Movimento dei Focolari

Vangelo vissuto: la scelta della gentilezza

Alla scuola di Gesù, possiamo imparare ad essere l’uno per l’altro testimoni e strumenti dell’amore tenero e creativo del Padre. È la nascita di un mondo nuovo, che risana la convivenza umana dalla radice e attira la presenza di Dio tra gli uomini, sorgente inesauribile di consolazione per asciugare ogni lacrima. Un’idea insolita Mio marito ed io viaggiavamo sull’autostrada, quando ho notato una coppia nella macchina dietro di noi. L’uomo al volante sembrava molto agitato e con la sua guida poteva rappresentare un pericolo. Arrivati al casello, ho avuto un’idea: perché non pagare il pedaggio anche a loro? Così, mentre mio marito pagava il nostro, ho dato all’impiegato l’ammontare per i viaggiatori dietro di noi, con il seguente messaggio: “Buona giornata e buone vacanze dalla coppia nella macchina del Massachusetts”. E a mio marito che non capiva ho spiegato che forse questo piccolo gesto avrebbe ricordato a quell’uomo che qualcuno gli voleva bene: chissà che non potesse portare una nota diversa nel suo viaggio! Guardando poi indietro, ho visto che l’impiegato del casello parlava con quella coppia, indicando verso la nostra direzione. Dopo un po’, ripreso il percorso, un’auto si è avvicinata alla nostra: erano loro. L’uomo sorrideva, mentre lei mostrava un pezzo di carta dove era scritto a caratteri cubitali: “Ha funzionato la vostra gentilezza! Grazie, Massachusetts!”. (D.A. – Usa) Pace in famiglia Da anni il rapporto con nostra figlia e nostro genero ci faceva soffrire. Lui era geloso di noi fino al punto che Grazia non poteva più venire a trovarci. A mia volta, non riuscivo a perdonarle tanta passività. Poi, una telefonata con mio genero: un’ora e mezzo di accuse reciproche. Quella notte non sono riuscita a dormire. Ho deciso allora di scrivere a tutti e due una lettera in cui chiedevo loro scusa e assicuravo che avevano sempre un posto nel nostro cuore. Non mi aspettavo niente da quella lettera, invece lui mi ha telefonato commosso, annunciando l’arrivo di Grazia l’indomani. Non molto tempo dopo una telefonata dei genitori di nostro genero, che non sentivamo da anni, ci ha confermato che la situazione era completamente cambiata: ci invitavano, infatti, a trascorrere qualche giorno da loro. Mai tanto affetto ci è stato dimostrato e abbiamo trascorso giornate serene, che non dimenticheremo facilmente. Ritornando a casa, mio marito ed io abbiamo ringraziato Dio perché con una semplice lettera ci aveva fatto l’immenso dono della pace in famiglia. (D.R. – Italia) La somma A mia moglie e a me sembrava giunto il momento dell’acquisto della casa. Fatti i nostri conti, impegnati tutti i nostri risparmi e l’anticipo sulla liquidazione, ancora ci mancava una somma per poter fare un mutuo decennale. Proprio in questi giorni, al lavoro, abbiamo fatto un grosso acquisto. Il fornitore mi ha preso poi in disparte e mi ha informato che quando volevo passare da lui avrei trovato “il mio”. Capivo cosa intendesse per “il mio”: era una certa somma che avrei potuto intascare. In altre parole si trattava di una forma, se non proprio di corruzione, sicuramente di malcostume, molto frequente nelle compravendite. Da una parte quella somma ci avrebbe fatto comodo e la tentazione di accettarla non è stata insignificante. Però la libertà di essere “puro di cuore”, come dice il Vangelo che voglio vivere, non ha prezzo. La certezza che Dio provvederà, come ha abbondantemente provveduto finora, ci ha fatto rifiutare l’offerta e, in aggiunta, dato la spinta a donare la nostra seconda auto a una persona che sicuramente ne ha più bisogno di noi. (D.A. – Italia)

a cura di Stefania Tanesini

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.6, novembre-dicembre 2020) (altro…)

Vangelo vissuto: essere strumenti di consolazione

Gesù non è indifferente alle nostre tribolazioni e impegna se stesso nel guarire il nostro cuore dalla durezza dell’egoismo, nel riempire la nostra solitudine, nel dare forza alla nostra azione. Un matrimonio salvato Una nostra figlia stava attraversando un momento estremamente delicato della sua vita di coppia. L’ultima volta in cui ho parlato con lei per telefono, mi confidava che ormai aveva perso ogni speranza di salvare il matrimonio; come unica cosa da fare, diceva piangendo, rimaneva il divorzio. Sempre aveva colpito me e mio marito la promessa fatta ai discepoli da Gesù: “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà”. Con questa fiducia, promisi a nostra figlia che insieme agli altri suoi cinque fratelli avremmo pregato per ottenere la riconciliazione. Non molto tempo dopo lei mi telefonò risollevata e quasi incredula: dopo lunga riflessione, suo marito aveva accettato di fare un colloquio con chi avrebbe potuto aiutarli a risolvere i loro problemi. Difatti si riappacificarono. Non solo: passato qualche anno, nostro genero le manifestò il desiderio di entrare a far parte della Chiesa cattolica. Per questo le chiedeva di accompagnarlo da un sacerdote per iniziare la preparazione necessaria. (G. B. – Usa) Un nuovo inizio Non vedevo l’ora di cominciare a insegnare in un liceo della Chiesa d’Inghilterra a West London. Ma il mio entusiasmo è svanito presto: non accolto dagli studenti come avrei desiderato e in costante conflitto con loro, ho cominciato a usare i miei poteri. Ma confidandomi con amici, ho capito che un’altra era la tattica da seguire, anche se mi sentivo dalla parte giusta. Gesù non avrebbe fatto così. Il giorno dopo, in classe, mi sono scusato dicendo che avevo probabilmente fatto un sacco di errori che un insegnante più esperto avrebbe evitato. In un grande silenzio e ascolto da parte degli alunni, ho detto che avrei provato a vederli tutti con occhi nuovi e speravo che facessero altrettanto con me. Uno dei principali piantagrane ha pubblicamente accettato le mie scuse, scusandomi a sua volta per il comportamento proprio e del resto della classe. Vari studenti annuivano a queste parole. Ho visto alcuni di loro sorridere. Era accaduto qualcosa di imprevedibile: un insegnante si era scusato di fronte a tutta la classe. È stato un nuovo inizio per tutti. (G.P. – Inghilterra) Il ragazzo dell’incrocio Ogni mattina, prima di recarmi al mio posto di lavoro come vigile urbano, sono solito andare a Messa e chiedere a Gesù l’aiuto per amare chiunque incontrerò durante la giornata. Un giorno, ad un incrocio con molto traffico, vedo sfrecciare un ragazzo in moto. Dopo poco lui torna, sempre ad altissima velocità, e questo si ripete numerose volte. Gli intima inutilmente di fermarsi, sperando in cuor mio che non provochi guai. Finalmente si ferma, solo per dirmi: “Ho molte difficoltà, voglio farla finita con la vita”. Lo ascolto a lungo, pur continuando il mio lavoro. Gli offro la mia disponibilità ad aiutarlo e non gli faccio la multa. Lo vedo andar via più sereno. Passano alcuni anni. Mentre sono di servizio in un altro posto, mi si avvicina un giovanottone sorridente che mi abbraccia commosso. Io gli dico: “Guarda, devi aver sbagliato vigile”. E lui: “No, sono il ragazzo dell’incrocio; ora sono felicemente sposato e contento della vita. Sono venuto fin qui dalla città dove abito ora, perché la volevo ringraziare”. In cuor mio posso solo ringraziare Dio. (S.A. – Italia)

a cura di Stefania Tanesini

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.6, novembre-dicembre 2020)   (altro…)

Vangelo vissuto: compagni di viaggio

Come Gesù anche noi possiamo avvicinare il nostro prossimo senza paura, metterci al suo fianco per camminare insieme nei momenti difficili e gioiosi, valorizzare le sue qualità, condividere beni materiali e spirituali, incoraggiare, dare speranza, perdonare. L’arte di insegnare Durante la pandemia anch’io, come gli altri colleghi, ho svolto le mie lezioni attraverso i media digitali. All’inizio c’era la novità e quindi una certa partecipazione da parte dei ragazzi, ma col tempo alcuni furbetti hanno trovato il modo di fare altro, disinteressandosi lentamente delle lezioni. In questa varietà di risposte al mio impegno per loro, ho cercato di non mostrare preferenze o approvazioni, ma di mettere sempre l’accento sulla responsabilità personale che in quel tempo di crisi risultava certamente più difficile. Il vero dilemma però è stato al momento di dare un giudizio, anche perché vedevo chiaramente come i compiti scritti che mi mandavano mancassero di originalità, per non dire che erano copiati. Un giorno ho chiesto agli alunni stessi come e cosa avrebbero fatto al mio posto. È stata l’occasione per una sincera disamina della propria partecipazione o non partecipazione. E – ciò mi ha commosso – sono stati loro stessi a darsi il giudizio. Forse una lezione di vita così non l’avevo mai vissuta. (G.P. – Slovenia) Superare la crisi insieme Non siamo riusciti ad avere figli e questa “sconfitta” ha fatto sì che entrambi puntassimo tutto sulla carriera. Dopo 24 anni, il nostro matrimonio era in crisi. Lui sembrava sfuggirmi. Avendo capito che stavamo passando da un amore di giovani a uno di adulti, ho deciso che spettava a ma fare il primo passo e ho chiesto a mio marito di accompagnarmi da una specialista. Una volta a casa, lui, visibilmente turbato, ha confessato che non immaginava che soffrissi così tanto e mi ha chiesto scusa. Ho chiesto aiuto a Dio, ho pregato. Mi è sembrato bene lasciare quel lavoro che mi portava a primeggiare e ho cercato di essere più presente in casa, più affettuosa e comprensiva. C’è voluta tanta dolcezza e pazienza, ma ora il nostro rapporto è maturato, non più legato ad espressioni che da giovani ci sembravano essenziali. Oggi mi sento dire frasi impensabili alcuni anni fa, come: “Non potrei vivere senza di te”. Siamo come due compagni di viaggio consapevolmente tesi a realizzare il disegno di Dio su noi due uniti. (S.T – Italia) Un nipote adolescente Durante il periodo in cui le scuole erano chiuse a causa della pandemia, mio nipote adolescente è diventato più aggressivo che mai. Abitiamo nella stessa casa e posso dire che, come nonna, l’ho cresciuto, sostituendo spesso i genitori; l’ho anche accompagnato nei momenti difficili con i compagni di scuola e gli insegnanti. Un giorno la sua reazione a un cibo che non gli era piaciuto è diventata perfino offensiva. I primi pensieri che ho avuto sono stati di duro giudizio, ma subito dopo l’istinto ad amare per prima mi ha fatto andare in cucina a preparare velocemente un dolce che a lui piace. Quando ha avvertito l’odore emanato dal forno, è venuto da me, mi ha abbracciata e mi ha chiesto perdono. Non gli ho detto nulla, come se niente fosse accaduto. Allora lui ha cominciato ad aprirsi ed è nato un dialogo come da tempo non capitava. Quando sono tornati i genitori, con mia sorpresa, ha detto che, rispetto ai compagni di scuola, si sentiva un privilegiato ad avere la nonna nella stessa casa. (P.B. – Slovacchia) Niente più lamentele Spesso, invece di essere grati a Dio per ciò che abbiamo e condividerlo con chi non ha, ci lamentiamo del cibo che non ci piace, della ristrettezza delle nostre case, della mancanza di certi vestiti e via dicendo. Ci dimentichiamo che Gesù ritiene fatta a sé qualsiasi cosa facciamo a favore di un nostro fratello. A far cambiare atteggiamento a me e ad altri amici, dandoci una forte spinta a guardare ai bisogni degli altri, è stato l’uragano Maria che ha causato vittime e distruzioni nel nostro Paese. Fra i tantissimi rimasti senza un tetto c’era anche la famiglia di un mio compagno di classe: genitori e sei figli che vivevano in un seminterrato, rimasti privi di tutto. Assieme agli altri compagni ho fatto un elenco delle cose di cui avevano bisogno e abbiamo organizzato una raccolta col valido aiuto anche dei chierichetti della mia parrocchia. Quando siamo andati a consegnare la “provvidenza” raccolta, era toccante vedere con quale gioia e commozione il nostro compagno e i suoi hanno accolto tutto. (Némesis – Puerto Rico)

a cura di Stefania Tanesini

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.5, settembre-ottobre 2020) _______ 1 C. Lubich, Parola di Vita ottobre 1995, in Parole di Vita, a cura di F. Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, pp. 564-565. (altro…)

Vangelo vissuto: umiltà

Come scrive Chiara Lubich: “Essere umili non vuol dire soltanto non essere ambiziosi, ma essere consapevoli del proprio nulla, sentirsi piccoli davanti a Dio e mettersi quindi nelle sue mani, come un bambino”. Una scuola di vita Durante la pandemia anch’io sono stato costretto all’isolamento in casa. Anche se il rapporto con alcuni miei assistiti è continuato via Internet, il vero lavoro è stato su me stesso. Non potevo più esimermi dall’aiutare i figli a fare i compiti, a indovinare come riempire il loro tempo, a provvedere ai genitori anziani, ad aiutare mia moglie in cucina, a inventare menù nuovi… Avevo sottovalutato il valore che possono avere i piccoli gesti quotidiani per la conoscenza di sé ed ecco, ora, l’occasione per scoprire dimensioni fondamentali nell’esistenza. Ma forse la scoperta più importante di questo periodo è stata la preghiera, il rapporto a tu per tu con Dio. L’avevo trascurato, messo da parte insieme ad altre cose, impegnato com’ero nelle mie ricerche e nei miei lavori. Nel gestire un tempo senza margini, ho riflettuto sulla vita, sulla morte, sulla speranza… Non so come sia stato per gli altri, ma per me questo forzato esilio è diventato una vera scuola, più efficace di tanti libri e corsi di specializzazione. (M.V. – Svizzera) Invecchiare insieme Dopo decenni di vita matrimoniale nell’amore, mi sono reso conto di essere diventato insofferente verso mia moglie. Lei non è d’accordo in tante cose che io faccio e mi ripete sempre la stessa lezione. Un giorno, dopo averla sentita una prima e una seconda volta, ho risposto con rabbia che sapevo quello che dovevo fare: me l’aveva già detto. Naturalmente lei è rimasta male, ma anch’io. Le ho chiesto perdono, ma dentro di me è rimasto il grande dolore di non aver rispettato, accettato il suo invecchiamento. Se questo succede con lei, ho riflettuto, chissà quante cose faccio io che fanno male a mia moglie. Raccontavamo questo fatto a una nipote, venuta a trovarci con il suo compagno, quando lei, senza motivo apparente, ha cominciato a piangere mentre lui le prendeva la mano, accarezzandola. Dopo un po’ di silenzio ci hanno confidato che avevano deciso di non restare insieme per le diversità di carattere riscontrate tra loro. Ascoltando però il nostro racconto, erano stati commossi dalla bellezza di invecchiare insieme e provare a ricostruire sempre l’amore. (P.T. – Ungheria) Ascoltare, capire Se ripenso ai 25 anni trascorsi a prendermi cura della salute dei miei pazienti, mi pare di non aver fatto altro che ascoltarli. Ricordo sempre, nei miei primi giorni come medico di famiglia, quella donna che aveva girato non so quanti ospedali dalla Svizzera all’Italia. Mi stava descrivendo un particolare della sua storia personale che poteva essere la chiave dei disturbi di cui soffriva da oltre 15 anni. Alla mia domanda: “Ma lei, signora, ha mai parlato ai medici di questo?”, ha risposto: “Dottore, è la prima volta che mi viene in mente. Adesso lei mi ascolta ed io me ne sono ricordata”. Mi è servita tanto questa esperienza di visita, più di un aggiornamento professionale. Sì, perché ascoltare, specie oggi che si fa tutto in fretta, dovrebbe corrispondere sempre a “capire”. Tutti questi anni sono stati per me una scuola a questo riguardo… e non ho certo finito di imparare! Ascoltare non è che un’espressione dell’amore di cui Cristo ci ha dato l’esempio: farsi vuoto per poter accogliere in sé l’altro. (Ugo – Italia) Centellinare Quando, dopo gli ultimi esami, dal medico mi è stato annunciato che il cancro si era riaffacciato, il primo pensiero è stato per la famiglia, per i nostri figli e nipotini. Mio marito ed io ne abbiamo parlato serenamente e abbiamo deciso di vivere il periodo che mi rimane come il tempo più bello per consegnare loro l’eredità di un amore fedele fino alla fine. Sono iniziate giornate che, pur pesanti per i dolori, hanno un colore e un calore nuovi. Non soltanto è aumentato l’amore fra tutti, ma direi che stiamo imparando a vivere il tempo “centellinandolo”. Ogni gesto è unico perché potrebbe essere l’ultimo, e così pure ogni telefonata, ogni parola detta. L’attenzione all’altro, al tono della voce, a creare armonia tra noi… tutto ha preso valore. Mio marito si sorprende di quanta gioia siano pieni questi nostri giorni e mi ripete spesso: “È l’unico bene che possiamo lasciare ai nostri figli!”. Nei momenti dedicati alla preghiera sentiamo il cielo aprirsi, perché è diventata soltanto un atto di ringraziamento. (G.C. – Italia)

a cura di Stefania Tanesini

 (tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.5, settembre-ottobre 2020) (altro…)

Vangelo vissuto: l’amore è la parola più eloquente

Gesù annuncia liberamente il suo messaggio a uomini e donne, di diversi popoli e culture, accorsi per ascoltarlo; è un messaggio universale, rivolto a tutti e che tutti possono accogliere per realizzarsi come persone, create da Dio Amore a sua immagine. Una tragedia condivisa Diversi anni fa, con le nostre quattro figlie, ci siamo trasferiti dal Libano in guerra in Tasmania, dove abbiamo faticato a integrarci in un mondo tanto diverso dal nostro: la gente di qui, infatti, è molto riservata e la famiglia “nucleare” contrasta con quella “allargata” del nostro Paese. Nei primi tempi dopo il nostro arrivo, un collega di mio marito ha perso il suo bimbo di due anni in un incendio; da allora, con la moglie, rifiutava di ricevere visite e incontrare gente, rimanendo quasi segregato in casa. Non capivamo questo loro atteggiamento, perché da noi le tragedie vengono condivise, e ci chiedevamo come amarli, prendendo anche su di noi quel dolore. Così, per alcune settimane, ho cucinato per loro ogni giorno, lasciando il cibo fuori della porta con un bigliettino, senza disturbare. Finalmente quella porta si è aperta e da allora tra noi e loro è nato un rapporto di amicizia. Col tempo ci siamo fatti altri amici che ci arricchiscono con la loro cultura. E a casa nostra ormai c’è sempre qualcuno che viene a trovarci, un po’ come in Libano. (Carole – Australia) Inculturazione Per entrare nella pelle dell’altro è importante parlare la sua lingua. Ma non necessariamente. Lo vedo con tante persone che ho curato (sono medico) e con le quali è rimasto un rapporto, è passato un messaggio. Una volta, in Camerun, ho chiesto consiglio a un anziano del posto per immedesimarmi nella sua gente. E lui: “Se tu ami col cuore veramente, gli altri capiscono. Basta amare”. Mi riportava all’essenziale del Vangelo ed era la conferma che condividere sofferenze e gioie degli altri viene prima di tutto. Se poi riesco ad approfondire anche la lingua e i costumi locali, tanto meglio… In ogni luogo, l’amore è la parola più eloquente per esprimere la paternità di Dio. (Ciro – Italia) L’appoggio per non mollare Dopo il divorzio avevo continuato a incontrarmi con i figli. Ma col tempo, da parte della mia ex moglie, aumentavano i ricatti, le pretese, le accuse… Temevo che avesse dei consiglieri che non l’aiutavano veramente. La prova più dolorosa fu quando anche i figli, soprattutto la maggiore, cominciarono ad accusare me di aver rovinato la loro vita. Non sapevo più cosa fare. Ogni nostro incontro era diventato un inferno. Un grande aiuto mi venne da un sacerdote amico, che mi suggerì di amare a fondo perduto, senza aspettarmi niente. Sulla sua parola volli tentare, per alcuni mesi. Quando mia suocera si ammalò e fu costretta a letto, mi premurai non solo di andare a trovarla spesso, ma di alleggerire in tutti i modi il suo nuovo stato. Un giorno, stavo appunto facendole compagnia e arrivò mia figlia. Trovò la nonna serena e divertita mentre sistemavamo dei vecchi album di foto. Qualcosa dovette cambiare in lei perché la sera stessa mi telefonò per chiedermi perdono. È dura la scalata, ma ogni volta che provo ad amare trovo l’appoggio per non mollare. (V.J. – Svizzera) Coloured Mio marito Baldwyn ed io siamo coloured, razza meticcia che spesso soffre di una gravissima emarginazione. Mia madre era africana, mio padre indiano. Rimasta orfana di lui dopo la nascita, con mia madre ero andata a vivere presso i suoi parenti neri, dove ero stata educata nelle loro tradizioni. Ma col passare degli anni mi ero resa conto di essere diversa e soffrivo nel sentirmi derisa. Quando Baldwyn ed io abbiamo deciso di sposarci, scoprire che non ero registrata da nessuna parte e che quindi io per lo Stato non esistevo è stato un colpo per me: di nuovo mi sentivo rifiutata! In quel periodo così difficile le circostanze ci hanno portati a conoscere diverse famiglie cristiane, bianche e nere: appartenevano al Movimento Famiglie Nuove e non facevano differenze di razza. In quell’ambiente per la prima volta mi sono sentita a mio agio, accolta per quella che ero. L’attenzione di quelle persone nei miei riguardi mi ha fatto scoprire che Dio mi amava. Sono riuscita ad accettare me stessa con le mie differenze e pure gli altri. Sono diventata libera. (Gloria – Sud Africa)

a cura di Stefania Tanesini

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.5, settembre-ottobre 2020) (altro…)

Vangelo vissuto: date e vi sarà dato

Gesù rivela la novità del Vangelo: il Padre ama ogni suo figlio personalmente di amore “traboccante” e gli dona la capacità di allargare il cuore ai fratelli. Sono parole pressanti ed esigenti: dare del nostro; beni materiali, ma anche accoglienza, misericordia, perdono, con larghezza, ad imitazione di Dio. Latte in polvere In una città satellite vicino a Brasilia, c’è un quartiere molto povero dove da anni portiamo non solo aiuti materiali, promozione umana, ma proviamo anche a diffondere la buona notizia di Gesù. Stupisce sempre vedere come queste persone scoprono l’amore di Dio e cominciano ad aiutarsi fra loro, dividendo quel poco che hanno con chi ha di meno. Offrono persino la propria baracca. Fedele al “date e vi sarà dato”, una signora alla quale avevamo consegnato del latte in polvere per i suoi bambini ci raccontava di averlo condiviso con la sua vicina che non aveva niente da dare ai suoi figli. Lo stesso giorno, con sua sorpresa e gioia, ha ricevuto altro latte in polvere. (H.I. – Brasile) La ferita In certe feste do ai miei quattro figli una quota per comperare dei regali ai bambini poveri. Quest’anno il figlio minore mi ha chiesto altri soldi: aveva saputo che il padre era disoccupato e non poteva fare regali ai figli avuti da un’altra donna. Per me è stata una doccia fredda. Mio marito ci aveva abbandonati da anni e dentro la ferita era rimasta. Quella notte ho pianto tanto, mi sentivo tradita anche dai miei ragazzi. Ma forse ero io che sbagliavo e il più piccolo mi stava dando una lezione. La mattina seguente gli ho aumentato la quota. Tempo dopo i miei figli mi hanno chiesto di aiutare il padre a trovare un lavoro. Era il colmo. Proprio loro che non avevano mai ricevuto un regalo da lui ora chiedevano questo a me! Nonostante i ricordi dolorosi, capivo che dovevo mettere in pratica il comando di Gesù di amare i nemici. Mi è costato ma ce l’ho fatta. Indescrivibile la gioia che ho visto nei ragazzi. Ho ringraziato Dio per la loro generosità ma anche perché mi avevano dato occasione di togliere dal cuore un risentimento che mi torturava da anni. (C.C. – Colombia) Licenziamento Quando, mesi fa, l’importante compagnia di computer presso cui lavoro ha annunciato il licenziamento del 40 per cento dei dipendenti, ho provato un vero choc. Grazie a quel lavoro, in famiglia non ci mancava niente, neanche il superfluo. Come avremmo pagato le rate della casa? Come fare per l’assicurazione malattie? E così via… Con Jennifer e le figlie ci siamo sentiti più responsabili riguardo alla nostra economia. Pronti a vendere gli oggetti di maggior valore e ad altri possibili sacrifici, abbiamo ipotizzato di lavorare in proprio, considerando le capacità personali… Soprattutto ci siamo affidati a Dio Padre, continuando a sperare. Il giorno dei licenziamenti, 6500 miei colleghi hanno perso il lavoro. Avrei voluto scomparire per non vedere; ma poi sono rimasto per condividere quel momento con chi partiva. Non so come andrà a finire per me, ma una cosa è certa: questa prova ci ha uniti di più in famiglia, ha creato un vincolo profondo con altre coppie e ci ha fatto aprire gli occhi sui problemi altrui. Sperimentiamo adesso cosa conti veramente nella vita. (Roger – Usa) Ho perdonato l’uccisore di mio figlio Da quando mio figlio era stato ucciso durante una rapina, nulla aveva più senso nella mia vita. In cerca disperata di aiuto, ho partecipato a un incontro sul Vangelo. Lì ho ascoltato commentare la frase di Gesù:“Amate i vostri nemici”. Parole, per me, come macigni. Come potevo, io, perdonare chi aveva ucciso mio figlio? Ma intanto un seme era entrato in me. Frequentando quel gruppo, avvertivo sempre più pressante la spinta al perdono. Volevo ritrovare la pace del cuore. E di pace ancora parlava il Vangelo: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Nella tragedia della mia famiglia, finalmente ha prevalso la decisione di perdonare. Ora posso dirmi davvero “figlia di Dio”. Di recente sono stata chiamata a un confronto con l’uccisore di mio figlio che era stato catturato. Lo conoscevo. È stato dura, ma è intervenuta la grazia. Non provavo odio, né rancore nei suoi confronti. Nel mio cuore di madre c’erano solo una grande pietà e l’intenzione di affidarlo alla misericordia di Dio. (M.A. – Venezuela)

a cura di Stefania Tanesini

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.5, settembre-ottobre 2020) (altro…)