Apr 28, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Sociale
«Con alcuni amici dei Focolari di Bangkok – racconta Luigi Butori, uno dei protagonisti della vicenda –, da tempo cercavamo di portare il nostro aiuto concreto ad alcune famiglie di profughi del Myanmar, dell’etnia karen, che si erano stabilite nel nord della Thailandia. Avevamo condiviso questa esperienza con alcuni amici italiani che ci sostenevano a distanza e ai quali mandavamo periodicamente aggiornamenti fotografici. In particolare, dopo la visita di uno di noi in Italia nell’ottobre 2013, si è creato un rapporto speciale con i bambini della scuola dell’infanzia dell’I.C.G. Giuliano di Latina, i quali hanno dimostrato subito un gran desiderio di far qualcosa per questi coetanei così lontani, ma che ora sentivano vicini. I loro aiuti si sono orientati in particolare ad un orfanotrofio di Mae Sot, nel nord della Thailandia. È stata un’esperienza davvero toccante per noi, arrivare in quei posti, sapendo di essere messaggeri di bambini che a 10 mila km di distanza si davano da fare per inviare i loro piccoli aiuti. I volti dei bimbi s’illuminavano mentre aprivamo gli scatoloni, ai quali abbiamo aggiunto anche cioccolata, latte e altre buone cose, frutto della condivisione di amici buddhisti, cristiani e musulmani. Una festa per i bimbi vedere questi giocatoli: motociclette, camion dei pompieri e piccoli aggeggi che noi non avremmo saputo come far funzionare: i bimbi “karen” invece, in pochi secondi, ne erano già esperti! Abbiamo potuto distribuire aiuti anche ad altri bimbi al campo profughi e in altri “villaggi” (in realtà, capanne raggruppate vicino a fabbriche, oppure a campi di riso). Il dono è sì importante, ma sperimentiamo ogni volta che è più importante guardare la persona negli occhi, porgergli la mano, “toccare l’altro”, fargli sentire che tu sei lì per lui. All’inizio, sembrano pieni di sospetto; ma poi, pian piano s’illuminano di gioia, di speranza e – anche se non capiamo la loro lingua –, sembra che dicano: “Grazie, oggi mi hai fatto felice… Tutto questo è un dono gratuito? Quando ritornerai?”. “Guarda che ci sono e vivo per te… Non aver paura”. L’esperienza è andata avanti anche quest’anno e ancora una volta non ci è stato chiesto alcun pagamento da parte della dogana thailandese, che è rimasta ammirata dai disegni originali e divertenti che i piccoli di Latina avevano applicato ai 30 scatoloni spediti. Abbiamo consegnato il carico tra le risaie e i canali di Mae Sot, dove chi non ha documenti cerca di sopravvivere come può. Ma siamo rimasti anche colpiti da quanto questa esperienza stia cambiando la vita delle famiglie dei bambini di Latina. Un papà ci diceva: “La vita dei nostri figli e anche la nostra è cambiata da quando abbiamo iniziato a fare qualcosa per la popolazione karen, che prima non sapevamo neanche esistesse”. E una mamma: “Grazie che ci date quest’occasione per far qualcosa per gli altri; tanti di noi volevano fare qualcosa di concreto, ma non sapevamo cosa e come. La televisione ci da tante cattive notizie, invece questa è una boccata di gioia e di speranza”. Poi una maestra: “I bambini sono elettrizzati all’idea che i loro giocattoli sono arrivati con una grossa nave dall’altra parte del mondo a dei bambini che non hanno nulla. Una bambina non stava più nella pelle quando ha visto la sua bambola in braccio ad una sua coetanea dell’orfanotrofio di Mae Sot”. Gli occhi non tradiscono e quelli dei genitori sono sinceri. Continueremo a lavorare perché questo sogno, questo miracolo d’amore che unisce Latina e un posto sperduto, tra le montagne, nel nord ovest della Thailandia, continui ancora». Guarda il video http://www.youtube.com/watch?v=m928fDtk-U8 (altro…)
Apr 23, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria, Sociale, Spiritualità
Ancora rimangono impresse nella memoria le tragiche immagini del tifone Haiyan o Yolanda (“uccello delle tempeste”) che si è scatenato su alcuni paesi del Pacifico, specie sulle Filippine, nel novembre 2013. È stato uno dei più forti cicloni tropicali mai registrati e da tutto il mondo. Paesi e organizzazioni solidali si sono mobilitati per far arrivare gli aiuti alle vittime del disastro. Anche le comunità dei Focolari, specie dei paesi vicini, hanno dato il proprio contributo. Come dall’immenso arcipelago che compone l’Indonesia (245 milioni di abitanti), paese che non nuota certo nella ricchezza. Nella città di Yogyakarta, nell’Isola di Giava, giovani e adulti del Movimento si sono dati da fare. Soldi non ne avevano, eppure – si sono detti – “c’è sempre qualcosa che si può ancora dare”. E così hanno organizzato una grande raccolta di beni “avanzati” dalle proprie case, per allestire un “Bazar”. “Si è costituito un comitato per coordinare il lavoro – raccontano –. Il centro dei Focolari è divenuto il punto di raccolta delle donazioni, per cui c’era un via e vai di persone che selezionavano i pezzi e li raggruppavano per categorie con tanto entusiasmo e gioia”. Il “Bazar” era fissato per il 3 e 4 marzo, presso una parrocchia a 20 km da Yogyakarta. Ma nel frattempo sono avvenute le eruzioni dei vulcani Sinabung e Kelud, “e le vittime erano dei nostri connazionali – ricorda Tegar –. Ci siamo chiesti se la gente avrebbe ancora aderito alla nostra iniziativa per vittime più lontane, nelle Filippine”. Non si sono persi d’animo, e pur non trascurando la nuova emergenza, sono andati avanti nell’intento di aiutare dei fratelli ancora più bisognosi. “Sono stata scelta come coordinatrice dell’evento – racconta Endang –. Essendo io stessa una vittima di un terremoto precedente, sapevo cosa ciò significasse e quanta tristezza si prova. Così mi sono impegnata e anche se non avevo soldi, potevo dare però il mio tempo e le mie energie. Pochi giorni prima del ‘Bazar’, in un incontro ho capito cosa significhi quella frase che spesso si sente dire nel Movimento dei Focolari, e cioè che quando ci raduniamo nel nome di Gesù, Lui è presente fra noi. Abbiamo sperimentato, infatti, che se ci mettiamo insieme e lavoriamo nel Suo nome, Egli ottimizza il nostro lavoro”. Anche per William “è stata un’esperienza incredibile. Mi sono impegnato in pieno in quest’attività. Abbiamo puntato soprattutto sulla gente del villaggio che veniva alle Messe del Sabato e della Domenica. Eravamo una ventina al servizio della gente. C’era chi orientava le persone, chi serviva i ‘clienti’ man mano che venivano a guardare e ad ‘acquistare’. C’era anche chi provvedeva alla nostra merenda! Un’esperienza bellissima: sperimentare che quando ami gli altri Dio ti ridà la felicità nel profondo del cuore”. Complessivamente si sono raccolti Rupiah 5,115,700.00 (US$ 452), somma per niente piccola se si considera che circa la metà della popolazione vive con 2 dollari al giorno. “La gioia di tutti non era soltanto perché abbiamo raccolto una bella somma – ci tiene a precisare William – ma per l’amore e il contributo che ciascuno ha dato per aiutare le vittime di Haiyan”. “Credo che attraverso questo ‘Bazar’ – conclude Wulan – si è donato un po’ di felicità non solo alle persone che riceveranno i soldi ma anche a quelli che hanno contribuito con i loro ‘acquisti’. Sono sicuro che l’amore non si fermerà qui ma si espanderà a tanti altri luoghi”. (altro…)
Mar 31, 2014 | Cultura, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Venuta meno la necessità di correre per cacciare o di scalare per conquistare nuovi territori, o di remare per attraversare un fiume, l’uomo ha iniziato a correre, scalare, remare per divertimento e per misurarsi e confrontarsi. La competizione è la ragione ultima di quella appassionante, ma per tanti ingiustificata, attività dell’essere umano chiamata sport che è , oggi più che mai, metafora della vita. È per questo che Sportmeet, espressione del dialogo del Movimento dei Focolari con il mondo dello sport, ha deciso di puntare i riflettori del prossimo congresso internazionale in programma a Pisa dal 3 al 6 aprile proprio su questo tema. Live your challenge, vivi la tua sfida, è il titolo dell’evento. Ma esiste ancora la sana competizione? «Vogliamo confrontarci, con l’aiuto di esperti internazionali e testimoni sportivi – spiega Paolo Cipolli, presidente di Sportmeet – sul valore e sulla criticità della competizione. Essa trova nello sport una modalità d’espressione regolamentata, sana eppure spesso esasperata, coinvolgente e aggregante, educativa e salutare. Ogni giorno abbiamo sfide da affrontare, ciascuno la propria, e il premio non è una medaglia, ma il gusto di essere riusciti a dare il meglio di sé: è questo il senso dell’asticella obliqua del logo del congresso, un ostacolo a misura della nostra diversa e specifica capacità». Interpellati in vista dell’appuntamento di Sportmeet, gli esperti e i testimoni che ne saranno protagonisti lasciano presagire che il congresso offrirà spunti di riflessione ed esperienze di vita vissuta estremamente interessanti. «La competizione sportiva – spiega Bart Vanreusel dell’Università di Lovanio – è una preoccupazione, ma anche una chance, è idealizzata e disprezzata, ma di certo è un’espressione estremamente interessante, oggi, dell’essere umano». È certamente il calcio la disciplina dove, a tutti i livelli, lo spirito competitivo mostra il suo lato migliore e quello più deteriore, come afferma Michel D’Hooghe, membro del board internazionale della Fifa, massimo organismo mondiale del calcio. A tracciare un parallelo fra sport ed economia è Benedetto Gui, docente di economia politica all’università di Padova:«La competizione è un meccanismo sociale indispensabile, sia nell’economia che nella crescita della persona, ma vale il principio che dosi eccessive possono essere nocive. Nello sport si impara a misurarsi con gli altri, ma anche a condividere, e se si mette troppo l’accento sul risultato si perde l’opportunità di godere di quei “beni relazionali” per i quali l’esperienza sportiva è un luogo privilegiato». Lucia Castelli, psicopedagogista di Bergamo, tutor delle giovani promesse dell’Atalanta, da anni è impegnata a promuovere il valore educativo dello sport. E Roberto Nicolis, educatore sportivo sociale presso il C.S.I. di Verona offre un approccio originale alla competizione: «Il termine competizione ha la sua etimologia nel latino cum petere, che significa volere insieme la stessa cosa, e cum petizio vuol dire chiamarsi reciprocamente insieme alla stessa meta. Cum petere è quanto desidera il bambino che chiede: “Posso giocare con voi?”, disponibile a mettersi in gioco, ad accettare le regole, a confrontarsi con se stesso, con gli altri, con la natura, sapendo, responsabilmente, di poter vincere, ma anche perdere». Info su sportmeet.org Programma Congresso Scheda iscrizione (altro…)
Mar 10, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Anche quest’anno l’anniversario della serva di Dio Renata Borlone (Civitavecchia 30/5/1930 – Loppiano 27/2/1990) è stato un momento di riflessione sulla vita cristiana e sullo slancio di portare la pace e la gioia di Cristo ovunque. Appuntamento centrale, la S. Messa celebrata nel Santuario Maria Theotókos, a Loppiano (Italia). «La gioia del Vangelo – come afferma Papa Francesco nell’Evangelii gaudium – riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù», e così è stato dell’esperienza di Renata. Una gioia che scaturisce da un’anima che fin dall’adolescenza si è messa alla ricerca di Dio e delle bellezze della sua creazione e che, conosciuto il Movimento dei Focolari, non ha lesinato energie ed entusiasmo nel testimoniare quotidianamente l’amore e nel contribuire a costruire quell’unità della famiglia umana richiesta da Gesù al Padre nella sua preghiera prima della passione. «La gioia – scriveva Renata nel suo diario – coincide con Dio… possederla sempre vuol dire possedere Dio»; e ancora: «Gioia nel vivere per gli altri», una gioia che «non può essere condizionata da niente, da nessuno» perché «Dio mi ama, anche se sono incapace, se ho fatto tanti pasticci nella vita e continuo a farne», ma anche quella gioia che, paradossalmente, è «spremuta dalla sofferenza» e «cavata dal dolore». Nei ventitré anni quale corresponsabile della cittadella di Loppiano che ora porta il suo nome, Renata Borlone ha testimoniato con coerenza e umiltà alle migliaia di persone che vi passano per un percorso di formazione o anche solo per brevi momenti, la gioia della vita evangelica, dando il suo essenziale contributo alla socialità nuova che la cittadella si impegna a generare, mettendosi sempre al servizio, e vivendo con eccezionale fede la grave malattia che la porterà alla morte. «Sono felice, sono troppo felice – ripeteva negli ultimi istanti della sua esistenza terrena –. Voglio testimoniare che la morte è Vita». E continuando ad intrecciare le parole del Papa e quelle di Renata, colpisce quanto la gioia possa essere non solo frutto ma anche causa del mutamento del mondo e del superamento delle difficoltà. Diceva recentemente Papa Francesco in un’omelia a Santa Marta: «Non si può camminare senza gioia, anche nei problemi, anche nelle difficoltà, anche nei propri sbagli e peccati c’è la gioia di Gesù che sempre perdona e aiuta». E Renata scriveva: «Se io dovessi parlare, metterei in evidenza che la gioia che c’è a Loppiano nasce dalla decisione che ognuno prende di voler morire a se stesso. Direi anche che in questa maniera l’unità dei popoli è già fatta, perché l’olio che esce dall’oliva spremuta è olio, e non si distingue più un’oliva dall’altra…». Dolore e gioia, quindi, sfida e conquista sempre da rinnovarsi e mai ripiegata su sé: «Fa che gli altri siano felici, che il nostro Cielo quaggiù sia la gioia degli altri», «Io non mi donavo a Gesù per essere io felice, ma perché la mia donazione avesse un senso per la gioia, per la felicità di tutti gli altri, di tutti quelli che Dio mi avesse messo vicini». Di Francesco Châtel (altro…)
Mar 9, 2014 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
Nel 1966, alcuni medici e infermiere dei Focolari entrano in contatto con il popolo Bangwa di Fontem, un villaggio immerso nella foresta occidentale del Camerun. Lo scopo è umanitario: sollevare una popolazione colpita dalla malaria e altre malattie tropicali, con una mortalità infantile del 90%. Con l’aiuto di tanti e insieme ai Bangwa, si costruisce un ospedale, una scuola, una chiesa, tante abitazioni… nasce la prima cittadella dei Focolari in Africa. Chiara Lubich visita Fontem nel 1966. Tanti anni dopo, nell’aprile del 1998, ricorderà quel viaggio davanti a 8.000 membri del Movimento riuniti a Buenos Aires: «Mi sono trovata a Fontem quando non c’era la cittadella, che adesso è grandissima, non so quante case… Non c’era niente. C’era il bosco e c’era dentro questa tribù. Ecco, io ricordo che questa tribù in una spianata mi ha fatto una festa (…) naturalmente una festa tipica; erano tante le mogli, per esempio, del Fon, del re, che mi facevano tante danze, ecc. E lì in questa conca, con tutta questa gente che veniva a farmi festa perché io avevo mandato i primi focolarini medici, lì io ho avuto come l’impressione che Dio abbracciasse tutta questa folla, anche se non era cristiana, perché la grandissima maggioranza erano animisti. Ho pensato: “Qui Dio abbraccia tutti. È un po’ come la Cova de Iria in Portogallo, dove quella volta con il sole che veniva giù abbracciava tutti. Qui c’è Dio che abbraccia tutti”». Al ritorno da quel primo viaggio, Chiara risponde così ai giovani focolarini della Scuola di formazione a Loppiano (Italia): «Noi occidentali siamo assolutamente arretrati e non più adatti a vivere i tempi di oggi se non ci spogliamo della mentalità occidentale, perché è mezza mentalità, un terzo, un quarto di mentalità rispetto al mondo. C’è in Africa, per esempio, una cultura così unica, così splendida, così profonda! Bisognerebbe arrivare ad un incontro di culture. Non siamo completi se non “siamo umanità”. Siamo umanità se “abbiamo dentro” tutte le culture». In occasione di un altro viaggio in Africa nel 1992 Chiara, riferendosi all’inculturazione, afferma: «Prima di tutto l’arma potente è il “farsi uno”. Che significa accostare l’altro completamente vuoti di noi stessi, per entrare nella sua cultura e capirlo e lasciar che si esprima, finché l’hai compreso dentro di te. E quando l’hai compreso, allora sì che potrai iniziare il dialogo con lui e passare anche il messaggio evangelico, attraverso le ricchezze che lui già possiede. Il “farsi uno” che richiede l’inculturazione è entrare nell’anima, è entrare nella cultura, è entrare nella mentalità, nella tradizione, nelle consuetudini [dell’altro, ndr], capirle e far emergere i semi del Verbo». C’è un altro momento che segna una tappa importante per il Movimento nella spinta al dialogo con la altre credenze. Quando nel 1977 viene assegnato a Chiara il “Premio Templeton, per il progresso della religione”. Così lei lo ricorda, sempre nel ‘98 a Buenos Aires: «Eravamo a Londra, alla Guildhall… e mi hanno fatto parlare in questa grande sala; erano presenti persone di tutte le fedi… E lì [ho sperimentato, ndr] lo stesso fenomeno: ho avuto l’impressione che Dio abbracciasse tutti…». Nel 2000 Chiara visita Fontem per l’ultima volta. Viene intronizzata dal popolo, attraverso i Fon, come “Mafua Ndem” (Regina a nome di Dio). È la prima volta che una donna straniera e “bianca” diventa così parte del popolo Bangwa. Alla sua morte (2008), le verrà celebrato un funerale da regina. Durante la scuola di religioni tradizionali organizzata dal primo focolarino bangwa, che precede il funerale, i focolarini vengono introdotti nella “foresta sacra” (lefem). È un forte segno di appartenenza a questo popolo. Negli stessi giorni, Maria Voce (attuale presidente dei Focolari), è riconosciuta “successore al trono”. In Africa sorgono le “scuole di inculturazione” per approfondire la conoscenza delle diverse culture. Altre esperienze di dialogo con religioni tradizionali si sono sviluppate in America Latina: le Mariapoli con il popolo Aymara (Bolivia e Perù) e nell’Ecuador con il popolo afro di Esmeralda; o l’interessante e pluriennale “Escuela Aurora” nel nord dell’Argentina, in un impegno di formazione e ricupero delle tradizioni culturali e religiose delle popolazioni delle Andi, nelle valli “calchaquíes”. E ancora, in altri punti del pianeta come in Nuova Zelanda, con gli aborigeni maori. Una spiritualità, insomma, che punta non solo all’unità dei cristiani ma, attraverso il dialogo, a quella della famiglia umana. Il 20 marzo 2014, presso l’Università Urbaniana di Roma, si svolgerà un evento dedicato a “Chiara e le religioni: insieme verso l’unità della famiglia umana”. Vorrebbe evidenziare, a sei anni dalla sua scomparsa, il suo impegno per il dialogo interreligioso. La manifestazione coincide con il 50° della dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” sulla Chiesa e le religioni non cristiane. (altro…)
Mar 7, 2014 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Sociale, Spiritualità
«Lo scorso 23 febbraio – scrivono i focolarini –, assieme ad una rappresentanza della comunità e con la presenza dell’arcivescovo mons. Wilson Tadeu Jönck, abbiamo fatto una semplice e fraterna cerimonia per ufficializzare il trasferimento del focolare maschile alla favela del Morro Mont Serrat, nella periferia della città. L’arcivescovo ha benedetto il nuovo focolare ed ha celebrato la messa nella cappella della comunità locale, concelebrata da Don Vilson Groh, sacerdote volontario del Movimento, auspicando che la vita dei focolarini “sia una testimonianza di santità così come Dio è santo”». Nei presenti si sentiva la gioia di camminare insieme alla Chiesa oggi, che attraverso papa Francesco «continua ad invitarci ad andare incontro all’umanità – aggiunge Keles Lima – vicino alle persone, specialmente quelle più povere”». «È proprio il carisma dell’unità – afferma Lucival Silva –, che ci fa sentire l’importanza di esserci per dare il nostro contributo, insieme a tutte le forze che già lavorano nella Chiesa locale e nel Morro, cercando di essere costruttori di “ponti” che uniscono le persone delle diverse classi sociali, separate spesso dalle mura dell’indifferenza». Contagiava la gioia presente negli occhi dei focolarini coinvolti in quest’avventura e anche della comunità locale del Movimento. Era come riprendersi un pezzo di storia dei Focolari, quando Chiara Lubich con il primo gruppo a Trento ha cominciato dai poveri, fino a capire che «tutte le persone sono candidate all’unità». Don Vilson Groh è da anni che abita e lavora nel Morro portando avanti una rete di iniziative in collaborazione con la società civile, la pubblica amministrazione e il mondo imprenditoriale; azioni finalizzate ad aprire nuove prospettive di vita ai giovani. Francisco Sebok, lavora con lui in uno di questi progetti in un quartiere dominato dal traffico delle droghe. Fabrizio Lucisano già lavora da qualche tempo come medico di famiglia nel Morro; e Keles ha cominciato a lavorare come insegnante nella scuola elementare locale. Completano la squadra dei focolarini due sposati, Miguel Becker e Arion Góes. La casa presa in affitto è modesta, non stona con le altre circostanti. «È piaciuta a tutti – dice gioioso Francisco –; infatti, anche se con pochi mezzi, abbiamo cercato di arredarla con buon gusto. Al momento ha 2 stanze, una sala, una cucina ed un bagno. «Siamo coscienti che non risolveremo il problema sociale del Brasile né di una città – afferma Lucival –, e neanche di questa favela; ma questa esperienza può essere un segnale del nostro Movimento alla Chiesa e alla società, per dire che noi vogliamo camminare insieme a tutti, ricchi e poveri, per contribuire a realizzare il testamento di Gesù “che tutti siano uno”». «Nel 1993 – ricorda Fabrizio –, Chiara Lubich aveva dato al focolare maschile di Florianópolis il nome di “Emmaus”, e lei stessa scriveva: “Dove Gesù era tra i discepoli, simbolo di Gesù in mezzo, che illuminava le scritture….”. Abbiamo voluto mettere questo augurio di Chiara all’entrata del focolare per ricordarcelo sempre». (altro…)