Apr 20, 2019 | Spiritualità
La Risurrezione! Giovanni e Pietro vanno al sepolcro vuoto e trovano le bende a terra ed il sudario in disparte. Maddalena si sofferma e piange e vede due angeli, uno al posto del capo di Gesù, l’altro al posto dei piedi. Parla con loro, poi, voltatasi, vede Gesù. Gli Apostoli non lo hanno visto e fra essi c’era colui che Gesù prediligeva, certo anche per la sua innocenza. Maria, la peccatrice, vede gli angeli e Gesù. «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt. 5,8) Chi ha visto di più in quest’occasione? La Maddalena. Le lacrime che fluivano in continuazione dagli occhi, l’attesa fuori del sepolcro, segno d’un amore che tutto crede e vuole; e poi, il colloquio cogli angeli e con colui che credeva l’ortolano, quasi che Gesù fosse una persona di cui lei sola era interessata, avevano purificato quel cuore forse più degli altri: tanto che meritò di vedere esseri celesti e Gesù risorto. Ed ecco qui il significato della Risurrezione. Il riscatto è compiuto. La morte è vinta. Il peccato è subissato dalla misericordia versata in sovrabbondanza dall’albero della croce.
Chiara Lubich
(Da: Chiara Lubich, L’essenziale di oggi. Scritti spirituali / 2, Roma 1978, pag 67.)
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Apr 19, 2019 | Spiritualità
Igino Giordani ha dedicato molte pagine a Maria, alla comprensione del suo mistero. Tra di esse questa nella quale invita a guadare a Maria ai piedi della Croce, ad essere come Lei. Sia tuo modello Maria Desolata, la quale, dopo aver dato la vita a Gesù e averlo amato e servito, pur sentendosi distaccata da lui e rigettata dalla massa che non era ancora Chiesa, tuttavia nella fedeltà non oscillò; e nella prova suprema non mancò all’appuntamento sotto la croce. Fu quale lo Spirito Santo l’aveva modellata: cuore nel quale le offese degli uomini s’estinguevano; centro dal quale solo l’amore scaturiva. Tutta donazione. Morta a se stessa, viveva di Dio: non viveva in Lei che Dio. (…) Ti lasciano solo gli uomini, perché tu resti solo con Dio. E allora l’anima tua non è più distratta o sottratta: allora colloquia nel silenzio con l’Eterno. Sta, col Crocifisso, sul piano di Dio.
Igino Giordani
(Igino Giordani, Maria Modello perfetto, Città Nuova, Roma, 1989, 131-133)
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Apr 18, 2019 | Spiritualità
Cosa dice all’uomo e alla donna del nostro tempo il mistero di un Dio che muore in croce? In questo estremo sacrificio Dio prende su di sé tutte le nostre colpe e ci chiede il coraggio di riviverlo per amare il mondo. Da uno scritto di Pasquale Foresi. “Come può aver sofferto Gesù una certa separazione, un certo abbandono da parte del Padre, se egli era il Figlio di Dio, lui stesso Dio? Cerchiamo di penetrare, almeno un po’, cosa può essere avvenuto nel momento della passione, quando Gesù soffrì l’abbandono da parte del Padre. Gesù ha sperimentato in sé la lontananza da Dio. Ed egli è potuto giungere a tanto perché, proprio in quanto uomo, era unito a tutta l’umanità. Lì, sulla croce, noi tutti, uno a uno, eravamo presenti in Gesù, per il misterioso disegno di Dio che lo aveva voluto ricapitolare dell’intera umanità. Lì, in lui, erano assommati tutti i nostri dolori, tutte le nostre colpe, che aveva preso su di sé e fatte sue, per poi rivolgersi al Padre dicendo: “Nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46) In quel momento davvero tutto era compiuto, le nostre colpe erano rimesse. Dunque, se anche noi, in quanto cristiani, siamo chiamati a vivere Cristo, dobbiamo vivere quello che egli ha vissuto. E Cristo ha vissuto in modo del tutto particolare la redenzione del genere umano. Rivivere perciò in noi Gesù crocifisso e abbandonato significherà uniformarsi ai sentimenti di Gesù; anzi, molto di più: sarà lasciar rivivere in noi quel dolore-amore da lui vissuto sulla croce, per partecipare anche noi al compimento della sua passione e condividere con lui la sua gloria”.
Pasquale Foresi
(Pasquale Foresi, Dio ci chiama, Città Nuova, 1974, pag. 58-61)
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Apr 17, 2019 | Spiritualità
Una riflessione sulla giornata di oggi, Giovedì Santo, tratta da un’omelia di Klaus Hemmerle (1929–1994), filosofo, teologo e vescovo preparata proprio per questa solennità nel 1993. Se i discepoli vedono in Gesù il grande e potente Dio lassù, non lo trovano. Devono inchinarsi in basso fino in fondo, guardare nella polvere; lì c’è Gesù che lava i piedi ai suoi. Donazione, umiliazione, servizio, prendere sul serio le banalità delle esigenze umane, diventare piccoli, rinunciare, la durezza dell’esaurirsi, essere modesti, essere nascosti: tutto ciò che non ha a che fare con lo splendore divino è lo splendore del Dio vero, è il contenuto più intimo del nostro adorare Dio, è Eucaristia.
Klaus Hemmerle
(Klaus Hemmerle, Gottes Zeit-unsere Zeit, München, 2018, p. 65 – traduzione a cura della redazione)
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Nov 24, 2018 | Spiritualità
Nei giorni nei quali la Chiesa cattolica celebra la solennità di Cristo Re, proponiamo un testo di Chiara Lubich nel quale lei racconta quale importanza e quale significato abbia avuto questa festa nella storia del Movimento dei Focolari fin dalle sue origini durante la seconda guerra mondiale. “Loro sanno l’episodio di quei primi tempi sotto la guerra, quando noi prime focolarine ci siamo trovate in una cantina per ripararci dalle bombe, e lì avevamo il Vangelo in mano e lo abbiamo aperto; era tutto scuro e al lume di candela abbiamo letto il testamento di Gesù. L’abbiamo aperto per caso e l’abbiamo letto da principio a fondo, per noi era un testo difficile, perché eravamo giovani, preparate sì, fino a un certo punto; però abbiamo avuto l’impressione che quelle parole si illuminassero, come, ad una ad una. Adesso capiamo che era effetto del carisma che era venuto, che porta una luce nuova nell’anima che lo riceve, a vantaggio, però, di tutti gli altri fin dove arriva. Quello che abbiamo capito, soprattutto, è che Gesù aveva chiesto l’unità: “Che siano uno come io e te, Padre”. Che siano uno. E abbiamo capito con forza che quella pagina del Vangelo: il testamento di Gesù era la magna charta del Movimento che stava per nascere. Naturalmente ci siamo rese conto subito che non era facile fare l’unità; non sapevamo come fare. E ci siamo messe noi, sette, otto prime focolarine, intorno ad un altare, ricordo che era la festa di Cristo Re – nel nostro messalino c’era quella festa, adesso è cambiata un po’ la liturgia – e lì abbiamo chiesto a Gesù: “Noi ci sentiamo chiamati a realizzare quello che tu lì hai pregato: l’unità, ma noi non sappiamo come fare. Se tu credi facci strumenti di unità.” E poi, sapendo che era la festa di Cristo Re, ricordavamo che stava scritto nella Messa: “Chiedete e vi darò in eredità le genti fino agli ultimi confini della terra.” E ricordo che noi ragazze, ma piene di fede, credendo a tutto quello che Dio poteva fare, abbiamo chiesto, se è possibile, di servirlo fino agli ultimi confini della terra. Ora dopo 58 anni di vita vediamo che lui questo l’ha esaudito, perché, come loro sanno, il nostro Movimento, che è cattolico, ecumenico, abbiamo rapporto con fedeli di 350 Chiese e con tantissimi capi delle Chiese. (…) Adesso vediamo che quella preghiera di noi ragazzine, insomma, il Signore l’ha esaudita portandoci così a sviluppare questo Movimento fra Chiese, anche altre religioni, anche, persino, persone di altre fedi, fino agli ultimi confini della terra; in pratica in tutte le nazioni del mondo”. (Chiara Lubich – Vienna/Austria, 5 novembre 2001) Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)
Nov 24, 2018 | Chiara Lubich, Spiritualità
«Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli […] sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria, […] e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era, perché quel giorno […] sarà vivo e presente Gesù fra i popoli […]. Sono questi i tempi […] in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio confine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata come la propria, in cui il nostro occhio ha da acquistare una nuova purezza. Non basta il distacco da noi stessi per essere cristiani. Oggi i tempi domandano al seguace di Cristo qualcosa di più: una coscienza sociale del cristianesimo […]. […] noi speriamo che il Signore abbia pietà di questo mondo diviso e sbandato, di questi popoli rinchiusi nel proprio guscio, a contemplare la propria bellezza – per loro unica – limitata ed insoddisfacente, a tenersi coi denti stretti i propri tesori – anche quei beni che potrebbero servire ad altri popoli presso i quali si muore di fame -, e faccia crollare le barriere e correre con flusso ininterrotto la carità tra terra e terra, torrente di beni spirituali e materiali. Speriamo che il Signore componga un ordine nuovo nel mondo, Egli, il solo capace di fare dell’umanità una famiglia e di coltivare quelle distinzioni fra i popoli, perché nello splendore di ciascuno, messo a servizio dell’altro, riluca l’unica luce di vita che, abbellendo la patria terrena, fa di essa un’anticamera della Patria eterna». Dallo scritto di Chiara Lubich “Maria, vincolo di unità tra i popoli”, estate 1959, pubblicato in “La dottrina spirituale”, Città Nuova, Roma 2006, pp. 327-329. (altro…)