Ago 13, 2016 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
La prima reazione è stata di gratitudine. Nella Iuvenescit Ecclesia il Movimento dei Focolari vede un invito a proseguire nel cammino che l’ha accompagnato fino ad oggi. In particolare il richiamo alla «reciprocità tra doni gerarchici e doni carismatici», alla loro «coessenzialità» sembra interpretare appieno l’esperienza maturata, giorno dopo giorno, dalla nuova realtà ecclesiale fondata da Chiara Lubich. Con l’intervista a Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, proseguiamo il ciclo dedicato all’approfondimento della lettera della Congregazione per la dottrina della fede, su cui nelle scorse settimane sono intervenuti Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo e don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione. «Il documento – sottolinea Maria Voce – parla chiaro: la Chiesa è una, è “un corpo” chiamato a incarnare il mistero di comunione della vita trinitaria. Protagonista del ringiovanimento della Chiesa è lo Spirito Santo che agisce, in particolare, attraverso i carismi. Il documento riconosce dunque ai movimenti una cosa importante: la capacità, se corrispondiamo alla grazia, di rivitalizzare la Chiesa. Con uno scopo chiaro: contribuire a immettere la vita di Dio negli ingranaggi della vita sociale, farla “toccare” dagli uomini e donne immersi nella complessità del nostro mondo. Il punto centrale del documento è la reciprocità, la coessenzialità nella vita della Chiesa tra doni gerarchici e doni carismatici. Si tratta di un richiamo esplicito all’insegnamento conciliare. Sì, mi pare che la lettera ponga in maniera inequivoca una pietra miliare di notevole portata dottrinale, sia nel riferirsi al Concilio Vaticano II, sia nel riconoscere una “convergenza del recente magistero ecclesiale” sulla coessenzialità: medesima origine e medesimo fine dei doni gerarchici e dei doni carismatici, tema che in questi anni non era stato recepito sufficientemente e aspettava un approfondimento. Una coessenzialità che voi sottolineate far parte da sempre della vostra esperienza. Dagli inizi il Movimento dei Focolari ha teso a questo intimo rapporto con chi nella Chiesa aveva il carisma del discernimento. Lo si vede, ad esempio, dalla lunga storia della sua approvazione, inseguita con determinazione adamantina e fiducia totale, a volte nella sofferenza, da Chiara Lubich e da quanti generavano con lei questa nuova creatura. La narra lei stessa nel suo libro “Il Grido”. I riconoscimenti poi, come si sa, sono arrivati abbondanti. Anche altri rappresentanti di Chiese cristiane hanno voluto esplicitare il proprio riconoscimento, a cominciare dal patriarca ecumenico Athenagoras I, dal vescovo luterano Hermann Dietzfelbinger, dal primate anglicano Michael Ramsey e da tanti altri. La lettera sottolinea che non può esistere contrapposizione tra Chiesa delle istituzioni e Chiesa della carità. Che significa da una parte rinunciare a ogni presunzione istituzionale, dall’altra all’autoreferenzialità. In che modo si possono evitare questi rischi? Vivendo ciascuno per lo scopo per cui la Chiesa esiste: l’umanità intera. Nel concreto e nel locale avviene poi il reciproco implementarsi con la ricchezza di ciascuno. La fraternità universale esige l’impegno di tutti e richiede infiniti piccoli passi. Dal 30 giugno al 2 luglio, ad esempio, 300 movimenti e comunità nati in seno alla Chiesa cattolica e a molte altre Chiese si sono dati appuntamento a Monaco, in Germania. ‘Insieme per l’Europa’, è un cammino iniziato nel 1999 e che continua insieme per il bene di questo continente, che deve riscoprire se stesso e ha gravi doveri verso il resto del mondo. E per realizzare l’armonia di cui parla il documento, come e dove bisogna operare? Credo che dobbiamo procedere con fiducia sulla strada che indica. Forse occorre approfondire maggiormente le conseguenze del riconoscere la coessenzialità tra doni gerarchici e carismatici. Bisogna pensare come avviare nella pratica una profonda e concreta partecipazione di ambedue aspetti ai vari livelli della Chiesa. Non basta la constatazione, mi sembra che si debbano trovare anche le modalità operative per procedere insieme. Uno slogan per il documento potrebbe essere quello di “Unirsi per una Chiesa in uscita”. Come interpretare questo impegno? Quella dei dialoghi è la via percorsa dai Focolari, manifestatisi via via con chiarezza, legati a fatti precisi e a incontri con persone concrete. Non quindi strategia, ma sostanza della relazione nel vicendevole riconoscimento e nel reciproco amore. Da qui il maturare del dialogo all’interno delle proprie Chiese, tra le chiese cristiane, con le altre religioni, con persone di riferimento non religioso, con la cultura contemporanea. Alcuni interpreti sottolineano come papa Francesco sia spesso un tantino severo verso i movimenti. È così? Non lo ritengo severo. Trovo sintonia fra le sue parole e gesti e il vissuto dei movimenti. È uno dei Papi che più è entrato in contatto con essi partecipando a manifestazioni o nelle udienze. Così con il Rinnovamento nello Spirito, Cammino Neocatecumenale, Comunione e Liberazione, Schoenstatt… Lo ha fatto anche con i Focolari ricevendo i 600 partecipanti all’Assemblea generale del 2014. Certe sue precisazioni che ad osservatori esterni possono risultare rimproveri, spronano i movimenti a vivere il proprio carisma, ad essere più fedeli allo Spirito Santo per meglio contribuire alla Chiesa comunione. Nitide le sue parole dello scorso aprile nella sua inaspettata visita alla Mariapoli di Roma a Villa Borghese. Con un’immagine, ha sottolineato l’importanza e la capacità dei movimenti di vivificare i vari ambienti: «trasformate i deserti in foresta». L’ultima parte del documento contiene l’invito a guardare a Maria. Un “richiamo” che in qualche modo fa parte del vostro stesso essere Movimento. Maria è la carismatica per eccellenza e ciò la pone al centro della Chiesa nascente, custode della presenza del Risorto fra gli apostoli che, in una Chiesa che non sapeva ancora di essere tale, solo lei poteva bene interpretare. «La dimensione mariana della Chiesa precede la sua dimensione petrina», scrive Giovanni Paolo II nella Mulieris dignitatem: infatti non siamo i cristiani a “fare” la Chiesa ma è il Risorto che ci precede. Da qui il richiamo al Movimento dei Focolari, chiamato dal suo specifico carisma a generare Gesù spiritualmente laddove i suoi membri vivono. Una vocazione descritta negli Statuti con parole forti: essere – per quanto è possibile – una continuazione di Maria, proprio in quella sua specifica opera di dare al mondo Cristo. Il vostro obiettivo, mi corregga se sbaglio, è edificare tutti insieme la civiltà nuova dell’amore. Dove bisogna operare soprattutto in questi tempi? Quali le periferie in cui è necessario essere presenti? Le periferie sono là dove c’è un di più di sofferenza. Papa Francesco non smette di indicarle. Non sono solo le povertà materiali ma anche quelle spirituali: la perdita di senso, lo smarrimento delle radici cristiane in un’Europa logorata dal consumismo, dall’edonismo, dal potere economico e tecnologico, la devastazione del creato, le stragi, il dramma umanitario dei rifugiati e le migrazioni di massa, i tanti conflitti armati. Le periferie sono infinite. Non si tratta di fare tutti insieme la stessa cosa, ma di lavorare insieme con lo stesso scopo: trasformare il deserto in foresta. Riccardo Maccioni, 7 agosto 2016 Pdf dell’intervista (altro…)
Ago 6, 2016 | Centro internazionale
«In principio è la relazione», scriveva nella prima metà del secolo scorso il grande Martin Buber, esponente del pensiero ebraico. Da allora, e grazie agli sviluppi compiuti dalla scuola dialogica, questa categoria è entrata con autorevolezza nella scena filosofica contemporanea, con conseguenze per la vita sociale e l’orizzonte di senso dell’esistenza. Le scienze umane, in particolare, ne hanno fatto un uso proficuo e fecondo. Sempre più tendiamo a pensare che la relazione sia quella dimensione della persona che in qualche modo la definisce. La capacità di relazione è perciò diventata importante in tutti gli ambiti dell’agire umano. Il fallimento di tante nobili imprese, per esempio, può essere fatto risalire a problemi di relazione. Avere una buona relazione risulta, per lo più, un positivo punto di partenza e una garanzia di continuità. La relazione è davvero essenziale. Eppure, dal mio punto di vista, mi permetterei di modificare la frase del grande filosofo austriaco-israeliano con quest’altra: «In principio è la relazionalità». Con questo intendo dire che la relazione è sempre seconda, perché c’è qualcosa di più radicale: la relazionalità. È la struttura relazionale della persona che permette di entrare in relazione, ma non esige necessariamente un rapporto con l’altro per esserci. La relazionalità implica l’essere, la relazione, il fare. Relazionalità e relazione non si oppongono, ma vanno distinte perché toccano due dimensioni diverse della persona. La conclusione sembra paradossale: ci sono persone povere di relazioni ma ricche di relazionalità, e viceversa. Avere tanti rapporti, infatti, non è necessariamente indice di relazionalità. Pongo un caso estremo: una suora di clausura può essere più ricca di relazionalità di una star cinematografica, anche se infinitamente più povera di relazioni. Si può essere aperti all’infinito senza valicare il perimetro della propria stanza, così come chiusi in sé stessi mentre si gira il mondo. È una questione di quantità e qualità, allora? Sì e no. Decisiva – come criterio di qualità delle relazioni – è la misura con cui esse partono o meno dalla struttura relazionale della persona. Non è, quindi, questione di quantità o qualità, ma di profondità e reciprocità. La relazionalità proviene dal fondo dell’essere umano ed è sempre aperta. Aperta alla reciprocità, mentre non sempre le relazioni schivano la tentazione individuo-centrica. Partire dalla struttura relazionale della persona vuol dire allora essere coscienti che nelle nostre relazioni c’è sempre qualcosa che le precede e qualcosa che le eccede. Significa rinunciare a dominare le relazioni, addirittura a costruirle come se dipendessero da noi. Le relazioni non si costruiscono, si cercano. Questo vuol dire che nei nostri rapporti dobbiamo essere attenti soprattutto a ciò che ci sorprende, all’imprevisto. La “volontà di potenza” che caratterizza spesso l’uomo moderno tende non di rado a imporre le relazioni, anche per buoni fini. Può succedere, per esempio, nel rapporto padre-figli o nei rapporti di coppia. Se vogliamo rapporti carichi di relazionalità dobbiamo invece curare l’atteggiamento di attesa, di ascolto, di pazienza, anche di assenza. La relazionalità richiede amore insieme a una sorta di passività che, ben vissuta, è l’unica veramente aperta al nuovo. Le conseguenze etiche di questa distinzione, che può apparire solo accademica, sono in certi casi decisive. Un esempio: se la persona fosse primariamente relazione, intendendo con questo la capacità di costruire rapporti, l’aborto sarebbe legittimo perché l’embrione non è in grado di costruirli. Anche la persona in coma non avrebbe diritto di vivere, perché incapace di avere rapporti con gli altri. Se invece ciò che definisce alla radice la persona è la relazionalità, che per esserci non ha bisogno di rapporti perché viene prima di essi, allora le cose cambiano sostanzialmente. Fonte: Città Nuova (gennaio 2016, pag. 67) (altro…)
Lug 20, 2016 | Centro internazionale, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
5000 chilometri. Tre studenti di architettura colombiani, una lista di luoghi, persone da Italia e Malta, paesaggi ed esperienze con cui confrontarsi, privilegiando i luoghi meno conosciuti. «Questi gli ingredienti di un tour ispirato ai Gran Tour che portavano gli studenti appena laureati in Italia, per apprendere sul posto, per toccare con mano, per fare esperienza diretta», spiegano gli architetti italiani Iole Parisi e Mario Tancredi, coordinatori del progetto. E rivelano l’origine del nome, Habitandando: il viaggio come metodo, il territorio come aula, che si è svolto dal 29 giugno al 16 luglio: «Abitare, che vuol dire in qualche modo possedere; e andare, che rappresenta invece la fugacità, l’errare. Il territorio da possedere, da poter comprendere e il viaggio come metodo di apprendimento». Il viaggio, realizzato da Dialoghi in Architettura insieme al workshop itinerante dell’Universidad de La Salle di Bogotà, con cui da anni c’è una proficua collaborazione, aveva una componente accademica e una più esperienziale. Le tappe del percorso hanno portato Habitandando a Catania, dove un gruppo di architetti e ingegneri è impegnato in un grande progetto – guidato da Paolo Mungiovino – per il recupero un antico edificio storico: l’ex Convento dei Crociferi, nel cuore del centro storico che sarà adibito a Museo Egizio, grazie alla convenzione con il museo di Torino. A Chiaramonte Gulfi (RG), dopo una calorosa accoglienza, con la presenza del vicesindaco e di parte del consiglio comunale, si è conosciuta l’esperienza della Cooperativa Fo.Co, al cuore delle sfide attuali della Sicilia e non solo: l’arrivo di migranti e rifugiati. «Lì abbiamo imparato come si possa conciliare l’amore per la propria terra, con le sfide dell’integrazione; fatta in modo capillare, attento. Una vera lezione di dialogo», raccontano ancora Mario e Iole. In Calabria, la guida è Maria Elena Lo Schiavo, vice sindaco di Marina di Gioiosa Ionica: «Con la sua semplicità, ci ha mostrato la ben nota determinazione della gente di questa terra, che dice dei “no” alle cosche, con molti “si”: all’impegno, alla positività, alla creatività. Anna Cundari, architetto di Cosenza, ci ha invece portati nel cuore del Parco nazionale del Pollino, tra borghi a rischio abbandono, facendoci conoscere persone che per l’amore alla propria terra, dicono altri “si”, ancora con forza e generosità, restaurando e rimettendo in piedi, con le proprie mani spesso, case e cappelle e, con esse, forse anche un po’ dell’anima di questo territorio». A Pescara, gli studenti e docenti dell’Università d’Annunzio, ispirati anche alla forte spinta sociale dell’Università di Bogotà, sono impegnati in un difficile percorso, in uno dei grandi quartieri degradati della città adriatica, abitata da rom e immigrati, coinvolgendo scuole e associazioni. «L’elenco dei contatti di questi 15 giorni di viaggio – concludono gli organizzatori – sarebbe ancora lungo, ma in sintesi ci sembra di aver assaporato un “bello” che, ben distante da apprezzamenti estetici, viene in rilievo dai rapporti tra persone e tra queste e i territori. Cosicché il bello di paesaggi e borghi e città si è “acceso” grazie ai rapporti, al dialogo, al mettere in luce le buone pratiche che ancora tanti, senza troppo rumore, sono capaci di mettere in moto». Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Lug 5, 2016 | Centro internazionale, Spiritualità
Pasquale Foresi (5 luglio 1929 – 14 giugno 2015)
«Per quelli che si sono già donati a Dio con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze e anche al di sopra delle proprie forze, ad un certo momento Dio richiede un’altra scelta di Lui. La prima volta abbiamo capito che Dio andava amato al di sopra di tutto. Ma se si potesse sezionare questa nostra scelta, troveremmo che in realtà contiene un 30% di amore di Dio, un 30% di nausea verso la mediocrità e vacuità in cui vivevamo, un 15% di gioia ed entusiasmo per il fatto di donarci ad una causa così bella e santa, per qualcuno magari un 10% di rimorso dei peccati commessi in passato… (…) Infatti è praticamente impossibile che la prima volta che abbiamo seriamente scelto Dio, ci sia stato un amore per lui totale e pieno. Dal momento però che la perfezione è solo nella carità, tutti quei motivi secondari che all’inizio ci hanno aiutato perché venivano avvolti dalla nostra buona volontà e dal nostro slancio di amare Dio, pian piano riemergono e ci disturbano. È logico che vengano a galla, perché c’erano già prima, come zizzania che è cresciuta insieme con il buon grano, come dice il Vangelo di Matteo. Si tratta di piccoli attaccamenti, di difetti, di atteggiamenti che non sono proprio santità autentica, per cui non costruiscono Regno di Dio ma disturbano noi e gli altri. Magari non sono nemmeno dei peccati veniali, ma non sono neanche puro amore. Che cosa dobbiamo fare a questo punto? Una nuova scelta di Dio. Volere, cioè, che il motivo di tutta la nostra vita sia solamente l’amore di Dio, l’amore puro, e nessunissima altra cosa. (…) È un salto qualitativo che si deve fare: scelgo di amare Dio per Dio, non per ciò che provo, non per i frutti che ciò produce; ma di amarlo per se stesso, per rispondere col mio amore personale all’Amore personale che Lui ha per me. Devo trovare in questa unione con Dio il motivo del mio esistere, del mio vivere quotidiano. Quando si arriva a questo rapporto con Dio, si diventa persone libere, non condizionate. Qualunque cosa succeda, qualunque calunnia, difficoltà, preoccupazione, motivo di amarezza, niente altera la pace, perché si vive innestati in Dio. E si trova in Dio quella unità, quella gioia, quella serenità, che solo l’amore di Dio può dare. (…) Una cosa certa è che la scelta di Dio è sempre da rinnovare. Magari saremo chiamati ad una terza scelta e poi ad altre ancora, perché la vita in Dio è sempre nuova, inesauribile e piena di sorprese». Pasquale Foresi Fonte: Pasquale Foresi, Colloqui, Città Nuova Editrice, 2009 (altro…)
Lug 5, 2016 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
(c) MfE, Foto: Grill
«“L’unità è possibile” è un’affermazione assurda oggi in una Europa segnata dal terrorismo globale, dal moltiplicarsi di guerre, da migrazioni di dimensioni bibliche, da crescente intolleranza? Parliamo di un sogno, di un’utopia? No. Parliamo di un’esperienza che vari Movimenti e comunità cristiane d’Europa vivono già da oltre 15 anni, testimoniando che l’unità è possibile. Abbiamo fatto l’esperienza che c’è qualcosa di intramontabile, indistruttibile, che ci lega: è l’Amore, è Dio Amore. Quest’Amore ha spalancato i nostri occhi e il nostro cuore per abbracciare le paure, le lacrime, le speranze di questo continente. In tutto il negativo, che sembra sovrastarci, riconosciamo il dolore che Dio, fatto uomo, ha sofferto sulla croce, dimostrandoci così il suo amore senza misura e aprendoci la speranza della risurrezione. Tre parole-chiave caratterizzano questa nostra manifestazione: incontro – riconciliazione – futuro. Possiamo incontrarci perché Dio è venuto incontro a noi incarnandosi. Possiamo riconciliarci perché Gesù sulla croce ci ha riconciliati con Dio e tra noi. Possiamo camminare sicuri verso il futuro perché Lui, che ha vinto la morte, cammina in mezzo a noi e ci conduce verso l’unità dell’Europa e del mondo, fino alla realizzazione della sua preghiera “Che tutti siano uno” (Gv 17, 21). Per un fine così alto vale senz’altro la pena di impegnare la propria esistenza. Vogliamo insieme chiedere perdono delle divisioni del passato che hanno innescato guerre e morte in Europa. Vogliamo insieme testimoniare oggi la nostra unità nel rispetto e nella bellezza delle diversità delle nostre Chiese e comunità. Vogliamo insieme metterci a servizio di una novità che oggi serve per poter riprendere il cammino europeo. Ciò che noi possiamo offrire – impegnando la nostra vita – è la novità del Vangelo. Gesù prima di morire ha pregato: “Padre, che tutti siano uno”. Ha mostrato che tutti siamo fratelli, che un’unica “famiglia umana” è possibile, che l’unità è possibile, che l’unità è il nostro destino. Oggi noi qui ci impegniamo ad essere strumenti di questa svolta, strumenti di una nuova visione dell’Europa, strumenti di una accelerazione nel cammino verso l’unità, aprendo con tutti e per tutti gli uomini e donne del nostro pianeta un dialogo profondo. Dialogo possibile per la cosiddetta “regola d’oro”, che dice: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” (cfr. Lc 6,31). In fondo vuol dire: ama. E, se l’amore diventa reciproco, fa fiorire fra tutti la fraternità. È precisamente nella fraternità universale che l’Europa può riscoprire la propria vocazione. Scriveva Chiara Lubich ancora negli anni ’50: “Se un giorno i popoli sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della propria patria (…), per quell’amore reciproco fra gli Stati che Dio domanda come domanda l’amore reciproco fra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era”. Viviamo dunque per questa nuova era! L’unità è possibile!». Maria Voce Manifestazione Insieme per l’Europa Monaco di Baviera, 2 luglio 2016 (altro…)
Lug 3, 2016 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
(c) MfE, Foto: Brehm
«Cari amici di Insieme per l’Europa, vi so riuniti a Monaco di Baviera in tanti Movimenti e Gruppi, provenienti da varie Chiese e Comunità. Avete ragione. È ora di mettersi insieme, per affrontare con vero spirito europeo le problematiche del nostro tempo». Inizia così il denso videomessaggio che papa Francesco ha indirizzato ai partecipanti di Insieme per l’Europa radunati oggi alla Karlsplatz (Stachus) di Monaco, Germania. E dopo avere evidenziato le sfide aperte in Europa, papa Bergoglio incoraggia i partecipanti a «portare alla luce testimonianze di una società civile che lavora in rete per l’accoglienza e la solidarietà verso i più deboli e svantaggiati, per costruire ponti, per superare i conflitti dichiarati o latenti». E poi conclude: «Mantenete la freschezza dei vostri carismi; tenete vivo il vostro “Insieme”, e allargatelo! Fate che le vostre case, comunità e città siano laboratori di comunione, di amicizia e di fraternità, capaci di integrare, aperti al mondo intero». (C) MfE – Foto Brehm
Anche il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I ha voluto essere presente attraverso un messaggio personale, dove tra altro dice: «Anche quando la tentazione ci suggerisce di non stare insieme, i cristiani in particolare sono chiamati a dimostrare il principio fondamentale della Chiesa, che è comunione (koinonia). È solo quando condividiamo i doni così generosamente e liberamente elargiti da Dio che siamo in grado di farne piena esperienza». La manifestazione, che conclude la 4° edizione di Insieme per l’Europa, ha come titolo “500 anni di divisione bastano – l’unità è possibile!”, richiamando i 500 anni di separazione tra la Chiesa cattolica e le Chiese della Riforma protestante. Sul tema dell’unità è intervenuta Maria Voce, presidente dei Focolari: «Ciò che noi possiamo offrire – impegnando la nostra vita – è la novità del Vangelo. Gesù prima di morire ha pregato: “Padre, che tutti siano uno”. Ha mostrato che tutti siamo fratelli, che un’unica “famiglia umana” è possibile, che l’unità è possibile, che l’unità è il nostro destino. Oggi noi qui ci impegniamo ad essere strumenti di questa svolta, strumenti di una nuova visione dell’Europa, strumenti di una accelerazione nel cammino verso l’unità, aprendo con tutti e per tutti gli uomini e donne del nostro pianeta un dialogo profondo». (C) MfE – Foto Brehm
Altri interventi sono stati quelli di Gerhard Pross (CVJM Esslingen): “Unità in una diversità riconciliata” e di Andrea Riccardi (Comunità di Sant’Egidio): “Niente più muri!”. Su “La riconciliazione apre al futuro – 500 anni di divisione sono abbastanza” hanno parlato insieme dal palco il cardinale Kurt Koch (Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani), il vescovo Frank Otfried July (Federazione Luterana mondiale), il metropolita Serafim Joanta (Metropolita rumeno-ortodosso per la Germania e Centro-Nord Europa) ed il Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese rev. Olav Fykse Tveit. Un’intervista su “Missione e futuro” ha permesso un interessante dialogo tra il vescovo evangelico Heinrich Bedford-Strohm ed il cardinale Reinhard Marx. Il messaggio finale, letto da esponenti del Comitato di orientamento e distribuito in migliaia di copie fra i presenti, oltre ad affermare «la visione di un insieme in Europa che è più forte di ogni paura ed egoismo», ha manifestato l’impegno comune di quanti aderiscono a Insieme per l’Europa a «percorrere la via della riconciliazione», a «vivere uniti nella diversità», ad «andare incontro a persone di convinzioni e religioni diverse con rispetto e cercando il dialogo», a promuovere nel mondo «umanità e pace». (c) MfE, Foto: Fischer
Nei due giorni precedenti si è tenuto un congresso al Circus-Krone-Bau, articolato in 36 forum e tavole rotonde, con 1.700 responsabili e collaboratori delle oltre 300 Comunità e Movimenti che aderiscono a Insieme per l’Europa. «Riconciliazione sarà la nostra parola chiave», ha affermato Martin Wagner (CVJM Monaco) in apertura, «L’abbiamo già sperimentata e questo è il nostro futuro. Vogliamo condividere, lavorare insieme per l’unità e soprattutto contribuire, come cristiani, a sostenere le sfide dell’Europa oggi». Tavole rotonde e forum sono stati incentrati su integrazione e riconciliazione, solidarietà con i più deboli, sostenibilità e tutela ambientale, ecumenismo, cristiani e musulmani in dialogo, matrimonio e famiglia, economia. Condivisione di esperienze, idee e progetti, ma anche testimonianza di fede. All’affollato forum “Il prezzo e il premio dell’unità”, il cardinale Walter Kasper ha affermato che «la fatica di un’autentica riconciliazione costituisce uno dei maggiori inciampi al movimento ecumenico. Occorre perdono per proseguire il cammino insieme». La tavola rotonda “Cristiani e musulmani in dialogo” ha esplicitato la necessità di conoscersi, incontrarsi e lavorare insieme, coscienti, come ha sottolineato Pasquale Ferrara, neo ambasciatore italiano ad Algeri, che «il dialogo non lo fanno le culture o le religioni, ma le persone». Il dibattito sui cambiamenti climatici e le sfide ecologiche “Verso una sostenibilità in Europa” nel dialogo tra scienze e religioni, è stato sostenuto insieme dal cardinale Peter Turkson, dall’ingegnere ambientale Daniele Renzi e altri esperti. Alla tavola rotonda che si domandava “Che anima per l’Europa?”, Jesús Morán, copresidente dei Focolari, ha evidenziato che «la prospettiva che l’Europa può e deve ancora, e più che mai, dare al mondo è quella di formare una cultura di unità nella diversità a tutti i livelli, dal livello personale e quotidiano a quello istituzionale». Testi e foto degli interventi sono disponibili su www.together4europe.org/live È già calato il sole quando sul palco alla Karlsplatz si legge il messaggio finale di Insieme per l’Europa 2016. Il programma, animato da band musicali e dall’entusiasmo creativo dei giovani, prosegue con un concerto rock. Fonte: Comunicato stampa SIF – 2 luglio 2016 (altro…)