Quando il Signore opera, compie opere meravigliose. Appena ebbe creato l’universo vide che era “cosa buona” (Gen 1,25), mentre dopo avere creato l’uomo e la donna, affidando loro tutto il creato, vide che era “cosa molto buona” (Gen1,31). Ma la sua opera che supera tutte, è quella compiuta da Gesù: con la sua morte e risurrezione ha creato un mondo nuovo e un popolo nuovo. Un popolo al quale Gesù ha donato la vita del Cielo, una fraternità autentica, nell’accoglienza reciproca, nella condivisione, nel dono di sé. La lettera di Pietro rende consapevoli i primi cristiani che l’amore di Dio li ha fatti diventare “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di Dio” (leggi per intero i vv. 9-10). Se anche noi, come i primi cristiani, prendessimo davvero coscienza di ciò che siamo, di quanto la misericordia di Dio ha operato in noi, fra noi e attorno a noi, rimarremmo stupefatti, non potremmo contenere la gioia e sentiremmo il bisogno di condividerla con gli altri, di “proclamare le opere meravigliose del Signore”. Ma è difficile, quasi impossibile, testimoniare in maniera efficace la bellezza della nuova socialità, cui Gesù ha dato vita, rimanendo isolati gli uni dagli altri. È quindi normale che l’invito di Pietro sia rivolto a tutto il popolo. Non possiamo mostrarci litigiosi e faziosi, o soltanto indifferenti gli uni verso gli altri, e poi proclamare: “Il Signore ha creato un popolo nuovo, ci ha liberato dall’egoismo, dagli odi e dai rancori, ci ha dato come legge l’amore reciproco che fa di noi un cuore solo e un’anima sola …”. Nel nostro popolo cristiano ci sono sì differenze nei modi di pensare, nelle tradizioni e culture, ma queste diversità vanno accolte con rispetto, riconoscendo la bellezza di questa grande varietà, consapevoli che l’unità non è uniformità. È il cammino che percorreremo durante la Settimana di Preghiera per l’Unità dei cristiani che nell’emisfero Nord si celebra dal 18 al 25 gennaio – e durante tutto l’anno. La Parola di vita ci invita a cercare di conoscerci meglio tra cristiani di Chiese e comunità diverse, a narrare vicendevolmente le opere meravigliose del Signore. Allora potremo “ proclamare” in maniera credibile tali opere, testimoniando che siamo uniti tra di noi proprio in questa diversità e ci sosteniamo concretamente gli uni gli altri. Chiara Lubich ha incoraggiato con forza questo cammino: «L’amore è la più potente forza del mondo: scatena, attorno a chi lo vive, la pacifica rivoluzione cristiana, sì da far ripetere ai cristiani di oggi quello che, tanti secoli fa, dicevano i primi cristiani: “Siamo di ieri e già siamo diffusi in tutto il mondo”. […] L’amore! Quanto bisogno d’amore nel mondo! E in noi, cristiani! Tutti noi insieme delle varie Chiese siamo più d’un miliardo. Molti, dunque, e dovremmo essere ben visibili. Ma siamo così divisi che tanti non ci vedono, né vedono Gesù attraverso di noi. Egli ha detto che il mondo ci avrebbe riconosciuti come suoi e, attraverso noi, avrebbe riconosciuto Lui, dall’amore reciproco, dall’unità: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv13,35). […] Il tempo presente, con ciò, domanda a ciascuno di noi amore, domanda unità, comunione, solidarietà. E chiama anche le Chiese a ricomporre l’unità infranta da secoli». A cura di Fabio Ciardi
Mettere in pratica l’amore
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