Siamo nell’VIII secolo a.C. Il popolo d’Israele sta attraversando un momento critico. Dio, chiamato JHWH nella tradizione ebraica, cerca un profeta che parli in suo nome a tutto il popolo, che gli annunci la venuta liberatrice dell’Emmanuele, il Dio tra noi. Egli appare allora, nella sua maestà, a Isaia che sta pregando nel tempio.
Davanti alla grandezza di Dio, il profeta avverte la propria nullità e il suo essere peccatore: “Sono un uomo dalle labbra impure!” grida. Ma un angelo, con un carbone ardente preso dal fuoco che sta sull’altare, gli purifica le labbra. Alla domanda che Dio gli rivolge: “Chi manderò? Chi andrà al posto mio?”, Isaia, perché interamente rinnovato dall’iniziativa celeste, può ora rispondere con prontezza: “Eccomi, manda me!”
E’ presuntuoso il profeta nel suo offrirsi a Dio? No, perché l’iniziativa non è sua, ma di Dio. Isaia risponde ad una chiamata:
«Eccomi, manda me!»
Come ha chiamato il profeta, così, lungo la storia della salvezza, Dio continua a chiamare uomini e donne per affidare loro una missione particolare. Su ciascuno Egli posa uno sguardo d’amore: nessuno è insignificante ai suoi occhi. A volte possiamo avere l’impressione che la nostra vita sia inutile o senza senso. Essa è pienamente riscattata dalla chiamata di Dio, che si rivolge proprio a me, a te: ci invita a prendere parte al progetto d’amore che ha sull’umanità e sul creato.
Si rivolge a me, a te come si è rivolto a Isaia, a Maria, a Pietro, e ogni volta ci domanda: “Chi manderò?” Lui, che è Dio, ci dà fiducia e ci invita ad essere suoi collaboratori. Con il nostro “sì”, che ripete il “sì” di Isaia, di Maria e di una moltitudine di cristiani che ci hanno preceduto, possiamo metterci a sua disposizione.
Dicendo di sì ad ogni suo desiderio – a quello che mi fa capire giorno per giorno -, ogni mia azione, anche la più piccola, anche quella che può sembrare insignificante, acquista valore, diventa importante, contribuisce all’avvento del Regno di Dio, alla fratellanza universale.
Anche per noi nessuna presunzione nel rispondere di “sì”. L’iniziativa è sempre sua. E’ suo il primato d’amore. La nostra è soltanto una risposta d’amore ad un amore che ci ha preceduto. Sì, grazie alla sua chiamata, sono pronto ad esaudire ogni suo volere, a lavorare per Lui e a ripetergli:
«Eccomi, manda me!»
Non ci sentiamo all’altezza della missione che Egli ci affida? Ci sembra di non avere le capacità e le forze per portarla a compimento?
Se Isaia si fosse fermato a considerare la propria indegnità o i propri limiti avrebbe continuato a ripetere: “Sono un uomo dalle labbra impure”. A Maria sembrava impossibile diventare Madre di Dio, tanto era straordinario l’annuncio che le veniva rivolto. Per l’apostolo Pietro, quando si sentì chiamato da Gesù, fu spontaneo rispondere: “Allontanati da me che sono un peccatore”.
Con la sua chiamata, Dio ci dà anche la capacità di attuare la missione che ci affida: “Nulla è impossibile a Dio”. A Isaia sono purificate le labbra perché possa parlare a nome di Dio. Maria è colmata dalla presenza dello Spirito Santo e dalla potenza dell’Altissimo. Pietro è sostenuto, nella sua missione di essere “roccia”, dalla preghiera stessa di Gesù.
Ad ogni nostro “sì” seguiranno tutte le grazie per compiere qualsiasi compito ci è richiesto dalla volontà di Dio.
«Eccomi, manda me!»
E’ stato così anche per noi nella nostra piccola storia quando, nel 1943, all’inizio della nostra esperienza, avevamo compreso che Dio ci amava immensamente e ci sentimmo spinte a comunicare a tutti questa grande notizia: “Dio ti ama immensamente, Dio ci ama immensamente.”
Alcuni mesi dopo era la festa di Cristo Re: siamo rimaste affascinate dalle parole della liturgia di quel giorno: “Chiedi a me e ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra”. E’ l’appello all’unità e alla fratellanza universale.
Inginocchiate attorno all’altare, spinte forse dallo Spirito Santo, abbiamo detto a Gesù: “Tu sai come si possa realizzare l’unità. Eccoci qui. Se vuoi, usa di noi.” Era il nostro: “Eccomi, manda me!” Eravamo allora un piccolo gruppo, sette, otto ragazze, ma avevamo già dato la nostra risposta a Gesù.
Da quel tempo, in 60 anni, questo spirito, con la vita di migliaia di persone del Movimento, è giunto in 182 nazioni.
Un’esperienza che conferma la possibilità di quali cose grandi può fare Lui, se trova persone pronte a rispondere al suo invito.
Chiara Lubich
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