Come scrive Chiara Lubich: “Essere umili non vuol dire soltanto non essere ambiziosi, ma essere consapevoli del proprio nulla, sentirsi piccoli davanti a Dio e mettersi quindi nelle sue mani, come un bambino”. Una scuola di vita Durante la pandemia anch’io sono stato costretto all’isolamento in casa. Anche se il rapporto con alcuni miei assistiti è continuato via Internet, il vero lavoro è stato su me stesso. Non potevo più esimermi dall’aiutare i figli a fare i compiti, a indovinare come riempire il loro tempo, a provvedere ai genitori anziani, ad aiutare mia moglie in cucina, a inventare menù nuovi… Avevo sottovalutato il valore che possono avere i piccoli gesti quotidiani per la conoscenza di sé ed ecco, ora, l’occasione per scoprire dimensioni fondamentali nell’esistenza. Ma forse la scoperta più importante di questo periodo è stata la preghiera, il rapporto a tu per tu con Dio. L’avevo trascurato, messo da parte insieme ad altre cose, impegnato com’ero nelle mie ricerche e nei miei lavori. Nel gestire un tempo senza margini, ho riflettuto sulla vita, sulla morte, sulla speranza… Non so come sia stato per gli altri, ma per me questo forzato esilio è diventato una vera scuola, più efficace di tanti libri e corsi di specializzazione. (M.V. – Svizzera) Invecchiare insieme Dopo decenni di vita matrimoniale nell’amore, mi sono reso conto di essere diventato insofferente verso mia moglie. Lei non è d’accordo in tante cose che io faccio e mi ripete sempre la stessa lezione. Un giorno, dopo averla sentita una prima e una seconda volta, ho risposto con rabbia che sapevo quello che dovevo fare: me l’aveva già detto. Naturalmente lei è rimasta male, ma anch’io. Le ho chiesto perdono, ma dentro di me è rimasto il grande dolore di non aver rispettato, accettato il suo invecchiamento. Se questo succede con lei, ho riflettuto, chissà quante cose faccio io che fanno male a mia moglie. Raccontavamo questo fatto a una nipote, venuta a trovarci con il suo compagno, quando lei, senza motivo apparente, ha cominciato a piangere mentre lui le prendeva la mano, accarezzandola. Dopo un po’ di silenzio ci hanno confidato che avevano deciso di non restare insieme per le diversità di carattere riscontrate tra loro. Ascoltando però il nostro racconto, erano stati commossi dalla bellezza di invecchiare insieme e provare a ricostruire sempre l’amore. (P.T. – Ungheria) Ascoltare, capire Se ripenso ai 25 anni trascorsi a prendermi cura della salute dei miei pazienti, mi pare di non aver fatto altro che ascoltarli. Ricordo sempre, nei miei primi giorni come medico di famiglia, quella donna che aveva girato non so quanti ospedali dalla Svizzera all’Italia. Mi stava descrivendo un particolare della sua storia personale che poteva essere la chiave dei disturbi di cui soffriva da oltre 15 anni. Alla mia domanda: “Ma lei, signora, ha mai parlato ai medici di questo?”, ha risposto: “Dottore, è la prima volta che mi viene in mente. Adesso lei mi ascolta ed io me ne sono ricordata”. Mi è servita tanto questa esperienza di visita, più di un aggiornamento professionale. Sì, perché ascoltare, specie oggi che si fa tutto in fretta, dovrebbe corrispondere sempre a “capire”. Tutti questi anni sono stati per me una scuola a questo riguardo… e non ho certo finito di imparare! Ascoltare non è che un’espressione dell’amore di cui Cristo ci ha dato l’esempio: farsi vuoto per poter accogliere in sé l’altro. (Ugo – Italia) Centellinare Quando, dopo gli ultimi esami, dal medico mi è stato annunciato che il cancro si era riaffacciato, il primo pensiero è stato per la famiglia, per i nostri figli e nipotini. Mio marito ed io ne abbiamo parlato serenamente e abbiamo deciso di vivere il periodo che mi rimane come il tempo più bello per consegnare loro l’eredità di un amore fedele fino alla fine. Sono iniziate giornate che, pur pesanti per i dolori, hanno un colore e un calore nuovi. Non soltanto è aumentato l’amore fra tutti, ma direi che stiamo imparando a vivere il tempo “centellinandolo”. Ogni gesto è unico perché potrebbe essere l’ultimo, e così pure ogni telefonata, ogni parola detta. L’attenzione all’altro, al tono della voce, a creare armonia tra noi… tutto ha preso valore. Mio marito si sorprende di quanta gioia siano pieni questi nostri giorni e mi ripete spesso: “È l’unico bene che possiamo lasciare ai nostri figli!”. Nei momenti dedicati alla preghiera sentiamo il cielo aprirsi, perché è diventata soltanto un atto di ringraziamento. (G.C. – Italia)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.5, settembre-ottobre 2020)
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