Andrea Riccardi
Incontriamo Andrea Riccardi a Castel Gandolfo, presso il Centro Mariapoli. Il clima è quello dei giorni di festa, centinaia di persone (saranno duemila in tutto, alla fine) stanno confluendo all’appuntamento in occasione del
decimo anniversario della morte di Chiara Lubich. Fuori la porta del salottino dove lo incontriamo è tutto un vociare festoso. «Dieci anni dopo, ritornare su Chiara Lubich non è ritornare al passato, non è fare archeologia – afferma Andrea Riccardi – e non è nemmeno fare solo una memoria sentimentale, come si può avere per una persona che è stata importante nella Chiesa. Ma –
confida – credo sia stata importante anche nella mia vita». Riferendosi agli anni cruciali in cui in Europa, dopo una parentesi lunga un secolo, rinasceva la democrazia, cadeva il muro e la “cortina di ferro” veniva smantellata,
il Fondatore della Comunità di Sant’Egidio afferma: «Secondo me, il messaggio di Chiara ha più valore oggi che al tempo della Guerra fredda o con l’89. Oggi, in questo mondo globale, il messaggio di Chiara ci parla del destino comune di tutti gli uomini, dell’unità dei popoli e dell’unità della famiglia umana. Ma non è il messaggio di una sociologa, pur essendo un messaggio molto profondo, perché Chiara era una donna capace di sintesi e di profondità, capace di analisi e di comunicazione semplice».
«Oggi c’è bisogno di un messaggio di unità perché questo mondo globale non si è unificato spiritualmente. Lo diceva il patriarca Atenaghoras [Patriarca ecumenico di Costantinopoli], il grande amico di Chiara: “C’è una unificazione del mondo, ma non c’è una unificazione spirituale”. E Chiara ci dice che questo mondo si può unificare, i poveri con i ricchi, i lontani con i vicini, gli stranieri con i nativi. Chiara ci dice anche – aggiunge – che io piccolo uomo, che tu piccola donna, che tu giovane, che tu anziano, tu puoi, tu puoi cambiare il mondo».
«Chiara è stata l’amica dei grandi, apprezzata dai grandi. Penso alla sua amicizia con Giovanni aolo II, che diceva “la mia coetanea Chiara”.
Però ha mostrato anche che il mondo si può cambiare con i piccoli che hanno fede. È Maria nel Magnificat».
«Chiara mi ha aiutato a capire cosa significa il valore del carisma, perché Chiara ha riconosciuto in me, ha riconosciuto nella comunità di Sant’Egidio un carisma. E lei aveva un senso profondo delle persone e delle esperienze di Chiesa». E conclude: «Per me Chiara è anche il ricordo molto caro di una amicizia profonda. Chiara è stata un’amica, un’amica nelle piccole cose, nell’attenzione con cui riceveva alla sua tavola, nelle telefonate, nella cura personale. Ma poi è una persona che ha visto giusto in grandi momenti della Chiesa. Io penso per esempio all’incontro di Giovanni Paolo II coi movimenti, quando Chiara disse: “Questa è una folgorazione del Papa, è un punto di arrivo e deve essere un nuovo punto di partenza”.
Il mio affetto si accompagna oggi a una memoria orante con Chiara, per Chiara». Vedi l’intervista
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