Gen 24, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Ecumenismo, Focolari nel Mondo
«Fra i cristiani è successo come in una coppia di sposi. Nella vita di coppia le difficoltà sono inevitabili. Solo che se c’è l’amore, esse servono a mantenere e far crescere l’unità. Quando l’amore non c’è i problemi diventano un ostacolo insuperabile e si segnalano come motivo della separazione. Però in realtà non sono i problemi che hanno distrutto la famiglia, ma la mancanza di amore. Così fra le Chiese. La divisione è avvenuta non solo per motivi religiosi o teologici, ma anche – e spesso soprattutto – politici, economici, culturali. Nella misura in cui crescerà l’amore, la disunità diventerà insopportabile e i problemi si supereranno. Penso che un giorno le varie Chiese, senza abbandonare la propria tradizione e tutte quelle espressioni legittime che hanno sviluppato attraverso la storia, potranno partecipare, quando Dio vorrà, a un Concilio riunificatore per poter far sì che la Chiesa, pur mantenendo tante espressioni, sia una. Per adesso è forse prematuro, ma Dio in un giorno può farci vivere mille anni. Sarebbe un avvenimento che toccherebbe profondamente anche tutti i membri delle grandi religioni». Da “COLLOQUI” – Pasquale Foresi – Città Nuova 2009 – pag. 155-156-161 (altro…)
Gen 18, 2016 | Centro internazionale
Delle centinaia di comunità che, nel corso degli anni, si sono formate in ogni angolo del mondo attorno alla spiritualità dei Focolari quella degli Emirati Arabi ha, senza dubbio, una sua originalità ed unicità. Si tratta, infatti, di un gruppo composto da persone del Movimento, nessuno dei quali è originario del posto. Sono persone, spesso famiglie intere, provenienti da vari Paesi dell’Asia o del Medio Oriente, ma anche da Europa e America Latina, che sono arrivate nel Golfo Persico per motivi di lavoro e che, terminati i loro contratti, lasceranno questa parte di mondo. Gli stranieri, infatti, costituiscono quasi il 90% della popolazione degli Emirati, ma sono una presenza fluttuante e il gruppo dei Focolari fa parte di questa sezione del Paese. Presso uno degli hotel di questa capitale mondiale della finanza, dove si vede ciò che i petroldollari hanno potuto fare in pochi decenni, trasformando un angolo di deserto in una metropoli modernissima dallo skyline impressionante con un architettura futuristica, si sono incontrate – venerdì 15 gennaio – una ottantina di persone. Le provenienze parlano di una geografia dell’Asia e non solo: Filippine, India, Pakistan, Egitto, Siria, Giordania, Libano, Palestina e anche Brasile e Italia. Le professioni e gli impieghi i più diversi: ingegneri edili, impiegata di ambasciata, maestri ed insegnati di scuole superiori, infermiere, informatici, ricercatori universitari ed anche lavori, forse, più umili. Alcuni sono qui da anni, sono cresciuti in questo mondo e ne hanno visto lo sviluppo vertiginoso e quasi irreale, altri sono arrivati da poco con la certezza di un lavoro, magari svanito dopo poco ed hanno vissuto il dramma di doverne trovare un altro in tempi brevi, pena il dover ritornare in patria. Alcuni hanno figli nati qui, altri, forse, partiranno presto. I motivi di questi trasferimenti sono spesso legati a situazioni difficili dal punto di vista economico nei Paesi di provenienza o, semplicemente, dal desiderio di assicurare ai figli un futuro migliore, con guadagni che mai potrebbero sognarsi nelle nazioni di origine. Una situazione complessa, spesso surreale, una vita fatta di lavoro, al centro tuttavia di un mondo all’apice del consumismo. Qui i cristiani si ritrovano secondo le comunità linguistiche e dei Paesi di provenienza e, soprattutto, nelle chiese di Dubai, ogni venerdì, giorno di festa trattandosi di un Paese musulmano. Le persone radunatesi in questi giorni provenivano anche da altri angoli della zona: Doha in Qatar o Abu Dhabi, Sharja e Fujera sempre negli Emirati, da Oman e dal Bahrein. L’occasione per questo incontro è stata la sosta negli Emirati di Maria Voce e Jesús Morán, che all’inizio del loro viaggio in India hanno pensato ad una breve sosta negli Emirati per un momento di condivisione con questa originale comunità. La mattinata è trascorsa veloce, fra la presentazione della storia della presenza di membri del Movimento fin da vari decenni orsono per periodi più o meno lunghi, caratterizzati anche da visite di focolarini dal Pakistan, dall’India o dalle Filippine o da Paesi del Medio Oriente. Sono, poi, seguite alcune esperienze che hanno rivelato la realtà vera di come si vive in questo apparente paradiso del consumismo imperante, lontano dalla propria cultura, con il pericolo, giorno dopo giorno, di essere risucchiati da una mentalità fatta di comodità, guadagno e interessi. Spesso si sono lasciate da parte le esperienze vissute negli anni giovanili ispirate dalla spiritualità di comunione per ritrovare, poi, inaspettatamente e in momenti di grande difficoltà, altri fratelli e sorelle che condividono il carisma di Chiara Lubich. Difficoltà di rapporti sul lavoro, ma anche rischi di famiglie che si incrinano per via del consumismo e della lontananza dai valori di casa, solitudine. Eppure, anche in questo angolo di mondo un gruppo di persone ha continuato a incontrarsi attorno alla Parola di Vita o all’interno di una parrocchia nel nome dello spirito del Focolare.
Un momento di dialogo con Maria Voce e Jesús Morán
Da qui, un secondo momento di dialogo con Maria Voce e Jesús Morán proprio incentrato su queste sfide e sofferenze, sui rischi che si corrono e sulla necessità di una comunità viva che sappia essere culla di valori di comunione, fraternità e sobrietà evangelica. La presidente ed il copresidente dei Focolari hanno ricordato come le prime comunità cristiane fossero disperse nel grande impero romano e di come i cristiani, spesso soli ed isolati, riuscissero a resistere alle lusinghe di quel mondo grazie alle loro comunità anche piccole. L’immagine dei fiori del deserto è spesso tornata in evidenza nel corso del dialogo, ricordando come fosse stata Chiara stessa negli anni novanta a esprimere con questa immagine i primi del Movimento dei Focolari che si erano trovati a vivere negli Emirati Arabi. E, poi, oltre alla necessità di gareggiare per il primato dell’amore in un ambiente che annovera primati ben diversi – il grattacielo più alto del mondo, le fontane con il gettito più elevato, la maggior concertazione di centri commerciali -, è emersa la sfida di restare ben radicati nel presente. Non si può pensare di fare diversamente, commentava Maria Voce a conclusione del dialogo. Il Paese non garantisce nulla su tempi lunghi, i contratti di lavoro possono terminare, un impiego può svanire per i giochi finanziari. Allora, resta importante mettere radici profonde anche per coloro che verranno, magari quando quelli che vivono oggi negli Emirati non saranno più qui. Questa comunità deve continuare. Impressionava alla conclusione della mattinata vedere la commozione su molti volti, ma anche la gioia e l’entusiasmo: l’aver trovato o ritrovato una famiglia spirituale e sapere che anche qui si è parte di questa grande famiglia mondiale. (altro…)
Gen 18, 2016 | Centro internazionale, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Igino Giordani fu un precursore dell’ecumenismo. La sua sensibilità ecumenica nacque quando, nel lontano 1927, si imbarcò su una nave per gli Stati Uniti d’America, per andare a studiare la Biblioteconomia per conto del Vaticano. Qui scoprì ciò che ancora non conosceva: i cristiani di varie denominazioni, e rimase colpito dalla loro religiosità. In molti scritti posteriori Giordani affermò che il dialogo, e quindi il dialogo ecumenico, ha il suo modello nelle relazioni trinitarie, perciò pone tutti sul medesimo piano di amore. La comunione chiama tutti al dialogo, nella stessa misura bisogna donarsi per creare l’unità. «Per eliminare le divisioni, in passato si polemizzava; oggi si preferisce il confronto rispettoso delle idee, si cerca la convergenza, la riconciliazione. Oggi si è meglio compreso che l’unità non è statica, ma dinamica, e cresce in quantità e qualità. Perciò col dialogo, che segna una “svolta storica” innovatrice, finisce la polemica, l’urto, la scomunica, viceversa comincia la comprensione, e l’acquisto delle verità e virtù degli altri. Il dialogo, per il quale si incontrano esponenti di due o più chiese, non è propaganda né accademia. Il possesso della verità non impedisce la penetrazione inesauribile dei misteri, né il reale progresso dei dogmi. Il dogma va approfondito, reinterpretato. «Il dialogo ecumenico non nasce dalle differenze dottrinali che ci sono tra i due (o più), ma dall’unità che già esiste tra loro, dal patrimonio comune a tutti. Il clima psicologico del dialogo è la simpatia, o meglio, la carità. Dice Maritain: “Una perfetta carità verso il prossimo e una perfetta fedeltà alla verità sono non soltanto compatibili, ma si richiamano a vicenda”. Per la funzione profetica del Popolo di Dio, il cristiano deve comunicare le verità che possiede e lasciarsi comunicare le verità possedute dall’altro. Per tale funzione profetica, il cristiano non deve limitare il dialogo all’aspetto teologico (e farne un lavoro da specialisti). L’unità non è solo un problema tecnico e teologico, è problema di carità. «Gli interlocutori devono trattarsi alla pari. Stima reciproca, niente sottintesi o furberie, niente parole offensive. Tale parità non significa confusione o conguaglio di dottrine. Significa coscienza di appartenere entrambi al Corpo Mistico di Cristo. Devono accettare il pluralismo, riconoscendo ogni legittima diversità. Sono più forti le cose che uniscono i fedeli che quelli che li dividono (Gaudium et spes, 92). Diversamente il dialogo si riduce a monologhi alternati. Tutti i cristiani sono chiamati all’esercizio del dialogo. Possono giovarsi per questo d’ogni incontro (lavoro, turismo, studio, ecc.). Non si ammettono steccati tra una confessione e l’altra: ma si aprono tutte le porte per arrivare all’incontro e al dialogo. L’opera è lunga e difficile, ma Dio la vuole». (altro…)
Gen 13, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
“Una società è buona quando l’ultimo e il più piccolo hanno accesso ad una vita dignitosa”. Questa è stata l’idea forza che nel 1986 ha spinto il Dott. Aram e sua moglie Minoti, con una commissione di amici Gandhiani, a dare inizio allo Shanti Ashram di Coimbatore nel Tamil Nadu. Alfabettizzazione, sviluppo della condizione della donna, sanità, politica ambientale, lotta alla povertà, programmi di leadership per la gioventù e progetti per l’infanzia sono le azioni promosse dall’Ashram, di cui fa parte il progetto Bala Shanti nato nel 1991 per aiutare bambini molto poveri nei villaggi circostanti. Scriveva la Signora Minoti nel 2013: “Tagore,il poeta tanto amato e vincitore del premio Nobel dice: ‘Ogni bambino e bambina è portatore del messaggio che Dio non si è ancora scoraggiato nei riguardi dell’uomo’. È in questo contesto che vedo il nostro lavoro per i nostri bambini: poter servire uno dei doni più preziosi di Dio all’umanità” . Inizialmente il progetto Bala Shanti ha mirato a offrire nutrizione, educazione e servizi sanitari ad un piccolo gruppo di bambini dai 3 a 5 anni. Oggi il progetto aiuta migliaia di bambini in 17 villaggi, coinvolgendoli direttamente a loro volta nella lotta alla povertà, suscitando in loro e nelle loro famiglie una partecipazione attiva sociale.
Chiara Lubich con Minoti Aram (2002) – © Centro S. Chiara Audiovisivi
Nel 2002, dopo i contatti iniziati con i Focolari e le due visite di Chiara Lubich in India, il programma Sostegno a Distanza di Famiglie Nuove inizia una collaborazione con il progetto Bala Shanti che continua tutt’ora, per il sostegno di un centinaio di bambini Uno dei programmi del Bala Shanti è un parlamento dei bambini, nato nel 2006 e composto da ex-alunni del progetto: oltre 800 bambini e giovani dai 6 a 18 anni che si trovano regolarmente per dar voce a temi che li toccano direttamente, come la promozione dell’igiene, l’educazione continuativa, l’adesione sociale e il servizio alla comunità. Nota l’iniziativa più recente, la Banca dei Bambini, nata dai bambini per i bambini. Questa iniziativa è stata lanciata nel maggio 2013 con lo scopo di insegnare ai bambini il valore del risparmio e la pianificazione finanziaria per la propria educazione,oltre a donare una parte dei loro risparmi per aiutare bambini più poveri di loro. Nel 2015 oltre 1500 bambini, piccoli risparmiatori, hanno partecipato al progetto. Quest’anno si festeggia il 25˚ anniversario del Bala Shanti con grande gioia e un consuntivo nettamente all’attivo. Info: Progetto Bala Shanti (altro…)
Dic 22, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Spiritualità
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«Auguro a tutti un Natale di condivisione, ricordando le parole di papa Francesco: giustizia, solidarietà e sobrietà.
Giustizia: cioè guardare a chi soffre, a chi manca del necessario, non come una categoria sociale da aiutare, ma come fratelli da amare.
Solidarietà: non aver paura di aprire il cuore, le tasche, i portafogli, per vivere come una sola famiglia.
Sobrietà: non sciupare quello che va messo a disposizione di tutti, a cominciare dalle cose belle del creato.
Lo spero, spero nella grazia del Natale!
È un tempo di misericordia che tutti possono vivere. Dio crede in noi e mette nel cuore di ognuno una scintilla del Suo amore. Allora il Natale può essere bellissimo per tutti: sarà bello se sarà un Natale d’amore».
Maria Voce
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Dic 17, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
https://youtu.be/3NphCH00FrQ?t=24 “Bel tempo si spera”, trasmissione dell’emittente cattolica TV2000, ha dedicato la puntata del 14 dicembre ai temi del Giubileo. E lo ha fatto accompagnando i telespettatori in un viaggio fra le cattedrali del mondo, all’indomani dell’apertura delle Porte Sante. Maria Voce era in studio, invitata dalla conduttrice Lucia Ascione. Fra una tappa e l’altra di questo simbolico giro, si avvia un dialogo che spazia su temi più vari, a partire dal significato del Giubileo. «L’anno della misericordia – dichiara Maria Voce – riporta al coraggio di credere che Dio è Amore. Penso che in questo momento in cui sembra che tutto sia diventato relativo, ci sia bisogno proprio di un ritorno all’essenziale, di credere all’Amore». E in un altro passaggio: «Purtroppo la cultura attuale parla di rabbia, di rivendicazioni, di diritti lesi, tutte cose che accendono tristezza, avvilimento. Noi vogliamo portare fiducia, perdono, amore reciproco. Vogliamo guardare al mondo come una famiglia, la famiglia dei figli di Dio. E Dio è misericordia, Dio è Amore». «Mi piace ricordare – continua la presidente – che il Papa non ha spalancato ‘la’ Porta Santa, ma tante porte sante. Anche la porta della cella in un carcere, ha detto Francesco, può essere una Porta Santa. È proprio il segno dell’amore misericordioso del Padre che attende il ritorno di tutti, nessuno escluso». Lucia Ascione ricorda le parole di papa Francesco all’Angelus del giorno prima riguardo al dialogo dei Focolari coi musulmani, Maria Voce afferma: «Questa conciliazione tra persone di fedi diverse che noi sperimentiamo non è nata ieri, ma si costruisce giorno per giorno, nel tempo e dappertutto, attraverso rapporti di amicizia; nel rispetto delle differenze». «Se è così semplice per voi – incalza Ascione – perché è così difficile per il mondo? » Maria Voce: «Il papa ha detto che purtroppo c’è tanto amor proprio. Invece occorre saper andare al di là, essere pronti ad accogliere l’altro anche se è diverso. È un amore che si impara esercitandolo, andando incontro all’altro. Certo, la diversità fa paura, fa paura a tutti. Una paura che si può vincere soltanto con l’amore. Impugnare le armi non porta a nessun risultato». «Lei è stata all’ONU – domanda la conduttrice – e se li è visti tutti davanti. Che ha fatto, presidente? ». «Ho detto loro che bisogna convertirsi, ma non a parole. Che occorre considerare il dialogo non come una delle tante vie, ma come l’unica praticabile. E’ difficile accettare questa visione perché non si è capito lo ‘scandalo della croce’. La misericordia ci fa fare la parte dell’altro, come ha fatto Gesù che è morto per ciascuno di noi». «È l’esperienza – spiega Maria Voce a proposito dei rifugiati – che facciamo quotidianamente con tutti quelli che bussano alle nostre porte. Recentemente sono arrivati 170 minori non accompagnati nella nostra cittadella dell’Olanda e sono stati accolti». E ricordando le parole del comunicato che Maria Voce aveva diffuso dopo i fatti di Parigi, Ascione domanda: «Cosa voleva dire interrogandosi se davvero si era fatto tutto quello che si doveva, per evitare reazioni così violente? » «Tante volte siamo toccati dagli eventi più vicini, dimenticandone altri in luoghi dove la tragedia della guerra si vive quotidianamente. Lì abbiamo le nostre comunità e sappiamo che qualcosa è ancora possibile costruire. Abbiamo medici che di fronte ad un ferito non distinguono se sia cristiano o musulmano; se manca l’acqua chi ha un pozzo lo mette a disposizione di tutti, al di là della religione che praticano. Forse non sappiamo farci le domande giuste. Per questo noi per primi ci siamo interrogati. Forse negli anni non ci siamo interessati fino in fondo. Sapersi fare un esame di coscienza è ciò che può aprire alla speranza. E di fronte a chi soffre, a chi è povero, occorre non aver paura di aprire il cuore. Occorre non aver paura di aprire tasche e portafogli e, vivendo nella sobrietà e nel rispetto del creato, vedere gli altri come fratelli di una stessa famiglia». Rivedi la trasmissione (altro…)