “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”, riconoscendo che, su questo punto chiave del dissenso nel 16° secolo, oggi non c’è più motivo di separazione. Una Preghiera ecumenica commemora lo storico evento nel luogo della firma: la chiesa evangelica di Sant’Anna. Il giorno dopo una tavola rotonda ne approfondisce la portata. Il Rev. Ismael Noko, allora segretario generale della Federazione Luterana Mondiale, illustra il cammino umile e tenace che ha reso possibile la firma e ha visto la successiva adesione di altre tre Comunioni Mondiali (metodista, riformata e anglicana). Il dott. Ernst Öffner, allora Vescovo evangelico regionale di Augsburg, racconta come si era adoperato, insieme al Vescovo cattolico dell’epoca, a coinvolgere la popolazione e tutta la città era in festa. Il Vescovo cattolico Bertram Meier parla delle sfide e delle opportunità del cammino che è ora davanti a noi.

Durante tutto il convegno si è sempre di nuovo guardato alle attuali minacce per la pace e la giustizia. Molto importante a questo riguardo il video messaggio sulla situazione che si vive in Terra Santa, che il card. Pizzaballa ha mandato ai Vescovi partecipanti al convegno. Su questo sfondo, due realtà hanno dato particolare speranza: lo sviluppo della rete ecumenica “Insieme per l’Europa” che coinvolge circa 300 Movimenti e comunità di varie Chiese, e la visita alla Cittadella ecumenica di Ottmaring (Germania) dove da 56 anni cattolici e luterani di diversi Movimenti danno una testimonianza di unità nella diversità, un cammino non sempre facile in cui da ogni crisi sono nati nuovi sviluppi.

Per il futuro si punta alla crescita delle reti locali, al collegamento fra tutti attraverso periodici collegamenti web e  newsletter, in vista di un prossimo incontro internazionale fra due o tre anni.

Hubertus Blaumeiser

Rinascere ogni giorno

Celebriamo oggi, 1 gennaio, la giornata mondiale della pace e, in questa occasione, proponiamo un pensiero di Igino Giordani (1894-1980) che ricorda come la vita nella pace consentirebbe di fare di ogni giorno un Natale.

Essendo dai più il Natale considerato come una grande festa tra le tante, più sontuosa che sacra, è bene tornare su alcuni degli aspetti tematici di questo evento, da cui la storia del mondo fu tagliata in due sezioni, una di prima, l’altra di dopo. (…)

C’è un contrasto abissale tra la nascita di un potente della terra, quale la sognava e realizzava il mondo antico, e la nascita oscura, ignorata di Gesù; un contrasto che già caratterizza l’originalità infinita di un Cristo-re che nasce da una povera donna, in una stalla. (…)

L’inizio della sua rivoluzione non prevede la superbia, ma l’umiltà per trarre al cielo i figli di Dio, a cominciare da quelli che mangiavano e dormivano sul terriccio: gli schiavi, i senza lavoro, i forestieri. (…) Nasce con quell’infante la libertà e l’amore: la sua libertà è libertà di amore. Questa la scoperta immensa.

L’amore universale da lui insegnato mira a disperdere un sistema di convivenza fatto in gran parte di prepotere politico, di abuso di autorità, di usura oziosa, di disprezzo del lavoro, di degradazione della donna, d’invidia corrosiva. (…)

La vita, nella pace, consentirebbe di fare di ogni giorno un Natale.

E questa è la rivoluzione di Cristo: farci rinascere continuamente contro la maledizione della morte. Perciò il massimo comandamento è di amare l’uomo; che è come amare Dio. Amare l’altro fino a dare la vita per lui.

(Igino Giordani in Città Nuova, 1974, n.24)


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Oikoumene – da tutta la terra

Un patrimonio da approfondire

Il 10  e l’11 novembre 2023 a Bologna (Italia) si è svolto il seminario  “Scrivere di Dio. Chiara Lubich e la tradizione mistica femminile dal medioevo al Novecento. Un percorso a più voci”. Padre Gianni Festa, OP, tra i promotori dell’evento ne traccia bilanci e prospettive.

Una polifonia di voci che si snoda attraverso i secoli. Le protagoniste della tradizione mistica femminile ed i loro scritti sono stati al centro dei lavori del seminario che il 10 e l’11 novembre 2023 ha riunito a Bologna (Italia) studiosi di diverse discipline, dai  teologi ai linguisti, dagli storici agli esperti di letteratura e di archivistica.  Il seminario ha offerto approfondimenti e riflessioni a partire dai testi delle mistiche, in particolare  del ‘900. Figure femminili diverse, emerse nella loro singolarità ed originalità, ma anche legate da tratti comuni nel loro “parlare e scrivere di Dio”, tratti che rivelano il cammino dello Spirito Santo e il suo dispiegarsi attraverso una pluralità di voci, diverse ma in profonda armonia. Ne parliamo con Padre Gianni Festa, OP, docente presso la Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna e membro dell’Istituto Storico Domenicano.

Anna Maria Rossi, Padre Gianni Festa

Padre Festa, la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna è promotrice, insieme al Centro Chiara Lubich e all’Istituto Universitario Sophia, di questo seminario e lei in particolare ha lavorato molto per la sua realizzazione. Quale è la sua impressione alla fine dei lavori? Quali gli aspetti più interessanti emersi?
Il primo  aspetto interessante, ed è indiscutibile, è l’aver collocato, nell’ambito di questo convegno, la figura di Chiara Lubich, la sua teologia, la sua spiritualità in un contesto molto più vasto di quello nel quale è stata sempre letta o interpretata. Averla collegata con la tradizione della scrittura femminile, sia medievale sia contemporanea, ha fatto emergere aspetti del magistero teologico e spirituale degli scritti di Chiara Lubich che hanno ricevuto davvero una luce nuova. Il secondo è l’ apertura della ricerca verso la mistica contemporanea femminile, che è un argomento poco studiato, a parte le grandi figure sulle quali poi anche noi siamo intervenuti come Etty Hillesum, Simon Weil, Adrienne von Speyr. Ma  la scrittura mistica del ‘900 delle donne non è così frequentata, così studiata come quella medievale o della prima età moderna, abbiamo avuto difficoltà nel trovare dei relatori proprio perché è un campo ancora così vergine. Il terzo aspetto importante è stata la collaborazione tra istituzioni accademiche che hanno avuto l’opportunità di colloquiare, di dialogare, di ritrovarsi a collaborare intorno a temi di ricerca teologica e questa “comunionalità”  è stata davvero importante e positiva.

Dalle relazioni sono emerse caratteristiche peculiari delle figure approfondite, ma anche aspetti comuni che emergono dai loro testi e che uniscono le diverse mistiche: dal rapporto con la scrittura alle caratteristiche del linguaggio, anche se si tratta di donne vissute in epoche e contesti diversissimi. Come secondo lei queste esperienze possono diventare testimonianza di vita e testimonianza di Dio? Come possono parlare ancora all’uomo di oggi?
Quello che mi ha sempre colpito studiando, in particolare il Medioevo,  è stata l’assoluta tenacia  della donna nel non retrocedere ad una condizione di minorità o di emarginazione, nonostante i pregiudizi e le preclusioni. Le mistiche hanno sempre voluto affermare il proprio rapporto con Dio, dirlo e manifestarlo. Comunicarlo, “dire Dio”  e il modo che la donna ha di dirlo, ha un effetto molto importante, attualissimo anche, senza scadere nella retorica, all’interno del magistero di Papa Francesco, il magistero femminile che deve respirare con il magistero maschile, non perché siano contrapposti, ma perché sono i due polmoni della Chiesa, quindi questo direi è proprio un aspetto importante.

Chiara Lubich: che cosa del suo “scrivere di Dio” e di quanto emerso dai lavori della sua esperienza mistica sono secondo lei più caratteristici e originali nel panorama del pensiero mistico femminile?
Conoscevo poco la Lubich, ma due peculiarità, due qualità  della sua scrittura, del suo magistero,  dopo aver ascoltato anche le relazioni, mi sembrano essere oggi  molto chiare, quasi inequivocabili: in primis il profondo radicamento degli scritti di Chiara all’interno di una tradizione robusta. Questo è indubbio. Chiara Lubich non è naif nelle sue affermazioni, nei suoi ragionamenti e nelle sue scritture. Ho colto questa cultura,  spirituale, teologica, che si respira nei suoi scritti. In secondo luogo, e forse perché sono domenicano e sono dunque legato anche a figure come Caterina da Siena, mi ha molto colpito l’aspetto ecclesiologico, di comunione,  della sua spiritualità.  Questo è un elemento che ho riscontrato poi anche nel contatto con il Movimento dei Focolari stesso, la comunione, l’unione, la dimensione ecclesiale; un distacco dalla eccessiva singolarità del soggetto a favore invece  di una condivisione che è presente fin dalle prime esperienze della Lubich.

Quali prospettive di studio e di ricerca può aprire questo seminario?
Senz’altro è un passo in direzione di una maggiore apertura, un ampliamento degli studi sulla scrittura femminile ottocentesca e novecentesca. Quindi è necessario attrezzarsi anche sul piano della strumentazione linguistica, teologica, per poter studiare queste figure troppo emarginate, troppo dimenticate e poco note. Poi credo anche che, nei confronti del magistero di Chiara Lubich, poter approfondire meglio certi suoi iscritti, sotto il profilo esegetico, teologico e spirituale, come appunto il testo di cui si è parlato continuamente durante il seminario, il “Paradiso ‘49”, sarebbe una cosa importante da fare.

Gli interventi del convegno saranno disponibili a breve sul canale youtube della Fter e sul sito del Centro Chiara Lubich.

a  cura di Anna Lisa Innocenti e Maria Grazia Berretta

 

 

Dire Dio al femminile: Chiara Lubich e il linguaggio mistico

“Scrivere di Dio: Chiara Lubich e la tradizione mistica femminile” è il titolo del convegno che si svolgerà dal 10 all’11 novembre 2023 a Bologna (Italia).

Sarà un seminario dedicato a cosa significa “dire Dio al femminile” quello che si svolgerà venerdì 10 e sabato 11 novembre nel Salone dei Bolognini del Convento di San Domenico a Bologna (Italia) intitolato “Scrivere di Dio. Chiara Lubich e la tradizione mistica femminile dal medioevo al Novecento. Un percorso a più voci”. Promosso dalla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna (Fter) insieme al Centro Chiara Lubich e all’Istituto Universitario Sophia, questo percorso si propone di offrire approfondimenti e riflessioni attorno alla questione del linguaggio mistico con attenzione alla mistica del ‘900 e, nello specifico, con un orecchio attento al linguaggio delle donne.

Un vero e proprio viaggio “in una pagina della storia della mistica femminile davvero poco esplorata” – racconta Padre Gianni Festa, docente presso la Fter, domenicano, tra i promotori dell’evento.

Ma come può il linguaggio farsi testimone di un’esperienza così intima e profonda come quella con Dio? Come le mistiche, a partire dalla tradizione medievale fino al ‘900, hanno fatto in modo che la parola custodisse questa esperienza e come restituirla al mondo?

Sono tutte domande che verranno prese in esame nell’ambito di questo seminario a partire da analisi storiche, letterarie e linguistiche che testimoniano- come ci dice Padre Gianni Festa- “che dire Dio al femminile significa dirlo in un modo diverso ed è per questo che la lingua femminile, che racconta di Dio, che racconta l’esperienza mistica, va assolutamente compresa”.

Una dimensione che, attraverso l’intervento dei tantissimi ospiti e studiosi invitati, sarà esplorata in occasione di questo convegno a partire proprio dalla figura novecentesca di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. “L’esperienza della Lubich- racconta ancora Padre Festa- verrà collegata sia su un piano diacronico a figure importanti della tradizione mistica medievale come alcuni dottori della Chiesa, vedi Caterina da Siena o Teresa d’Avila, ma soprattutto ad altre esperienze e scritture mistiche del ‘900, alcune più note, come Etty Hillesum, Madeleine Delbrêl; altre meno note, come sorella Maria, la grande mistica amica di Don Primo Mazzolari. Verrà esplorata dunque la questione del linguaggio mistico, la teologia sottesa alla mistica femminile, e certamente individuati i percorsi singoli di questa esperienza”.

Per maggiori informazioni è possibile entrare in contatto con la segreteria della Fter o consultare il sito del Centro Chiara Lubich. Poter partecipare all’evento è possibile iscriversi alla due giorni nell’apposita sezione “Eventi” presente sul sito della Fter.

Maria Grazia Berretta

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TVLUX Slovacchia intervista Jesús Morán

Dalla spiritualità dell’unità alla pastorale generativa della Chiesa; dall’incontro tra i giovani e Gesù al ruolo da protagonista dello Spirito Santo nel Sinodo sulla Sinodalità. Sono queste alcune delle tematiche che Jesús Morán, Copresidente del Movimento dei Focolari, ha affrontato durante un’intervista alla televisione slovacca TVLUX il 6 ottobre 2023.
Le immagini ci sono state gentilmente concesse da TVLUX.

In questi giorni il sacerdote spagnolo e copresidente del Movimento dei Focolari, Jesús Morán, ha visitato la Slovacchia. A Nitra ha incontrato diversi vescovi formatori e più di 80 seminaristi. Ed ora è nel nostro programma, benvenuto. Quando diciamo Movimento dei Focolari che cosa possiamo immaginarci? Che cosa significa?

Il movimento dei Focolari è un movimento della Chiesa cattolica il cui centro è il carisma dell’unità. Il grande teologo, Von Balthasar diceva che ogni carisma nella Chiesa è come guardare tutto il Vangelo da un unico punto di vista. Ebbene, il carisma dell’unità è tutto il Vangelo visto dal testamento di Gesù: «che tutti siano uno». Quindi il centro, tutto ciò che il Movimento fa nel campo ecclesiale e anche nel campo civile, nel campo sociale, ha a che fare con l’unità. Cerchiamo l’unità – unità di tipo evangelico, come nasce dal Vangelo – Unità, che è un modo di vivere comunitario. Infatti la spiritualità dell’unità può dirsi che è spiritualità di comunione, per questo diamo molta importanza all’amore reciproco, all’incontro con il fratello. Superare le divisioni a un livello sociale più ampio. Promuovere la fratellanza universale, cose così, ma il centro è questa preghiera. Per questo diciamo sempre che vogliamo vivere sulla terra, per quanto possibile, come si vive nella Trinità, cioè che la Trinità è comunione d’amore.

La fondatrice del vostro movimento è stata Chiara Lubich, che è molto conosciuta qui in Slovacchia, da allora è stato disposto che il capo, diciamo, del movimento sia sempre una donna, il Presidente è sempre una donna, per questo lei è co-presidente. Perché è così?

E’ a motivo del nome ufficiale del Movimento nella Chiesa, perché noi siamo Movimento dei Focolari o Opera di Maria. Negli Statuti approvati dalla Chiesa, è detto, si parla dell’Opera di Maria, quindi noi sottolineiamo molto questo principio mariano della Chiesa, che è un principio materno, è un principio generativo. Che mostra una Chiesa accogliente e, ovviamente, il principio mariano è espresso al meglio dalle donne. Questa è l’idea. Dobbiamo pensare che è la Chiesa ad essere mariana, è Maria la forma della Chiesa. Il Vaticano II lo ha detto molto chiaramente: Maria è madre della Chiesa. Quindi, in questo senso, noi vogliamo esserne un riflesso. La Presidenza femminile, oltre a valorizzare la donna, che è un segno dei tempi, vuole soprattutto sottolineare questo principio mariano. Questo principio mariano che oggi è tanto necessario. Si evidenzia necessario per le cose che Papa Francesco sta sottolineando: una Chiesa più vicina alla gente, una Chiesa in uscita, una Chiesa meno clericale, meno maschile. Ebbene, tutto questo ha a che fare con la presidenza femminile del Movimento dei Focolari. Soprattutto ha a che fare con Maria.

E’ venuto in Slovacchia non solo per incontrare i membri dei Focolari, ma anche i nostri vescovi, sacerdoti, seminaristi. Quest’incontro è stato a Nitra, che emozione le ha lasciato incontrare i nostri sacerdoti?

In realtà io ero con il vescovo di Nitra assieme a un altro vescovo di un’altra diocesi che avevano partecipato all’incontro con i seminaristi di 5 diocesi. Innanzitutto mi sono sentito molto accolto, molto accolto. Poi nella sala ho visto persone che seguivano Gesù, ho visto veramente tanta purezza, tanta purezza nei seminaristi, tanta serietà.  Inoltre alcuni, dopo l’incontro e dopo la cena, hanno voluto approfondire quanto avevo detto. Si sono fermati a parlare con me e ho visto nelle loro domande una necessità, un’urgenza di voler essere preti all’altezza dei tempi. Essere un sacerdote oggi che prima di tutta viva autenticamente il Vangelo. Sono rimasto molto, molto edificato.

Ha parlato più che altro di pastorale generativa, di cosa si tratta?

La pastorale generativa è un concetto che sta venendo alla luce, con evidenza, negli ultimi tempi. Soprattutto in Occidente perché assistiamo ad un, potremmo dire, declino numerico della Chiesa. Prima le chiese erano piene, la gente si accostava ai sacramenti. C’erano tanti battezzati, le prime comunioni. Ora tutto ciò è diminuito drasticamente.

Quindi la domanda è: cosa sta succedendo? Sembra che i metodi che abbiamo usato con successo per tanti anni o secoli, non funzionino più. Dobbiamo allora ripensare la pastorale? La pastorale della generatività non è una pastorale nuova, è andare all’origine della pastorale e l’origine della pastorale è  Gesù, cioè come evangelizzava Gesù? Per semplificarlo, perché Lui è il Vangelo vivo, attraverso incontri personali molto profondi. In altre parole, se guardiamo i Vangeli, ogni volta che Gesù incontra qualcuno accade qualcosa di significativo per quella persona, lo vediamo con Nicodemo, con Zaccheo, con Matteo, con il centurione, con la Samaritana, con l’emorroissa, con la  cananea. Succede sempre qualcosa, Gesù genera qualcosa nell’altro.

Dobbiamo passare da quella che si chiama una pastorale regolamentata, che è quella che abbiamo avuto, di tipo quantitativo: quanti battesimi, quanti battezzati, quanti si sono sposati quest’anno in questa parrocchia? Ad una pastorale che cerca la qualità, qualità, non tanto la quantità, quindi cosa succede? C’è vita cristiana nelle nostre parrocchie? Cerchiamo la fecondità più che i risultati, questa è pastorale generativa. Quindi, si evidenzia moltissimo l’incontro con l’altro, per trovare l’altro non devi aspettare che venga a chiederti un sacramento, devi andare tu all’incontro dell’altro. Quindi la pastorale generativa cambia l’idea del Pastore, ma cambia l’idea dei cristiani, perché in fondo, non si tratta, … Sono necessari, senza dubbio apostoli generativi, ma soprattutto ciò di cui c’è bisogno è di una comunità, accogliente, cioè, deve accadere quello che succedeva con Gesù, la gente va in una comunità e succede qualcosa. Rimane impressionata da qualcosa. Questo, in sintesi, è ciò di cui abbiamo parlato con i seminaristi.

Potrebbe essere che i giovani oggi cerchino la vita e ciò di cui hanno bisogno sia che noi portiamo loro questa vita, che è la vita con Gesù?

Assolutamente. Penso che… ho sempre pensato che Gesù non  avvicinava mai le persone con la dottrina. Cercava sempre prima un incontro personale e dopo insegnava. Anche se vediamo Gesù che insegnava, però Gesù  dedicava molto tempo a questi incontri personali. Credo che i giovani oggi siano alla ricerca della vita. La dottrina deve basarsi sulla vita e su questo incontro con Lui, così possono accettarla. Altrimenti rimangono con un cristianesimo che è come una morale, è come un insegnamento, ma il cristianesimo non è questo. Il cristianesimo è un incontro con Cristo.

Questi giovani che ha incontrato a Nitra sono i futuri pastori della nostra Chiesa. Come possono essere i pastori di cui abbiamo bisogno in questo tempo, che non cadano nel clericalismo di cui parla tanto Papa Francesco?

 Credo che un Pastore in qualche modo debba, più che pastoreare – che è una parola che Papa Francesco usa anche quando parla in italiano, la usa così in spagnolo – deve amare. Prima amare, poi pastoreare, perché se ti metti nella posizione di pastore, ti metti in una situazione di superiorità, nel dovere di insegnare. Invece il pastore oggi deve amare prima i parrocchiani, deve amare tutti i fedeli. Facendo cosiì è pastore.  In questo modo è veramente un pastore, e può avere  autorità sugli altri. Questo è fondamentale. Poi quello che ho detto prima, non cercare tanto i risultati ma cercare la fecondità. E un’altra cosa: oggi il pastore deve essere ben consapevole che non  annuncia se stesso, ma annuncia Cristo, quindi deve essere profondamente radicato in Cristo, profondamente in Cristo. Un pastore da solo, che non vive all’interno di una comunità cristiana, che non vive l’amore reciproco con altri, difficilmente può comunicare un amore come quello che Gesù ha annunciato nella vita.

Prima ha detto una parola e mi è venuto in mente che questo non accade solo ai preti, ma anche ai cristiani che vivono profondamente la loro fede, ma che a volte dimenticano che non sono loro a salvare le persone, ma è Gesù.

Esatto. Questo è importante. Ecco perché dò molta importanza alla comunità. San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, mette in guardia dal personalismo e dice quando alcuni di voi dicono di essere di Apollo, altri dicono che sono di Paolo, altri che sono di Pietro… No, siamo tutti di Cristo, ma Cristo vive nella comunità, nella comunità parrocchiale, nella comunità è presente nell’Eucaristia, che è un mistero di comunione. Quindi questo è fondamentale. Molte volte abbiamo commesso l’errore di annunciare noi stessi, le nostre idee, anziché lasciare parlare Cristo.

La Slovacchia si considera un Paese conservatore, ora che c’è il Sinodo che si svolge a Roma, in Vaticano. Ci sono diversi movimenti che vogliono andare avanti e altri che vanno indietro. Come fare per mantenere tutto ciò che è buono, ma anche andare avanti con il nuovo e il buono?

Mi ha molto colpito ciò che ha detto papa Francesco l’altro ieri nella prima sessione del Sinodo. Ha insistito molto sul fatto che il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo. E lo Spirito Santo va al di là di questi schemi che sono umani. Un cristiano in quanto cristiano non è né conservatore né progressista, è una persona nuova, è una creatura nuova. Lo abbiamo letto in questi giorni nella Lettera di san Paolo ai Galati.  E’ lo Spirito Santo che ci fa creature nuove con la nostra mentalità. Con la nostra mentalità, con ciò che siamo; quindi credo che dobbiamo superare questi dualismi che non fanno bene alla Chiesa. Lo Spirito Santo è sempre generatore di novità. Perché è lui, è lui all’origine di tutti i carismi, di tutte le novità nella storia della Chiesa. Allo stesso tempo, tutto ciò che lo Spirito Santo promuove nella Chiesa viene dal Padre. Pertanto, anche lui è ancorato all’origine. Questo ti dice che nella Chiesa ci vuole un di più di Spirito Santo, è l’unica maniera per  superare questi dualismi che non ci fanno bene.

Grazie mille. E molte grazie a don Jesús per aver partecipato al nostro programma.

 Grazie per avermi accolto.

Grazie mille anche a voi e ci vediamo prossimamente, arrivederci.

 

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