Nov 13, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«L’Economia di comunione non è “un fatto”, ma “un processo”», un concetto ripetuto più volte durante il 5° appuntamento degli imprenditori e protagonisti dell’EdC europea in Croazia, nella cittadella dei Focolari, a Križevci (17-20 ottobre 2014). Anche questo incontro è stato un processo, una comunione creatasi di giorno in giorno. I partecipanti, oltre 150, provenienti da 23 paesi: oltre all’Europa, c’erano rappresentanze dal Brasile, Argentina, Congo e India. All’incontro hanno partecipato anche 42 giovani tra i 18 ed i 30 anni dei 7 paesi che hanno aderito al progetto “Together we grow: youth towards an inclusive economy”. In pratica, sette associazioni europee (di Croazia, Romania, Ungheria, Macedonia, Bulgaria, Germania ed Italia) hanno pensato di organizzare in contemporanea e come parte integrante dell’incontro imprenditoriale “uno scambio” di giovani intitolato, appunto, “Crescere insieme: giovani per un’economia che include”, con il supporto della Commissione Europea che co-finanzia il progetto. Che cosa è l’EdC oggi, a che punto siamo e quali sono le sue prospettive? A queste domande ha risposto il prof. Luigino Bruni, ricordando gli inizi del Movimento dei Focolari, nel ’43, quando Chiara Lubich e le prime focolarine ospitavano i poveri a pranzo nella loro casa. “È la prima immagine dell’EdC – ha affermato. In questa immagine il povero è dentro la casa e questo è fraternità”. E riguardo alle sfide che l’Economia di comunione si trova di fronte, Bruni le ha sintetizzate in tre titoli: proporre un grande ideale, i primi poveri di oggi sono i giovani perché non hanno un lavoro, e fare le cose insieme ai tanti che già condividono gli stessi valori di comunione e di fraternità. Le tre giornate in Croazia sono state ricche di testimonianze degli imprenditori presenti. Nico Daenens (Belgio), ha presentato la sua impresa che fornisce servizi di collaborazione domestica, con 3000 collaboratori. Anche Koen e Chris del Belgio, insieme ad Atila e Boglarka della Serbia, hanno raccontato della collaborazione sorta grazie alla condivisione dei valori dell’EdC e che oggi si è concretizzata in una azienda in Serbia. I pomeriggi erano riservati ai workshops su diversi temi: “Cosa occorre per realizzare un business plan ed una start-up EdC?”, “Le strade di inclusione degli indigenti a livello locale nella vita dell’impresa di comunione”, “La diffusione del progetto EdC, e della sua cultura”, “Management delle associazioni non profit” ed altri. Uno dei presenti riassumeva così l’incontro: “Un vero laboratorio di fraternità, aperto a progetti futuri che speriamo ci guidino al di là delle vecchie frontiere geografiche e mentali, seguendo la via della comunione”. Fonte: EdC online (altro…)
Nov 11, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
L’arcivescovo John Dew di Wellington
Siamo in Nuova Zelanda, nel cuore di Wellington, capitale di una terra all’apparenza lontana e ai confini, eppure terra che ha aperto braccia e porte a tanti popoli. Mossi dalle notizie delle guerre in corso in Iraq, Gaza, Ucraina, Centro Africa, così come dal crescente timore per l’incapacità di far fronte all’avanzare dell’ebola e mossi anche dagli appelli alla pace del Papa in tantissime occasioni, così come dalle persone della comunità del Movimento dei Focolari, e non solo, provenienti da questi Paesi, i giovani neozelandesi hanno sentito l’urgenza di ritrovarsi in un luogo pubblico per dare voce all’ansia di pace che portano dentro. L’Arcivescovo di Wellington, John Dew, ha offerto un suo contributo alla serata, fra canti, preghiere e testimonianze. Tra queste, la testimonianza di due ragazze provenienti dall’Iraq, che si sono conosciute in Nuova Zelanda, dopo che, entrambe le famiglie, si sono trasferite in questa terra: Sendirella e Ayssar, la prima cristiana, la seconda musulmana. Raccontano del loro Paese, di ciò che le ha unite. Si sono incontrate per la prima volta a casa di amici comuni e da lì è cominciata un’amicizia che le ha portate a condividere sogni, studi, passioni e viaggi. Sendirella dice “siamo diverse”, e subito Aysser aggiunge, “ma siamo uguali”. Poi continuano dicendo come per molte persone la religione sia proprio una delle più grandi diversità, forse anche un ostacolo, e di come invece per loro non è mai stato un problema, anzi, le ha avvicinate. “Nella religione dell’una”, dice Sendrella, “abbiamo sempre visto e riconosciuto elementi della religione dell’altra”. Sendirella e Ayssar
Poi, parlano del loro Paese: un Iraq associato oggi a guerra, minoranze che devono fuggire, torture, mentre il paese dei loro genitori è un Iraq dove il tuo vicino può essere un cristiano, musulmano, ebreo o yazidi; “un Iraq, dice Ayssar, dove la differenza di religione è sempre stata vissuta come una realtà e non un problema”. Oggi questo Iraq sembra così lontano. E continua, “ci hanno detto che la pace è impossibile”. E Sendirella continua, “invece noi sappiamo che pace non è una parola di una costituzione, non è un particolare sistema di governo, non sta nemmeno in raid aerei che vogliono costringere alla pace. Noi sappiamo che sta invece nell’osservanza quotidiana dei nostri principi e valori, che è qualche cosa che si costruisce dal basso, piuttosto che dall’alto”. Kathleen, giovane universitaria, racconta come, a seguito di un malinteso nell’appartamento che condivide con altre giovani universitarie, ha sentito la spinta a chiedere scusa e di come questo gesto, prima tanto difficile e impegnativo, ha poi aperto la porta ad un rapporto nuovo con quella giovane. Il momento di preghiera si è concluso con l’invito ad essere tutti costruttori di pace, sigillando questo impegno con l’annodare un nastro bianco ad un piccolo albero dal nome maori, Kowhai. È uno degli alberi originari della Nuova Zelanda. Il suo fiore, giallo intenso, è una delle immagini che rappresentano la Nuova Zelanda. Ha molte caratteristiche medicinali e tante specie di uccelli trovano nutrimento nel nettare che produce. Pur sottile nei suoi rami, il Kowhai è un albero forte e che può crescere fino a 20 metri di altezza. Un bel simbolo dell’umile ma forte grido di pace che i giovani hanno lanciato in questa serata. (altro…)
Ago 28, 2014 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
“Networking – Chiesa nei rapporti”: quattro giornate di vita insieme, incontri, confronti, testimonianze, laboratori dedicati a giovani sacerdoti e seminaristi che vogliono essere uomini di Dio partecipi e attivi nelle sfide della gente e del proprio tempo. Don Justin Nary ha 42 anni e viene dalla Repubblica Centrafricana. Inizia a parlare con calma e sembra si riferisca a qualcun altro quando racconta di quegli oltre 2.000 musulmani a cui ha dato ospitalità per salvarli dalla violenza omicida che ha insanguinato recentemente il suo Paese, a rischio della sua stessa vita. Poco prima è stata la volta di don Josef Pal, rumeno, che ha raccontato uno dopo l’altro fatti del dialogo che ha saputo intessere nella sua città a livello ecumenico, sociale, con persone di convinzioni non religiose, sia nelle comunità parrocchiali che con le istituzioni civili. Sono brani di vita, storie di sacerdoti “appassionati di umanità”, col desiderio di contagiare i 268 partecipanti di “Net-working – Chiesa nei rapporti”, l’appuntamento che si è tenuto a Loppiano dal 19 al 22 agosto scorso per sacerdoti, seminaristi e persone orientate al sacerdozio. “Ci siamo rivolti alla nuova generazione sacerdotale – spiega don Alexander Duno del Centro sacerdotale dei Focolari, per i sacerdoti e seminaristi diocesani, organizzatore dell’evento – e la risposta è stata massiccia: i partecipanti provenivano da 38 Paesi in maggioranza europei, con rappresentanze da Africa, Asia, Americhe e parlavano 12 lingue. Grandi le aspettative su questa quattro giorni all’insegna dell’immagine della “rete”: desiderio di comprendere, partecipare e condividere vita e drammi della gente e dei propri popoli. Caratteristica dell’intero meeting è stato il binomio dialogo – comunione, sostenuto anche dal Centro internazionale di Loppiano che ha accolto i partecipanti e che da 50 anni fa della fraternità il proprio segno distintivo. Si è così dato vita ad un cantiere in cui esperti, docenti e partecipanti costituivano un unico team di lavoro che, oltre alle plenarie, ha affollato i 27 workshop tematici animati da professionisti internazionali. Si sono affrontate tematiche come famiglia, economia, politica, pluralismo culturale e religioso, dialogo con l’Islam e le grandi religioni. Ci si è confrontati su di una Chiesa “in uscita verso le periferie esistenziali e sul profilo della parrocchia oggi come “rete di comunità”. Grande l’attenzione a questioni cruciali per la vita dei sacerdoti oggi: equilibrio della vita, il dono e la sfida del celibato, solitudine e forme di vita comune, capacità di dialogo nei conflitti e sfide sociali. Una prima serie di questi laboratori ha messo a fuoco gli scenari del mondo di oggi scoprendovi, al di là delle crisi, squarci di fraternità già in atto e abbozzi di risposte carichi di speranza. Molto partecipati anche i laboratori successivi sulle diverse realtà dell’attualità ecclesiale. Si è così stagliata l’immagine di una Chiesa vivace, dialogante, che non indietreggia di fronte alle novità della contemporaneità, ma penetra nei punti di snodo della storia, per illuminarla dalla prospettiva della Parola evangelica dell’unità, vissuta attraverso rapporti e comunità che fanno della comunione il proprio punto di forza. “In questi giorni – commentava don Stefano Isolan, giovane sacerdote di Fiesole – abbiamo vissuto la bellezza di essere presbiterio e non individui isolati pieni di impegni e riunioni: di essere davvero nodi di una rete, importanti l’uno per l’altro”. “Ho sperimentato – così un pastore evangelico della Serbia – la gioia di avere tanti fratelli e di sentire l’amore che ci lega pur di Chiese diverse”. “L’idea della comunione non resta nella testa ma entra nella vita”, ha affermato un giovane avviato al seminario. E un altro: “Pur diversi fra noi, c’è stata fra noi grande confidenza. I workshop ci hanno veramente aiutati”. Nota comune, la gioia e la rinnovata speranza per aver vissuto, come augurato da Papa Francesco ai Vescovi dell’Asia nel recente viaggio in Corea del Sud, un’esperienza di “dialogo autentico”, quello che nasce da “una capacità di empatia (…) frutto del nostro sguardo spirituale e dell’esperienza personale, che ci porta a vedere gli altri come fratelli e sorelle”. Ora, a convegno concluso, la sfida continua su scala nazionale, europea ed extra continentale: nelle parrocchie, nelle comunità, a fianco della gente, nelle città in cui i sacerdoti e seminaristi sono tornati col desiderio di continuare a concretizzare il motto paolino scelto per il convegno: «Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo ha accolto voi». Visita sito web networking2014.dev.focolare.org Fotogallery: Loppiano (altro…)
Ago 1, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
Quest’anno, la Specializzazione che ha fatto la parte del leone nelle sessioni di Laurea il 3 e 4 luglio all’Istituto Universitario Sophia (IUS), è stata quella di Studi politici: Ramy Boulos dell’Egitto, con la tesi “Monitoring and Evaluation Systems: Rethinking, Recovering and Reconciling of Current Practices” (sui sistemi di valutazione delle politiche per lo sviluppo); Vanessa Breidy del Libano, con “Pluralisme et Conflits Culturels Au Liban. Entre Communitarisme Et Consociativisme Perspectives Pour le Futur”, (sulle prospettive di riforma istituzionale nel Paese); Melchior Nsavyimana del Burundi, con “Le Soudan du Sud e la Communaute est Africane” (sul processo di integrazione che impegna il Sud Sudan in Africa dell’Est); Vilmar Dal Bò Maccari del Brasile, con “O conceito de social segundo o paradigma fraterno a partir do pensamento de Giuseppe Maria Zanghì” (su sociale e fraternità, con particolare riferimento al pensiero di G. Zanghì). A Vanessa Breidy, libanese, già laureata in Diritto, che ha conseguito la Specializzazione con uno studio di particolare attualità centrato sui conflitti culturali e istituzionali in Libano, tra comunitarismo e consociativismo, rivolgiamo tre domande: Scegliere il tema della tesi è sempre impegnativo. Quale percorso hai seguito? «C’era una grande domanda che mi interrogava da tempo: cosa definisce l’identità di un popolo? Perché l’identità appare tuttora un fattore di contrasto insanabile? Che relazione c’è tra identità e democrazia? Il Medio Oriente è ancora al centro di una fase molto critica che determinerà a lungo la sua fisionomia. Solo tre anni fa tanti parlavano di una “primavera araba”, mentre ora si è molto più prudenti nell’utilizzare questo termine: il confine tra “primavera araba” e “guerre dei Paesi arabi”, infatti, non è chiaro , tanto più assistendo al ritorno di alcuni regimi militari non democratici. Oppressione prolungata delle minoranze, persecuzione di quanti hanno un pensiero diverso, rigidità e integralismi, vicende che affondano le radici nella storia… ciò che emerge da un insieme di fattori confuso e allo stesso tempo drammatico, mi pare sia soprattutto una dolorosa incapacità di “com-prendere” le diversità culturali, etniche, politiche, religiose, in seno ai diversi Paesi. La teoria della democrazia è alle prese con questi interrogativi irrisolti e penso dobbiamo riconoscere che c’è un cammino ancora lungo da fare». Quale è il messaggio che viene dal tuo Paese, il Libano? «È stato Giovanni Paolo II a parlare del Libano come di un “Paese-messaggio”. Eppure, i libanesi fino ad ora non sono riusciti ad assicurare una coesistenza armoniosa alle etnie, alle espressioni religiose, ai diversi volti del nostro popolo. La ricerca continua, tra sfide e delusioni. La democrazia del Libano ha alcune specificità interessanti, che non vanno sottovalutate; ma un’analisi critica ci deve permettere di identificare anche ciò che manca, per far venire in rilievo i valori su cui edificare il nostro modello di convivenza. Da dove è possibile ricominciare? La visione alta della politica che ho approfondito allo IUS mi ha dato molto. Ho compreso che occorre scegliere sempre il dialogo, accettando anche i nostri timori e le nostre ambizioni, ma puntando alla verità. Ciascuno di noi, nella sua identità profonda, è costituito dall’Altro: dalle identità altrui. In politica, il dialogo diventa una vera e propria arte da apprendere. In questa prospettiva, ho messo l’accento sulla domanda di Bene più che su quella di Giustizia, una domanda che sembra farsi strada con forza in tutto il Medio Oriente: perché non seguire questa traccia, dopo che, troppo a lungo, l’interrogativo su ciò che è giusto si è dimostrato sterile? Sono convinta che, per questa strada, anche i libanesi ritroveranno il significato e la fecondità del proprio “messaggio”: la coesistenza di culture e religioni diverse, ma soprattutto l’incontro e il dialogo tra esse, per una nuova fioritura, al servizio non solo del Medio Oriente. (altro…)
Lug 29, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
Un evento unico nel suo genere, che segna una novità per le nuove leve di laureandi in Economia in Italia ed Europa: presso l’Ateneo romano LUMSA, una cinquantina di giovani pronunciano e firmano, il 21 e 22 luglio scorsi, un impegnativo codice etico. Diventano così i primi laureati in Economia ad affacciarsi al mondo del lavoro e delle professioni avendo solennemente sottoscritto il loro giuramento etico: la “Promessa Genovesi”. L’iniziativa prende il nome dal primo cattedratico di Economia nella storia, Antonio Genovesi, che già nel 1754 si faceva portavoce, a Napoli, di valori come fiducia, pubblica felicità e mutua assistenza. “È una piccola pergamena – spiega il prof. Luigino Bruni, ideatore dell’iniziativa e docente di economia presso il dipartimento di Scienze economiche della LUMSA – ma avrà la sua forza anche nella dimensione simbolica e ‘rituale’ che la accompagna. Leggere e sottoscrivere pubblicamente la Promessa Genovesi, in un momento così significativo come quello della laurea – come è avvenuto in questo Ateneo e avverrà, ormai, in tutte le prossime sedute di laurea – non è per gli studenti retorica o folklore, ma impegno etico”. La Promessa rappresenta una sfida epocale al tempo della crisi e della precarietà esistenziale e valoriale. “Questa economia uccide”, afferma papa Francesco nella Evangelii gaudium. E il prof. Luigino Bruni aggiunge: “Oggi si muore non solo per motivi legati alla medicina ma – e lo vediamo in maniera drammatica, anche per omissioni o errori commessi da economisti, finanzieri, manager – si muore a seguito di decisioni e condotte non etiche di banche e imprese. Per questo l’impegno etico di un laureato in economia, il giuramento di attenersi a determinati valori e comportamenti, non è meno rilevante di quello richiesto in altre professioni eticamente sensibili, e può contribuire ad innescare un processo virtuoso di cambiamento dell’agire economico e sociale”. Un passaggio importante per la formazione europea di alto profilo perché oggi – come sostiene il Rettore della LUMSA, prof. Giuseppe Dalla Torre – “occorre prestare attenzione all’economia civile, al suo profilo etico e al superamento della concezione individualistica che ora la caratterizza”. Questo il testo della Promessa Genovesi: «Nel ricevere oggi questa Laurea in Economia prometto che mi impegnerò a: 1) Guardare al mercato come un insieme di opportunità di mutuo vantaggio senza discriminazioni di lingua, sesso, credo, colore della pelle, e non come una lotta né una gara dove qualcuno vince a spese di altri; 2) Trattare i lavoratori mai solo come un costo, né solo come un capitale o una risorsa dell’impresa; 3) Riconoscere nella mia pratica professionale che lavoratori, soci, colleghi, fornitori e clienti sono prima di tutto persone, e con questa dignità vorrò rispettarle, valorizzarle, onorarle; 4) Rapportarmi con i miei interlocutori con benevolenza, fiducia, correttezza, giustizia, magnanimità, moralità e rispetto di ogni persona, convinto/a che l’etica della persona sia anche la migliore strada per una economia buona e sostenibile; 5) Vivere il mio lavoro come luogo di realizzazione personale e come contributo al Bene comune». (altro…)
Lug 25, 2014 | Chiara Lubich, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Tra la gente di Gaza prevale lo sconforto. Unico aiuto sono le parole del Papa e il sostegno delle tante preghiere nel mondo, come racconta una giovane donna del Movimento dei Focolari che vive nella Striscia e che per ragioni di sicurezza mantiene l’anonimato: «R. – Non esiste tregua al conflitto, vediamo solo morte, distruzione e rifugiati per le strade. È una cosa che non si può concepire, non si può credere. Vicino a noi c’è una scuola del servizio Onu per i Rifugiati, ci sono una settantina di persone che vivono in 50 metri quadrati, rifugiati sotto gli alberi. Come si fa a trovare pace in questa situazione? D. – Come è cambiata la vostra vita da quando è iniziato il conflitto? R. – Sinceramente, siamo un popolo già morto. Prima e dopo questa guerra nulla è cambiato. Siamo senza elettricità, senz’acqua, senza lavoro. I giovani stanno morendo psicologicamente: parli con loro e sembra di parlare con una persona di 70 anni senza aspettative nella vita e speranze. L’unica ambizione è avere almeno l’elettricità per due ore durante il giorno e trovare un po’ di carburante D. – Sia Hamas che le autorità di Israele finora hanno detto che non ci si può fermare, bisogna finire quanto iniziato. Lo pensa anche lei? R. – Noi non abbiamo nessuna aspettativa. Tutto quello che abbiamo è la preghiera. Rivolgerci a Dio e affidarci a Lui, perché non c’è nessun governo che ci possa aiutare né arabo né straniero, neanche l’Onu può fare niente. D. – E come può cambiare questa situazione? R. – Se le cose dovessero cambiare sarebbe solo perché chi ha responsabilità e potere si ferma al cospetto di Dio. Solo Dio può fare la differenza, può cambiare i cuori pieni di odio, può cambiare questa realtà di morte e sofferenza D. – Vi giunge notizia delle preghiere e degli appelli del Papa per voi? Servono a sostenervi? R. – Abbiamo ricevuto tutti i messaggi e gli appelli del Papa. Sappiamo che lui ci è vicino e chiede a Dio la nostra protezione con l’intercessione di Maria. E poi tutte le comunità cristiane intorno a noi ci chiamano ogni giorno per non farci sentire soli e ci sostengono con la preghiera. Tutto questo ci aiuta. D. – Lei appartiene al Movimento dei Focolari e quindi alla spiritualità dell’unità che si costruisce con l’amore scambievole, come dice il Vangelo. Come fa a metterla in pratica ora ? R. – Cerco ogni giorno al mattino e alla sera di tenere i contatti con famigliari e amici, sapere come stanno. Molti non hanno più una casa perché distrutta dalle bombe e noi stiamo accogliendo due famiglie rifugiate. Proprio ieri, parlando con loro dicevo: non pensate alla casa, alle cose materiali, l’importante è che siamo vivi e che stiamo insieme. L’importante è che ci siamo l’uno per l’altro. Poi, ogni giorno rendo lode a Dio per la grazia di un nuovo giorno di vita. Questo è già tanto: ancora esistiamo e ancora possiamo darci da fare. D. – Se potesse lanciare un appello cosa direbbe? R. – Vorrei rivolgermi a tutto il mondo, a nome del mio popolo, affinché torni a Dio, e si ricordi che a Gaza cristiani e musulmani siamo una sola famiglia, un unico popolo e un’unica vita, e stiamo subendo tutti la stessa sofferenza. Grazie». Fonte: Radio vaticana online (altro…)