Giu 30, 2009 | Parola di Vita
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della Parola di Vita letta da Chiara Lubich, andato in onda su Radio Due il 4 marzo 1979
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Sei giovane e reclami una vita ideale, totalitaria, radicale? Senti Gesù. Nessuno al mondo ti chiede tanto. Sei nell’occasione di dimostrare la tua fede e la tua generosità, il tuo eroismo.
Sei maturo e brami un’esistenza seria, impegnata, ma sicura? O anziano e desideri vivere i tuoi ultimi anni abbandonato a chi non inganna, senza preoccupazioni che ti logorano? Vale anche per te questa parola di Gesù.
Essa conclude infatti una serie di esortazioni nelle quali Gesù ti invita a non preoccuparti di ciò che mangerai e vestirai, esattamente come fanno gli uccelli dell’aria che non seminano e i gigli del campo che non filano. Devi bandire perciò dal tuo cuore ogni ansia per le cose della terra, perché il Padre ti ama assai più degli uccelli e dei fiori, e pensa lui stesso a te.
Per questo ti dice:
“Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma”.
Il Vangelo è, nel suo insieme ed in ogni sua parola, una richiesta totale agli uomini di ciò che sono e di ciò che hanno.
Dio non domandava tanto prima che venisse Cristo. L’Antico Testamento considerava un bene, una benedizione di Dio la ricchezza terrena e, se chiedeva di far elemosina ai bisognosi, era per ottenere benevolenza dall’Onnipotente.
Più tardi, nel giudaismo, il pensiero della ricompensa nell’aldilà era diventato più comune. Un re rispondeva a chi gli rimproverava di sperperare i suoi beni: “I miei avi accumularono tesori per quaggiù, io invece ho accumulato tesori per lassù”. […].
Ora l’originalità della parola di Gesù sta nel fatto che lui ti chiede il dono totale, ti domanda tutto. Vuole che tu sia un figlio spensierato, senza preoccupazioni per il mondo, un figlio che si appoggia soltanto su di lui.
Egli sa che la ricchezza è un enorme ostacolo per te, perché essa occupa il tuo cuore, mentre egli vuole avere tutto lo spazio per sé.
Ecco quindi la raccomandazione:
“Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma”.
E se non puoi disfarti dei beni materialmente, perché sei legato ad altre persone, o perché la tua posizione ti obbliga ad un contorno dignitoso ed adeguato, certamente devi staccarti dai beni spiritualmente ed essere nei loro confronti un semplice amministratore. Così, mentre tratti con la ricchezza ami gli altri e, amministrandola per loro, ti fai un tesoro che il tarlo non corrode e il ladro non porta via.
Ma sei certo che devi tenere tutto? Ascolta la voce di Dio dentro di te; consigliati, se non sai decidere. Vedrai quante cose superflue troverai fra ciò che hai. Non tenerle. Dà, dà, a chi non ha. Metti in pratica la parola di Gesù: “Vendi… e dà”. Così riempirai le borse che non invecchiano.
E’ logico che per vivere nel mondo occorra interessarsi anche di denaro, anche di roba. Ma Dio vuole che ti occupi, non che ti preoccupi. Occupati di quel minimo che è indispensabile per vivere secondo il tuo stato, secondo le tue condizioni. Per il resto:
“Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma”.
Paolo VI era veramente povero. Lo ha testimoniato il modo col quale ha voluto essere sepolto: in una povera bara, nella vera terra. Poco prima di morire aveva detto a suo fratello: “Da tempo ho preparato le valigie per quell’impegnativo viaggio”.
Ecco, questo devi fare: preparare le valigie.
Ai tempi di Gesù si chiamavano forse borse. Preparale giorno per giorno. Riempile più che puoi di ciò che può essere utile agli altri. Hai veramente ciò che dai. Pensa a quanta fame c’è nel mondo. A quanta sofferenza. A quanti bisogni…
Riponivi anche ogni atto d’amore, ogni opera in favore dei fratelli.
Compi queste azioni per lui. Diglielo nel tuo cuore: per Te. Ed adempile bene, con perfezione. Sono destinate al Cielo, rimarranno per l’eternità.
Chiara Lubich
Parola di vita, marzo 1979, pubblicata per intero in Essere la Tua Parola. Chiara Lubich e cristiani di tutto il mondo, vol. I, Città Nuova, Roma 1980, pp.189-191.
Mag 31, 2009 | Parola di Vita
Immagini un tralcio staccato dalla vite? Non ha futuro, non ha più alcuna speranza, non ha fecondità e non gli resta che seccare ed essere bruciato. Pensa a quale morte spirituale sei destinato, come cristiano, se non rimani unito a Cristo. Fa spavento!
E’ la sterilità completa, anche se sgobbi da mattina a sera, anche se credi di essere utile all’umanità, anche se gli amici ti applaudono, anche se i beni terrestri crescono, anche se fai sacrifici notevoli.
Tutto questo avrà un senso per te sulla terra, ma non ha nessun significato per Cristo e per l’eternità. Ed è quella la vita che più importa.
“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.
Come puoi tu rimanere in Cristo e Cristo rimanere in te? Come essere tralcio verde e rigoglioso che fa corpo con la vite? Occorre anzitutto che tu creda in Cristo. Ma ciò non basta. La tua fede deve influire sulla dimensione concreta della vita. Devi cioè vivere conforme a questa fede, mettendo in pratica le parole di Gesù.
Così non puoi trascurare quei mezzi divini, che Cristo t’ha lasciato, mediante in quali ottieni o riacquisti l’unità eventualmente spezzata con lui. E ancora Cristo non ti sentirà ben saldo in lui, se non ti sforzerai d’essere inserito nella tua comunità ecclesiale, nella tua Chiesa locale.
“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.
“Chi rimane in me ed io in lui”. Vedi come Cristo parla di un’unità tua con lui, ma anche di un’unità sua con te? Se tu sei unito a lui, lui è in te, è presente nell’intimo del tuo cuore.
E nasce da questo un rapporto e un colloquio d’amore reciproco, una collaborazione fra Gesù e te, discepolo suo. Ed ecco la conseguenza: far molto frutto, esattamente come un tralcio ben unito alla vite dona grappoli saporosi.
“Molto frutto” significa che sarai dotato di una vera fecondità apostolica, e cioè della capacità di aprire gli occhi di molti alle parole uniche, rivoluzionarie di Cristo e sarai in grado di dare ad essi la forza di seguirle.
“Molto frutto” significa ancora che saprai suscitare, o anche edificare, opere piccole o grandi per sollevare i più vari bisogni del mondo secondo i carismi che Dio ti ha dato.
“Molto frutto” significa “molto”, non “poco”. E ciò può voler dire che saprai portare nell’umanità che ti circonda una corrente di bontà, di comunione, di amore reciproco.
“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.
Ma “molto frutto” non significa solo il bene spirituale e materiale degli altri, ma anche il tuo.
Anche il crescere interiormente, anche il santificarti personalmente dipende dalla tua unione con Cristo.
Santificarti. Forse questa parola, coi tempi che corrono, ti sembrerà un anacronismo, un’inutilità, o un’utopia.
Non è così. I tempi presenti se ne vanno e con essi le vedute parziali, errate, contingenti. Resta la verità. Duemila anni fa Paolo, l’Apostolo, diceva chiaramente che è volontà di Dio per tutti i cristiani la santificazione. Teresa d’Avila, dottore della Chiesa, è certa che chiunque, anche preso dalla strada, può arrivare alla più alta contemplazione. Il Concilio Vaticano II dice che tutto il popolo di Dio è chiamato alla santità.
Queste sono voci sicure.
Perciò vedi di raccogliere nella tua vita anche il “molto frutto” della santificazione che sarà possibile solo se sei unito a Cristo.
“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.
Hai osservato come Gesù non domandi direttamente il frutto, ma lo veda come conseguenza del “rimanere” uniti a lui?
Può essere che anche tu cada nell’errore in cui molti cristiani si trovano: attivismo, attivismo, opere, opere per il bene degli altri, senza aver tempo di considerare se sono in tutto e per tutto uniti a Cristo.
E’ un errore: si crede di portar frutto, ma non è quello che Cristo in te, Cristo con te potrebbe portare.
Per portare il frutto durevole, che ha il timbro divino, occorre rimanere uniti a Cristo, e quanto più rimarrai unito a Cristo tanto più frutto porterai.
Inoltre questo verbo usato da Gesù, “rimanere”, dà l’idea non tanto di momenti in cui si porta frutto, ma di uno stato permanente di fecondità.
Infatti, se tu conosci persone che vivono così, vedrai che esse, magari con un semplice sorriso, con una parola, con l’usuale comportamento quotidiano, col loro atteggiamento di fronte alle varie situazioni della vita, toccano i cuori fino, a volte, a far loro ritrovare Dio.
Dei santi è stato così. Ma non dobbiamo scoraggiarci nemmeno noi. Anche i comuni cristiani possono portare frutto. Senti.
Tu sai che il mondo studentesco oggi è per lo più politicizzato e lascia poco spazio a coloro che vorrebbero rendersi utili all’umanità partendo da altri moventi.
Siamo in Portogallo. Maria do Socorro, finito il liceo, è entrata all’università. L’ambiente è difficile. Molti suoi compagni lottano, seguendo la propria ideologia, e ciascuno vuole trascinare dietro a sé gli studenti che ancora non si pronunciano.
Maria sa bene qual è la sua via, anche se non è facile spiegarla: seguire Gesù e rimanere unita a lui. E’ qualificata amorfa, senza ideali dai suoi compagni, che non conoscono nulla delle sue idee. Qualche volta ha provato il rispetto umano, soprattutto entrando in chiesa. Ma lei continua ad andarci, perché sente che deve rimanere unita a Gesù.
Si avvicina Natale. Maria si accorge che c’è tra loro chi non può andare a casa, perché abita troppo lontano, e propone agli altri compagni di fare insieme un regalo a quelli che non partono. Con sua grande sorpresa tutti accettano, subito.
Più tardi ci sono le elezioni e, altra grande meraviglia, proprio lei viene eletta rappresentante del suo corso. Ma lo stupore è più forte ancora quando si sente dire: “E’ logico che sia stata eletta tu; perché sei l’unica che ha una linea precisa, che sa cosa vuole e come fare per realizzarla”. Ora, alcuni si sono interessati al suo ideale e vogliono vivere come lei.
Un buon frutto della perseveranza di Maria do Socorro nel rimanere unita a Gesù.
Chiara Lubich
Apr 30, 2009 | Parola di Vita
Edith, cieca dalla nascita, vive con altre non vedenti in un istituto dove il cappellano, paralizzato alle gambe, non può più celebrare la Messa. Per questo motivo si vuole togliere Gesù Eucaristia dalla casa. Edith ricorre al vescovo perché lo lasci quale unica luce alla loro tenebra. Ottiene il permesso e con questo anche quello di distribuire lei stessa la Comunione al cappellano e alle compagne.
Desiderosa di rendersi utile, Edith ha ottenuto anche di disporre di una radio libera per varie ore. Se ne serve per offrire ciò che di meglio ha: consigli, pensieri validi, chiarimenti morali, per sostenere con la sua esperienza coloro che soffrono. Edith… e potrei narrarti altre cose di lei. Ed è cieca e la sofferenza l’ha illuminata.
Ma quanti altri esempi avrei da narrarti! Il bene c’è e non fa rumore. Edith vive praticamente da cristiana: sa che ognuno di noi ha ricevuto dei doni e li mette al servizio degli altri.
Sì, perché per “dono” (o “carisma” come si suol dire dal greco) non s’intendono soltanto quelle grazie di cui Dio arricchisce coloro che debbono governare la Chiesa. E nemmeno s’intendono soltanto quei doni straordinari che egli si riserva di mandare direttamente a qualche fedele, per il bene di tutti, quando pensa che occorra nella Chiesa rimediare a situazioni eccezionali, o a pericoli gravi, per i quali non bastano le istituzioni ecclesiastiche. Questi possono essere la sapienza, la scienza, il dono dei miracoli, il parlare le lingue, il carisma di suscitare una nuova spiritualità nella Chiesa ed altri ancora.
Per doni, o carismi, non s’intendono solo questi, ma anche altri più semplici che possiedono molte persone e si notano per il bene che producono. Lo Spirito Santo lavora.
Inoltre si possono chiamare doni o carismi anche i talenti naturali. Ognuno quindi ne è dotato. Anche tu.
E che uso devi farne? Pensare come farli fruttare. Essi ti sono dati non solamente per te, ma proprio per il bene di tutti.
“Usate bene i vari doni di Dio: ciascuno metta a servizio degli altri la grazia particolare che ha ricevuto”.
La varietà dei doni è immensa. Ognuno ha il suo e ha quindi nella comunità la sua specifica funzione.
Ma dimmi un po’: qual è il tuo caso? Hai qualche diploma? Non hai mai pensato di mettere a disposizione qualche ora della settimana per insegnare a chi non sa, o non ha i mezzi per studiare?
Hai un cuore particolarmente generoso? Non hai mai pensato di mobilitare delle forze ancora sane in favore di gente povera ed emarginata, e rimettere così nel cuore di molti il senso della dignità dell’uomo? […]
Hai doti particolari per confortare? Oppure per tenere la casa, per cucinare, per confezionare con poco abbigliamenti utili o per lavori manuali? Guardati attorno e vedi chi ha bisogno di te.
Provo dolore quando vedo che c’è gente che cerca e insegna come riempire il tempo libero. Non abbiamo, noi cristiani, tempo libero, finché ci sarà sulla terra un ammalato, un affamato, un carcerato, un ignorante, un dubbioso, uno triste, un drogato, […] un orfano, una vedova…
E la preghiera non ti sembra un dono formidabile da utilizzare, dato che in ogni momento puoi rivolgerti a Dio presente dappertutto? […]
“Usate bene i vari doni di Dio: ciascuno metta a servizio degli altri la grazia particolare che ha ricevuto”.
Immagini la Chiesa in cui tutti i cristiani, dai bambini agli adulti, fanno quanto possono per mettere a disposizione degli altri i loro doni?
L’amore scambievole acquisterebbe tale consistenza, tale ampiezza e rilievo che […] potrebbero riconoscere da questo i discepoli di Cristo. […]
E allora, se il risultato è tale, perché non fare tutta la tua parte per conseguirlo?
Chiara Lubich
Parola di vita, gennaio 1979, pubblicata per intero in Essere la Tua Parola. Chiara Lubich e cristiani di tutto il mondo, vol. I, Roma 1980, p.157-159.
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Mar 31, 2009 | Parola di Vita
Hai osservato come in genere non vivi la vita, ma la trascini in attesa d’un “dopo”, in cui dovrebbe arrivare il “bello”?
Il fatto è che un “dopo-bello” deve arrivare, ma non è quello che tu ti aspetti.
Un istinto divino ti porta ad attendere qualcuno o qualcosa che possa soddisfarti. E pensi magari al giorno di festa, o al tempo libero, o ad un incontro particolare… Ma passati questi, non resti soddisfatto, almeno pienamente. E riprendi il tran tran d’una esistenza non vissuta con convinzione, sempre in attesa.
La verità è che, tra gli elementi che compongono anche la tua vita, ve n’è uno da cui nessuno può scappare; è l’incontro a tu per tu col Signore che viene. Questo è il “bello” al quale inconsciamente tendi, perché sei fatto per la felicità. E la piena felicità può dartela solo Lui.
E Gesù, conoscendo quanto tu ed io siamo ciechi nella ricerca di essa, ecco che ci ammonisce:
“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”.
Vegliate. State attenti. State svegli.
Perché di molte cose non sei sicuro al mondo, ma di una certamente non puoi aver dubbi: che un giorno devi morire. E questo per il cristiano significa presentarsi davanti a Cristo che viene.
Può essere che anche tu sia come i più che dimenticano la morte volutamente, di proposito. Hai paura di quel momento e vivi come se non esistesse. Dici con la tua vita terrena, col radicarti sempre più in essa: la morte mi fa tremare, quindi non c’è. Invece quel momento verrà. Perché Cristo viene certamente.
“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”.
Con queste parole Gesù intende la sua venuta all’ultimo giorno. Come è salito al Cielo fra gli apostoli, così tornerà.
Ma queste parole vogliono dire anche la venuta del Signore alla fine della vita di ogni uomo. Del resto, quando l’uomo muore, per lui il mondo è finito.
E giacché non sai se Cristo viene oggi, stasera, domani, o fra un anno o più, devi vigilare. Proprio come quelli che stanno svegli perché sanno che i ladri verranno a svaligiare la loro casa, ma non ne conoscono l’ora.
E, se Gesù viene, vuol dire che questa vita è passeggera. E se è tale, anziché svalutarla, devi dare ad essa la massima importanza. Devi prepararti per quell’incontro con una vita degna. (…)
“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”.
Certamente occorre che anche tu vigili. La tua vita non è solo un pacifico susseguirsi di atti. E’ pure una lotta. E le tentazioni più varie, come quelle sessuali, quelle della vanità, dell’attaccamento al denaro, della violenza, sono i tuoi primi nemici.
Se vigili sempre, non ti lascerai prendere di sorpresa.
Ma vigila bene chi ama. E’ dell’amore vigilare.
Quando si ama una persona, il cuore vigila sempre attendendola, e ogni minuto che passa senza di lei è in funzione di lei.
Così fa una sposa amorosa quando fatica, o prepara quanto può servire al suo sposo assente: fa ogni cosa in vista di lui. E quando arriva, nel suo saluto esultante c’è tutto il gioioso lavoro della giornata.
Così fa una mamma, quando prende un piccolo riposo durante l’assistenza del suo ragazzo ammalato. Dorme, ma il suo cuore veglia.
Così agisce chi ama Gesù. Fa tutto in funzione di Lui, che incontra nelle semplici manifestazioni della sua volontà in ogni attimo, e incontrerà solennemente nel giorno in cui verrà.
E’ il 3 novembre 1974.
Si conclude a Santa Maria, nel sud del Brasile, un incontro spirituale di 250 giovani, di cui la maggior parte proviene dalla città di Pelotas.
Il primo pullman, con quarantacinque persone, parte: tanti canti, tanta gioia, tanto amore a Gesù. Ad un certo punto del viaggio alcune ragazze dicono insieme il rosario coi misteri dolorosi e chiedono alla Madonna la fedeltà a Dio, fino alla morte.
In una curva, per un guasto meccanico, il pullman precipita in un burrone d’una cinquantina di metri, capovolgendosi tre volte. Muoiono sei ragazze.
Una sopravvissuta dice: “Ho visto la morte da vicino, però non ho avuto paura perché Dio era lì”.
Un’altra: “Quando mi sono accorta che potevo muovermi, in mezzo ai rottami, ho guardato il cielo stellato e, inginocchiata fra i corpi delle mie compagne, ho pregato. Dio era lì accanto a noi…”. Il babbo di Carmen Regina, una delle vittime, ha raccontato che spesso la figlia ripeteva: “E’ bello morire, papà, si va a stare insieme a Gesù”.
“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”.
Le giovani di Pelotas, perché amavano, vigilavano, e quando è venuto il Signore gli sono andate incontro con gioia.
Chiara Lubich
Parola di Vita Dicembre 1978. Pubblicata in Essere la Tua parola. Chiara Lubich e cristiani di tutto il mondo, vol. 1, Roma 1980
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Feb 28, 2009 | Parola di Vita
Il più assurdo spettacolo, che puoi osservare in questo mondo, è da una parte la presenza di uomini sbandati, sempre alla ricerca, che, nelle inevitabili prove della vita, sentono l’angoscia del bisogno, dell’aiuto e il senso dell’orfanezza e, dall’altra, la realtà di Dio, Padre di tutti, che nulla desidera tanto quanto usare della sua onnipotenza per esaudire i desideri e le necessità dei suoi figli.
E’ come un vuoto che chiama un pieno. E’ come un pieno che chiama un vuoto. Ma non s’incontrano.
La libertà di cui l’uomo è dotato può fare anche questo danno.
Ma Dio non cessa di essere Amore per coloro che Lo riconoscono.
Senti cosa dice Gesù:
“Qualunque cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà”
Ed eccoti a considerare una di quelle parole ricche di promesse che ogni tanto nel Vangelo Gesù ripete. Con esse ti insegna, con accenti e spiegazioni varie, come ottenere ciò di cui abbisogni. (…)
Solo Dio può parlare così. Le sue possibilità sono senza limiti. Tutte le grazie sono in suo potere: quelle terrene, quelle spirituali, quelle possibili e quelle impossibili.
Ma ascolta bene.
Egli ti suggerisce “come” devi presentarti al Padre per la tua richiesta. “Nel mio nome” dice.
Se hai un po’ di fede queste tre brevi parole dovrebbero metterti le ali.
Vedi, Gesù che è vissuto qui fra noi sa gli infiniti bisogni che abbiamo e che hai ed ha pena di noi. E allora, per quanto concerne la preghiera, s’è messo lui di mezzo ed è come ti dicesse: “Va’ dal Padre a nome mio e chiedigli questo e poi questo e poi questo”. Egli sa che il Padre non può dirgli di no. E’ suo figlio ed è Dio.
Non vai in nome tuo dal Padre, ma in nome di Cristo. Ricordi il proverbio: “Ambasciator non porta pena”?
Tu, andando al Padre in nome di Cristo, fungi da semplice ambasciatore.
Gli affari si sbrigano fra i due interessati.
Così pregano moltissimi cristiani che potrebbero testimoniarti le grazie senza numero ricevute. Esse rivelano quotidianamente che su di loro vigila attenta e amorosa la paternità di Dio.
“Qualunque cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà”.
A questo punto può essere che tu mi risponda: “Ho chiesto, ho chiesto, nel nome di Cristo, ma non ho ottenuto”.
Può essere. T’ho detto sopra che Gesù invita in altri passi del Vangelo a chiedere e dà ulteriori spiegazioni, che forse ti sono sfuggite.
Egli dice, ad esempio, che ottiene chi “rimane” in Lui, e vuol dire nella Sua volontà. (…)
Ora può essere che tu abbia a chiedere qualcosa che non rientra nel disegno di Dio su di te e Dio non vede utile alla tua esistenza su questa terra o nell’altra vita, o pensa addirittura dannoso.
Come fa Egli, che t’è padre, ad esaudirti in questi casi? T’ingannerebbe. E questo non lo farà mai.
E allora sarà utile che, prima di pregare, tu ti metta d’accordo con Lui e gli dica: “Padre, io ti chiederei questo in nome di Gesù, se ti pare che vada bene”.
E, se la grazia richiesta si concilierà col piano che Dio nel suo amore ha pensato per te, s’avvererà la parola:
“Qualunque cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà”.
Può essere pure che tu chieda grazie, ma non abbia nessuna intenzione di adeguare la tua vita a quanto Dio domanda.
Anche in questo caso ti parrebbe giusto che Dio ti esaudisca? Egli non vuol darti solamente un dono, vuol donarti la felicità piena. E quella si ottiene cercando di vivere i comandamenti di Dio, le sue parole. Non basta pensarle soltanto, nemmeno limitarsi a meditarle, occorre viverle.
Se così farai, otterrai ogni cosa.
Concludendo: vuoi ottenere grazie?
Chiedi pure qualsiasi cosa, nel nome di Cristo, ponendo la tua prima attenzione alla Sua volontà, con la decisione di obbedire alla legge di Dio.
Dio è felicissimo di donare grazie. Purtroppo il più delle volte siamo noi a chiudergli le mani.
Chiara Lubich
Parola di vita, novembre 1978, pubblicata per intero in “Essere la Tua Parola. Chiara Lubich e cristiani di tutto il mondo”, vol. I, Roma 1980, p.123-126.
Gen 31, 2009 | Parola di Vita
Che ne dici?
Sono parole con esigenze tremende, radicali, mai udite!
Eppure quel Gesù che ha detto indissolubile il matrimonio e ha comandato di amare tutti e quindi particolarmente i genitori, quello stesso Gesù ora chiede di mettere al secondo posto tutti gli affetti belli della terra, qualora fossero d’impedimento all’amore diretto, immediato, a Lui. Solo Dio poteva chiedere tanto.
Gesù infatti strappa gli uomini dal loro modo naturale di vivere e li vuole legati anzitutto a sé, per comporre sulla terra la fraternità universale.
Per questo, ove trova un ostacolo al suo progetto “taglia” e nel Vangelo parla di “spada”, spirituale s’intende.
E chiama “morti” coloro che non hanno saputo amare Lui più della madre, della sposa, della vita. Ricordi quell’uomo che ha chiesto di poter seppellire suo padre prima di seguirLo? Proprio a lui Gesù ha risposto: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti” .
Forse dinanzi a tanta esigenza avrai avuto un fremito di paura; forse avrai pensato di relegare queste parole di Gesù al suo tempo, o destinarle a coloro che lo debbono seguire in un modo particolare.
Ti sbagli. Questa parola vale per ogni epoca, anche per l’attuale, e vale per tutti i cristiani, anche per te.
Con i tempi che corrono ti si possono presentare molte occasioni per mettere in pratica l’invito di Cristo.
Sei in una famiglia dove qualcuno contesta il cristianesimo?
Gesù vuole che tu lo testimoni con la vita e al momento opportuno con la parola, anche a costo di essere deriso o calunniato.
Sei madre e tuo marito t’invita ad interrompere la gravidanza? Obbedisci a Dio e non agli uomini.
Un fratello ti vuole aggregare ad una compagnia con fini poco chiari, o perfino riprovevoli? Dissociati.
C’è qualcuno dei tuoi che t’invita ad accettare denaro poco pulito? Mantieni la tua onestà.
L’intera famiglia vuol coinvolgerti in un lassismo mondano? Taglia, perché Cristo non s’allontani da te.
“Se uno viene a me e non pospone suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”.
Eri d’una famiglia miscredente e il fatto della tua conversione a Cristo ha prodotto divisione? Non ti allarmare. E’ un effetto del Vangelo. Offri a Dio lo strazio del cuore per quelli che ami, ma non mollare.
Cristo t’ha chiamato in modo particolare a sé, ed ora è arrivato il momento in cui la tua donazione totale richiede di lasciare il padre e la madre, o magari di rinunciare alla fidanzata?
Opera la tua scelta.
Chi non ha lotta, non ha vittoria.
“Se uno viene a me e non pospone suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”.
“… e perfino la propria vita”.
Sei in terra di persecuzione e l’esporti per Cristo mette in pericolo la tua vita? Abbi coraggio. A volte la nostra fede può chiedere anche questo. Non è mai del tutto finita nella Chiesa l’epoca dei martiri.
Ognuno di noi, nella sua esistenza, si troverà a scegliere tra Cristo e tutto il resto per rimanere autentico cristiano. Quindi toccherà anche a te.
Non aver paura. Non aver paura per la vita: meglio perderla per Dio che non trovarla più. L’altra Vita è una realtà.
E non aver paura per i tuoi. Dio li ama. Un giorno – se tu li sai posporre a Lui – passerà accanto a loro e li chiamerà con le parole forti del suo amore. E tu li aiuterai a diventare con te veri discepoli di Cristo.
Chiara Lubich
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