Giu 5, 2021 | Chiesa
Martedì 8 giugno 2021 alle ore 13 locali fermiamoci in ogni fuso orario per pregare per la pace per la Terra Santa, il Myanmar e per tutto il mondo, ciascuno secondo la propria tradizione. “Con UN MINUTO PER LA PACE 2021 l’8 giugno alle ore 13 (locali) invitiamo tutti: cattolici, cristiani delle diverse confessioni, credenti di tante religioni, uomini e donne di buona volontà a unirsi per pregare e lavorare insieme per la pace in tutto il mondo, in particolare a Gerusalemme, tra israeliani e palestinesi e in Myanmar”. Questo l’appello lanciato dal Forum Internazionale Azione Cattolica (FIAC) insieme alle AC italiana e argentina, dall’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche (UMOFC) e da altre associazioni. Il Movimento dei Focolari aderisce a questa iniziativa e invita tutti ad unirsi spiritualmente per questo momento particolare. La data ha un alto significato simbolico: l’’8 giugno 2014 si è svolto nei Giardini Vaticani l’incontro “Invocazione per la pace” promosso da Papa Francesco insieme al Presidente di Israele Simon Peres, al Presidente dell’Autorità Palestinese Maḥmūd ʿAbbās – Abu Mazen, con il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. A questo incontro era presente anche Margaret Karram, attuale Presidente dei Focolari, che in quell’occasione ha recitato la preghiera per la pace di San Francesco d’Assisi. “Credo nella forza della preghiera perché l’ho vista in azione molte volte, come l’8 giugno 2014, quando Papa Francesco volle quello straordinario momento che è stato “l’invocazione per la pace” in Terra Santa – ricorda la Karram in un’intervista al quotidiano italiano Avvenire – (…) Io ho avuto il privilegio di leggere davanti a loro la preghiera per la pace di S. Francesco d’Assisi. È stata un’esperienza fortissima. Ci si potrebbe chiedere: ‘Ma a cosa è servita questa preghiera?’. È stato un punto luminoso al quale guardare, perché la preghiera – come ha detto l’allora il Custode di Terra Santa – non è una cosa che produce qualcosa, la preghiera genera. Allora dobbiamo continuare a generare la pace dentro il nostro cuore prima di tutto e con tutti gli altri”. Da quella data storica, ogni anno in quel giorno dell’8 giugno il Forum Internazionale Azione Cattolica invita al “Un Minuto per la Pace” per implorare insieme, in tutto il pianeta, la fine di ogni conflitto. Tocca a noi! Coinvolgiamo e diffondiamo questa iniziativa per contare in tutto il mondo un numero sempre più grande di MINUTI PER LA PACE.
Lorenzo Russo
Info: International Forum Catholic Action (altro…)
Mag 25, 2021 | Chiara Lubich, Chiesa, Ecumenismo
Nel suo messaggio ai partecipanti alla Cattedra Ecumenica Internazionale Patriarca Athenagoras-Chiara Lubich, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I definisce così Papa Paolo VI, Patriarca Athenagoras e Chiara Lubich, protagonisti di questa terza edizione, organizzata in sinergia tra l’Istituto Universitario Sophia e il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli il 25 e 26 maggio. “Papa Paolo VI, Patriarca Athenagoras, Chiara Lubich – Profezia di unità tra le Chiese sorelle”. È questo il titolo della terza cattedra ecumenica internazionale istituita dall’Istituto Universitario Sophia in sinergia con il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, intitolata a due giganti del dialogo tra le “Chiese sorelle”, come il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Athenagoras I e la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich. Molti i relatori che intervengono, tra cui Sua Eminenza il Metropolita Policarpo, Arcivescovo Ortodosso d’Italia ed Esarca dell’Europa Meridionale, Sua Eminenza il Metropolita Maximos di Selvyria, Co-titolare della Cattedra col Prof. Mons. Piero Coda, teologo, il Prof. Giuseppe Argiolas, rettore IUS, Don Giuliano Savina Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso della CEI, il prof. Augustinos Bairactaris, docente di Dialogo Ecumenico e di Teologia Ortodossa presso l’Accademia Ecclesiastica Universitaria Patriarcale di Creta, il prof. Dimitrios Keramidas, docente presso la facoltà di Missiologia dell’Università Gregoriana, la dott.ssa Sandra Ferreira, co-responsabile del Centro “Uno” per l’unità dei cristiani del Movimento dei Focolari. Proponendo lo studio di tre personalità di altissimo profilo ecumenico come Papa Paolo VI, il Patriarca Athenagoras I e Chiara Lubich, i promotori hanno scelto di presentare un percorso profondo e lungimirante, sebbene forse ancora troppo poco esplorato, come quello che mette insieme il dialogo teologico e il “dialogo della vita” che la fondatrice dei Focolari ha promosso e incoraggiato. Il 25 luglio 1967 quando, durante una delle storiche visite di Paolo VI ad Istambul, al Fanar – storica residenza dei Patriarchi di Costantinopoli – il Patriarca Athenagoras I sottolineò che il loro obiettivo principale, come capi delle rispettive Chiese, era “di unire ciò che è diviso, con mutue azioni ecclesiastiche, ovunque ciò sia possibile, affermando i punti comuni di fede e di governo, orientando così il dialogo teologico verso l’inizio di una comunità sana, sulle fondamenta della fede e della libertà di pensiero teologico ispirate dai nostri Padri comuni e presenti nelle diverse tradizioni locali”[1]. Furono incontri di portata epocale che segnarono un cambio di passo nella storia moderna del dialogo tra le due “Chiese sorelle”. Il primo incontro tra Paolo VI e Athenagoras I avvenne nel 1964; incontro definito “profetico” dall’attuale Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I nel suo messaggio: “I due Primati hanno percepito che Occidente e Oriente non potevano vivere isolati e con autosufficienza, in quanto ciò era un danno per l’unità e per la cattolicità del Corpo di Cristo e che un dialogo d’amore e di verità avrebbe potuto condurre all’unità, fondata sul solido terreno del primo millennio”. Parole estremamente attuali, che offrono una chiara indicazione e un orizzonte anche per quello che l’umanità sta vivendo in questo tempo diviso da una pandemia mondiale e dal riaccendersi di conflitti in molti punti del globo: solo il dialogo e un cammino comune in cui tutto è condiviso salverà l’umanità. Bartolomeo I osa molto nel suo intervento e riprende un’espressione del teologo Florovsky che definisce le due Chiese d’Occidente e d’Oriente ‘sorelle siamesi’ che non possono separarsi l’una dall’altra”. “Questo Congresso di due giorni – continua Bartolomeo I nel suo messaggio – è un rammentare e un rinnovare la chiamata a questo benedetto cammino, tracciato da Papa Paolo VI e dal Patriarca Athenagoras. Chiara Lubich ha sostenuto questo cammino con la sua sensibilità, la immediatezza nella comunicazione e la certezza che non si dovrebbe indebolire il dinamismo nelle relazioni tra le due Chiese, creato dall’abbraccio dei due Primati a Gerusalemme, che aveva abbattuto il muro millenario tra Roma e Costantinopoli.”. Gli fa eco Margaret Karram, presidente dei Focolari, che nel suo saluto d’apertura definisce Chiara Lubich “un ponte evangelico tra due giganti nella profezia dell’unità”. “L’augurio che formulo è che la Cattedra Ecumenica possa continuare, con tutta l’Opera di Maria, a far da ponte con l’amore, attraverso la reciproca conoscenza e lo studio, fra le due nostre Chiese sorelle, camminando insieme nella luce di Gesù, Via, Verità e Vita (cf. Gv 14,6). Il prof. Piero Coda, spiega l’alto significato e la necessità di mantenere ancora oggi l’espressione “Chiese sorelle” perché – chiarisce – “Significa riconoscere la dignità eguale di due grandi tradizioni di famiglie ecclesiali”. E, richiamando l’espressione di papa Francesco che concorda che “L’unità è un cammino”2 offre un orizzonte di dialogo tra le chiese cristiane che riscopre nell’amore, il motore dell’unità: “Non basta scoprire il tesoro prezioso che può giacere sepolto nel campo conflittuale delle interpretazioni. Né più è sufficiente puntare semplicemente a una “diversità riconciliata” come al riconoscimento reciproco delle diversità accostate l’una all’altra. No: occorre cogliere – là dov’essa è presente – la linfa dello Spirito Santo che scorre e fiorisce e fruttifica nei tralci diversi dell’unica vite che è Cristo, e di cui il vignaiuolo solerte e ricco di misericordia è il Padre (cfr. Gv 15). Camminare insieme, dunque, come Popolo del Risorto: là dove c’è la divisione c’è ancora la morte; dove c’è l’amore, tra i discepoli di Gesù, c’è il Risorto e, in Lui, c’è già l’unità con e in Dio, a servizio di tutti”.
Stefania Tanesini
Il testo del messaggio del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I in PDF Il messaggio della Presidente del Movimento dei Focolari Margaret Karram in PDF Il programma del convegno in PDF ————————————————- Che cos’è la Cattedra Ecumenica Internazionale Patriarca Athenagoras-Chiara Lubich [1] Dall’ intervento di S.S. Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli “Unire ciò che è diviso” – 24 luglio 1917 http://www.vatican.va/content/osservatore-romano/it/comments/2017/documents/piccoli-passi-ma-balzi-da-gigante.html 2 Preghiera ecumenica comune nella cattedrale luterana di Lund (Svezia), Omelia del Santo Padre Francesco https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2016/documents/papa-francesco_20161031_omelia-svezia-lund.html (altro…)
Mar 24, 2021 | Chiesa, Nuove Generazioni
È il cammino verso la prossima Giornata Mondiale della Gioventù nel 2023. Il racconto di una giovane dei Focolari che collabora alla realizzazione dell’evento. La prossima Giornata Mondiale della Gioventù si svolgerà a Lisbona, capitale del Portogallo, nel 2023 sul tema “Maria si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39). La pandemia lascia aperti degli interrogativi ma i lavori preparatori sono in corso da tempo. Mariana Vaz Pato, una giovane del Movimento dei Focolari, fa parte dell’equipe locale che collabora per la realizzazione dell’evento.
La croce del GMG
Il motto della GMG scelto dal Papa ricorda il “sì” di Maria a Dio e la sua fretta nel raggiungere sua cugina Elisabetta, come raccontato nel Vangelo. Cosa significa questo per i giovani di oggi, specialmente in questo tempo di pandemia? “Questo tema, prima di tutto, ci mostra un’azione “Maria si alzò” Possiamo capire che il Papa ci sfida ad uscire dalla nostra zona di comfort, ad alzarci e andare incontro all’altro. In secondo luogo, abbiamo il “sì” di Maria a Dio, che ci serve come esempio per dire anche noi il nostro “sì” e andare in missione. Il Papa ha lanciato il tema nel 2019, prima che questa pandemia esistesse. In questo momento, il tema scelto può sembrare contraddittorio con quello che stiamo vivendo, ma ci dice che la pandemia non può essere un ostacolo nel seguire Dio, che rende possibile quello che sembra impossibile”. I giovani di tutto il mondo sono esortati a identificarsi con Maria. È un modello alto: come possiamo lasciarci ispirare da Lei nella nostra vita quotidiana? “A Panama, il Papa ha detto che Maria è l’”influencer” di Dio e che nella sua semplicità ha detto il suo “sì”, diventando la donna più influente nella storia. È vero che trasformare il mondo è una missione ambiziosa, ma Maria ha potuto farlo con le sue virtù. Se seguiamo il suo esempio siamo sulla strada giusta”. A che punto siete con la preparazione dell’evento? Quanti giovani sono attesi? “Date le circostanze è difficile fare previsioni. A ottobre è stato lanciato il logo, a novembre si è svolta la cerimonia di presentazione del simbolo e recentemente è stato lanciato l’inno. È stato sviluppato anche un itinerario di catechesi perché la GMG non sia solo un evento ma un viaggio vivo di approfondimento della fede. Non sappiamo come sarà il mondo nel 2023, ma le equipe stanno lavorando per fare di questo evento un momento decisivo nella vita dei giovani e per il rinnovamento della Chiesa e della società”. Alcuni giovani del Movimento dei Focolari sono coinvolti in questo lavoro preparatorio… “La Chiesa si sta organizzando in comitati che preparano il programma e curano gli aspetti logistici. Come Movimento siamo presenti in questi comitati con giovani, focolarini, coppie e persone coinvolte nel movimento parrocchiale, con vari compiti: dalla pastorale giovanile alla comunicazione con le comunità locali e il movimento parrocchiale in Portogallo, e poi la comunicazione con la zona dell’Europa occidentale e con i centri dei giovani del Movimento. Questa esperienza è una sfida, con tutti gli imprevisti di questi tempi, ma è anche una gioia scoprire il contributo che possiamo dare come Movimento e, soprattutto, poter fare questo cammino insieme alla Chiesa”.
Claudia Di Lorenzi
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Mar 12, 2021 | Chiesa, Dialogo Interreligioso
La categoria imprescindibile del pontificato di papa Francesco, confermata anche in Iraq, è la fraternità. La sua testimonianza personale ed ecclesiale, il suo magistero e le sue relazioni con il mondo musulmano, fanno ormai della fraternità una cifra geopolitica. Lo storico incontro con al-Sistani. Da più parti, in questi giorni, si cerca di fare un bilancio del viaggio di papa Francesco in Iraq. Penso che sia difficile, se non impossibile, tentarne uno esauriente. Troppi i temi coinvolti e, soprattutto, siamo troppo vicini, a ridosso immediato di un evento globale articolato, che solo con il passare del tempo si potrà comprenderlo in tutte le sue valenze. Ovviamente alcuni elementi più di altri hanno colpito l’immaginario di chi ha seguito i vari avvenimenti in un contesto che, per certi versi, nella sua cruda realtà rischiava quasi di apparire surreale. Se pensiamo ai viaggi papali inaugurati da Woityla a partire dal 1979, eravamo abituati a ben altri scenari e sfondi: folle oceaniche, preparazione coreografica che spesso rasentava la perfezione e, soprattutto, eventi che lasciavano l’immagine, soprattutto nei primi anni dell’era del papa polacco, di una fede forte, al centro della storia, in contrapposizione con il mondo ateo da cui il papa polacco veniva. Papa Francesco, che fin dall’inizio del suo pontificato ha introdotto l’idea di una Chiesa incidentata e paragonata ad un ospedale da campo, in questi anni è impegnato a trasmettere questa immagine di Chiesa e lo ha fatto praticamente dovunque è andato. Fin dal suo primo viaggio ufficiale a Lampedusa, porto e cimitero di migranti, passando per Bangui, dove ha voluto inaugurare il suo Giubileo inatteso e straordinario, per arrivare a Mosul, dove il palco aveva come sfondo macerie e muri ancora perforati da proiettili di vario calibro. E non possiamo dimenticare Tacloban, dove ha sfidato un imminente tifone per stare accanto ai sopravvissuti di un altro evento catastrofico; Lesbo dove ha passato senza fretta tempo prezioso ascoltando le storie inenarrabili di profughi di varie provenienze. Ma la lezione di Francesco non riguarda solo l’impegno a mostrare che il volto più prezioso della Chiesa è quello incidentato. È piuttosto il modo con cui mostra la prossimità, il calore necessario per far sentire a chi soffre la comunità cristiana. Soprattutto è impegnato a proiettare queste comunità sul palcoscenico mondiale, per dire che quella è la Chiesa vera, che tutti dobbiamo avere a cuore e che testimonia in modo reale Cristo. Come ha detto sul volo di ritorno, Bergoglio respira in questi frangenti, perché è questa la sua chiamata petrina, quella per la quale il conclave lo ha eletto pur senza sapere ed immaginare dove avrebbe condotto la barca di Pietro. Lo stiamo tutti vedendo e sperimentando in questi anni. Ed i viaggi ne sono lo specchio probabilmente più veritiero, che non tradisce e non lascia adito alcuno a malintesi. D’altra parte non è nulla di nuovo. Come i suoi predecessori, il papa argentino dimostra di saper leggere e decodificare i segni dei tempi ed offre testimonianza credibile al fatto che la Chiesa è testimone nel tempo, intercettandone le problematiche ed i nodi-chiave, offrendo risposte spesso contro corrente rispetto a quelle che il mondo politico, internazionale e, oggi, finanziario impongono. Di fronte alla realtà che Francesco si è trovato a vivere, compresa quella senza precedenti (almeno in questi termini) della pandemia, la categoria imprescindibile del suo pontificato, confermata anche in Iraq, è la fraternità. La testimonianza personale ed ecclesiale di Bergoglio, il suo Magistero e le sue relazioni, soprattutto ma non solo, con il mondo musulmano, ne fanno ormai una cifra geopolitica. Lo ha dimostrato anche il suo incontro con il Grande Ayatollah al-Sistani. Le implicazioni di quei quarantacinque minuti sono fondamentali. Tutti sappiamo, infatti, che il grosso nodo che l’islam oggi deve sciogliere è interno al suo mondo: la tensione mai sopita ma ora pericolosamente acuita fra la sfera sunnita e quella sciita. È qui che si devono ricercare le radici di molti dei problemi che i musulmani vivono e per i quali, anche, molti muoiono. Bergoglio ha mostrato grande tatto politico nel voler incontrare al-Sistani, il rappresentante più significativo dello sciismo spirituale, ben distanziato dalla teocrazia iraniana che dalla rivoluzione khomeinista degli anni Ottanta del secolo scorso, ha spinto il mondo iraniano ad essere paladino di questa frangia del caleidoscopio musulmano. Al-Sistani ha sempre preso le distanze dalla scelta teocratica degli ayatollah iraniani, ed è da decenni un leader spirituale e religioso riconosciuto. Fra l’altro è nato in Iran. L’incontro fra i due è avvenuto a porte chiuse, ma come lo ha descritto papa Francesco nel volo di ritorno, è stato un momento di spiritualità, «un messaggio universale. Ho sentito il dovere, […] di andare a trovare un grande, un saggio, un uomo di Dio. E solo ascoltandolo si percepisce questo. […] E lui è una persona che ha quella saggezza … e anche la prudenza. […] E lui è stato molto rispettoso, molto rispettoso nell’incontro, e io mi sono sentito onorato. Anche nel saluto: lui mai si alza, e si è alzato, per salutarmi, per due volte. È un uomo umile e saggio. A me ha fatto bene all’anima, questo incontro. È una luce». Bergoglio ha poi azzardato un apprezzamento che forse nessun papa aveva avuto il coraggio di esprimere in passato: «Questi saggi sono dappertutto, perché la saggezza di Dio è stata sparsa per tutto il mondo. Succede lo stesso anche con i santi, che non sono solo quelli che stanno sugli altari. Sono i santi di tutti i giorni, quelli che io chiamo “della porta accanto”, i santi – uomini e donne – che vivono la loro fede, qualunque sia, con coerenza, che vivono i valori umani con coerenza, la fratellanza con coerenza». Tutto questo non è passato inosservato. I commenti positivi sono piovuti da più parti, cominciando proprio dal mondo musulmano. Sayyed Jawad Mohammed Taqi Al-Khoei, segretario generale dell’Istituto Al-Khoei di Najaf, esponente di spicco del mondo sciita iracheno e direttore dell’Istituto Al-Khoei che fa parte dell’Hawza di Najaf, un seminario religioso fondato quasi mille anni fa per gli studiosi musulmani sciiti, è stato molto chiaro nei suoi apprezzamenti. «Sebbene questo sia il primo incontro nella storia tra il capo dell’establishment islamico sciita e il capo della Chiesa cattolica, questa visita è il frutto di molti anni di scambi tra Najaf e Vaticano e rafforzerà senza dubbio le nostre relazioni interreligiose. È stato un momento storico anche per l’Iran». Al-Khoei ha affermato l’impegno a «continuare a rafforzare le nostre relazioni come istituzioni e individui. Presto ci recheremo in Vaticano per assicurarci che questo dialogo continui, si sviluppi e non si fermi qui. Il mondo deve affrontare sfide comuni e queste sfide non possono essere risolte da nessuno stato, istituzione o persona, da soli». L’agenzia AsiaNews riporta anche alcuni commenti positivi apparsi sulla stampa iraniana, che ha dato ampio risalto e celebrato come “opportunità per la pace” lo storico incontro. La notizia è stata il titolo di apertura di quotidiani e organi di informazione della Repubblica islamica. Sazandegi, una storica pubblicazione vicina all’ala riformista, sottolinea che i due leader religiosi sono oggi «i portabandiera della pace mondiale». E ha definito il loro faccia faccia nella casa del leader spirituale sciita «l’evento più efficace [nella storia] del dialogo tra le religioni».
Roberto Catalano
fonte: Città Nuova (altro…)
Nov 14, 2020 | Chiesa
Un Webinar promosso dalla pontificia commissione per l’America Latina aperto a tutti per riflettere e analizzare l’impatto e le conseguenze del COVID-19. I risvolti sociali, economici, politici e il pensiero di papa Francesco. Si svolgerà il 19 e 20 novembre prossimi il seminario virtuale dal titolo America Latina: Chiesa, Papa Francesco e lo scenario della pandemia e sarà aperto a tutti quanti sono interessati a questo pezzo di mondo, anch’esso pesantemente colpito dal virus; uno scenario già complicato in molte aree da povertà ed emarginazione. Organizzato dalla Pontificia Commissione per l’America Latina, dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e dalla Conferenza Episcopale Latino Americana (CELAM), l’appuntamento punta a riflettere e analizzare la situazione della pandemia nel continente latino americano, le sue conseguenze e, soprattutto, le linee d’azione e gli aiuti dei governi e della Chiesa. Il Papa si farà presente con un video-messaggio ed interverranno, tra gli altri, anche il Card. Marc Ouellet, Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, Mons. Miguel Cabrejos Vidarte, Presidente del CELAM, Carlos Afonso Nobre, Premio Nobel per la Pace nel 2007, l’economista Jeffrey D. Sachs, Direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile alla Columbia University e Gustavo Beliz, Segretario agli Affari strategici della Presidenza argentina. La nota introduttiva al seminario spiega che ad oggi nel continente latino-americano, come nel resto del mondo, è impossibile calcolare i danni della pandemia: “In molti casi, gli effetti negativi della chiusura delle frontiere e le conseguenti ripercussioni sociali ed economiche sono stati solo l’inizio di una spirale di danni non ancora quantificati, tanto meno una ricetta per una soluzione a medio termine”. Per questo il seminario sarà l’occasione di un incontro e di un dialogo a tutto campo tra l’azione missionaria e pastorale della Chiesa cattolica e il contributo di vari specialisti del mondo dell’economia e della politica, per poter potenziare una rete culturale e operativa e garantire così un futuro migliore al continente. Papa Francesco si farà presente anche con la presentazione della Task Force contro il Covid-19, da lui istituita e rappresentata al seminario dal suo capo che ne esporrà il lavoro. In tempi di incertezza e di mancanza di futuro la Chiesa guarda al “continente della speranza” e cerca strumenti condivisi che possano trasformare la crisi in opportunità o almeno trovare le vie per uscirne. Il programma dell’evento Iscriviti qui
Stefania Tanesini
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Mag 24, 2020 | Chiesa
Una campagna globale che ha coinvolto migliaia di fedeli attraverso seminari interattivi e formativi sulla cura della casa comune. Indetta dal Papa è stata organizzata dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale con il sostegno di un gruppo di partner cattolici. Dal 16 al 24 maggio si è svolta la Settimana Laudato Si’ dal titolo “Tutto è connesso”, una campagna globale in occasione del 5° anniversario dell’enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune. L’evento ha coinvolto comunità cattoliche di tutto il mondo coinvolgendo diocesi, parrocchie, movimenti e associazioni, scuole e istituzioni per approfondire il proprio impegno per la salvaguardia del Creato e la promozione di un’ecologia integrale. Fortemente voluto dal Papa è stata organizzata dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale con il sostegno di vari partner cattolici fra cui il Global Catholic Climate Movement (Movimento Cattolico Globale per il Clima) che ingloba più di 900 organizzazioni cattoliche mondiali fra cui il Movimento dei Focolari. Nel corso della Settimana varie sono state le iniziative on line seguendo le linee indicate dalla Laudato sì. A causa dell’emergenza Coronavirus infatti l’evento si è svolto totalmente online attraverso seminari interattivi e formativi. Nella giornata di domenica 24 maggio si conclude l’evento con una giornata mondiale di preghiera: alle ore 12 (ora locale di ogni fuso orario), ognuno potrà pregare per la Terra con questa preghiera. Il Papa nel mese di marzo ha inviato un videomessaggio dove incoraggiava i fedeli a partecipare per proteggere la nostra casa comune. Insieme, attraverso l’azione e la fede, possiamo risolvere la crisi ecologica. “Che tipo di mondo vogliamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? – afferma il Papa – Rinnovo il mio appello urgente a rispondere alla crisi ecologica. Il grido della terra e il grido dei poveri non possono più aspettare. Prendiamoci cura del creato, dono del nostro buon Dio Creatore”. In questi 5 anni, l’enciclica del Papa ha smosso le coscienze di tanti cittadini. Sono sorte molte comunità di persone con l’obiettivo di fare qualcosa per l’ambiente, spinti dalle parole del Papa su una visione ecologica più attenta alla Casa Comune. Eppure dopo cinque anni queste parole risuonano molto attuali in questo mondo dilaniato dalla pandemia del Covid-19. Anche il Dicastero Vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale sottolinea come gli insegnamenti dell’Enciclica sono particolarmente rilevanti nel contesto attuale del coronavirus che ha fermato molte parti del mondo. “La pandemia ha colpito dovunque e ci insegna come soltanto con l’impegno di tutti possiamo rialzarci e sconfiggere anche il virus dell’egoismo sociale con gli anticorpi di giustizia, carità e solidarietà. – sottolinea don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana – Per essere costruttori di un mondo più giusto e sostenibile, di uno sviluppo umano integrale che non lasci indietro nessuno”. In questa settimana non si è parlato solo di ecologia. Gli organizzatori si sono chiesti: ma quanto pesa l’economia in tema di salvaguardia del Creato? Giovedì 21 maggio infatti si è tenuto un appuntamento online con l’economista inglese Kate Raworth, dell’Università di Oxford e Università di Cambridge, uno degli economisti più influenti a livello internazionale. Questo incontro rientra anche nel percorso di preparazione e formazione a “The Economy of Francesco”, l’evento voluto dal Papa che si terrà a novembre ad Assisi dove si sono già iscritti 3000 giovani imprenditori da tutto il mondo. In tema di salvaguardia del Creato, “l’economia pesa almeno il 50% se consideriamo l’economia individuale, l’economia delle imprese e l’economia degli Stati e gli effetti che tutto ciò produce sull’inquinamento del Pianeta – sostiene l’economista Luigino Bruni -. Poi c’è la politica, i nostri stili di vita, ecc… (…) Se guardiamo anche da cosa dipendono i fallimenti di questi decenni, il riscaldamento globale, ad esempio, ci accorgiamo che insomma l’economia capitalistica ha davvero un grosso peso. Quindi se vogliamo cambiare dobbiamo cambiare l’economia”. Vivere la Laudato Sì quindi vuol dire testimoniare la nostra sensibilità per il tema della salvaguardia del Creato ma anche in ambito economico con le nostre scelte di vita. Possiamo contribuire a realizzare una profonda conversione economica ed ecologica attraverso esperienze concrete. Inoltre dobbiamo capire quale cambiamento politico promuovere per ascoltare veramente il grido della terra e dei poveri.
Lorenzo Russo
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