Mar 21, 2017 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Prezioso dono”, “vivo testimone del Carisma dell’unità” e “vera Parola vissuta”. Così definisce Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, il Cardinale Miloslav Vlk, deceduto sabato 18 marzo a Praga. In una comunicazione a tutti i membri del Movimento Maria Voce mette in rilievo quanto sia stato “edificante” il modo in cui Vlk ha vissuto l’ultimo periodo della sua vita, contrassegnato da un diminuire delle forze ma nello stesso tempo da “un continuo atteggiamento di gratitudine a Dio per i doni da Lui ricevuti”. Sottolinea il “profondissimo legame” del Cardinale con il Movimento dei Focolari “sin dagli inizi del suo ministero clandestino nell’allora Cecoslovacchia sotto il regime comunista”. Esprime la profonda gratitudine per il grande impegno e la dedizione con le quali per 18 anni ha svolto il compito di moderatore del gruppo dei Vescovi che si dichiarano “amici del Movimento”, le cui attività ha seguito con vivo interesse e partecipazione ancora dall’ospedale. Maria Voce ricorda che il Card. Miloslav era stato “circondato dalle preghiere, sia della sua Comunità diocesana che dei membri del Movimento e degli amici di altre denominazioni cristiane, sia di ebrei e musulmani con cui ha fatto per anni un cammino di dialogo”. Ed accenna alle “numerose testimonianze sul suo esempio di umiltà, di comunione e sapienza evangelica che sottolineano il suo farsi con semplicità ‘fratello’ accanto ai fratelli e anche la sua autorità di ‘padre’ che sapeva entusiasmare e motivare chi gli sta accanto”. “Siamo davanti a una grande eredità”, conclude Maria Voce. “Un’eredità da raccogliere e da scoprire più in profondità”. (altro…)
Mar 19, 2017 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità
La fondatrice del Movimento dei Focolari si spegneva a Rocca di Papa il 14 marzo 2008, all’età di 88 anni, dopo una lunga malattia. Nel telegramma di cordoglio inviato per l’occasione, Papa Benedetto XVI riconosceva di lei “l’impegno costante per la comunione nella Chiesa, per il dialogo ecumenico e la fratellanza tra tutti i popoli”. Inoltre ringraziava il Signore “per la testimonianza della sua esistenza spesa nell’ascolto dei bisogni dell’uomo contemporaneo” ed esprimeva l’auspicio “che quanti l’hanno conosciuta ne seguano le orme mantenendone vivo il carisma”. Un carisma al cui centro c’è l’unità della famiglia umana. Un’utopia se non fosse basata sulla fede incrollabile nell’amore di Dio Padre per i suoi figli e nelle parole di Gesù: “Che tutti siano uno”. Un carisma che ha molto da dire, dunque al mondo di oggi, come conferma, al microfono di Adriana Masotti, Maria Voce, attuale presidente dei Focolari: R.– Esattamente. Anzi: io direi quasi di più oggi che al momento in cui Chiara lo annunciava, perché certamente allora c’era il disastro della guerra, senz’altro c’erano tanti dolori, ma non c’era questa disunità che sembra dilagare nel mondo in questo momento e che sembra richiamare proprio la necessità della vita di questo carisma di unità che Dio ha dato a Chiara. E quindi noi stiamo scoprendo sempre di più la sua attualità. D.– Una delle definizioni che è stata data di Chiara è quella di “donna del dialogo”, e di dialogo oggi si parla spesso, in diversi ambiti, ma poi non si fa o non si sa fare. Che cosa era il dialogo per Chiara e come il Movimento dei Focolari vive questa dimensione? R.– Il dialogo per Chiara era uno stile di vita, che significava incontrare ogni persona come un fratello. Quindi, Chiara non voleva fare il dialogo, Chiara voleva amare i fratelli e quindi andando incontro a ogni persona, lei apriva il suo animo e spontaneamente il fratello rispondeva con un’apertura altrettanto grande. Così incominciava il dialogo. E così è anche oggi per noi. Di fronte a chiunque, noi ci poniamo in questo atteggiamento, cerchiamo di essere all’altezza di Chiara nel porci in questo atteggiamento, nell’avere sempre quest’anima aperta, senza guardare a differenze e a distinzioni di nessun genere se non per riconoscervi la possibilità di un incontro che ci arricchisce, perché è un incontro con un fratello che ha un dono per noi, a qualunque etnia appartenga, a qualunque religione, a qualunque categoria sociale, a qualunque età. D.– Quindi è forte la convinzione da parte del Movimento che il dialogo sia lo strumento adatto per risolvere anche tanti conflitti di oggi? R.– Certamente! Non c’è un’altra possibilità. Perché? Perché il dialogo è amore. E se il dialogo è amore, può veramente cambiare la situazione del mondo, può far tornare la pace dove c’è la guerra. D.– All’inizio della sua esperienza spirituale, Chiara ha sentito forte il grido di dolore dell’umanità e ha deciso di caricarsi sulle proprie spalle questo dolore. In che modo oggi l’Opera che lei ha fondato si pone di fronte alle tante ferite che il mondo vive attualmente? R.– Vuole porsi con la stessa fiducia di Chiara, una fiducia basata proprio sul grido di Gesù abbandonato, perché Chiara in quel grido ha riconosciuto certamente il momento in cui il Figlio di Dio ha sofferto di più, però anche il momento in cui il Figlio di Dio ci ha amati di più. E proprio perché ci ha amati di più, in quel momento ha ricostituito l’unità rotta tra Dio e gli uomini e degli uomini tra di loro. Quindi non c’è un’altra strada per arrivare all’unità, se non passare per il dolore che però è sostanziato di amore perché è il dare la vita per gli altri. Quindi anche nel confronto con tutte le sofferenze del mondo di oggi, sia a livello personale sia a livello di società, di popoli, di nazioni, il Movimento cerca di riconoscere un volto di Lui, di riconoscere un Dio che è morto. Però un Dio che è anche risorto e che quindi può risorgere su tutti questi dolori. D.– E questo si traduce poi in tante iniziative , anche concrete … R.– Esattamente. Che cominciano, magari, da un semplice atto d’amore di una famiglia, che si è accorta che altre famiglie avevano la sua stessa sofferenza e che cerca di farsi carico della sofferenza del figlio handicappato creando una rete di solidarietà fra tutti, coinvolgendo altre famiglie, coinvolgendo il comune e rendendosi conto che incominciando ad amare in quel dolore il volto di Gesù abbandonato, si trasforma qualche cosa. E noi lo vediamo questo: nel territorio in cui siamo, nei territori di guerra dove i nostri cercano di amare gli amici come i nemici, nella condivisione dei beni che si fa tra tutte le famiglie senza guardare a quale etnia o a quale religione si appartiene … E lo vediamo continuamente in tanti rapporti che cambiano e che costruiscono veramente comunità nuove che si mettono in rete per estendersi sempre di più. Fonte: Radio Vaticana (altro…)
Mar 4, 2017 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Famiglie, Focolari nel Mondo, Spiritualità
[…] Ha detto Gesù: “Dove due o tre sono uniti nel mio nome – che vuol dire nel mio amore – io sono in mezzo a loro”. È una splendida possibilità offerta anche alla famiglia, quella di diventare luogo della presenza di Dio. Per una famiglia che vive così, nulla v’è di estraneo di quanto le succede attorno. Semplicemente essendo quella che è, ha la capacità di testimoniare, annunziare, risanare il tessuto sociale circostante, perché la vita parla e opera da sola. È mia esperienza che essa sa aprire casa e cuore ai drammi che attraversano la società, alle sue solitudini, alle sue emarginazioni. Sa persino incarnare e organizzare la solidarietà in cerchie sempre più vaste, fino a promuovere azioni efficaci per influire presso le istituzioni, bloccare leggi e disposizioni errate, orientare i politici. Per la presenza e l’attività dei suoi membri nelle varie scansioni del sociale, essa sa pure entrare in dialogo con le istituzioni, avvicinare le risorse ai bisogni concreti, creare la coscienza e le premesse per adeguate politiche familiari e per correnti di opinione fondate sui valori. Credo che per il mondo non ci sia cosa più bella di una famiglia così. Perché, chiediamoci, cosa cerca l’umanità? La felicità. E dove la cerca? Nell’amore, nella bellezza, e pur di ottenerla è disposta a qualunque cosa. Lì, in quelle famiglie, c’è la pienezza dell’amore umano e la bellezza dell’amore soprannaturale. Ho visto famiglie così, e sono davvero meravigliose. Esse esercitano un grande fascino su tutti. All’apparenza, sembrano famiglie come le altre, ma nascondono un segreto, un segreto d’amore: il dolore amato le unisce a Cristo che abita nelle loro case, attirato dall’amore reciproco che le lega, e con esse – con queste famiglie – sta trasformando il mondo.Ho voluto condividere con voi questi pensieri, che ho raccolto dal profondo del mio cuore e dall’esperienza di tante, tante famiglie. Vorrei sollecitare in tutti noi un impegno concreto ad agire in ogni modo possibile per il vero bene della famiglia. Troppo importante è infatti la salute della prima cellula della società per i destini dell’intera umanità. “Salvare la famiglia – scrive il grande scrittore Igino Giordani – è salvare la civiltà. Lo Stato è fatto di famiglie; se queste decadono, anche quello vacilla”. E dice ancora: “Gli sposi divengono collaboratori di Dio nel dare all’umanità vita e amore. […] Amore che dalla famiglia si dilata alla professione, alla città, alla nazione, all’umanità. È una distribuzione per cerchi come un’onda che si dilata all’infinito. Da venti secoli arde un’inquietudine rivoluzionaria, accesa dal Vangelo, e chiede amore”. Chiara Lubich Guarda il video integrale (altro…)
Feb 22, 2017 | Centro internazionale, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Maria Voce con il dott. Stefan Kiefer, vice- sindaco di Augsburg. Foto Maria Kny – © CSC Audiovisivi
Perché l’esigenza di una tale Dichiarazione? È un’esigenza che nasce dal di dentro, perché il fatto che siamo qui ad Ottmaring, dove c’è una testimonianza ecumenica palese – quella di due comunità che convivono stabilmente, una nata nella Chiesa cattolica e un’altra nell’ambito evangelico, entrambe con partecipanti di varie Chiese –, ci sprona anche ad un impegno concreto del Movimento che vada nel mondo, che non rimanga fermo qui. Questa Dichiarazione vuole risvegliare in tutti la coscienza che l’ecumenismo è realmente un nostro scopo e che bisogna lavorare per questo. La Dichiarazione a chi è rivolta? È un impegno preso a nome del Movimento e perciò rivolto in primo luogo ad esso per ridargli la coscienza del valore dell’ecumenismo, cioè del valore di testimoniare insieme quello che già ci unisce per accelerare il cammino e superare gli ostacoli. Nel Movimento tutti siamo chiamati a vivere questo e ora ci prendiamo maggiormente questa responsabilità. Non ci può essere una persona dei Focolari che, da quando viene a conoscenza di questa Dichiarazione, pensi in coscienza, davanti a Dio, che l’impegno per l’ecumenismo riguarda solo quei Paesi dove ci sono cristiani di varie Chiese, ma che non riguarda la sua Nazione, che non lo tocca personalmente, perché sta bene nella sua Chiesa e non è interessato a tali problemi. Da domani allora cosa dovrebbe cambiare nel Movimento? Credo che ci voglia una conversione del cuore, cioè cominciare a pensare ecumenicamente. Cominciare a pensare che qualunque fratello che incontro, che sia della mia Chiesa o che sia di un’altra Chiesa, appartiene al corpo di Cristo, a quel corpo per il quale Cristo ha dato la vita. È perciò un mio fratello di sangue, per cui quello che interessa lui interessa me, quello che fa soffrire lui fa soffrire me. Magari si tratterà soltanto di pregare per questo scopo, dove non si potrà fare altro. Ma pregare soltanto non basta. È necessario interessarsi di tutti i fratelli cristiani. Con tutte le possibilità di contatti che ci sono oggi, sarà sempre più facile incontrarsi e parlare, accogliere persone che non sono della nostra Chiesa. E non possiamo accoglierli se non come fratelli appartenenti al corpo di Cristo. Solo se li accogliamo così, saremo poi in grado di accogliere quelli che non appartengono al corpo di Cristo in senso stretto, perché non hanno il battesimo che lega i cristiani. Foto Maria Kny – © CSC Audiovisivi
Un impegno del cuore che porta ad una testimonianza pubblica? Oggi non ha più senso che i cristiani si presentino frammentati. Già incidono poco, e incideranno sempre meno se non saranno uniti a testimoniare l’unico Vangelo, il comando dell’amore reciproco. E se noi cristiani non sappiamo dare questa testimonianza, il mondo non potrà incontrare Dio, perché non potrà incontrare quel Gesù che è presente dove ci sono i cristiani uniti nell’amore reciproco. Se lo incontrano, nascerà in loro la fede, cambieranno gli atteggiamenti, il modo di comportarsi, cambierà la ricerca della pace e di soluzioni di giustizia, l’impegno per la solidarietà tra i popoli. Qual è il punto centrale della Dichiarazione di Ottmaring? Il richiamo all’incontro di Lund, in Svezia, avvenuto il 31 ottobre scorso, perché è stato un evento straordinario, del quale – forse – non si è preso abbastanza coscienza. Come Movimento, avvertiamo la necessità di far emergere lo spirito di Lund, sintetizzato nella Dichiarazione congiunta che chiede di crescere nella reciproca fiducia e nella comune testimonianza del messaggio del Vangelo per testimoniare agli uomini l’amore di Dio. Questo è l’impegno assoluto che prendiamo. A Lund abbiamo assistito ad un gesto importante compiuto dai responsabili della Chiesa cattolica e della Federazione mondiale luterana, e quindi al massimo livello. Ma se resta solo al livello più alto, se non scende alla concretezza della vita delle comunità rimane un bel ricordo storico, ma non potrà incidere nelle situazioni di oggi. Quindi il Movimento si impegna a raccogliere l’eredità di Lund e a diffonderne lo spirito? Certamente. E poi desideriamo che questa nostra Dichiarazione arrivi anche ai responsabili delle Chiese, per dare loro un motivo di speranza in più, facendo sapere che nel mondo ci sono persone che vogliono vivere in questo modo. È una necessità dei tempi, l’ecumenismo. Non è che si può chiedere se va o meno avanti. Deve andare avanti. Perché risponde al bisogno di Dio che le persone hanno, pur inconsapevolmente. Una risposta efficace è quella di essere uniti, almeno tra cristiani. Altrimenti è una grave omissione. Lei si è messa subito in azione, consegnando già la Dichiarazione al sindaco di Augsburg e alla responsabile della chiesa evangelica luterana della città. Abbiamo cominciato dal locale. Lund è stata di un livello altissimo, con i massimi responsabili. Noi possiamo far scendere lo spirito della Dichiarazione di Ottmaring nella dimensione locale, dell’oggi, di quello che si può fare subito. Leggi la Dichiarazione di Ottmaring (altro…)
Feb 15, 2017 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Cittadelle, piccole città. Bozzetti di società, di scambio tra generazioni, realtà produttive, scuole, uffici, negozi, luoghi d’arte. Ma… c’è un ma. Cittadelle in cui la prima regola a base della convivenza è l’amore scambievole tra tutti i suoi abitanti. Non per niente una di queste cittadelle del movimento dei Focolari, in Thailandia, si chiama “Regola d’oro”, quella presente in ogni cultura e credo religioso: fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te. “Città sul monte”, quindi, “città scuola”, “città futuro”, città “ideali”, ma reali, cui guardare come esempi concreti e tangibili di una società sanata da rivalità, competizioni, guerre, illegalità, odio. Incarnazioni di un sogno, dell’ideale di un mondo unito, “sospensioni luminose” di una umanità che guarda a un futuro di pace. Utopistico? Non sembrerebbe, aggirandosi tra i corridoi del Centro internazionale di Castel Gandolfo (Roma), dove per una settimana, dal 5 al 12 febbraio, si è data appuntamento una variopinta rappresentanza degli abitanti (un centinaio tra giovani e adulti) di queste piccole, ma significative realtà “cittadine” per il loro primo incontro internazionale. Venticinque cittadelle (verrebbe da dire città-belle) a confronto. Realtà dalla personalità stagliata, ognuna con una propria storia, calata in un contesto sociale, con un numero variabile di abitanti e strutture, con sviluppi e sfide non replicabili da un posto all’altro. Ma accomunate da una medesima scintilla ispiratrice, da un identico filamento di “dna” che ne fa luoghi di testimonianza, in cui poter toccare con mano come diverrebbe il mondo se vivesse il Vangelo, dove “l’invisibile”, la presenza di Dio, diventa realtà agli occhi. Senza dimenticare i temi della governance, dell’organizzazione, della sostenibilità economica, il rapporto con il territorio circostante e il futuro verso cui orientarsi. Le presentazioni suonano come un giro del mondo: dal Messico (El Diamante) alle Filippine (Pace), dal Camerun (Fontem) all’Irlanda (a 40 Km da Dublino), dalla Germania (Ottmaring) alla Croazia (Faro), dagli Stati Uniti (Hyde Park) all’Italia (Loppiano). Insieme formano una rete sul mappamondo. Sottolineano Clara Zanolini e Vit Valtr, riferimento per tutte le cittadelle dei Focolari, a conclusione della settimana: «Un elemento fondamentale è che la strada per portare avanti oggi le Cittadelle è questa forma allargata di responsabilità (…). Non esiste un cliché: ognuna è completa in sé, con la propria fisionomia. E se anche in tante non ci sono chissà quali strutture, o scuole, o aziendine, ciò che dà valore è la presenza di Gesù fra i suoi abitanti». Caratteristica emergente è la crescente osmosi con il territorio circostante, sia professionale (vedi il progetto “Preset-Participation, Resilience and Employability through Sustainability, Entrepreneurship and Training” nella Cittadella Lia Brunet, in Argentina), che umana e spirituale (grande il contributo al dialogo ecumenico e interreligioso). Determinante il ruolo dei giovani, particolarmente in alcune esperienze di management innovativo (come a Marienkron, in Olanda). Quali le prospettive, a conclusione di una settimana intensa e fruttuosa? Sempre Clara e Vit: «Ripartire dal dover essere delle Mariapoli (città di Maria) permanenti, e dare una testimonianza specifica, quella dell’Opera di Maria nella sua unità», attuando il dialogo corrispondente al proprio contesto, ecumenico, interreligioso, con ogni persona di buona volontà. «E c’è l’esigenza unanime di essere in rete: una cittadella in sintonia con le altre e in sinergia con la zona rispettiva. L’esperienza fatta in questi giorni dice quanto sia importante la reciprocità. Quanto l’esperienza di una possa essere di aiuto ad altre, dando spesso spunti importanti per una via di soluzione a una criticità». Non è quindi un’utopia, esiste un luogo. Anzi, almeno venticinque. (altro…)
Gen 28, 2017 | Centro internazionale, Ecumenismo, Spiritualità
«Il miracolo della casa di Nazaret si ripete, in qualche modo, in ogni casa di cristiani, se essa «genera» Cristo agli uomini. «Chiesa domestica» è chiamata dal Concilio la famiglia: e Chiesa significa convivenza nell’amore, e quindi in Dio; convivenza al cui centro è il Signore. Se si parte da questa coscienza, la casa – ogni casa cristiana – diviene una germinazione di nuova vita morale e fisica per la società e insieme un «focolare» e cioè una centrale di calore per vivificare l’ambiente. Come insegna il Concilio: «Dalla sanità e dalla pienezza di vita spirituale della famiglia dipendono la vita fisica e morale dell’umanità, e più ancora la dilatazione reale del Regno di Dio». Così – dice Paolo VI – «per mezzo del matrimonio e della famiglia, Iddio ha sapientemente unite due fra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna». Mai poeta elevò a più sublime altezza l’amore coniugale. Qui davvero la religione di Cristo si esprime anche come poesia, mettendo la famiglia al centro – alla fonte – della socialità. C’è la vita se c’è l’amore, condizione prima dell’unione matrimoniale. Se gli sposi si amano, sono «i cooperatori dell’amore di Dio creatore e come i suoi interpreti», dice il Concilio. Se sanno questo, essi sposandosi si accingono a svolgere un mandato di sacerdozio regale, un mistero grande, come lo definisce San Paolo. Amandosi, si santificano; si ricambiano Dio, che è amore. E lo testimoniano. Se due sposi si amano, è segno per la gente che essi sono realmente cristiani e vivono la vita di Dio. Il mondo antico si convertì vedendo come i cristiani, a cominciar dalla casa, si amassero. Si amavano; dunque era vera la loro religione, ed era presente Dio in loro. Amandosi, gli sposi fanno la loro felicità e fabbricano la loro santità. La casa si fa tempio: si fa Paradiso. Nell’amore è il segreto della forza delle famiglie, della loro concordia; e vi è la soluzione delle difficoltà dell’esistenza. Mancando l’amore fallisce, con la famiglia, la stessa esistenza. Così la santità si rivela sanità dello spirito, che agisce anche sul fisico, mentre si riversa, come onda pura di risanamento, nell’orbita di tutta la società. Da una casa cristiana esce il popolo di Dio». (altro…)