Quante volte nella vita senti il bisogno che qualcuno ti dia una mano e nello stesso tempo avverti che nessun uomo può risolvere la tua situazione! E’ allora che ti rivolgi inavvertitamente a Qualcuno che sa rendere le cose impossibili possibili. Questo Qualcuno ha un nome: è Gesù.
Ascolta quanto ti dice:
“In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile”
E’ ovvio che l’espressione “spostare le montagne” non vada presa alla lettera. Gesù non ha promesso ai discepoli un potere di fare miracoli spettacolari per stupire la folla. E difatti, se vai a cercare in tutta la storia della Chiesa, non troverai un santo – che io sappia – che abbia spostato le montagne con la fede. “Spostare le montagne” è un’iperbole, cioè un modo di dire volutamente esagerato, per inculcare nella mente dei discepoli il concetto che alla fede nulla è impossibile.
Ogni miracolo infatti che Gesù ha operato, direttamente o attraverso i suoi, è sempre stato fatto in funzione del Regno di Dio, o del Vangelo o della salvezza degli uomini. Spostare una montagna non servirebbe a questo.
Il paragone col “granellino di senapa” sta a indicare che Gesù non ti domanda una fede più o meno grande, ma una fede autentica. E la caratteristica della fede autentica è quella di poggiare unicamente su Dio e non sulle tue capacità.
Se ti assale il dubbio o l’esitazione nella fede significa che la tua fiducia in Dio non è ancora piena: hai una fede debole e poco efficace, che fa ancora leva sulle tue forze e sulla logica umana.
Chi invece si fida interamente di Dio, lascia che lui stesso agisca e… a Dio niente è impossibile.
La fede che Gesù vuole dai discepoli è proprio quell’atteggiamento pieno di fiducia che permette a Dio stesso di manifestare la sua potenza.
E questa fede, che quindi sposta le montagne, non è riservata a qualche persona eccezionale. Essa è possibile e doverosa per tutti i credenti.
“In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile”.
Si pensa che Gesù abbia detto queste parole ai suoi discepoli quando stava per inviarli in missione.
E’ facile scoraggiarsi e spaventarsi quando si sa di essere un piccolo gregge impreparato, senza talenti particolari, di fronte a folle innumerevoli alle quali bisogna portare la verità del Vangelo.
E’ facile perdersi d’animo di fronte a gente che ha tutt’altri interessi che il Regno di Dio.
Sembra un compito impossibile.
E’ allora che Gesù assicura i suoi che con la fede “sposteranno le montagne” dell’indifferenza, del disinteresse del mondo.
Se avranno fede nulla sarà loro impossibile.
Questa frase può essere inoltre applicata a tutte le altre circostanze della vita purché siano in ordine al progresso del Vangelo e alla salvezza delle persone.
Alle volte, di fronte a difficoltà insormontabili può nascere la tentazione di non rivolgersi nemmeno a Dio. La logica umana suggerisce: basta, tanto non serve.
Ecco allora che Gesù esorta a non scoraggiarsi e a rivolgersi a Dio con fiducia. Egli, in un modo o nell’altro, esaudirà.
Così è successo a Lella.
Erano trascorsi alcuni mesi dal giorno in cui aveva affrontato piena di speranza il nuovo lavoro nel Belgio tra fiamminghi. Ma ora un senso di sgomento e di solitudine le attanagliava l’anima.
Sembrava che tra lei e le altre ragazze con cui lavorava e viveva si fosse eretta una barriera insormontabile.
Si sentiva isolata, straniera tra quella gente che avrebbe voluto soltanto servire con amore.
Tutto dipendeva dal dover parlare una lingua che non era né sua, né di chi l’ascoltava. Le avevano detto che in Belgio tutti parlavano il francese e se l’era imparato, ma, venuta a contatto diretto con quel popolo, s’era accorta che i fiamminghi studiano il francese soltanto a scuola e in genere lo parlano malvolentieri.
Tante volte aveva tentato di spostare quella montagna di emarginazione che la teneva lontana dalle altre, ma invano. Che poteva fare per loro?
Vedeva ancora davanti a sé il volto della sua compagna Godeliève pieno di tristezza. Quella sera si era ritirata nella sua stanza senza toccar cibo.
Lella aveva tentato di seguirla, ma si era arrestata davanti alla porta della sua camera, timida e titubante. Avrebbe voluto bussare… ma quali parole usare per farsi intendere? Era rimasta lì per qualche secondo, poi si era arresa ancora una volta.
La mattina dopo entrò in chiesa e si mise in fondo, fra le ultime sedie, col viso tra le mani per non far scorgere ad alcuno le lacrime. Era quello l’unico posto dove non occorreva parlare un’altra lingua, dove non era neppure necessario spiegarsi, perché c’era Qualcuno che capiva al di là delle parole. Fu la certezza di quella comprensione che la fece ardita, e con l’anima angosciata chiese a Gesù: “Perché non posso dividere con le altre ragazze la loro croce e dire quelle parole che Tu stesso mi hai fatto capire quando Ti ho trovato: che ogni dolore è amore?”.
E stava davanti al tabernacolo quasi ad attendere una risposta da Chi nella vita le aveva illuminato ogni buio.
Abbassò gli occhi sul Vangelo di quel giorno e lesse: “Confidate – abbiate fede – ho vinto il mondo” . Quelle parole scesero come olio nell’anima di Lella, ed ebbe una grande pace.
Rientrando per la colazione si imbatté subito in Annj, la ragazza che badava all’ordine della casa. La salutò e la seguì fino alla dispensa; poi, senza parlare, cominciò ad aiutarla nel preparare la colazione.
La prima a scendere dalle stanze fu Godeliève. Veniva in cucina a cercarsi il caffè, in fretta per non veder nessuno. Ma lì si arrestò: la pace di Lella aveva toccato il suo animo in modo più forte di qualunque parola.
Quella sera, sulla strada del ritorno verso casa, Godeliève raggiunse Lella con la bicicletta e, sforzandosi di parlare in modo a lei comprensibile, le sussurrò: “Non sono necessarie le tue parole; oggi la tua vita mi ha detto: ‘Ama anche tu!’”.
La montagna si era spostata.
Chiara Lubich
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