Movimento dei Focolari
Genfest, dove il mondo unito è già realtà

Genfest, dove il mondo unito è già realtà

«Alcuni decenni fa le grandi manifestazioni giovanili avevano un significato particolare. Ora il mondo è cambiato. Con la crescente mobilità i giovani possono fare tante valide esperienze internazionali. Attraverso i social network  sembra loro di potersi incontrare facilmente anche nel nome di ideali comuni. Ormai sono numerosi i meeting e le conferenze internazionali con dei documenti finali, ma con poco impatto concreto sul mondo. In questo contesto come vede Lei il ruolo e il significato del Genfest? La situazione cambiata quale riflessione chiede al Movimento?» «Dopo 12 anni dall’ultima edizione, questo Genfest era attesissimo da tutti nel Movimento. E i giovani si sono dati un anno di Genfest, dal 1° maggio 2012 al 1° maggio 2013, proprio a significare che l’uno e l’altro aspetto ne fanno parte, quello della grande manifestazione internazionale e quello della continuità nella vita quotidiana, che loro vivono anche nel web. Nel messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali del 2011, il Papa ha fatto un’importante riflessione sulla “vasta trasformazione culturale” che le nuove tecnologie producono, cambiando non solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa. Il Papa fa una lucida analisi delle potenzialità e dei limiti dei social network, in cui i giovani vivono, e invita i cristiani ad esservi presenti con creatività, “perché questa rete è parte integrante della vita umana”. “II web – dice il Papa – sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa”. D’altra parte, sottolinea che, “il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita”. Ne siamo convinti anche noi e l’entusiasmo e l’impegno, gli sforzi fatti da tanti per essere a Budapest ce lo conferma: i giovani hanno sete di rapporti autentici, “globalizzanti” direi, che coinvolgano l’intera persona. E’innegabile che solo nel contatto diretto si può sperimentare appieno la gioia dell’incontro con l’altro, la sfida e la ricchezza della diversità, la forza di un ideale condiviso per cui spendersi insieme… Il Genfest è un momento in cui vedere realizzata già quell’unità e fraternità in cui questi giovani credono e per le quali si impegnano. Il Movimento comunque si pone davanti a questa sfida con la consapevolezza che il dono che Dio gli ha dato, il carisma dell’unità, è più che mai consono alla chiamata dell’umanità a vedersi e a vivere come una sola famiglia, in un’interdipendenza e solidarietà che questa nuova situazione culturale accelera e sottolinea. Poi le forme, i metodi, vanno cercati, elaborati. Naturalmente questa riflessione è già iniziata e viene portata avanti nel Movimento, sia a livello globale che anche nelle sue manifestazioni concrete locali. Credo che questo Genfest, non solo come manifestazione, ma come fenomeno di condivisione che i giovani hanno cominciato nella preparazione e prosegue con progetti concreti, è un importantissimo passo, un’esperienza che ci darà spunti notevoli. Ed è interessante soprattutto portare avanti questa riflessione insieme, giovani e adulti.» Leggi tutto: http://www.magyarkurir.hu/node/41764


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Al via il master in medicina “La cura alla fine della vita”.

Al via il master in medicina “La cura alla fine della vita”.

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“La cura alla fine della vita. Clinica, Etica, Organizzazione, Continuità Assistenziale”. Sono aperte fino al giorno 8 novembre 2012 le iscrizioni al Master universitario di I livello in “La cura alla fine della vita. Clinica, Etica, Organizzazione, Continuità Assistenziale”. Il Master è istituito dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, per iniziativa della Facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” – Dipartimento di Geriatria Neuroscienze Ortopedia, in collaborazione con: – Società Italiana di Gerontologia e Geriatria – Gruppo di Studio “La cura nella fase terminale della vita” – Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum” – Associazione “Medicina Dialogo Comunione” – Associazione Chiara Lubich per la Pneumologia ONLUS” – Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio ONLUS Il Master tratterà in una prospettiva interdisciplinare la cura delle persone nella fase terminale della vita, al fine di preparare i professionisti che operano in questo ambito ad offrire le migliori risposte assistenziali ai morenti e alle loro famiglie. Saranno considerati gli aspetti clinici, di nursing, etici, psicologici, spirituali, culturali e religiosi riguardanti l’assistenza alla persona morente e il post mortem, finora spesso considerati separatamente sia dalla medicina che dal nursing. Sarà approfondita anche l’area organizzativo-assistenziale e legislativa. E’ prevista inoltre una formazione che si prenda cura degli stessi operatori coinvolti, degli aspetti emotivi e degli atteggiamenti connessi all’ambito assistenziale del fine vita. Il Master universitario di primo livello ha la durata di un anno accademico per complessivi 60 crediti, pari a 1500 ore. Destinatari • Laureati in Medicina e Chirurgia • Laureati in Psicologia, Sociologia, Teologia e ulteriori lauree ritenute equipollenti dalla commissione di selezione • Diplomati di laurea triennale abilitante all’esercizio di una delle professioni sanitarie o titolo equipollente secondo quanto disposto dall’art. 4 comma 1 della Legge 26 febbraio 1999 n. 42 e dall’art.1, comma 10 della Legge 8 gennaio 2002 n. 1. Il numero degli ammessi al Master universitario in “La cura alla fine della vita. Clinica, Etica, Organizzazione, Continuità Assistenziale” è fissato in un minimo di 20 e in un massimo di 40. La quota di partecipazione è di 2.500 €. Sono previste alcune borse di studio. Per l’ammissione al Master, i candidati dovranno presentare il curriculum vitae e studiorum e superare una prova consistente in un colloquio. La data della prova di ammissione al master è il 28 novembre 2012. Direttore del master: Prof. Roberto Bernabei Coordinatore didattico: Flavia Caretta Per ulteriori informazioni: Dr. Flavia Caretta Dipartimento per l’Assistenza Sanitaria di Geriatria Neuroscienze Ortopedia Università Cattolica del Sacro Cuore Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” Largo F. Vito, 1 – 00168 Roma tel 06/30154916 fax 06/3052469 email: flavia.caretta@rm.unicatt.it (altro…)

Quando il dialogo vince sulla diversità

Quando il dialogo vince sulla diversità

«La nostra storia – racconta Lucia – comincia 42 anni fa quando abbiamo deciso di condividere il nostro cammino. Frequentandoci, però, abbiamo scoperto di non pensare allo stesso modo, soprattutto nel campo religioso: io avevo la fede, lui no. All’inizio, non mi sono preoccupata; non credevo che questo avrebbe influenzato la nostra vita futura insieme. Invece, il primo scontro lo abbiamo avuto quando, rimasta incinta, bisognava decidere se portare avanti la gravidanza o no. «Ero troppo giovane – continua Tonino – per pensarmi come padre e marito; ero ancora studente, avevo tanti progetti per il futuro, ed ora mi ritrovavo a dover prendere una decisione che ti cambia la vita! A malincuore ho accettato la determinazione di Lucia di tenere il nascituro e di celebrare il matrimonio in Comune. Durante la gravidanza tutto è andato bene ma, appena è nata la bambina, mi sono sentito di nuovo schiacciato da un’enorme responsabilità tanto da fuggire da tutto e tutti. «All’improvviso mi sono ritrovata sola – anche se i miei genitori non mi hanno mai abbandonata -, con una bambina da crescere. Gli anni successivi furono all’insegna della sofferenza, soprattutto quando lui decise di chiedere la separazione. «Volevo vivere la mia vita – conferma Tonino –. Ottenni la separazione e, successivamente, il divorzio. Ero nuovamente libero. Molto spesso, però, mi ritrovavo a pensare a loro, e fu così che maturai la decisione di ritornare sui miei passi. Ricominciai a corteggiare la mia ex moglie e a vedere mia figlia. Ben presto sentimmo il bisogno di una nostra casa, della nostra intimità, per ricostruire la famiglia. Accettai anche di celebrare il nuovo matrimonio in chiesa. «Quegli anni pieni di sofferenze e tormenti ormai facevano parte del passato – ricorda Lucia. Avevamo una nuova vita e anche una seconda figlia, Valentina. Con la sua nascita è cominciato un periodo di maggiore serenità, dovuto sia ad una conquistata sicurezza lavorativa ed economica sia al fatto che, pian piano, cominciavo ad accettare di vivere la mia vita accanto ad una persona così diversa da me. Dopo qualche anno all’improvviso, nella nostra famiglia, a stravolgere tutto, è arrivato il Movimento dei focolari! Valentina, invitata da un’insegnante, aveva conosciuto le Gen4, le bambine dei Focolari. E’ iniziato per lei, e successivamente per noi, un cammino diverso. «Mi toccava accompagnare Valentina agli incontri delle Gen4 – spiega Tonino. Quando andavo a riprenderla era sempre contenta e, appena entrata in macchina, si scusava del ritardo (mi faceva aspettare sempre almeno mezz’ora) e cominciava a raccontarmi la sua bella serata. Contaminato da questo suo entusiasmo e dalla festosa accoglienza che tutti nel Movimento – pur non avendo io nessun riferimento religioso -, mi riservavano, sono diventato anch’io un componente di questa famiglia. Inizialmente mi sono inserito nel gruppo degli “amici del dialogo”, formato da persone di convinzioni diverse. «Qualche tempo dopo anch’io – incuriosita che un movimento cattolico accettasse mio marito non credente –, cominciai a frequentarlo, e man mano che approfondivo la conoscenza della spiritualità focolarina tante domande trovavano risposta. Di strada insieme ne abbiamo fatta; tante barriere sono state abbattute. Ho imparato ad ascoltare, senza la paura di perdere me stessa, e a dare spazio al silenzio interiore ed esteriore per accogliere e capire l’altro. «La nostra diversità, non solo religiosa – sottolinea Tonino –, non ha affatto ostacolato il nostro percorso di vita insieme. La scelta di Valentina, di diventare focolarina, non mi ha trovato impreparato, avendo condiviso tanto con lei; il rapporto tra noi non si è minimamente scalfito, anzi, si è maggiormente consolidato, a differenza di Lucia che, seppur all’inizio, non l’ha accettata di buon grado. «Per me, non è stato subito facile accettare la scelta di Valentina – confessa Lucia. Avrei voluto che facesse prima altre esperienze, come per es. avere un fidanzato, un lavoro, in modo da poter confrontare le due realtà e decidere serenamente. Lei invece sentiva fortemente che quella era la sua strada. Ormai sono otto anni che è in focolare, sempre più convinta. Ora sono contenta di averla assecondata: pur essendosi consacrata a Dio, non trascura mai il suo rapporto con tutta la famiglia. «Ringrazio Chiara Lubich e tutta la comunità di cui faccio parte – conclude Tonino –, per aver dato a me e a tutti coloro che condividono il mio stesso pensiero, l’opportunità di rafforzare questo desiderio di unità per seguire un cammino basato sui valori fondamentali della fraternità e dell’amore verso il prossimo.» A cura del Centro internazionale per il dialogo tra persone di convinzioni non religiose (altro…)

Una scoperta, mentre la terra trema

Una scoperta, mentre la terra trema

«Sono arrivata a casa da mia madre, poche ore dopo la prima grossa scossa di terremoto. Abbiamo cercato di capire cosa fare, come organizzarci per la notte… ogni pochi minuti ci sembra di dover scappare! E come fare con le persone sole che vivono nel mio stesso palazzo? Con un po’ di coraggio, le invito tutte ad uscire insieme, a sistemarci per la notte presso la palestra comunale vicina, dove la Protezione Civile sta allestendo un Centro di accoglienza. Intorno a noi un centinaio di sguardi persi, bambini e neonati in lacrime, anziani in carrozzella… Taccio, perché chi soffre ha una sensibilità particolare che non ha bisogno di tante parole. Le persone sentono l’amore attraverso piccoli atti concreti. È quello che cerco di fare quella notte. Ma dentro il cuore si spacca in due.Arriva un momento in cui ogni parola sembra inutile: come spiegare che la mia terra – mai si sarebbe detto – ha ingoiato la vita di persone che, fino a ieri, avevano un’esistenza tranquilla e senza troppi sussulti, nonostante la crisi? La terra continua a tremare. Il tempo scorre inesorabile e lentissimo, la notte sembra non finire mai. E così i giorni successivi, ogni attimo… Dopo aver sistemato l’appartamento per la caduta di un mobile e la rottura di altri oggetti di poco valore, convinco finalmente mia mamma ad allontanarsi dalla zona “rossa”, a sistemarsi da mia sorella a circa 150 Km di distanza. Poi una seconda scossa, la mia città natale è ora una città fantasma: molte case distrutte, migliaia le persone che dormono fuori casa, nelle tende o lontano. E la terra continua a tremare. A Modena una maestra racconta: “Questa mattina, mi sono trovata sotto la cattedra a stringere sul pavimento il braccio del bambino che si trovava più vicino a me, e che tremava, mentre gli altri mi chiamavano e io non potevo che dire loro: state tranquilli. Venti secondi sono un soffio, ma possono diventare un’eternità. Qualcuno piange, ma escono tutti dietro a me. Ci si aggrappa a poche cose certe, all’altro che si ha a fianco. In mezzo al giardino, tra gli alberi, i genitori arrivano alla spicciolata, le facce terree che cercano l’unica cosa rimasta salda nel terremoto: le facce dei loro figli.” Ho negli occhi la tristezza e gli sguardi sconsolati delle persone che conosco del mio paese, degli anziani soprattutto, e dei bambini … e anche dei sacerdoti che non hanno più una chiesa in piedi: Gesù Eucaristia è stato il primo sfollato, da tutti i paesi colpiti. Le chiese di mattoni non ci sono più, ma il primo mattone da ricostruire siamo noi. La domanda a cui rispondere: c’è qualcosa nella vita che non trema? Cosa vuole dirci il Signore con tutto questo? Alle volte la sua è una scrittura “illeggibile”. Ci vuole fede, e se ne basta un pizzico per “spostare le montagne” chiediamo che possa davvero “fermare le pianure”! C’è qualcosa che non trema? Sì, Dio Amore. Tutto può crollare, ma Dio resta. Intanto arrivano messaggi da tutte le parti del mondo, da amici, parenti: siamo con voi, preghiamo per voi, siamo lo stesso corpo e quando una parte soffre tutto il corpo soffre. Sì, siamo una cosa sola e questo dà forza, dà energia e vita nuova! La gente emiliana è forte, tenace e lavoratrice. Ha un profondo senso della solidarietà e della condivisione. Le maestre del mio paese, alcuni giorni dopo la chiusura delle scuole, sono andate nei campi di raccolta e di accoglienza, vestite da pagliacci per fare giocare i loro alunni che avevano passato la notte nelle tende o nelle auto… Stiamo vivendo un tempo di buio, ma c’è anche la speranza che le macerie non siano la parola “fine”.» Sr. Carla Casadei, sfp (altro…)