Lug 20, 2020 | Chiara Lubich
“Il tuo volto, Signore, io cerco”[1] Il seguente pensiero di Chiara Lubich può essere di luce per vivere in modo evangelico anche la prova che a livello planetario stiamo tutti passando. A causa della pandemia molti hanno perso un parente, un amico o un conoscente e tutti siamo chiamati, nei più vari modi, a rispondere ai gridi di dolore che questa pandemia suscita ovunque, riconoscendo in essi dei volti di Gesù abbandonato da amare. (…) In queste ultime settimane ne sono partiti alcuni (dei nostri). (…) E a noi che siamo ancora su questa terra viene da chiedere: che esperienza avranno fatto nel momento del passaggio? Cosa ci direbbero se potessero parlare? Lo sappiamo: hanno visto il Signore. Hanno incontrato Gesù. Hanno conosciuto il suo volto. È una verità di fede che dà una consolazione immensa. Non se ne può dubitare. San Paolo esprime (sono parole sue) il suo “desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo”[2]. Parla quindi di un’esistenza con Cristo che succede direttamente alla morte, senza attendere la risurrezione finale[3]. (…) Questa, dunque, l’esperienza dei nostri arrivati alla mèta cui conduce il Santo Viaggio: l’incontro con Colui che non potrà non amarci, se l’abbiamo amato. Questa – speriamo – sarà anche la nostra esperienza. Ma, per essere certi, occorre prepararvisi fin d’ora, occorre, in certo modo, abituarvisi. Incontreremo il Signore? Vedremo il suo volto? Certamente lo contempleremo splendente se qui l’avremo guardato e amato e accolto abbandonato. Paolo non conosceva nulla sulla terra se non Cristo, ma questi crocifisso. È quello che vogliamo impratichirci a fare anche noi (…): cercare il suo volto. Cercarlo abbandonato. Lo troveremo senz’altro nei piccoli e grandi dolori personali che non mancano mai; nel volto dei fratelli che incontreremo, specie i più bisognosi d’aiuto, di consiglio, di conforto, di una spinta per camminare meglio nella vita spirituale. Lo cercheremo negli aspetti più duri, più faticosi, che comporta il fare le varie attività che ci suggerisce la volontà di Dio; in tutte le disunità vicine e lontane, piccole e grandi (…). Cercheremo il suo volto anche nell’Eucaristia, in fondo al nostro cuore, nelle sue immagini sacre. Va poi contemplato e amato concretamente anche in tutti i grandi dolori del mondo. Sì, anche se per quelli noi ci sentiamo sovente impotenti. Ma forse non è così. Quanto spesso (…) veniamo a conoscere certe calamità già in atto o incombenti su interi popoli o nazioni! Sono calamità che – se la carità di Dio alberga nel nostro cuore – ci cadono addosso come macigni, senza lasciarci respiro. Perché sentiamo – nonostante la nostra buona volontà e le nostre operazioni – di non poter fare nulla di adeguato che migliori le situazioni. Mentre dobbiamo convincerci che qualcosa si può fare. Anche qui, scoperto il suo volto, in queste immani catastrofi, possiamo, con la forza dei figli di Dio che tutto s’attendono dal loro Padre onnipotente, gettare le preoccupazioni, che schiacciano noi e porzioni così vaste di umanità, in Lui, perché pensi a smuovere i cuori dei responsabili dei popoli ancora in grado di fare qualcosa. E dobbiamo essere certi che lo farà. È stato così molte volte. (…) Facciamo (allora) in modo che riecheggi il più spesso possibile nel nostro cuore il versetto del salmo 27 che dice: «Il tuo volto, Signore, io cerco». Il tuo volto addolorato per asciugarti, come ci è possibile, lacrime e sangue e poterlo vedere splendente alla nostra ora, quando faremo l’esperienza dei nostri già arrivati. (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 25 aprile 1991) Tratto da: “Il tuo volto io cerco”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 426. Città Nuova Ed., 2019. [1] Sal 27, 8. [2] Fil 1, 23. [3] Cf. 2 Cor 5, 8. (altro…)
Lug 18, 2020 | Centro internazionale, Chiara Lubich
Cosa abbiamo imparato dalla pandemia? Con quali strumenti costruire un mondo nuovo? Qual è il contributo specifico di ciascuno di noi? Il dialogo spontaneo di Maria Voce del 16 luglio scorso con una comunità dei Focolari (video). Da un po’ di anni il 16 luglio è sempre festa doppia per le comunità dei Focolari nel mondo: si ricorda lo speciale patto di unità che Chiara Lubich visse con Igino Giordani nel ‘49 ed anche il compleanno della sua presidente, Maria Voce. Anche quest’anno il momento di festa per lei si è trasformato in un’occasione di dialogo spontaneo e informale per parlare a cuore aperto con i presenti sul senso di quella speciale giornata, sulla la vita dei Focolari in questi ultimi tempi e sul contributo del carisma dell’unità in questo periodo così cruciale per l’umanità. Le espressioni di augurio e di affetto che le sono giunte sono state numerosissime e da tutto il mondo, per questo Maria Voce desidera ringraziare particolarmente ciascuno. Pubblichiamo di seguito parte del suo dialogo, allegando anche stralci delle riprese video amatoriali di quel momento. “(…) anche questa pandemia ci ha fatto una grande lezione, no? Bisogna riconoscere. Ci ha fatto soffrire, ci sta facendo ancora soffrire? Non sappiamo quante conseguenze potranno venire ancora di dolore da questa pandemia, no? Però è stata anche una grande lezione. La lezione principale è stata quella di dirci: siete tutti uguali. Siete tutti uguali: ricchi, poveri, potenti, miserabili, ragazzini, grandi, immigrati… siete tutti uguali. Prima cosa. Seconda cosa: siete tutti uguali, però c’è qualcuno che soffre di più nonostante l’uguaglianza. Allora come mai siete tutti uguali? Siete tutti uguali perché Dio ha fatti tutti uguali; diversissimi gli uni dagli altri ma tutti figli suoi, tutti creati da lui con lo stesso amore, un amore grande. Poi sono arrivati gli uomini e hanno cominciato a fare le distinzioni, ancora adesso continuiamo a fare le distinzioni: questo sì, questo no; questo vale di più, questo meno. Questo mi può dare qualche cosa, questo non mi può dare niente; questo mi sfrutta, questo meno… e iniziamo a fare i distinguo e nei distinguo cosa succede?. Succede che ci sono i paesi dove ci sono gli ospedali ben attrezzati e quelli dove non ci sono; ci sono i Paesi dove hanno le mascherine per tutti e ci sono quelli dove non ce le hanno. Ci sono dei paesi, anche nella nostra Italia, dove arriva la fibra ottica e possono fare la scuola a distanza e ci sono paesi dove non c’è. Quindi: tutti uguali davanti a Dio e non tutti uguali davanti agli uomini, non tutti uguali per il cuore degli uomini. Anche per noi è così? Magari anch’io certe volte sto più volentieri con una persona che con un’altra e faccio questa differenza tra una persona e l’altra, lo vedo anch’io e allora vivo veramente il patto se sono così?, cioè quel patto che mi dice di essere pronta veramente a dare la vita l’uno per l’altro? Ma non l’altro che mi piace, ma l’altro chiunque. Oggi si dice che si deve creare un mondo nuovo, l’umanità, tutti dicono che bisogna fare un mondo nuovo. Ecco, in piccolo Chiara l’ha fatto un mondo nuovo; in piccolo la famiglia di Chiara sparsa nel mondo è un mondo nuovo. Naturalmente è un tentativo, è un bozzetto, un piccolo segno, però vuol dire che è possibile. Allora se in piccolo è stato possibile farlo, perché questo piccolo gruppo – che poi è piccolo relativamente perché sono alcune centinaia di migliaia di persone sparse nel mondo – questo piccolo popolo, che è il popolo di Chiara, non è a disposizione di tutti per dire che il mondo nuovo è possibile? E’ possibile: dobbiamo essere convinti che è possibile e poi il passaparola di oggi qual era? ‘Credere nella forza dell’amore’. Perciò, prima di tutto: crederci che l’amore è una forza. L’abbiamo provato? Sì, tante volte l’abbiamo provato. Ma adesso, un pochino è diminuito; è diminuito il termometro dell’amore. Mettiamo un po’ di mercurio che lo faccia salire! Facciamo risalire l’amore e vedrai che tutto risale. Saremo questa realtà che passa nel mondo che beneficheremo, senza bisogno di andare a dire: ‘Sai noi facciamo così, vieni con noi perché noi siamo così’. No, noi siamo quelli che siamo, siamo come gli altri; siamo dei poveri disgraziati come tutti, però viviamo il paradiso e non vogliamo uscire dal paradiso, ma vogliamo stare con gli altri, non vogliamo stare tra di noi in paradiso. Vogliamo portare questo paradiso agli altri, non vogliamo tenercelo, perché sarebbe comodo… e poi il mondo vada a farsi friggere. No! Il mondo deve salvarsi, il mondo dobbiamo salvarlo con il nostro amore”. a cura di Stefania Tanesini https://vimeo.com/439499696 (altro…)
Lug 16, 2020 | Chiara Lubich
Chiara Lubich racconta lo speciale patto di unità stipulato con Igino Giordani (che chiamò “Foco”) il 16 luglio 1949, preludio alla sua esperienza mistica di quell’estate. Da un’intervista rilasciata alla giornalista Sandra Hoggett nel 2002 https://vimeo.com/438602405 (altro…)
Lug 13, 2020 | Chiara Lubich
L’essere confinati ha spesso messo alla prova la nostra carità. Non è facile infatti vivere chiusi in casa e ritrovarsi gomito a gomito. Quando si è molto vicini si toccano i limiti gli uni degli altri e questi ci chiedono un “di più di amore” che si chiama “sopportazione”. È consolante sapere che pure Chiara Lubich nella sua vita di comunità ha incontrato questo tipo di difficoltà. (…) Ho preso in mano, [in] questi giorni, un libro (…) intitolato Il segreto di Madre Teresa, di Calcutta, ovviamente. Lo apro a metà, là dove parla di «mistica della carità». Leggo questo capitolo e altri. Mi immergo con grande interesse in quelle pagine: tutto ciò che riguarda questa prossima santa mi interessa personalmente: è stata, per anni, una mia preziosissima amica. Mi viene in luce, lampante, la radicalità estrema della sua vita, della sua vocazione totalitaria, che impressiona e quasi spaventa, ma, soprattutto, mi spinge ad imitarla in quel tipico impegno, radicale e totalitario, che Dio chiede a me. (…) Mossa da questa convinzione, prendo in mano il nostro Statuto convinta che avrei trovato lì la misura ed il tipo di radicalità di vita che il Signore domanda a me. Apro e subito, alla prima pagina, ho un piccolo choc spirituale, come per una scoperta del momento (e son quasi sessant’anni che lo conosco!). Si tratta della «norma delle norme, la premessa d’ogni altra regola» della mia e della nostra vita: generare – così si esprimeva papa Paolo – e mantenere, prima e innanzitutto, (…) Gesù fra noi col vicendevole amore. (…) Propongo subito di vivere la norma intanto nel mio focolare e con chi mi sta più vicino. Ma, lo sappiamo: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”[1]. E anche a casa nostra non è sempre tutto perfetto: qualche parola in più, mia o di altre, qualche silenzio di troppo, qualche giudizio avventato, qualche piccolo attaccamento, qualche sofferenza mal sopportata, che rendono senz’altro scomodo Gesù fra noi, se non ne impediscono la presenza. Comprendo che devo essere io, per prima, a fargli posto, tutto appianando, tutto colmando, tutto condendo con la massima carità; tutto, nelle altre e in me, “sopportando”, parola da noi in genere non usata, ma molto consigliata dall’apostolo Paolo. Sopportare è una carità non certo qualunque. È una carità speciale, la quintessenza della carità. Comincio. E non va male, anzi cammina! Altre volte avevo invitato subito le mie compagne a fare altrettanto. Ora no. Sento il dovere di fare prima tutta la mia parte, e ha effetto. E inoltre mi riempie il cuore di felicità, forse perché, in questo modo, Lui riappare presente e rimane. Più tardi lo dirò, ma continuando a sentire il dovere di proseguire, come fossi sola, a comportarmi così. Ed è al colmo la mia gioia quando mi sovvengono le parole di Gesù: “Misericordia io voglio e non sacrificio”[2]. Misericordia! Ecco la carità sopraffina che ci è domandata e vale di più del sacrificio, perché il più bel sacrificio è quest’amore che sa anche sopportare, che sa, all’occorrenza, perdonare e dimenticare. (…) È questa la radicalità, è questa la totalitarietà chiesta alla nostra vita.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 20 febbraio 2003) Tratto da: “Per essere una piccola Maria”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 650. Città Nuova Ed., 2019. [1] Cf. Gv 8, 7. [2] Mt 9, 13. (altro…)
Lug 6, 2020 | Chiara Lubich
Le statistiche che ci tengono quotidianamente al corrente della diffusione della pandemia nel mondo e le immagini che ci arrivano dai Paesi maggiormente colpiti suscitano in noi sentimenti simili a quelli espressi nella seguente preghiera di Chiara Lubich. Pure il nostro pianeta, sempre più sofferente, chiama e aspetta il nostro amore fattivo e deciso. Signore, dammi tutti i soli… Ho sentito nel mio cuore la passione che invade il tuo per tutto l’abbandono in cui nuota il mondo intero. Amo ogni essere ammalato e solo: anche le piante sofferenti mi fanno pena…, anche gli animali soli. Chi consola il loro pianto? Chi compiange la loro morte lenta? E chi stringe al proprio cuore il cuore disperato? Dammi, mio Dio, d’esser nel mondo il sacramento tangibile del tuo Amore, del tuo essere Amore: d’esser le braccia tue che stringono a sé e consumano in amore tutta la solitudine del mondo.
Chiara Lubich
Scritto dal 1 settembre 1949, in Chiara Lubich, La dottrina spirituale, Mondadori, Milano 2001, pag 124; Città Nuova, Roma 2006, pag 135. . (altro…)
Giu 29, 2020 | Chiara Lubich
Quante persone, anche autorevoli, hanno sottolineato in questi mesi che uno degli effetti della pandemia è l’averci messi tutti di fronte all’essenziale, a quello che vale e rimane. Quanti di noi hanno perso parenti o amici e hanno toccato con mano la vicinanza della morte. Il seguente scritto di Chiara Lubich tocca questi due argomenti così vicini a quanto stiamo vivendo nel mondo. (…) L’inizio dell’avventura divina del nostro Movimento (…) è ambientato (…) in una circostanza particolare: la guerra; la guerra con le sue bombe, le sue rovine e i suoi morti. (…) Penso che per noi non sarà possibile vivere con perfezione e intensità il nostro Ideale, se non tenendo sempre presente quel clima, quell’ambiente, quelle circostanze. E il Signore ancora oggi, dopo più di quarant’anni, non ci fa mancare le occasioni: le frequenti «dipartite» dei nostri (…) sono un continuo richiamo al «tutto passa», al «tutto crolla», sfondo necessario per capire ciò che veramente vale. Fa impressione quello che ci mandano a dire con insistenza questi nostri fratelli «in partenza». (…) Nelle situazioni in cui si sono trovati, hanno visto più lontano, come, quand’è notte, si possono vedere le stelle. Colgono, per una luce particolare, l’assoluto valore di Dio e lo dichiarano amore. Anche noi, mentre stiamo quaggiù, se vogliamo fare della vita un vero santo viaggio, dobbiamo avere, come loro hanno avuto, le idee chiare: considerare ogni cosa che non sia Dio transitoria e passeggera. Tuttavia la nostra fede e il nostro Ideale non si fermano al traguardo della morte. Il grande annuncio del cristianesimo è: «Cristo è risorto». E il nostro Ideale ci chiama sempre ad andare «al di là della piaga» per vivere il Risorto. Noi siamo chiamati, dunque, a pensare soprattutto al «dopo». Ed è su questo «dopo», il misterioso ma affascinante «dopo», che vorrei soffermarmi questa volta. Succede a me abbastanza spesso, e forse anche a voi, di chiedermi: dove saranno i nostri? (…) Mi passano questi pensieri perché, qui in terra, fino a poco tempo fa, sapevo dov’erano, quello che facevano. Ora tutto mi è ignoto. Certamente, la fede dà le risposte a questi nostri interrogativi e noi le conosciamo. Una parola di Gesù, però, mi ha dato in questi ultimi giorni luce e conforto, grande conforto. L’ha detta Gesù al buon ladrone: «Oggi sarai con me nel paradiso»[1]. Oggi: dunque subito, subito dopo la morte. (…) Cosa dobbiamo ricavare allora da questi pensieri? Cerchiamo di vivere in maniera che anche a noi sia detto quell’«oggi»: «Oggi sarai con me nel paradiso». Ma lo sappiamo: sarà dato a chi ha: «a chi ha sarà dato»[2]. Se qui in terra saremo, per amore di Dio, paradiso per i nostri fratelli; se saremo gioia, conforto, consolazione, aiuto, per i singoli, per la nostra Opera, per la Chiesa, per il mondo, il Signore ci darà il paradiso. (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 10 maggio 1990) Tratto da: “Essere per tutti causa di letizia”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 399. Città Nuova Ed., 2019. [1] Lc 23, 43. [2] Mt 13, 12. (altro…)