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Testimonianze di Vita | Movimento dei Focolari
Movimento dei Focolari

Vangelo Vissuto: “E tutto ciò che fate, fatelo con amore” (1Cor 16,14)

L’amore cristiano è un “Amore” che ha una forma specifica, tangibile, che si tocca nelle azioni, dalle più piccole alle più grandi. È dare la vita per chi ci circonda ad immagine di chi, per primo, ha dato la vita per noi amandoci di un amore immenso.

Esame non riuscito

Nostra figlia si era preparata con impegno per un esame, ma è tornata a casa piangendo perché non era andato bene. Dopo esserci consultati, mio marito ed io abbiamo deciso che la cena sarebbe stata una vera festa, più che se l’esame fosse riuscito. L’idea è piaciuta anche agli altri figli. Ma il momento veramente toccante è stato quando noi genitori abbiamo cominciato a elencare i fallimenti della nostra vita e come li avevamo superati. Con l’aggiunta delle “confessioni” degli altri, la cena è diventata una comunione profonda, un’occasione di crescita insieme. La ragazza ne è stata felice: “Forse questo fallimento era necessario non soltanto per me, ma per tutta la famiglia. Mai avrei pensato che i fallimenti possano aiutare a crescere e a capire la vita. Vi sono molto grata!”. Raccontato anche ad altri parenti ed amici, l’episodio è stato riproposto da diversi di loro, con un pretesto qualsiasi, ai propri figli. Alla fine, tutti hanno convenuto che la famiglia ha bisogno di andare a fondo con le fragilità di ciascuno per crescere nell’amore.

(W.R. – Olanda)

Amore che va e che torna

Quando ho del tempo libero, faccio da babysitter alle due bimbe di una coppia senegalese, in caso di bisogno. I genitori sono sempre molto grati: “Senza di te, siamo persi!”, dicono. Talvolta anticipo la mia offerta di aiuto senza aspettare la richiesta. Così giorni fa ho avvisato con un messaggio il papà della mia disponibilità per la domenica mattina. Di lì a poco lui mi telefona: “Lorenza, tu mi devi spiegare come fai a indovinare i nostri bisogni! Sei arrivata al momento giusto!”. Ed io: “È Dio che muove i cuori, Tacko, è lui che dobbiamo ringraziare perché ci fa sorelle e fratelli”. Grazie al rapporto di famiglia con loro, quando, in occasione di un viaggio, sono dovuta partire all’una di notte, ho chiesto un passaggio in auto alla stazione proprio a lui per dargli la possibilità di amare a sua volta. E con quale premura è rimasto con me fino all’arrivo degli altri della comitiva! Giorni fa Tacko e la moglie sono venuti a portarmi fino a casa una porzione di riso e pollo cucinato a modo loro. “Adesso sappiamo i tuoi gusti, ormai sei un po’ africana anche tu”.

(Lorenza – Italia)

Cogliere l’ispirazione

L’occasione per essere costruttore di pace attraverso il rispetto e il dialogo con chi è diverso da noi, dalla nostra cultura o fede, si è presentata ad una riunione dell’azienda dove lavoro. C’era aria tesa, il tono della voce era alto e accusatorio. Come contribuire alla distensione degli animi? Parlare sembrava impossibile e forse controproducente. Ascoltavo chi parlava, o gridava, con animo sereno e cercando di capire le sue ragioni. Non era facile. Era uno sforzo che mi spossava. All’intervallo, il collega che aveva alzato la voce più di tutti è venuto verso di me chiedendomi scusa per come si era comportato. L’ho abbracciato senza dire niente. E lui, continuando il suo sfogo: “Mia moglie ha saputo ieri di avere un male incurabile. Sono disperato”. Gli ho consigliato di rivolgersi a un amico medico e me ne è stato grato. Ho concluso con la promessa che avrei continuato a stargli accanto. Quando siamo rientrati nella sala, l’atmosfera non era più quella di prima. Importante è il momento presente per cogliere l’ispirazione che Dio ci dà per agire.

(E.J. – Usa)

A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° gennaio-febbraio 2024)


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Don Cosimino Fronzuto: insieme tra parrocchia e impegno nella città

Don Cosimino Fronzuto: insieme tra parrocchia e impegno nella città

Un sacerdote di Gaeta (Italia), che essendo parroco non solo si è speso per i suoi parrocchiani, ma li ha coinvolti in favore della città.

Don Cosimino Fronzuto fu un sacerdote italiano che nacque a Gaeta nel 1939. È morto a 49 anni, nel 1989 dopo una intensa vita spesa al servizio del prossimo, dei più bisognosi e della società della sua città. Viveva vicino al mare, ma non amava fare il bagno e aveva paura di andare in profondità. Un giorno, da bambino, volendo vincere questa difficoltà, si tuffò e, per dimostrare che aveva toccato il fondo, mise la mano nella sabbia raccogliendo, con grande meraviglia, un piccolo crocifisso di ferro, che poi portò con sé per tutta la sua vita. Nel 1963 fu ordinato sacerdote e iniziò il servizio come vicerettore del locale Seminario diocesano. Venuto in contatto con la spiritualità dell’unità, aderì al Movimento dei Focolari. Nel 1967 venne nominato parroco della parrocchia S. Paolo Apostolo a Gaeta, incarico che ricoprì fino agli ultimi giorni della sua vita. In quegli anni fiorì il Movimento Parrocchiale, espressione del Movimento dei Focolari nella Chiesa locale, che generò tanti frutti soprattutto tra i giovani, che oggi sono impegnati in città come sacerdoti, nella famiglia, nella vita politica e in vari ambiti civili e professionali, nelle diverse realtà nel Movimento dei Focolari e che continuano ad essere molto attivi anche vita parrocchiale.

Durante il ministero pastorale esercitato in parrocchia, con il suo stile pieno di amore e di attenzione verso tutti, in particolar modo verso gli ultimi (ragazze madri, ex detenuti, tossicodipendenti, sfrattati, sbandati), impostò la comunità puntando semplicemente, ma con forza e decisione, solo a vivere il Vangelo in tutte le situazioni e nelle realtà più diverse. Così non gli mancarono occasioni per prendere posizione anche nei confronti di tante realtà sociali lontane da una dimensione veramente umana e cristiana.

Scriveva nel suo diario: “Abbiamo osservato che nelle ore di catechesi c’erano dei bambini che erano piuttosto malandati, denutriti, mi sono anche ricordato che in quella stessa famiglia i ragazzi grandi non avevano ricevuto né la Cresima né la Comunione, proprio niente. Stavamo verso la metà di marzo, ed ho pensato: se non li prendiamo adesso, non li prendiamo più. Allora andai in quella casa e mi accorsi (erano le 12,30) che si stava semplicemente cucinando della pasta e che non ci sarebbe stato altro da mangiare per tutti quanti. Mi accorsi che, nonostante il capo famiglia fosse un piccolo imprenditore, addirittura mancava il vetro alla porta che pendeva sulla balconata e in questa stanza, dove mancava il vetro, dormivano alcuni dei dieci figli. Immediatamente cominciai a parlare del catechismo, ma cercai anche di guardarmi intorno e di rendermi conto. Poi la sera, dopo l’adorazione, parlai alla comunità di questa situazione. Mano mano che anch’io me ne rendevo conto, raccoglievo tutti i dati: dissesto economico, avvisi di sequestro, problemi di salute dei bambini. Allora si passava la mattina pensando solo a questa famiglia, per vedere secondo diversi aspetti come stavano le cose, condividere il lavoro, assicurare il cibo e, nello stesso tempo, tener in mano i grandi perché ricevessero una vera catechesi. Una sera mi sono reso conto che dovevo fare a tutti una proposta. Dentro di me avevo deciso, ma cosa valeva la mia decisione di parroco? Poteva anche valere, ma volevo che la decisione venisse da Dio e quindi scelta nell’unità con la comunità che mi dava la garanzia che fosse Dio stesso a fare le cose. Così proposi di mettere a disposizione di questa famiglia i circa due milioni (di lire) che avevamo in parrocchia per risolvere il caso fino a rimetterli in grado di nuovo di tornare al lavoro. Posso dire che sin dal primo momento tutti si mostrarono favorevoli. Questo è stato l’inizio, poi questa situazione ha avuto diversi sviluppi. Ancora ieri ho partecipato ad una riunione di condominio in cui avevano deciso di togliere al padre il lavoro che aveva cominciato e non aveva finito. Ho fatto di tutto perché lo portasse a termine e potesse avere anche dei soldi. Il cammino sarà ancora molto lungo,  è più di un mese che gli stiamo accanto, vicini e lui dice: “Mi sta ritornando la voglia di vivere, mi sta ritornando la voglia di vivere”. Ma l’intervento non è stato operato soltanto da me, l’intervento è stato un po’ collettivo, molti vanno a portare continuamente tutto quello che è necessario e non ci preoccupa tanto la mancanza di cose, ma ci preoccupa non far mancare l’amore, perché sono state delle persone evidentemente non amate, sono state infatti calpestate in certi diritti (…)”.

Domenica 21 gennaio 2024, l’Arcivescovo di Gaeta, mons. Luigi Vari in una cattedrale gremita di personalità civili, religiose e di fedeli, ha dato inizio alla causa di beatificazione di Don Cosimino Fronzuto.

Carlos Mana


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Don Cosimino Fronzuto: insieme tra parrocchia e impegno nella città

Premio Klaus Hemmerle: ponti per il bene dell’intera famiglia umana

Il 26 gennaio, il Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, card. Michael Czerny, si è recato in Germania, ad Aquisgrana, per ricevere il Premio Klaus Hemmerle 2024.

Si è svolta venerdì 26 gennaio 2024, nella Cattedrale di Aquisgrana (Germania) l’undicesima edizione del premio Klaus Hemmerle, il premio che il Movimento dei Focolari conferisce ogni due anni dal 2004, a persone che, come l’ex Vescovo di Aquisgrana, hanno lavorato per costruire ponti, nella Chiesa e nella società.

Quest’anno, a 30 anni dalla morte di Klaus Hemmerle (1929-1994), a ricevere questo importante riconoscimento è stato S.E. il card. Michael Czerny, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Il premio è stato consegnato dal Rettore dell’Università di Filosofia di Monaco, prof. dr. Johannes Wallacher il quale ha sottolineato, nel suo discorso d’onore, i servizi resi da Czerny allo sviluppo teologico e il suo impegno nell’attuazione socio-politica della Dottrina Sociale della Chiesa, nel contesto dei vari compiti e delle fasi della sua vita. Ha inoltre parlato della “visione della fraternità globale come segno dei tempi e chiave centrale per trovare risposte ai bisogni attuali”, una visione per la quale Czerny si è impegnato ed è, non da ultimo, un modello motivante.

Nella sua decisione, la giuria presente ha sottolineato l’instancabile impegno del card. Czerny a favore della dignità umana e dei diritti umani, il suo invito ad “accettare le differenze e imparare dalle altre culture” per costruire “un mondo più giusto”, dedizione per cui anche il nunzio apostolico in Germania, Sua Eccelnza Mons. Nikola Eterović, ha mostrato la sua gratitudine.

“La fraternità di tutti gli uomini è il tema guida di Papa Francesco – ha affermato il vescovo di Aquisgrana, Helmut Dieser – definendo il cardinale Czerny, “un sostenitore e un pioniere di questo impegno”.

Anche la Presidente dei Focolari, Margaret Karram, si è congratulata con il card. Czerny attraverso un messaggio che è stato letto durante la cerimonia, sottolineando il suo significativo impegno nella costruzione di una cultura di unità e di dialogo, riconoscendolo come alleato nello sforzo di mediare nei conflitti e di promuovere la solidarietà reciproca.

Nel suo discorso, il cardinale Czerny si è soffermato sul magistero sociale di Papa Francesco per una trasformazione socio-ecologica, ha fatto riferimento a diversi testi della Dottrina, che considera oggi all’avanguardia e si è detto d’accordo con il Papa, che nella sua enciclica “Fratelli tutti”, ha chiesto di sostituire la “cultura dell’usa e getta” con una cultura dell’incontro.

“Dobbiamo spostare la nostra attenzione dal profitto alla prosperità, dalla crescita economica alla sostenibilità e dalla materialità alla dignità umana” ha affermato, sottolineando l’importanza di “ripensare il concetto di progresso e di ripristinare un senso di comunità”, un cammino che porta dall’io al “noi”.

In conclusione, ha ringraziato i presenti per il loro “ruolo cruciale nel dare forma a nuove logiche che possono proteggere il nostro fragile ambiente e dare potere alle nostre comunità frammentate”.

Ricevere questo premio è per lui un incoraggiamento a “continuare a concentrare tutte le forze di bene esistenti nel senso di uno sviluppo olistico, a servizio e beneficio dell’intera famiglia umana”.

Andrea Fleming
Foto di Martin Felder

Vangelo Vissuto: «Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso» (Lc 10, 27).

Dio ci ha creati per renderci partecipi della sua vita, per amarlo e per sentire il suo amore. In particolare, nel metterci accanto dei fratelli, ci invita ad uscire da noi, a riconoscere i bisogni del prossimo e usare quello stesso Amore per sostenere e incoraggiare tutti.

Dal Benin

Negli otto mesi trascorsi in Benin, con l’aiuto di amici dall’Europa abbiamo potuto provvedere alle necessità più impellenti dei nostri vicini di casa: fornito generi alimentari, pagato l’iscrizione a scuola di qualche bambino, comprese le forniture scolastiche, procurato medicinali… Ci siamo adoperati per migliorare la sorte di chi era senza lavoro e che viveva in situazioni limite, convinti che solo l’amore sa operare ogni promozione umana. In un fine settimana del novembre scorso abbiamo incontrato la comunità, circa cento persone arrivate anche da più lontano, con sacrificio. Sono occasioni importanti, nella quali è possibile realizzare fra tutti un bozzetto di società nuova. In precedenza, chi aveva provveduto a fare copie della Parola di vita per distribuirle agli altri insieme agli inviti, chi si era reso disponibile per i pasti comuni. Sono arrivate per lo più famiglie con un gran desiderio di approfondire la vita del Vangelo, una vita che ha come Maestro Gesù presente fra noi. (Una coppia di Parigi – Benin)

In treno

In piedi nel treno affollato, ad un tratto m’accorgo che un anziano davanti a me si sente male, sorretto da colei che dev’essere la moglie. Mi avvicino per tastargli il polso: è aritmico. Chiedo ai viaggiatori intorno di allontanarsi per dargli aria, gli sbottono il collo della camicia e lo faccio distendere. C’è agitazione nei passeggeri, interessati allo stato di salute dell’anziano. Arriva anche il capotreno, che invito a chiamare un’autoambulanza, e presentandomi come medico, tranquillizzo sia il signore che sua moglie: «Era solo uno svenimento, un collasso». Alla prima fermata, con l’autoambulanza già fuori stazione, il signore ha riacquistato il suo colorito. Rassicuro l’infermiere e il medico sopraggiunti nel frattempo, li accompagno poi, con l’anziano disteso sulla barella, fino all’autoambulanza, tra il ringraziamento “corale” di viaggiatori e capotreno. Ripreso il viaggio, costato con gioia quanta partecipazione umana abbia innescato il mio semplice intervento in tanti sconosciuti, diventati – anche se per breve tempo – “prossimi” di quell’uomo. (C.F. – Italia)

La conferenza

Attraversavo un brutto periodo sia per il lavoro sia in famiglia. Mi sentivo demotivato e senza forze. Per accontentare mia moglie l’ho accompagnata ad una conferenza che non rientrava affatto nei miei interessi. Ma ascoltando il relatore che parlava di un teologo russo, mi ha colpito la sua affermazione che tutto ciò che è mosso dall’amore per qualcuno è creativo. Ho riflettuto così sulla mia vita, sul lavoro in banca diventato ripetitivo, sui rapporti con colleghi malati di arrivismo e sospetto. Cosa significava per me essere creativo in un ambiente del genere? Il giorno dopo, nel modo di trattare i clienti, ho cercato di mettere una parola, una cortesia, un sorriso in più; e quanto ai colleghi, di interessarmi a loro, chiedendo notizie dei figli, di un parente che sapevo malato… e dove tutto mi sembrava grigio, è tornato lentamente il sole. Naturalmente ho voluto saperne di più anche di quel teologo, Solov’ëv, che, come un fratello maggiore, mi aveva “svegliato”, aiutandomi ad andare verso gli altri con la creatività dell’amore. (Z.W. – Polonia)

A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno X– n.1° gennaio-febbraio 2024)

Dio per le strade del mondo

Don Adolfo Raggio, 95 anni, è un sacerdote “cittadino del mondo”. All’incontro con la spiritualità dell’unità,  con “l’Ideale”, come gli piace dire, la sua vita è cambiata e da una parrocchia in un piccolo paese della Liguria, nel nord Italia, le strade di Dio l’hanno portato in diverse nazioni generando in ognuna persone e comunità che vivono lo spirito dei Focolari. In questo video ci racconta il suo percorso che ancora oggi lo vede attivo nel servizio ai fratelli.

Intervista: Carlos Mana
Voce: Giuseppe Vetri
Riprese e montaggio: Javier García

Un’avventura lunga 80 anni

Il 7 dicembre 1943 a Trento (Italia) Chiara Lubich pronunciava il suo si a Dio. Un sì che, nel tempo, si moltiplica generando una numerosa famiglia, quella del Movimento dei Focolari,  formata da persone di diversi continenti, età, culture, vocazioni.

Non fu un voto, fu un “volo”. Un volo ardito come quello di Charles Lindbergh quando, per la prima volta, sorvolò l’Atlantico senza scalo. “Hai trovato la tua vocazione?”, le aveva chiesto il sacerdote vedendola tornare radiosa dal santuario di Loreto che custodisce la casa di Nazareth. “Sì”, le rispose con semplicità. “Ti sposi?”. “No”. “Vai in convento?”. “No”. “Rimani vergine nel mondo?”. “No”. Il sacerdote smarrito non aveva altre alternative da proporre. Allora? Era una quarta strada, quella che Chiara Lubich intravedeva davanti a sé. Quale? Non lo sapeva bene neppure lei, era una via nuova, che bisognava percorrere, con audacia e con coraggio.

Passano pochi anni. Sente dentro di sé una voce che le chiede: “Datti tutta a me”. Come? Dove? Non ha importanza, bisogna solo rispondere a quella voce. Il solo pensiero di darsi tutta a Dio la riempie di gioia. “Se vai per questa via non avrai una tua famiglia, insinua il sacerdote, non avrai dei figli, resterai sola nella vita…”. Sola? Finché ci sarà un tabernacolo sulla terra – si dice tra sé Chiara – non sarò mai sola. Gesù non ha promesso cento madri, cento fratelli e sorelle, cento figli a chi tutto abbandona per seguirlo? Ma in quel momento Chiara non pensa né a quello che avrebbe lasciato né a quello che avrebbe ricevuto in cambio. Sa soltanto che vuole sposare Dio. Nientemeno!

Il sacerdote si rende conto che, benché quella ragazza abbia soltanto 23 anni, avrebbe potuto spiccare un volo così ardito: è davvero decisa, sa quello che vuole. Le dà appuntamento nella cappella del collegetto. Però, le raccomanda, “passerai la notte in preghiera”, quasi una veglia d’armi, così come allora si usava. Nella sua stanzetta Chiara prende il crocifisso di famiglia, lo bacia e inizia a parlargli. Poco dopo il suo respiro si condensa sull’immagine di Gesù e lei si addormenta…

Al mattino presto veste l’abito più bello. I poveri – anche Chiara lo era – hanno sempre un vestito per la festa. Fuori la bufera, quasi qualcuno voglia trattenerla da un passo così temerario. Ella va incontro al vento e alla pioggia, decisa. Nella chiesetta è di nuovo avvolta dal silenzio. La messa, la comunione, il suo sì intero, totale, per sempre. Una lacrima, perché consapevole che un ponte crolla alle sue spalle, non sarebbe più potuta tornare indietro. Ma davanti c’è tutta la vita. Ha sposato Dio e può attendersi tutto da lui. Era il 7 dicembre 1943.

Sono passati 80 anni. Chiara Lubich non è rimasta sola. Lo Sposo l’ha fatta viaggiare con sé, spalancandole il Paradiso e rendendola partecipe delle sue bellezze, come lei stessa esclamerà più tardi: «Sposo mio dolcissimo, troppo bello è il Cielo e Tu come un divino Amante, dopo Mistiche Nozze …, mi mostri i tuoi possessi che sono miei! (…) Mio Dio, ma perché? Perché a me tanto? Perché tanta Luce e tanto Amore?». Chiara non è rimasta sola. Attorno a lei è nata una famiglia numerosa, fatta di uomini e donne di tutti i continenti, di tutte le vocazioni, di molte culture e religioni. Un sì fecondo il suo, perché Dio non si lascia mai vincere in generosità.

Dopo 80 anni quel “sì” si è moltiplicato e risuona ancora oggi, in mille modi. Infuriano le tempeste, il futuro appare incerto, il “volo” può somigliare a un salto nel buio, la paura paralizza… Eppure quella voce continua a farsi sentire in tanti, ora appena tenue ora forte: “Datti tutta a me, datti tutto a me…”. Come? Ognuno lo scopre lentamente, ma ogni chiamata richiede subito un sì generoso. Può essere un sì titubante e timido o deciso, un sì piccolo piccolo o grande grande… Basta che sia un sì, sincero, autentico…  Così Dio continua a farsi presente nel mondo e a costruire la sua storia che sboccerà nel Regno dei cieli.

Padre Fabio Ciardi, OMI