Movimento dei Focolari
I giovani vogliono eroismo

I giovani vogliono eroismo

«Per seguire Gesù bisogna essere giovani, o farsi giovani. Egli chiede addirittura di rifarsi bambini: ogni giorno, ogni momento, liberandosi dalla malattia della senilità spirituale. Che se lo spirito invecchia, esso in certo senso si anchilosa, e come tale non si presta più al volo. Perciò bisogna sempre rinascere, ricominciare, farsi uomo nuovo: Gesù. Si dice spesso, come un luogo comune, che la gioventù del tempo nostro sia scettica, magari cinica… se è vero, si tratta forse di pose, o più verosimilmente di moda, sotto le quali, se mai, grava lo sbigottimento, misto a stupore, di una generazione che è nata alla vita in mezzo a una dissipazione inumana e immane di energie per fabbricare la morte. Uno sbigottimento che aumenta al vedere l’insipienza con cui si insiste nell’errore, seguitando a immettere nella convivenza gli esplosivi d’un machiavellismo affaristico, e pregno di rovina. È il materialismo che spaventa o delude o arresta questa gioventù, la quale, per natura, reagisce a un tenore di vita, fatto di soli calcoli economici, di soli divertimenti sensori, di sola rissa per lo stomaco… Questa è la lezione divina di questa crisi umana, su cui versiamo fiumi di lacrime, d’inchiostro e di coca-cola: non si vive senza un assoluto. Gesù passa, e i giovani lo seguono se lo vedono: se la vista di lui non è impedita dall’insorgenza di creature umane, superbe, cioè che si sentono più su degli altri per denaro o potere politico… I giovani se appena scorgono il viso giovanile, puro e divino di Gesù, lasciano padre e madre, fidanzamenti e lucri, agi e lusinghe, e lo seguono, prima sulle vie dell’apostolato e poi su quella del calvario. Essi vogliono Cristo, e Cristo crocifisso. Cristo intero, tutto in tutti: un unico ideale. E vogliono il suo spirito, che è la carità: questo sangue divino, che vince la morte; che è intelligenza e sapienza e vincolo di unità». Igino Giordani (altro…)

Indù a Loppiano e Assisi: incontro di menti e di cuori

Indù a Loppiano e Assisi: incontro di menti e di cuori

«La nostra delegazione indù-cristiana arriva all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano per approfondire la conoscenza della sua originale esperienza, ma anche per commemorare il quindicesimo anniversario del dono del quadro della Vergine Maria, dipinta da un artista indù, che campeggia su uno dei muri laterali della Theotokos, il Santuario della cittadella. I momenti di scambio con professori e alcuni studenti di Sophia sono molto ricchi. Gli accademici indiani mostrano un grande interesse verso studi che riguardano la formazione al dialogo, in una dimensione interdisciplinare. Momenti di dialogo e confronto profondi permettono la conoscenza reciproca e rivelano consonanze fra alcune istituzioni che si ispirano al Mahatma Gandhi e Sophia stessa. Si spera presto di poter introdurre, anche nell’istituto universitario con sede a Loppiano, studi ed approfondimenti sulla figura di questo apostolo del dialogo. Un seminario molto interessante, su Teologia e prassi del dialogo, si svolge alla presenza, oltre che degli studenti e della delegazione indù, anche di altri giovani ed adulti della cittadella. L’argomento è vitale, ma anche sconosciuto a molti. La sera, presso il Santuario Theotokos, gli indù, in processione, portano mazzi di fiori e ghirlande all’immagine di Maria, mentre il complesso Gen Verde canta un inno. Inchini e solennità creano un clima spirituale profondo. Seguono alcune preghiere spontanee in sanskrito, tamil ed inglese. Poi, il momento sacro del silenzio. Il silenzio è parte dell’essere orientale. Quanto è scomodo, invece, per l’occidente! Quasi che non ci si fosse abituati, o per la paura di doversi confrontare con il proprio essere. Quando le culture e le religioni si incontrano con uomini e donne di fede genuina non è necessario ricorrere a compromessi, sincretismi o anomalie di questo ed altro tipo. Ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio parla dell’Assoluto, ognuno lo ascolta sulla sua lunghezza d’onda, ma le vibrazioni – come sono chiamate dagli indiani – sono le stesse ed arrivano in fondo al cuore». Ultima tappa, Assisi. «Arriviamo verso le 10.30 del mattino. Saliamo a piedi verso la basilica di San Francesco e da lì continuiamo verso il cimitero. Non posso non pensare all’autunno del 1997, poche settimane dopo il terremoto che aveva colpito la città e causato molte vittime. In quei giorni eravamo saliti su queste colline con Vinu e Ashok, figli del Dr. Aram, educatore gandhiano, scomparso qualche mese prima. Aveva voluto che parte delle sue ceneri fossero portate nella patria di San Francesco, che ammirava a tal punto da recitare la sua preghiera di pace ogni sera: Signore, fammi strumento della tua pace. Il pellegrinaggio continua poi verso la cripta della Basilica, dove partecipiamo alla preghiera dell’”ora sesta” dei frati, davanti alla tomba di Francesco. Grande raccoglimento, in un’atmosfera di fraternità e spiritualità. I nostri amici seguono in un silenzio profondo la nostra preghiera: un segno di rispetto e valorizzazione della preghiera altrui come fosse la propria. La storia di Francesco, uomo di pace e di dialogo, continua ad attirare uomini e donne di ogni parte del mondo e di ogni credo religioso. Assisi è davvero il luogo ideale per il dialogo». Fonte: blog di Roberto Catalano (altro…)

16 luglio 1949

16 luglio 1949

L’inizio del periodo di maggiori illuminazioni [di Chiara Lubich] può essere datato: il 16 luglio, infatti, arrivò a Tonadico (sulle montagne del Trentino, nel Nord Italia, ndr) Igino Giordani. Alloggiava all’Albergo Orsinger, e doveva tenere una conferenza nella sala dei cappuccini. Giordani, «innamorato di santa Caterina», aveva sempre cercato una vergine da poter seguire. Sicuro di averla trovata in Chiara, le propose di farle voto di obbedienza, pensando così di obbedire a Dio. Aggiunse che avrebbero potuto farsi santi in due, come Francesco di Sales e Giovanna di Chantal. Chiara non capiva: il Movimento non esisteva, di voti non si parlava; e poi, sentiva di essere nata per il «tutti siano uno». Era tentata di lasciar cadere questo desiderio, ma ebbe l’impressione che quelle parole avessero origine da una grazia che non doveva essere persa. Gli disse quindi: «Tu conosci la mia vita: sono niente. Voglio vivere, infatti, come Gesù Abbandonato che si è completamente annullato. Anche tu sei niente perché vivi nella stessa maniera. Ebbene, domani andremo in chiesa e a Gesù Eucaristia che verrà nel mio cuore, come in un calice vuoto, io dirò: “Sul nulla di me patteggia tu unità con Gesù Eucaristia nel cuore di Foco. E fa’ in modo, Gesù, che venga fuori quel legame fra noi che tu sai”. E tu, Foco, fa’ altrettanto». Così fecero. Giordani si avviò verso la sala dove doveva parlare, mentre Chiara si sentì spinta a rientrare in chiesa. Davanti al tabernacolo, si dispose a pregare Gesù, ma in quell’istante sentì di non poterlo fare, sentì di essere totalmente immedesimata nel figlio. Sentì pronunciare dalle sue labbra: «Padre». Comprese che la sua vita religiosa avrebbe dovuto essere diversa da quella vissuta fino a quel momento: non rivolta a Gesù, ma di fianco a Lui, Fratello, rivolta verso il Padre.   Armando Torno, “PortarTi il mondo fra le braccia. Vita di Chiara Lubich”, Città Nuova, Roma, 2011. Cit. pp. 45-46. (altro…)

Il patto di unità

Il patto di unità

Nel seguente testo, pubblicato integralmente sulla rivista Nuova Umanità XXXIV (2012/6) 204, Chiara Lubich narra il “patto di unità” stretto con Igino Giordani (che lei chiamava Foco) il 16 luglio 1949, preludio all’esperienza spirituale e mistica di quell’estate. «[…] Vivevamo queste esperienze quando venne in montagna Foco. Foco, innamorato di santa Caterina, aveva cercato sempre nella sua vita una vergine da poter seguire. Ed ora aveva l’impressione d’averla trovata fra noi. Per cui un giorno mi fece una proposta: farmi il voto d’obbedienza, pensando che, così facendo, avrebbe obbedito a Dio. Aggiunse anche che, in tal modo, potevamo farci santi come san Francesco di Sales e santa Giovanna di Chantal. Io non capii in quel momento né il perché dell’obbedienza, né questa unità a due. Allora non c’era l’Opera e fra noi non si parlava molto di voti. L’unità a due poi non la condividevo perché mi sentivo chiamata a vivere il “che tutti siano uno”. Nello stesso tempo però mi sembrava che Foco fosse sotto l’azione d’una grazia, che non doveva andar perduta. Allora gli dissi pressappoco così: “Può essere veramente che quanto tu senti sia da Dio. Perciò dobbiamo prenderlo in considerazione. Io però non sento quest’unità a due perché tutti devono essere uno”. E aggiunsi: “Tu conosci la mia vita: io sono niente. Voglio vivere, infatti, come Gesù Abbandonato che si è completamente annullato. Anche tu sei niente perché vivi nella stessa maniera. Ebbene, domani andremo in chiesa ed a Gesù Eucaristia che verrà nel mio cuore, come in un calice vuoto, io dirò: ‘Sul nulla di me patteggia tu unità con Gesù Eucaristia nel cuore di Foco. E fa in modo, Gesù, che venga fuori quel legame fra noi che tu sai’”. Poi ho aggiunto: “E tu, Foco, fa altrettanto” […]». Continua su: Centro Chiara Lubich (altro…)

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