Movimento dei Focolari
Bolivia, Centro Angolo di Luce

Bolivia, Centro Angolo di Luce

20140609-02Appoggio scolastico per 60 bambini e ragazzi, un pasto al giorno per tutti, laboratori di formazione per genitori e figli, borse di studio per i giovani e attenzione a migliorare le condizioni di vita delle famiglie del quartiere, attraverso l’erogazione di crediti per l’avvio o miglioramento di piccole attività produttive. Questo, in sintesi, è il progetto del Centro Rincón de Luz (Angolo di Luce),  gestito dall’Associazione locale Unisol, in collaborazione con le Associazioni AMU (Azione Mondo Unito) e AFN (Azione per Famiglie Nuove). Per verificare l’andamento del progetto, al 3° anno di vita, e studiare insieme nuove soluzioni di sviluppo, Anna Marenchino, del settore progetti AMU, si è recata in Bolivia, a Cochabamba. Tra le tante persone incontrate durante il viaggio c’è Mari Cruz, la nuova direttrice didattica del Centro. Lei stessa da piccola lo aveva frequentato, anche se non c’era la struttura accogliente di oggi, e ha potuto concludere gli studi grazie al Sostegno a Distanza di Famiglie Nuove. Vederla oggi coordinarne l’area didattica può essere uno sprone per tutti i bambini e le famiglie a credere che una vita migliore è possibile. «Ho dovuto sopportare tanta sofferenza nella mia vita – racconta Mari Cruz -. Quando ero piccola mio papà beveva e vederlo così mi faceva molto male. Non era violento con noi, ma duro. Ricordo che le sue punizioni consistevano nel farci girare intorno alla casa dalle 4 del mattino fino alle 7 quando andavamo a scuola. Per me il Centro era un punto di riferimento. Mi aiutavano nella materie in cui avevo più difficoltà, e, una volta capite, ero tra le migliori della classe. Inoltre mi davano la possibilità di studiare attraverso un aiuto economico per pagare la scuola. 20140609-01Dopo qualche anno ci siamo trasferiti lontano dal Centro. Mio papà stava meglio, e noi tutti lavoravamo con lui nei fine settimana per sistemare la nostra casa. È stata dura all’inizio perché non avevamo niente in casa: luce, acqua, bagno. Spesso avevano poco da mangiare perché non avevano molte disponibilità economiche, ma non ci lamentavamo. Guardavamo papà e con tono rassicurante gli dicevamo: non ti preoccupare, vai a lavorare così domani mangeremo pollo! Nei momenti più duri ho trovato il coraggio di ricominciare, grazie ad alcune persone del Movimento dei Focolari che, oltre ad avermi aiutata attraverso il Centro, mi hanno sostenuta e aiutata a ritrovare fiducia in me stessa e negli altri. Insegnavo nel centro Rincón de Luz da alcuni anni, ma quando a dicembre mi hanno chiesto di diventare la nuova direttrice didattica non ci potevo credere. Davvero avevano pensato a me? Ho detto subito di sì, perché voglio impegnarmi per dare un’opportunità a questi bambini, come l’ho avuta io. Oggi sono davvero felice perché ogni esperienza, bella o triste mi ha resa molto forte e mi ha dato la possibilità di capire profondamente le altre persone, perché ho sentito nel mio cuore le loro sofferenze. Posso dire ai bambini e alle loro famiglie: coraggio si può cambiare!». Fonte: Amu Notizie n.2/2014 – www.amu-it.eu (altro…)

Si soffre nella Repubblica Centrafricana

Si soffre nella Repubblica Centrafricana

«In generale la situazione di Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, migliora. Nel resto del Paese ci sono realtà molto varie, le nostre comunità sono in zone abbastanza calme, ma dal dicembre scorso c’è una zona della città in cui sono continuate le piccole rappresaglie e uccisioni. Si tratta del quartiere musulmano e dintorni. La gente non può tornare nelle proprie case e continuano ad essere rifugiati nei campi profughi, intorno all’aeroporto, nelle chiese e nella moschea centrale». «La giornata del 28 maggio è cominciata normalmente, con le attività di un giorno settimanale qualunque. Nel pomeriggio ci sono stati ancora scontri nei quartieri “caldi”.  Ad un certo punto un gruppo armato ha fatto irruzione nei pressi della Chiesa di Nostra Signora di Fatima, ha aperto il fuoco sulla gente che era rifugiata lì ed ha preso in ostaggio una quarantina di persone. I morti sul posto sono una quindicina, molti feriti. Dei quaranta ostaggi si sono ritrovati 39 cadaveri…». «La gente non ne può più. Il giovedì 29 era la festa dell’Ascensione di Gesù. C’erano delle barricate nelle strade principali e nei quartieri di tutta la città per impedire la circolazione delle auto. Il giorno dopo, alle ore 4, siamo state svegliate da un rumore assordante…. Migliaia di persone al suono dei coperchi di pentole che hanno sfilato pacificamente fino alle 7. In altre parti della città si continuano a sentire degli spari, a volte in modo sporadico a volte più intenso, forse per contenere la protesta». «La protesta chiede le dimissioni del governo di transizione, la partenza delle truppe straniere. Dopo sei mesi, sono accusate dalla popolazione di non aver effettuato un vero disarmo delle zone “calde” della città. E si interpreta questo fatto come una volontà di mantenere il disordine militare-politico da parte dei paesi che fanno parte delle truppe che dovrebbero riappacificare il Paese, mentre continua lo sfruttamento delle nostre risorse in modo illegale. Il governo di transizione non ha la forza di imporsi, né le finanze per riorganizzare le forze armate nazionali, che potrebbero più efficacemente difendere gli interessi della popolazione». «Il giorno del massacro nella Chiesa di Fatima abbiamo cercato, con trepidazione, di avere notizie riguardo alle persone della nostra comunità, soprattutto di chi vive vicino alla zona colpita. Willy, un giovane che conoscevamo, è rimasto ucciso e ci sono altri con ferite leggere. Tutti gli altri sono salvi e rifugiati altrove. Cerchiamo di sostenerci a vicenda attraverso il telefono e alcuni giovani sono passati da noi per trovare un po’ di sollievo». «È dall’inizio del conflitto che cerchiamo di aiutare chi ci rimane vicino, specie alle famiglie e bambini con aiuti concreti che ci arrivano dai Giovani per un mondo unito, dal Sostegno a distanza delle Famiglie Nuove, e altri. Qui sul posto siamo anche impegnati a sensibilizzare i giovani alla pace, attraverso i Giovani per un mondo unito e tutta la comunità». «Siamo certi – conclude Monica – che Dio ha un piano d’amore anche per il nostro Paese; e, in mezzo alle gravi difficoltà che attraversiamo, cerchiamo di essere testimoni di questo suo amore per quanti ci circondano». (altro…)

Giovani, Medio Oriente e un grido per la pace

Giovani, Medio Oriente e un grido per la pace

Nasce dai giovani della Giordania l’idea di ‘A Shout for Peace’: una settimana per la pace, a partire dal 7 settembre e, come conclusione, una serata alla quale invitare tutti i propri amici. Idea presto condivisa con i Giovani per un Mondo Unito del Medio Oriente, alcuni dei quali si trovavano proprio in Giordania per partecipare ad un incontro con la presidente e il copresidente dei Focolari, Maria Voce e Giancarlo Faletti. Si è deciso così di fare tutti qualcosa per la pace, nello stesso giorno, ognuno nel proprio Paese; e poi di ritrovarsi, grazie ad una conferenza telefonica, e pregare insieme per la PACE. Ed ecco il panorama di quanto accaduto in contemporanea nei vari Paesi: Giordania – 35 giovani musulmani e cristiani, danno il via ad un collegamento telefonico con i giovani di Fortaleza, in Brasile: “Ci hanno assicurato – spiegano – che pregano per la pace assieme a noi, insieme a tanti giovani di altri movimenti cattolici”. In linea c’è poi l’Iraq: “Un’occasione speciale per assicurarci vicendevolmente che siamo sempre uniti e che lavoriamo per lo stesso scopo”. Poi meditazioni dai rispettivi testi sacri, Bibbia e Corano, e pensieri spirituali di Chiara Lubich, Igino Giordani, Madre Teresa ed altri. La serata si conclude con una preghiera per la Siria e per tutto il Medio Oriente, tramite una conferenza telefonica con il Libano, la Terra Santa e l’Algeria. “Che momento speciale! La dimostrazione viva che l’unità cresce, nonostante la guerra nei nostri Paesi”. Terra Santa – “Mostrare ai nostri amici che non siamo soli a voler vivere per la pace”, questo il senso della serata in Terra Santa, col collegamento telefonico in diretta. La mattina successiva: un approfondimento sul “mettere Dio al primo posto” e una passeggiata distensiva. Egitto – Il coprifuoco impedisce che i giovani si incontrino di sera per il collegamento. Ma il sentimento di essere uniti con gli altri non viene meno. Così lo esprime Sally, appena rientrata dalla Giordania: “Sono tornata in Egitto portando con me quell’unità. Sento che tra noi, nonostante le distanze che ci separano, c’è questa forte unità che mi ha aiuta ad avere la pace negli avvenimenti di ogni giorno; e anche a diffonderla ovunque”. Iraq – Grande emozione per il collegamento telefonico con la Giordania. Anmar, siriana, riferisce: “Ero davvero commossa dalla forza e dall’efficacia della preghiera. In queste ultime settimane riceviamo tante brutte notizie riguardo al mio Paese ed l’attacco sembrava imminente. Ma poi, grazie anche alla forza delle nostre preghiere, ho notato che i politici hanno cominciato i negoziati… è davvero un miracolo. Continuiamo a pregare!”. Algeria – Per la prima volta collegati con i giovani degli altri Paesi arabi, i Giovani per un Mondo Unito algerini sono felici. “Abbiamo sentito veramente l’atmosfera della presenza di Dio tra di noi”. Libano – Sono 40 i GMU, del Libano e dalla Siria (alcuni giovani siriani vivono in Libano) a ritrovarsi in una chiesa a Beirut: “La pace è il nostro scopo, ma a volte sentiamo che è così difficile da realizzare. Vedere questi giovani da tutto il MO, riuniti per pregare per la pace, ci dà la certezza e la forza per continuare a costruirla attorno a noi”. Comune a tutti l’impegno del Time Out, alle ore 12: un momento di silenzio o di preghiera per la pace.


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La legalità del noi

La legalità del noi

Storie di riscatto ed emancipazione dalla logica della violenza, della sopraffazione, del malaffare, dell’omertà. Contro la logica della morte che costituisce l’essenza della criminalità organizzata. Per una cultura della vita, della legalità, della libertà. Storie di uomini e donne che ce l’hanno fatta. Che hanno alzato la testa. Insieme. Perché insieme si può. Storie come quelle di Ercolano, prima città del sud nel quale il pizzo è stato dichiarato fuorilegge; grazie al lavoro congiunto di cittadini, istituzioni, magistrati, forze dell’ordine. Storie come quella della Calcestruzzi Ericina di Trapani sulla quale la mafia aveva messo gli occhi, riscattata dalla cooperativa di ex dipendenti dell’azienda. Con coraggio e ostinazione. Segno di una (lenta) rivoluzione per riaffermare da cittadini la cultura della legalità. Nel corso del cantiere Legalità (Caserta, 29 luglio-2 agosto) gli autori dialogheranno con i Giovani per un Mondo Unito proveniente da tutta Italia. Gli autori: Gianni Bianco, barese, 43 anni, è giornalista Rai. Da cronista si occupa spesso di corruzione, mafie e malaffare. Già collaboratore dei settimanali Espresso e Grazia, per anni voce di Radio Capital, redattore a Rainews 24 poi inviato del programma di approfondimento Primo Piano, ha condotto per un stagione il programma di quotidiano Zona Cesarini su Radiouno. Attualmente è caposervizio della redazione cronaca del Tg3. Giuseppe Gatti, barese, 44 anni, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, dal 2008 segue le inchieste sulla criminalità organizzata pugliese. Entrato in magistratura a 27 anni, ha svolto funzioni di Pubblico Ministero presso le Procure di Urbino e Foggia. Da diversi anni svolge attività didattica, collaborando con istituti scolastici e universitari oltre che con associazioni impegnate nella lotta alle mafie e al crimine organizzato. (altro…)