Dic 28, 2017 | Parola di Vita
La Parola di vita di questo mese richiama un versetto dell’Inno di Mosè, un brano dell’Antico Testamento in cui Israele esalta l’intervento di Dio nella propria storia. È un canto che proclama la Sua azione decisiva per la salvezza del popolo, nel lungo percorso dalla liberazione dalla schiavitù in Egitto fino all’arrivo nella Terra promessa. È un cammino che conosce difficoltà e sofferenza, ma che si realizza sotto la guida sicura di Dio anche attraverso la collaborazione di alcuni uomini, Mosé e Giosué, che si mettono al servizio del Suo disegno di salvezza. “Potente è la tua mano, Signore”. Quando noi pensiamo alla potenza, facilmente la associamo alla forza del potere, spesso causa di sopraffazione e conflitti tra persone e tra popoli. Invece, la parola di Dio ci rivela che la vera potenza è l’amore, così come si è manifestata in Gesù. Egli ha attraversato tutta l’esperienza umana, fino alla morte, per aprirci la strada della liberazione e dell’incontro con il Padre. Grazie a Lui si è manifestato il potente amore di Dio per gli uomini. “Potente è la tua mano, Signore”. Se guardiamo a noi stessi, dobbiamo riconoscere con franchezza i nostri limiti. La fragilità umana, in tutte le sue espressioni – fisica, morale, psicologica, sociale – è una realtà innegabile. Ma è proprio qui che possiamo sperimentare l’amore di Dio. Egli, infatti, vuole la felicità per tutti gli uomini, suoi figli, e per questo è sempre disponibile ad offrire il suo aiuto potente a quanti si mettono con mitezza nelle sue mani per costruire il bene comune, la pace, la fraternità. Questa frase è stata sapientemente scelta per celebrare in questo mese la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Quanta sofferenza siamo stati capaci di infliggerci a vicenda in questi secoli, scavando spaccature e sospetti, dividendo comunità e famiglie “Potente è la tua mano, Signore”. Abbiamo bisogno di chiedere con la preghiera la grazia dell’unità, come dono di Dio; allo stesso tempo possiamo anche offrirci ad essere Suoi strumenti d’amore per costruire ponti. In occasione di un convegno presso il Consiglio ecumenico delle chiese, a Ginevra nel 2002, Chiara Lubich, invitata ad offrire il suo pensiero e la sua esperienza, ha detto: “Il dialogo si svolge in questo modo: anzitutto ci si mette sullo stesso piano del nostro partner chiunque esso sia; poi lo si ascolta, facendo il vuoto completo dentro di noi … In questa maniera si accoglie l’altro in sé e lo si comprende … Perché ascoltato con amore, l’altro è, così, invogliato a sentire anche la nostra parola”.[1] In questo mese, approfittiamo dei nostri contatti quotidiani, per stringere o recuperare rapporti di stima e amicizia con persone, famiglie o gruppi appartenenti a chiese diverse dalla nostra. E perché non estendere la nostra preghiera e la nostra azione anche alle fratture all’interno della nostra stessa comunità ecclesiale, come anche in politica, nella società civile, nelle famiglie? Potremo testimoniare anche noi con gioia: “Potente è la tua mano, Signore”. Letizia Magri _______________________________ [1] Cfr. C. Lubich, L’unità e Gesù crocifisso e abbandonato fondamento per una spiritualità di comunione, Ginevra, 28 ottobre 2002. (altro…)
Nov 29, 2017 | Parola di Vita, Spiritualità
Una giovane donna, nella sua casa della Palestina, in una anonima periferia del potente impero romano, riceve una visita inaspettata e sconvolgente: un messaggero di Dio le porta un invito e aspetta una sua risposta. “Rallegrati!” le dice l’Angelo salutandola; poi le rivela l’amore gratuito di Dio per lei e le chiede di collaborare al compimento del Suo disegno sull’umanità. Maria accoglie, nello stupore e nella gioia, il dono di questo incontro personale con il Signore e si dona totalmente a sua volta a questo progetto ancora sconosciuto, per la piena fiducia che ripone nell’amore di Dio. Con il suo “Eccomi!” generoso e totale, Maria si mette con decisione al servizio di Lui e degli uomini indicando a tutti, col suo esempio, un modo luminoso di adesione alla volontà di Dio. “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” Meditando su questa frase del Vangelo, Chiara Lubich ha scritto: “Per adempiere i suoi disegni Dio ha bisogno solo di persone che si consegnino a Lui con tutta l’umiltà e la disponibilità d’una serva. Maria – vera rappresentante dell’umanità di cui assume il destino – con questo atteggiamento lascia a Dio tutto lo spazio per la sua attività creatrice. Ma, siccome «servo del Signore» oltre che un’espressione d’umiltà, era anche un titolo di nobiltà, che veniva attribuito ai grandi servitori della storia della salvezza, come Abramo, Mosè, Davide e i Profeti, Maria con queste parole afferma tutta la sua grandezza”.[1] “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” Anche noi possiamo scoprire la presenza di Dio nella nostra vita ed ascoltare quella “parola” che rivolge a noi, per invitarci a realizzare nella storia, qui e adesso, un tassello del Suo disegno d’amore. La nostra fragilità ed un senso di inadeguatezza potrebbero bloccarci. Facciamo nostra, allora, la parola dell’Angelo: “Nulla è impossibile a Dio”[2] e diamo fiducia alla Sua potenza più che alle nostre forze. E’ un’esperienza che ci libera dai condizionamenti e dalla presunzione di bastare a noi stessi, fa emergere le nostre migliori energie e le risorse che non pensavamo di avere e ci rende finalmente capaci di amare a nostra volta. Racconta una coppia di sposi: “Fin dall’inizio del nostro matrimonio, abbiamo aperto la nostra casa ai familiari dei bambini ricoverati negli ospedali della nostra città. Sono passate da casa nostra oltre cento famiglie, ma abbiamo sempre cercato di essere famiglia per loro. Spesso la Provvidenza ci ha aiutato a sostenere anche economicamente questa accoglienza, ma doveva arrivare prima la nostra disponibilità; ultimamente abbiamo ricevuto una somma di denaro ed abbiamo pensato di tenerla da parte, sicuri che sarebbe stata utile per qualcuno. Infatti, poco dopo è arrivata un’altra richiesta. E’ tutto un gioco d’amore con Dio e noi dobbiamo solo essere docili e stare al gioco”. “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” Per vivere questa frase del Vangelo, può aiutarci il suggerimento di Chiara di accogliere la Parola di Dio come ha fatto Maria: “ … con totale disponibilità, sapendo che non è parola d’uomo. Essendo Parola di Dio, contiene in sé una presenza di Cristo. Accogli dunque Cristo in te nella sua Parola. E con attivissima prontezza mettila in pratica, momento per momento. Se così farai, il mondo rivedrà Cristo passare per le vie delle nostre moderne città, Cristo in te, vestito come tutti, che lavora negli uffici, nelle scuole, nei più vari ambienti, in mezzo a tutti.”[3] In questo periodo di preparazione al Natale, cerchiamo anche noi, come ha fatto Maria, un po’ di tempo per stare a “tu per tu” con il Signore, magari leggendo una pagina del Vangelo. Proviamo a riconoscere la Sua voce nella nostra coscienza, illuminata così dalla Parola e resa sensibile alle necessità dei fratelli che incontriamo. Chiediamoci: in che modo posso essere una presenza di Gesù oggi, per contribuire, lì dove vivo, a fare della convivenza umana una famiglia? L’ “eccomi” con cui risponderemo permetterà a Dio di seminare pace intorno a noi e di far crescere la gioia nel nostro cuore. Letizia Magri ______________________________________________ [1] Cfr. Chiara Lubich , Non perdere l’occasione, Citta Nuova, 25, [1981], 22, p. 40. [2] Cfr. Lc 1,37 [3] Cfr. Chiara Lubich , Non perdere l’occasione, Citta Nuova, 25, [1981], 22, pp. 40-41. (altro…)
Ott 29, 2017 | Parola di Vita, Spiritualità
Gesù, rivolgendosi alla folla che lo seguiva, annunciava la novità dello stile di vita di quelli che vogliono essere suoi discepoli, uno stile “controcorrente” rispetto alla mentalità più diffusa . Al suo tempo, come anche oggi, era facile fare discorsi moralistici e poi non vivere coerentemente, ma piuttosto cercare per sé posti di prestigio nel contesto sociale, modi per emergere e servirsi degli altri per ottenere vantaggi personali. Ai suoi Gesù chiede di avere tutt’altra logica nelle relazioni con gli altri, quella che Egli stesso ha vissuto: “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”. In un incontro con persone desiderose di scoprire come vivere il vangelo, Chiara Lubich ha così condiviso la sua esperienza spirituale: “Si deve sempre puntare lo sguardo nell’unico Padre di tanti figli. Poi guardare tutte le creature come figlie di un unico Padre … Gesù, modello nostro, ci ha insegnato due sole cose, che sono una: ad essere figli di un solo Padre e ad essere fratelli gli uni degli altri …. Dio dunque ci chiamava alla fratellanza universale” . Ecco la novità: amare tutti come ha fatto Gesù, perché tutti sono – come me, come te, come ogni persona sulla terra – figli di Dio, amati e attesi da sempre da Lui. Si scopre così che il fratello da amare concretamente, anche con i muscoli, è ognuna di quelle persone che incontriamo quotidianamente. E’ il papà, la suocera, il figlio piccolo e quello ribelle; il carcerato, il mendicante e il disabile; il capo ufficio e la signora delle pulizie; il compagno di partito e chi ha idee politiche diverse dalle nostre; chi è della nostra fede e cultura come pure lo straniero. L’atteggiamento tipicamente cristiano per amare il fratello è servirlo: “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”. Ancora Chiara: “Aspirare costantemente al primato evangelico col mettersi, il più possibile, al servizio del prossimo[…] E quale è il modo migliore per servire? Farsi uno con ogni persona che incontriamo, sentendo in noi i suoi sentimenti: risolverli come cosa nostra, fatta nostra dall’amore […] Cioè non vivere più ripiegati su noi stessi, cercar di portare i suoi pesi, di condividere le sue gioie”. Ogni nostra capacità e qualità positiva, tutto quello per cui possiamo sentirci “grandi” è una imperdibile opportunità di servizio: l’esperienza sul lavoro, la sensibilità artistica, la cultura, ma anche la capacità di sorridere e di far sorridere; il tempo da offrire per ascoltare chi è nel dubbio o nel dolore; le energie della giovinezza, ma anche la forza della preghiera, quando quella fisica viene a mancare. “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”. E questo amore evangelico, disinteressato, prima o poi accende nel cuore del fratello lo stesso desiderio di condivisione, rinnovando i rapporti in famiglia, in parrocchia, nei luoghi di lavoro o di svago e mettendo le basi per una nuova società. Hermez, adolescente del Medio Oriente, racconta: “Era domenica, e appena sveglio ho chiesto a Gesù di illuminarmi nell’amare durante tutto il giorno. Mi sono accorto che i miei genitori erano andati a Messa e mi è venuta l’idea di pulire e sistemare la casa. Ho cercato di curare ogni particolare, perfino i fiori sul tavolo! Poi ho preparato la colazione, sistemando ogni cosa. Al rientro, i miei genitori erano sorpresi e felicissimi di quanto avevano trovato. Quella domenica abbiamo fatto colazione nella gioia come mai era successo, dialogando su tante cose, e ho potuto condividere con loro le molte esperienze vissute durante tutta la settimana. Quel piccolo atto di amore aveva dato il “la” ad una bellissima giornata!” Letizia Magri (altro…)
Set 28, 2017 | Parola di Vita
L’apostolo Paolo, mentre si trova in carcere a causa della sua predicazione, scrive una lettera alla comunità cristiana della città di Filippi. E’ stato proprio lui il primo a portare lì il Vangelo e tanti hanno creduto e si sono impegnati con generosità nella nuova vita, testimoniando l’amore cristiano anche quando Paolo è dovuto partire. Queste notizie danno a lui una grande gioia e per questo la sua lettera è piena di affetto per i filippesi. Egli dunque li incoraggia ad andare avanti, a crescere ancora come singoli e come comunità, e per questo ricorda il loro modello, dal quale imparare lo stile di vita evangelico: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”. E quali sono questi “sentimenti”? Come è possibile conoscere i desideri profondi di Gesù, per imitarlo? Paolo lo ha capito: Cristo Gesù, il Figlio di Dio, ha svuotato se stesso ed è sceso in mezzo a noi; si è fatto uomo, totalmente al servizio del Padre, per permettere a noi di diventare figli di Dio[1]. Ha realizzato la sua missione attraverso il modo di vivere di tutta la sua esistenza: si è continuamente abbassato per raggiungere chi era più piccolo, debole, insicuro, per risollevarlo, per farlo sentire finalmente amato e salvato: il lebbroso, la vedova, lo straniero, il peccatore. “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”. Per riconoscere e coltivare in noi i sentimenti di Gesù, riconosciamo prima di tutto in noi stessi la presenza del suo amore e la potenza del suo perdono; poi guardiamo a lui, facendo nostro il suo stile di vita, che ci spinge ad aprire il cuore, la mente e le braccia per accogliere ogni persona così com’è. Evitiamo ogni giudizio verso gli altri, ma invece lasciamoci arricchire dal positivo di chi incontriamo, anche quando è nascosto da un cumulo di miserie e di errori e ci sembra di “perdere tempo” in questa ricerca. Il sentimento più forte di Gesù che possiamo fare nostro è l’amore gratuito, la volontà di metterci a disposizione degli altri con i nostri piccoli o grandi talenti, per costruire coraggiosamente e concretamente rapporti positivi in tutti i nostri ambienti di vita; è saper affrontare anche le difficoltà, le incomprensioni, le divergenze con spirito di mitezza e con la determinazione di trovare le strade del dialogo e della concordia. “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”. Chiara Lubich, che per tutta la vita si è lasciata guidare dal Vangelo e ne ha sperimentato la potenza, ha scritto: “Imitare Gesù significa comprendere che noi cristiani abbiamo senso se viviamo per gli altri, se concepiamo la nostra esistenza come un servizio ai fratelli, se impostiamo tutta la nostra vita su questa base. Allora avremo realizzato ciò che a Gesù sta più a cuore. Avremo centrato il Vangelo. E saremo veramente beati”.[2] Letizia Magri ________________________________________________ [1] Cfr. Gal 4,6: “E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!» ”. Anche Gv 1,12: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. [2] Cfr. C. Lubich, Beati quelli che si amano a vicenda, Città Nuova, 26, (1982), 6, p.43. (altro…)
Ago 28, 2017 | Parola di Vita
Gesù è nel mezzo della sua vita pubblica, nel pieno del suo annuncio che il Regno di Dio è vicino, e si prepara ad andare a Gerusalemme. I suoi discepoli, che hanno intuito la grandezza della sua missione ed hanno riconosciuto in lui l’Inviato di Dio atteso da tutto il popolo di Israele, si aspettano finalmente la liberazione dalla potenza romana e l’alba di un mondo migliore, portatore di pace e prosperità. Ma Gesù non vuole alimentare queste illusioni; dice chiaramente che il suo viaggio verso Gerusalemme non lo porterà al trionfo, ma piuttosto al rifiuto, alla sofferenza ed alla morte; rivela anche che il terzo giorno risorgerà. Parole difficili da comprendere ed accettare, tanto che Pietro reagisce e mostra di rifiutare un progetto tanto assurdo; cerca anzi di dissuadere Gesù. Dopo un secco rimprovero a Pietro, Gesù si rivolge a tutti i discepoli con un invito sconvolgente: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Ma cosa chiede Gesù ai suoi discepoli di ieri e di oggi, con queste parole? Vuole che disprezziamo noi stessi? Che ci votiamo tutti ad una vita ascetica? Ci chiede di cercare la sofferenza per essere più graditi a Dio? Questa Parola ci esorta piuttosto ad incamminarci sui passi di Gesù, accogliendo i valori e le esigenze del Vangelo per assomigliare a Lui sempre di più. E questo significa vivere con pienezza la vita tutta intera, come ha fatto Lui, anche quando sul cammino appare l’ombra della croce. “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Non possiamo negarlo: ognuno ha la sua croce: il dolore, nelle sue varie forme, fa parte della vita umana, ma ci appare incomprensibile, contrario al nostro desiderio di felicità. Eppure è proprio lì che Gesù ci insegna a scoprire una luce inaspettata. Come avviene quando, entrando talvolta in alcune chiese, scopriamo quanto meravigliose e luminose siano le loro vetrate, che dall’esterno apparivano buie e senza bellezza. Se vogliamo seguirlo, Gesù ci chiede di fare un completo capovolgimento di valori, spostando noi stessi dal centro del mondo e rifiutando la logica della ricerca dell’interesse personale. Ci propone di fare più attenzione alle esigenze degli altri, che alle nostre; di spendere le nostre energie per far felici gli altri, come lui, che non ha perso un’occasione per confortare e dare speranza a quelli che ha incontrato. E con questo cammino di liberazione dall’egoismo può iniziare per noi una crescita in umanità, una conquista della libertà che realizza pienamente la nostra personalità. “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Gesù ci invita ad essere testimoni del vangelo, anche quando questa fedeltà è messa alla prova dalle piccole o grandi incomprensioni dell’ambiente sociale in cui viviamo. Gesù è con noi, e ci vuole con Lui in questo giocarci la vita per l’ideale più ardito: la fraternità universale, la civiltà dell’amore. Questa radicalità nell’amore è un’esigenza profonda del cuore umano, come testimoniano anche personalità di tradizioni religiose non cristiane, che hanno seguito la voce della coscienza fino in fondo. Scrive Gandhi: “Se qualcuno mi uccidesse e io morissi con una preghiera per il mio assassino sulle labbra, e il ricordo di Dio e la consapevolezza della sua viva presenza nel santuario del mio cuore, allora soltanto si potrà dire che ho la nonviolenza dei forti”.1 Chiara Lubich ha trovato nel mistero di Gesù crocifisso e abbandonato la medicina per sanare ogni ferita personale ed ogni disunità tra persone, gruppi e popoli, ed ha condiviso con tanti questa scoperta. Nel 2007, in occasione di una manifestazione di Movimenti e Comunità di varie Chiese a Stoccarda, ha scritto: “Pure ciascuno di noi, nella vita, soffre dolori almeno un po’ simili ai suoi. ( …) Quando sentiamo (….) questi dolori, ricordiamoci di lui che li ha fatti propri: sono quasi una sua presenza, una partecipazione al suo dolore. Facciamo come Gesù, che non è rimasto impietrito, ma aggiungendo a quel grido le parole: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46), si è riabbandonato al Padre. Come lui anche noi possiamo andare al di là del dolore e superare la prova dicendogli: “Amo in essa te, Gesù abbandonato; amo te, mi ricorda te, è una tua espressione, un tuo volto”. E, se nel momento seguente ci buttiamo ad amare il fratello e la sorella e ad attuare ciò che Dio vuole, sperimentiamo, il più delle volte, che il dolore si trasforma in gioia (…). I piccoli gruppi in cui viviamo (…) possono conoscere piccole o grandi divisioni. Anche in quel dolore possiamo vedere il Suo volto, superare quel dolore in noi e far di tutto per ricomporre la fraternità con gli altri. (…) La cultura della comunione ha come via e modello Gesù crocifisso e abbandonato.” 2 Letizia Magri ____________________________ 1 M.K. Gandhi, Antiche come le montagne, Ed. di Comunità, Milano 1965, pp. 95-96. 2 C. Lubich, Per una cultura di comunione – Incontro Internazionale “Insieme per l’Europa” – Stoccarda, 12 maggio 2007 – sito web http://www.together4europe.org/ (altro…)
Lug 28, 2017 | Parola di Vita
Questo Salmo è un canto di gloria per celebrare la regalità del Signore che domina tutta la storia: è eterna e maestosa, ma si esprime nella giustizia e nella bontà e somiglia più alla vicinanza di un padre che alla potenza di un dominatore. E’ Dio il protagonista di questo inno, che rivela la sua tenerezza, sovrabbondante come quella materna: Egli è misericordioso, pietoso, lento all’ira, grande nell’amore, buono verso tutti … La bontà di Dio si è manifestata verso il popolo di Israele, ma si espande su quanto è uscito dalle sue mani creatrici, su ogni persona e su tutto il creato. Al termine del Salmo, l’autore invita tutti i viventi ad associarsi a questo canto, per moltiplicare il suo annuncio, in un armonioso coro a più voci: “Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”. Dio stesso ha affidato il creato alle mani operose dell’uomo e della donna, come “libro” aperto in cui è scritta la sua bontà. Essi sono chiamati a collaborare all’opera del Creatore, aggiungendo pagine di giustizia e di pace, camminando secondo il Suo disegno di amore. Purtroppo, però, ciò che vediamo intorno a noi sono le tante ferite inferte a persone, spesso indifese, ed all’ambiente naturale. Questo a causa dell’indifferenza di molti e per l’egoismo e la voracità di chi sfrutta le grandi ricchezze dell’ambiente, solo per i propri interessi, a scapito del bene comune. Negli ultimi anni, nella comunità cristiana si è fatta strada una nuova consapevolezza e sensibilità a favore del rispetto del creato; in questa prospettiva possiamo ricordare i tanti appelli autorevoli che incoraggiano la riscoperta della natura come specchio della bontà divina e patrimonio di tutta l’umanità. Così si è espresso il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, nel suo Messaggio per la Giornata del creato dello scorso anno: “È richiesta una vigilanza continua, formazione e insegnamento in modo che sia chiara la relazione dell’attuale crisi ecologica con le passioni umane […] il cui […] risultato e frutto è la crisi ambientale che viviamo. Costituisce, pertanto, unica via il ritorno alla bellezza antica […] della moderazione e della ascesi, che possono condurre alla saggia gestione dell’ambiente naturale. In modo particolare, l’ingordigia, con la soddisfazione delle necessità materiali, porta con certezza alla povertà spirituale dell’uomo, la quale comporta la distruzione dell’ambiente naturale”.1 E papa Francesco, nel documento Laudato si’, ha scritto: “La cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione. Gesù ci ha ricordato che abbiamo Dio come nostro Padre comune e che questo ci rende fratelli. L’amore fraterno può solo essere gratuito […]. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. […] Occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti ”.2 Approfittiamo allora dei momenti liberi dagli impegni di lavoro, o di tutte le occasioni che abbiamo durante la giornata, per rivolgere lo sguardo verso la profondità del cielo, la maestà delle vette e l’immensità del mare, o anche solo sul piccolo filo d’erba spuntato al margine della strada. Questo ci aiuterà a riconoscere la grandezza del Creatore “amante della vita” e a ritrovare la radice della nostra speranza nella sua infinità bontà, che tutto avvolge ed accompagna. Scegliamo per noi stessi e per la nostra famiglia uno stile di vita sobrio, rispettoso delle esigenze dell’ambiente e commisurato sulle necessità degli altri, per arricchirci di amore. Condividiamo i beni della terra e del lavoro con i fratelli più poveri e testimoniamo questa pienezza di vita e di gioia facendoci portatori di tenerezza, benevolenza, riconciliazione nel nostro ambiente. Letizia Magri _____________________________
- Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, Messaggio per la Giornata del creato, 1 settembre 2016.
- Papa Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’, 24 maggio 2015 (nn.228-229).
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