Dic 28, 2021 | Testimonianze di Vita
Nell’Incarnazione gli occhi di Dio hanno rivelato a Maria che la sua piccola e fragile umanità serviva al Suo disegno di salvezza. Natale può essere per tutti noi l’occasione per ricominciare a vivere l’esperienza più bella: sentirsi guardati da Dio e farsi condurre da Lui, come ha fatto Maria, per poi affrontare ogni giorno con una gioia profonda nel cuore e un canto di lode sulle labbra. Tornare a vivere Un amico impegnato nel reinserimento degli ex-detenuti aveva proposto alla nostra comunità religiosa di accogliere per alcuni mesi uno di loro, quasi al termine della sua pena. Pietro, così si chiamava, si è rivelato un esperto nella manutenzione degli infissi e instancabile nel riparare tutto ciò di cui c’era bisogno. Una vera benedizione per noi che, scarsi di mezzi economici, a certi lavoretti non avevamo neanche il tempo di dedicarci. Un dopocena, in giardino, Pietro ha cominciato ad aprirsi: “Vi sono grato non soltanto per l’ospitalità ricevuta, ma per il rispetto nei miei riguardi. Gli ex-detenuti vengono spesso considerati come degli appestati e la gente li tiene a distanza. Eppure l’inclusione sarebbe l’unica medicina capace di sanare certe ferite”. Prima di partire ha lasciato un biglietto: “Grazie. Ora posso tornare nella società perché so che anch’io ho qualcosa da dare”. (F. di O. – Italia) Come il figliol prodigo Quando un clochard di nome A. si è confidato con me, raccontandomi come mai si fosse ridotto in quello stato di miseria, mi è sembrato di rivedere in lui il figliol prodigo della parabola, che smania per riscattare la sua libertà. Alla mia proposta di farsi vivo con i suoi famigliari, la prima reazione è stata di rifiuto, impossibile mostrare loro come si era ridotto. La sola idea di presentarsi ai fratelli e alle sorelle, tutti “riusciti” e con una vita realizzata, accresceva la sua umiliazione. Eppure – gli ho ricordato a quel punto – loro non avevano smesso di amarlo, di attenderlo. Non ha replicato ed è rimasto in silenzio. A. si è rifatto vivo dopo qualche giorno. Stavolta chiedeva il mio aiuto per comprare il biglietto aereo e tornare nella sua patria. Senza esitare, gli ho fornito la somma necessaria. Non molto dopo ho ricevuto sue notizie: “Era come mi avevi raccontato. La gioia di riabbracciarmi è stata il vero dono che potevo fare ai miei. Grazie per avermi ricordato perché sono qui”. (J.G. – Spagna) Per mano A causa di un ictus mi ero trovato paralizzato nella parte sinistra del corpo. Di colpo la mia vita era cambiata. A lasciarmi avvilito era anche lo scombussolamento che procuravo nella piccola impresa avviata da poco, nell’andamento della famiglia, nei figli in età adolescenziale. Ho dovuto esercitarmi a lungo per accettare un nuovo regime di vita. Tuttavia, mentre crollava un mondo, vedevo aprirsi dimensioni trascurate e non apprezzate prima: la vita di fede. Da anni, infatti, non pregavo. Dacché riconoscevo la mia fragilità, è stato spontaneo per me riprendere a pregare, non con parole imparate al catechismo, ma dialogando. Ho imparato di nuovo a colloquiare con Dio. Intanto le cure proseguivano. A un certo punto la ripresa di tutte le funzioni a livello motorio mi ha colto di sorpresa. Ora che sono in convalescenza, posso affermare che l’amore di Dio ha voluto immergermi nella vita in modo pieno e non superficiale. Mi ha preso per mano ed io mi sono aggrappato. (D.A. – Argentina)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, novembre-dicembre 2021) (altro…)
Dic 16, 2021 | Testimonianze di Vita
Dopo essere stata visitata dalla potenza dell’Altissimo, Maria, si precipita dalla cugina Elisabetta con il cuore in festa. È il primo gesto missionario che la Madre di Dio compie dopo aver detto il suo “sì”, l’andare incontro all’altro con una lieta novella. Natale è il tempo in cui anche noi possiamo portare con generosità questo annuncio al mondo. Come una pozzanghera In famiglia, in nome della libertà, i figli avevano perduto ogni misura e rispetto. Un giorno, per non reagire male e ritrovare la calma, sono uscita a fare due passi e, come spesso faccio, mi son messa a recitare il rosario. Pensavo a Maria. Era stata sposa e madre. Dentro il suo cuore aveva silenziosamente serbato tutto, anche il suo dolore. Pur sentendomi un miscuglio di negatività, pregare e riflettere mi hanno ridato pace e forza per cercare di portare a casa quella serenità. Ad un tratto, mentre camminavo, ho visto una pozzanghera dove si rifletteva il cielo. Ecco, mi sentivo un po’ così: una pozzanghera che può fare da specchio al cielo. Ciò è bastato per ricominciare con una gioia nuova. (F.A. – Albania) Insieme Avevo programmato con mio marito che al ritorno dal lavoro sarebbe rimasto a casa per far compagnia a nostro figlio John che ha la sindrome di Down, permettendomi così di partecipare a un incontro in parrocchia al quale tenevo. Ultimamente però questo passarsi di mano il dovere di genitori nei riguardi di John capitava un po’ troppo spesso, di conseguenza avevo notato nel ragazzo reazioni negative ingiustificate. Riflettendo, decisi di rinunciare all’incontro per stare con lui. Quando seppe che tutti e tre saremmo rimasti a casa insieme, il suo atteggiamento di sfida venne meno. Mentre preparavo la cena, venne a dirmi: “Mi dispiace di essere stato sgarbato, mamma. Ricominciamo”. Si riferiva a qualcosa che aveva fatto il giorno prima e intendeva dire “ricominciamo a volerci bene”. Ero contenta si fosse ricordato dell’offesa. Anche mio marito fu presente e l’armonia familiare ne fu rinsaldata. Trascorremmo una bellissima serata. Quando John andò a letto era visibilmente felice. (R.S. – Usa) In ospedale Ieri mattina, nell’ospedale dove svolgo un servizio di volontariato, sono andato a salutare un paziente piuttosto anziano. Quando gli ho chiesto se desiderava ricevere l’Eucarestia, ha sorriso scuotendo la testa: “È da tanto che non ricevo la Comunione…”. Gli ho proposto: “Vuole almeno recitare una preghiera?”. E lui: “Sì, ma mi deve aiutare, perché non ricordo come si fa”. Ho cominciato io e, parola per parola, mi ha seguito. Terminata la preghiera, ha concluso sorridendo: “Mi sono commosso”. E dire che all’apparenza l’avrei definito un duro. L’ho salutato con una carezza. (Umberto – Italia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, novembre-dicembre 2021) Foto © Joachim Schwind – CSC Audiovisivi (altro…)
Nov 24, 2021 | Testimonianze di Vita
Essere operatori di pace vuol dire anche agire con generosità, essere solidali con coloro che ci circondano, andare oltre e aprire strade che ci permettano di avvicinarci all’altro facendolo sentire abbracciato. Un dolce Nel nostro caseggiato abita una famiglia musulmana. In occasione della loro festa per la fine del Ramadan, abbiamo pensato di andare da loro per gli auguri portando un dolce (avevamo saputo che è d’uso regolarsi così). Poiché non erano in casa, abbiamo scritto un biglietto e deposto il pacchetto col dolce e il biglietto davanti alla loro porta. Più tardi ci siamo incontrati. Erano stati via per i festeggiamenti e al ritorno avevano trovato con gioia il piccolo dono. Con un grande sorriso, il marito ha ringraziato dicendo: «Da 25 anni siamo in Svizzera e nessuno mai ci ha fatto gli auguri. Ci ha fatto molto molto piacere». In cuor mio la gioia era doppia. (Adriana – Svizzera) Da un panino al centuplo In tasca avevo soldi sufficienti per un solo panino. Uscendo dalla paninoteca, ho notato una signora che guardava speranzosa tutti quelli che mangiavano. Certamente aveva fame e aspettava l’offerta di qualcuno. In fondo, avrei potuto mangiare qualcosa più tardi, a casa. Così ho preso il mio panino e gliel’ho dato, facendola felice. Poi l’ho accompagnata da un fruttivendolo, al quale ho chiesto se poteva darle della frutta che gli avrei pagato il giorno dopo. Lui invece le ha consegnato una borsa piena di frutta, gratis. Ero così felice di vedere come da un panino può derivare il centuplo. (F.M. – India) È bastato un caffè Al lavoro dopo il rientro dalle vacanze, mi aspettava una sorpresa: un nuovo impiegato, finito l’apprendistato, era stato sistemato nel mio stesso ufficio. Non perché avesse invaso il “mio” spazio, ma sin dal primo momento mi risultò una persona antipatica a motivo dei suoi modi di fare, del suo sparlare di tutto e di tutti… Ce l’avrei fatta a lavorare con lui? E pensare che ero tornato ritemprato nelle forze, ma soprattutto nello spirito. Infatti, con tutta la famiglia, avevo partecipato a un ritiro basato su come vivere il Vangelo nella quotidianità. Ed eccomi messo alla prova: lavorare gomito a gomito con quel tipo “difficile”. Mi chiedevo come fare ad amare qualcuno così, quando mi arrivò da lontano un aroma di caffè… Idea! Senza indugio, andai a prenderne due, per me e per l’altro. Sorpreso dall’inaspettato gesto, il collega mi chiese: «Come hai fatto a sapere che avevo bisogno proprio di un caffè?». Ho buttato lì, ridendo, che ero un indovino. Da quel semplice atto di cortesia le cose sono cambiate e in seguito siamo diventati veramente amici. (V.J.M. – Spagna)
a cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, novembre-dicembre 2021) (altro…)
Nov 17, 2021 | Testimonianze di Vita
Come un cantiere sempre aperto dove ciascuno è chiamato a “fare”. È questa la pace, non solo l’assenza di guerra o un concetto astratto. E’ un qualcosa da costruire insieme fronteggiando tutte le difficoltà e partendo dal nostro piccolo. Un altro Rob Rob era andato via di casa dopo una litigata che sembrava aver messo la parola fine al nostro matrimonio. Erano passati due anni dalla sua partenza, senza sue notizie se non qualcosa riferitami dai genitori: faceva provini di film e cominciava ad entrare nel mondo della cinematografia. Quando tornò dall’Italia deluso e senza un soldo, sembrava un cane bastonato. Piangendo, mi chiese perdono. Quell’uomo che avevo amato, stimato, scelto come compagno di vita ora mi appariva un estraneo, un fallito. Dov’era andata la sua fierezza? E la bellezza che era il suo vanto? Quanto a me, durante il periodo di lontananza di mio marito mi ero avvicinata alla fede e avevo cominciato a impostare la vita su valori che avevo trascurato. Quando lui tornò, mi sembrò che Dio mettesse alla prova la mia fede. Ne uscì fortificata. Ora anche lui ha trovato non soltanto una nuova pace, ma insieme stiamo scoprendo un nuovo modo di vivere. Solo adesso mi sembra di cominciare a conoscere un altro Rob. (R. H. – Svizzera) Costruttori di unità Durante una riunione di lavoro in forma telematica, nel mio gruppo formato da membri di Paesi diversi, dopo le varie presentazioni, qualcuno imprudentemente azzardò delle definizioni altrui secondo il “colore” politico, con accenti di nazionalismo e fascismo. La tensione venuta a crearsi finì per degenerare in uno scambio di parole oltraggiose. Come giornalista che aveva viaggiato tanto e anche studiato la storia dei Paesi in questione, il mio parere era ben diverso da chi, invece, si basava sul sentito dire e su ciò che passavano i media. Quel giorno la seduta fu un vero fallimento. L’indomani, preparandomi a un altro gruppo di lavoro, mi disposi a evidenziare in ogni partecipante soltanto gli elementi che costruiscono e non quelli che dividono. Le cose andarono diversamente, tanto che quando toccò a me intervenire, tutti si sentirono valorizzati. Di qui una riflessione: si può diventare, anche solo tacendo, complici di disgregazione oppure elementi costruttivi e unificanti. Costa cara la realizzazione del sogno di Gesù «Che tutti siano uno». (G.M. – Ungheria) Nel silenzio In ospedale dovevo fare guardie notturne con un altro medico. Cristiano, ma non praticante, vedendomi partecipare alla messa quasi ogni giorno, spesso mi prendeva in giro. Il nostro turno durava tutta la notte, ma lui mi lasciava già a fine pomeriggio e questo per me voleva dire tanto lavoro in più. Malgrado ciò, ho cercato di mantenere nei suoi confronti un atteggiamento aperto, senza giudizio, per un mese, due… Un giorno esprime il desiderio di venire a messa con me («In questi mesi, dal tuo modo di amare in silenzio, ho imparato tante cose»). Da allora non solo fa il suo turno fino alla fine, ma si preoccupa perché durante la notte non mi stanchi troppo. (Bashar – Iraq)
a cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, novembre-dicembre 2021) (altro…)
Ott 21, 2021 | Testimonianze di Vita
“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). È il brano del Vangelo che si fa vivo in questa esperienza raccontata da Gustavo Clarià, focolarino argentino a Lima. Un racconto che ha il sapore della gioia, quella dei piccoli gesti capaci di abbattere muri e far felici gli altri. La prima volta che l’ho visto era lì, immobile, con qualcosa tra le mani che, da lontano, non riuscivo a capire bene cosa fosse. La doppia mascherina e un cappello lasciavano intravedere solo i suoi occhi. Quello sguardo spento, perso nel vuoto aveva attirato completamente la mia attenzione. Restava in piedi con in mano ciò che, avvicinandomi, avevo scoperto essere una scatola di dolci. Non c’era dubbio, era lì per venderli, eppure non faceva nulla, nemmeno un gesto per offrirli. Lo salutai, ma non ebbi risposta. Uscendo da Messa lo salutai ancora ma, anche stavolta, senza successo. “Questo uomo così triste avrà la mia età – pensai – che ingiusta appare, alle volte, la vita. Eppure Dio ama immensamente lui come ama me”. Mi ripromisi che lo avrei sempre salutato ma era davvero questo ciò che lui si aspettava? In fondo era lì per fare il suo lavoro e, ovviamente, sperava che qualcuno se ne accorgesse. Decisi di comprare qualcosa. Non ho l’abitudine di spendere in dolciumi o di mangiarli a qualsiasi ora, ma da qualche parte dovevo pur iniziare. Mi fermai davanti a lui e mi interessai alla varietà dei suoi prodotti come se fossi in un grande negozio di dolci. Dopo un attento esame, scelsi un cioccolatino alla menta. Pagai, lo ringraziai e lo salutai, senza suscitare alcuna reazione. La scena si è ripetuta per vari giorni in maniera identica. Dopo circa un mese di assenza ritornai alla Messa della parrocchia. Lui era sempre lì, nello stesso posto. Lo salutai senza aspettarmi nulla e, sorprendentemente, nel riconoscermi, gli sfuggì un sorriso, quasi fosse contento di rivedermi. Non riuscivo a crederci. Durante la Messa, al momento della raccolta delle offerte, frugando in tasca trovai una moneta da 2 euro. Stavo per riporla nel cestino quando pensai: “Gesù s’identifica anche nelle persone che più soffrono. Con 2 euro posso comprare un altro dolcetto”. In uscita andai verso di lui: “Cosa può offrirmi di buono oggi?”. Per la prima volta mi guardò e, con un gesto complice, cominciò a cercare nella sua scatola finché non trovò ciò che voleva farmi assaggiare: “Le piacerà, è un cioccolatino al gusto fragola molto buono e costa 2 euro”. Non mi sembrava vero. Fu il dialogo più lungo del mondo. Aveva pronunciato una frase completa solo per me. Lo ringraziai infinitamente per la sua gentilezza e, felice, andai via. Non vedo l’ora di rivederlo ancora per confermare la sua scelta: quel cioccolatino alla fragola era davvero buonissimo.
Gustavo E. Clarià
(altro…)
Ott 19, 2021 | Testimonianze di Vita
Come firmare un assegno in bianco, fare un salto nel buio. Spesso affidarsi a Dio appare ai nostri occhi una sfida troppo grande e richiede uno slancio, un coraggio, al quale non siamo disposti. Riconoscere la nostra piccolezza, chiedere aiuto e far sì che qualcuno si prenda cura di noi con tenerezza è la via per riconoscere quell’Amore provvidenziale del Padre che non ci abbandona mai e, con gratitudine, rimetterlo in circolo nel mondo. Condivisione Il terremoto aveva semidistrutto la nostra casa. Io e i miei figli dormivamo all’aperto e non avevamo quasi nulla da mangiare. Un giorno in cui non sapevo proprio cosa mettere sul fuoco, confidando in Dio che è Padre, ho messo a scaldare una pentola d’acqua. Stava per bollire quando arriva una persona con una borsa piena di verdure e di frutta. Mi metto subito a cucinare la minestra, quand’ecco che bussano di nuovo: è un amico venuto a portarmi della carne e un po’ di riso! Al ritorno da scuola, i ragazzi sono rimasti attoniti davanti alla tavola: “Cos’è successo mamma? Non avevi detto che oggi non c’era niente da mangiare?”. Così ho raccontato a loro, che non vogliono saperne di Dio, come le mie preghiere fossero state esaudite. Dopo pranzo però ho chiesto a Gesù di mandarmi una persona bisognosa con la quale poter condividere il cibo ricevuto. L’indomani si fa vivo un giovane che mi chiede un po’ di pane. L’ho accolto con amore e sebbene lui non volesse abusare della nostra ospitalità, vedendoci poveri, l’ho fatto accomodare e gli ho servito il pranzo. (Lusby – Colombia) Amore in circolo Davanti all’università mi ero imbattuto in un anziano sporco e vestito di stracci, quasi cieco e con ferite a causa delle frequenti cadute. Vera immagine di Cristo in croce, l’ho aiutato ad alzarsi e gli ho proposto di fargli un bagno. Entrati nell’università, ho trovato il coraggio per chiedere al rettore, musulmano, il permesso di usare il suo bagno personale, l’unico dotato di vasca, perché quel povero potesse lavarsi con il mio aiuto. Sorpreso per l’insolita richiesta, non solo ci ha fatti accomodare, ma lui stesso ha procurato il sapone. Poi ho accompagnato il vecchietto a casa sua, gli ho comprato da mangiare e pulito la stanza, resa inabitabile dalla sporcizia. L’indomani, vengo convocato dal rettore, interessato a sapere i motivi di quel gesto. Così ho potuto dirgli che la scelta di amare il prossimo univa milioni di persone di tutte le religioni. Interessato a conoscerne qualcuna, mi ha offerto una somma per le necessità dell’anziano. Anche i miei compagni presenti alla scena dell’arrivo hanno raccolto una somma per comprargli degli abiti nuovi. (Bassam – Iraq) Tre mucche Da qualche tempo aiutavo un ragazzo povero che avevo conosciuto durante la nostra missione nel campo profughi di Kakuma, nel nord-ovest del Paese, pagandogli le tasse scolastiche. Purtroppo a un certo punto, non avendo più soldi per portare avanti questo sostegno, ho dovuto spiegagli questa mia difficoltà. Quando in seguito questo ragazzo mi ha inviato un nuovo appello di aiuto, si è rinnovata in me la sofferenza per non poterlo aiutare. È stato allora che ho deciso di vendere una mucca che avevo a casa dei miei genitori, per permettergli di continuare gli studi. Naturalmente lui è stato felicissimo di riprendere le lezioni. Nella nuova parrocchia dove vivo da quasi un anno, un giorno una rappresentanza di miei parrocchiani è venuta a farmi una visita di solidarietà, avendo saputo della malattia di mio padre. Tra i regali che mi avevano portato c’erano tre mucche. Non potevo crederci: mi tornavano in mente le parole del Vangelo: “Una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo”. (Padre David – Kenya)
a cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, settembre-ottobre 2021) (altro…)