Movimento dei Focolari

Uno sguardo nuovo sul mondo e sugli altri

Si è concluso l’Halki Summit V svoltosi a Istanbul (Turchia). Quattro giorni di lavori all’insegna della cura dell’ambiente nella prospettiva del futuro del pianeta.   Al termine del quinto Halki Summit, intitolato “Sostenere insieme il futuro del pianeta”, ci siamo salutati in un clima di grande familiarità. L’incontro internazionale e interdisciplinare co-organizzato dal Patriarcato Ecumenico e dall’Istituto Universitario Sophia, ispirato dal magistero profetico del Patriarca Bartolomeo e di Papa Francesco, è stato unanimemente riconosciuto come un evento dello Spirito Santo. Non a caso, i giorni del Summit coincidevano con quelli tra le due date di Pentecoste delle nostre rispettive Chiese. Il confronto sincero, l’ascolto reciproco, libero e aperto, lo scambio dei doni sostanziato dalle riflessioni, dalle ricerche e dai cammini ecclesiali condivisi, con stupore ci hanno condotti alla consapevolezza di vivere una svolta decisiva per il futuro della famiglia umana, nella quale ciascuno ha una responsabilità inderogabile. La sfida e l’opportunità che si stagliano sul nostro comune cammino sono certamente quelle di sviluppare anzitutto un ethos ecologico condiviso, implementando – come artigiani della pace e della fraternità – buone pratiche in ogni ambito: dalla pedagogia alla pastorale, dal sociale al politico all’economico. A ciò va aggiunto l’impegno, sul piano squisitamente culturale, di approfondire percorsi interdisciplinari per la formazione di nuovi paradigmi interpretativi e trasformativi della realtà, in vista del superamento della cultura dello scarto. È parso chiaro, infine, quanto tali linee d’azione sarebbero inefficaci senza un impegno educativo non elitario che preveda un capillare e convinto coinvolgimento ecclesiale. È nata spontanea la richiesta di sottoscrivere un appello finale rivolto alle Chiese e a coloro che hanno a cuore la cura della casa comune. L’auspicio è quello di non lasciarci tutto alle spalle come un bel ricordo, bensì di riconoscere che abbiamo dinnanzi un orizzonte di luce che richiede una conversione dello sguardo che parta dal cuore e si nutra di sapienza evangelica. “La cultura ecologica – ci ricorda papa Francesco – non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico. Diversamente, anche le migliori iniziative ecologiste possono finire rinchiuse nella stessa logica globalizzata. Cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta, significa isolare cose che nella realtà sono connesse” (Enc. Laudato Si’, n. 111).

Vincenzo Di Pilato (Foto: Alfonso Zamuner, Noemi Sanches e Nikos Papachristou)

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I sogni di Dio possono essere rallentati, ma non fermati!

I sogni di Dio possono essere rallentati, ma non fermati!

Si è aperto ieri, 8 giugno 2022, in Turchia il V Summit di Halki organizzato congiuntamente dal Patriarcato di Costantinopoli e dall’Istituto Universitario Sophia. Abbiamo avuto un sogno… Sì, era il gennaio del 2019 e una delegazione dell’Istituto Universitario Sophia (IUS) rendeva visita al Patriarca Ecumenico Bartolomeo, nel Fanar, lo storico quartiere greco dell’attuale Istanbul (Turchia). In quei giorni, venivamo accolti con fine cordialità anche dal metropolita Elpidophoros di Bursa, allora abate del Monastero della Santissima Trinità sull’isola di Halki e professore della Scuola Teologica dell’Università di Salonicco (diverrà poi, nel maggio successivo, arcivescovo d’America). Respirammo una comunione profonda con lui da cui scaturì il desiderio di organizzare insieme una Summer School ad Halki con studenti e docenti cattolici e ortodossi, sul tema ecologico, così caro a entrambe le Chiese sorelle di Roma e Costantinopoli. La pandemia è riuscita solo a ritardarlo, ma oggi quel sogno si è realizzato. È mercoledì 8 giugno 2022, sono le ore 18.30, e siamo di nuovo nella “regina delle città” – come veniva chiamata, non senza una ragione, la splendida città di Costantinopoli – e il Patriarca Bartolomeo ha rivolto ai partecipanti, studenti e docenti provenienti da tutti i continenti con esperienze interdisciplinari ed ecumeniche molto variegate, un intenso e illuminante indirizzo di saluto. A lui vicini sono in ascolto mons. Marek Solczynski, nuovo Nunzio Apostolico in Turchia, mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione dell’Educazione Cattolica, lo stesso Arcivescovo Elpidophoros e Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari e Vice-Cancelliere dello IUS. “Tutto è in relazione d’amore” ha detto tra l’altro Margaret Karram, richiamando il destino di unità custodito nell’universo che l’uomo e la donna sono chiamati a favorire con azione e pensiero, oggi più che mai, audaci, profetici. Il titolo del quinto Summit di Halki organizzato congiuntamente dal Patriarcato di Costantinopoli e dallo IUS iniziato mercoledì 8 giugno lo rivela chiaramente: “Sostenere insieme il futuro del pianeta”. Non a caso sono state due le parole che il Patriarca Bartolomeo ha voluto sottolineare a partire da questo titolo: “futuro” e “insieme”. La prima richiama il forte legame intergenerazionale insito nel rispetto dell’ambiente in cui viviamo; la seconda, invece, l’inderogabile approccio interdisciplinare da assumere dinnanzi alla vastità e alla complessità dei problemi ecologici. “Diventa evidente – ha detto il Patriarca – che solo una risposta cooperativa e collettiva – da parte di leader religiosi, scienziati, autorità politiche, istituzioni educative e organizzazioni finanziarie – sarà in grado di affrontare efficacemente queste questioni vitali del nostro tempo”. Al termine del suo intervento, ha poi ripreso due concetti molto cari alla teologia e alla spiritualità ortodossa: “eucaristia” (nel senso di “rendimento di grazie” per il dono della creazione) e “ascesi” (intesa come “autocontrollo” delle passioni consumistiche). Il Patriarca ha però invitato a considerare questi concetti non semplicemente in senso liturgico o monastico, bensì come modi diversi di parlare della comunione. “Ed è qui che la visione del nostro fratello Papa Francesco – ha ammesso con commozione – coincide con la visione del mondo che abbiamo proposto e promulgato per oltre trent’anni. Entrambi siamo convinti che ciò che facciamo al nostro mondo, ‘lo facciamo al più piccolo dei nostri fratelli e sorelle’ (Mt 25,40), così come ciò che facciamo agli altri lo facciamo a Dio stesso (cf. Mt 25,45). Non è un caso che subito dopo aver pubblicato l’enciclica sull’ambiente Laudato Si’, l’enciclica successiva di Papa Francesco sia stata Fratelli Tutti”. Sono molte, infatti, le dichiarazioni congiunte del Papa e del Patriarca – insieme all’Arcivescovo di Canterbury – sull’urgenza della sostenibilità ambientale, sull’impatto sociale e sull’importanza della cooperazione globale. È quanto scrive anche papa Francesco nella Laudato Si’: “Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità…, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa. Tutto è connesso” (n. 117). E il Patriarca chiarisce contestualizzando: “Connessioni tra noi e l’intera creazione di Dio, tra la nostra fede e la nostra azione, tra la nostra teologia e la nostra spiritualità, tra ciò che diciamo e ciò che facciamo; tra scienza e religione, tra le nostre convinzioni e ogni disciplina; tra la nostra comunione sacramentale e la nostra coscienza sociale; tra la nostra generazione e le generazioni future, tra le nostre due chiese, ma anche con altre chiese e altre comunità di fede”. Sì, tutto è connesso da un legame che solo l’amore reciproco tra le persone riesce a rendere visibile a ogni uomo e donna di questo meraviglioso pianeta terra.

Vincenzo Di Pilato (Foto: Alfonso Zamuner)

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I giovani e l’ecumenismo

I giovani e l’ecumenismo

In America Latina la maggioranza della popolazione appartiene alla Chiesa cattolica romana, tuttavia, da tempo la conoscenza tra le varie chiese si fa strada. Il lavoro condiviso nel campo sociale, fa sì che i cristiani possano trovare sempre più spazi di vera unità. Uno dei momenti più forti è la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che nell’emisfero sud si celebra attorno alla festa di Pentecoste. I giovani sono sempre più protagonisti nel compiere azioni concrete.   Da sempre i giovani sono attratti da ciò che è sconosciuto, dal diverso da sé, da tutto quello che rappresenta una novità, anche in ambito religioso, sono sempre più aperti a chi non è della propria chiesa. È un’esperienza che porta avanti Ikuméni, un laboratorio per giovani cristiani dell’America Latina (o latinoamericani), appartenenti a diverse chiese e tradizioni cristiane. “Fin dal primo giorno mi sono resa conto che sarebbe stata una sfida personale per ciascuna delle persone presenti, a partire da me che quotidianamente frequento persone per lo più cattoliche, come me.  In questo corso tutto era nuovo e ogni partecipante proveniva da una chiesa diversa”, dice Carolina Bojacá, una giovane colombiana dei Focolari. I giovani cristiani di diverse tradizioni diventano compagni di strada in questo percorso di formazione, che è una vera e propria esperienza inedita nel campo ecumenico. Partendo dalla fede comune in Cristo ciascuno si prepara a mettersi al servizio, sia nel campo dello sviluppo sostenibile, della pace e dell’assistenza umanitaria. “Ad agosto del 2021 ho frequentato in forma virtuale – continua Carolina – il corso per giovani sulle buone pratiche ecumeniche e interreligiose. Già dall’inizio si è creata un’atmosfera molto bella tra tutti e sentivamo forte il desiderio di costruire relazioni e conoscerci meglio… Nell’affrontare ogni tematica ci siamo anche resi conto che, per andare avanti, molte volte abbiamo dovuto lasciar cadere quei pregiudizi o preconcetti che spesso si creano all’interno di una comunità e che non ci permettono di aprire la mente e il cuore per accogliere l’altro. Solo così   è possibile scoprire la bellezza di ciò che ci unisce ma anche le differenze che ci fanno essere chi siamo come chiesa o realtà, senza che sia un impedimento lavorare insieme per un mondo più fraterno. Con il passare dei mesi ci siamo conosciuti e abbiamo avuto il nostro primo incontro faccia a faccia. È stato davvero bello vedere il nostro rapporto rafforzato, poterci abbracciare, pregare, dialogare e scoprire la diversità e la ricchezza di ciascuno, anche la mia.”. I giovani che seguono questo laboratorio si preparano al servizio comune. Come dice il documento Servire il mondo ferito del Consiglio Ecumenico delle Chiese ed il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, i cristiani devono sentire ora l’urgenza di una testimonianza comune: cristiani assieme al servizio, anche coinvolgendosi con persone di altre religioni in una solidarietà interreligiosa. Anche Carolina ed il suo gruppo si sono rimboccati le maniche: “A dicembre, con un’altra giovane del movimento dei Focolari che partecipava anche al corso, volevamo portare doni ad una comunità indigena sfollata a causa della violenza, che si trova nella periferia di Bogotá. Abbiamo proposto a tutti l’idea e c’è stata davvero una bella risposta: in molti hanno donato qualcosa e assicurato le loro preghiere dimostrando che, anche se appartenenti ad una chiesa diversa, ciò che ci motiva è quell’amore ispirato da Gesù che è il nostro modello comune. Per terminare il nostro tirocinio- continua Carolina- ognuno di noi ha dovuto raccontare delle attività svolte durante un incontro in presenza che si è svolto a Buenos Aires (Argentina). Ci siamo ritrovati con i partecipanti del corso Ikuméni, ma abbiamo avuto anche la presenza di membri di altre religioni che con gioia hanno condiviso i loro pensieri e le loro azioni concrete. Un momento speciale per poterci aprire anche al dialogo interreligioso”. Un’ esperienza totalmente nuova; una testimonianza della fraternità che si costruisce a partire dallo sforzo di ciascuno e il desiderio grande di conoscersi e fare cose grandi, tutti insieme. “Anche se il corso è finito – conclude Carolina -, è solo il primo passo per rispondere a una chiamata personale e continuare a rafforzare le nostre relazioni, poterci aiutare in queste azioni che ci fanno allargare il cuore e continuare a lavorare per rendere il mondo unito una realtà”.

Carlos Mana

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Il tempo di Pasqua: l’attesa condivisa del Risorto

Un sepolcro vuoto, una luce che illumina il mondo e, sulla cui scia, è possibile costruire ponti di vera unità. Heike Vesper, Enno Dijkema e Mervat Kelli, focolarini di diverse Chiese cristiane, ci raccontano la Pasqua. La Pasqua è il centro della fede cristiana, è il mistero della Salvezza. Senza la Pasqua non esiste il cristianesimo. Gesù si è incarnato per salvarci. Tutti i Cristiani credono nello stesso Gesù Cristo che è morto e risorto”. Con queste parole Mervat Kelli, focolarina ortodossa della Siria, ci mostra il terreno fecondo dove nulla finisce ma tutto ha inizio; lo spazio tangibile in cui è possibile ritrovarsi, condividere e lasciarsi avvolgere dalla luce della Risurrezione. È questo il significato ecumenico della Pasqua, l’eredità che Cristo ci lascia, “un tempo per adorarLo- dice Enno Dijkema, focolarino cattolico dell’Olanda. Gesù- continua- ci ama fino al suo abbandono al Padre, fino alla morte. Dà tutto! Posso tranquillamente affidare a Lui tutte le mie miserie, i miei limiti e i dolori di ognuno. Non c’è una misura di buio che non venga superato dalla luce del suo amore”. Per Heike Vesper, focolarina tedesca della Chiesa Luterana, nella Pasqua Gesù abbandonato “ha risanato il nostro rapporto con il Padre. Nel suo grido, nel suo ‘perché?’ – afferma-  ritrovo tutti i miei ‘perché’ le mie angosce. E poi per ogni risurrezione, serve l’attesa, il tempo, lo stare di Maria sotto la croce senza saper cosa fare, il silenzio e il buio del Sabato Santo prima che giunga l’alba della domenica con il fuoco, la liturgia della luce e il rinnovamento del battesimo”. Un tempo di grande comunione anche con i fratelli che nasce proprio dal perdono, come racconta Mervat: “nella Chiesa Siro-Ortodossa alla quale appartengo, la Pasqua viene chiamata ‘la grande festa’. La preparazione comincia già dall’inizio della Quaresima con la consacrazione dell’olio della riconciliazione. Ciascun fedele, a conclusione della liturgia, intinge un pezzo di cotone nell’olio consacrato e si dirige verso gli altri per chiedere uno ad uno il loro perdono, portare il suo e ricevere a sua volta il loro. Disegnando una crocetta sulla fronte e dicendo: ‘ti perdono con tutto il cuore, che questo olio sia il segno del mio perdono. Ti chiedo di perdonarmi’”. Le varie tradizioni e le diverse forme di liturgia, rappresentano una ricchezza, e poterle vivere insieme come accade spesso nel Movimento dei Focolari, mette in luce, come dice Heike, “ la grandezza di Dio Amore. Da tempo- continua- vivo in una comunità insieme a cattolici e sono proprio queste le liturgie che cerchiamo di vivere insieme se l’orario delle celebrazioni lo permette. Così, quasi ogni anno il Venerdì Santo andiamo insieme prima nella chiesa luterana e poi nella cattolica. La stessa cosa a Pasqua”. “Per me questa è la prima Pasqua in Italia- dice Enno- ma in Olanda ho potuto festeggiare alcune volte la funzione di Venerdì Santo con il mio compagno di focolare protestante. È stato molto bello”. Anche Mervat, che secondo il calendario giuliano quest’anno si prepara a vivere la Pasqua ortodossa il 24 aprile, da alcuni anni in Italia, ha la gioia di partecipare con le focolarine a tutte le funzioni della Chiesa Cattolica sentendo questa come una meravigliosa possibilità: “ancora abbiamo date diverse, ma abbiamo la stessa fede, la stessa speranza, lo stesso Amore del Dio Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Abbiamo tutti lo stesso comandamento: amatevi a vicenda come vi ho amato. È questa la chiave che ci apre la porta verso l’unità”.

Maria Grazia Berretta

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Camminare insieme: il percorso sinodale in Terra Santa

Il Sinodo 2021-2023 indetto da Papa Francesco è l’occasione per rimettersi in ascolto e in dialogo con l’altro, l’opportunità di ritrovare la vera identità della Chiesa, “universale”, fin dal principio. Il percorso coinvolge tutte le diocesi del mondo, anche la Terra Santa. “Mentre ci accingiamo ad iniziare questo cammino, siamo più consapevoli che mai che noi, tutti insieme, come discepoli di Cristo in questa Terra, che è la Sua casa, siamo chiamati ad essere suoi testimoni. Ricordiamo che il suo più grande desiderio è quello che noi siamo uno (cfr. Gv 17).” È quanto si legge nella lettera del 26 gennaio 2022 inviata dagli ordinari cattolici ai capi delle Chiese cristiane in Terra Santa riguardo al Sinodo 2021-2023 indetto da Papa Francesco dal titolo “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione”. Con il desiderio esplicito di informare e coinvolgere i fratelli delle altre comunità ecclesiali locali in merito all’articolato percorso sinodale avviato anche in Terra Santa, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, che firma il testo, sottolinea l’importanza dell’ascolto reciproco per crescere insieme in questo cammino di comunione. Uno sguardo alla missionarietà di una Chiesa “universale”, in particolare quella di Gerusalemme, di cui il patriarca aveva parlato il 9 novembre 2021, durante un incontro con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità presenti in Terra Santa a seguito dell’apertura del cammino sinodale: “La nostra Chiesa, la Chiesa di Gerusalemme è nata al Cenacolo, a Pentecoste, ed è nata, già allora, come Chiesa universale e locale allo stesso tempo. (…) soprattutto in questi ultimi anni, si è arricchita di tanti carismi in più. Per questo motivo la vostra presenza qui non è soltanto un dono, un segno della Provvidenza (…), ma fa parte di un desiderio di Dio (…)”. I rappresentanti delle varie realtà presenti, hanno potuto in quella occasione ascoltarsi, dare testimonianza della propria esperienza e, con il prezioso aiuto del patriarca, capire meglio come affrontare il Sinodo a livello locale. Mons. Pizzaballa, nel rispondere a varie domande, condivide il suo pensiero sulla sinodalità che “è uno stile – dice- un modo di stare nella vita, nella Chiesa, ma anche fuori dalla Chiesa. È un atteggiamento. E l’ascolto, il dialogo sono espressione di questo (…)”. È necessario, dunque, che i vari movimenti e le varie realtà lavorino in “cross -platform”, andando al cuore dell’esperienza di “comunione” della Chiesa universale, esperienza che, più di altre sembra davvero difficile vivere in Terra Santa. “Per comunione io intendo la coscienza di appartenenza- continua- di un dono ricevuto, di una gratuità, di una vita inserita dentro l’altro (…).Tutto questo scaturisce dall’esperienza dell’incontro con Gesù. (…) dopo aver incontrato il Signore e aver fatto esperienza della salvezza tu capisci che questa esperienza diventa completa, profonda, quando viene condivisa in una comunità (…)”. Un desiderio profondo che si rinnova nelle parole di questa lettera inviata dagli ordinari cattolici ai capi delle varie Chiese cristiane in Terra Santa ed apre gli orizzonti, sottolineando anche la volontà di crescere nella fraternità e arricchirsi della saggezza altrui. La possibilità di ‘stare insieme’: questo è l’auspicio del cammino sinodale, un momento che ha il sapore di un pasto condiviso, di un dolore che si abbraccia in gruppo, di una gioia che non può aspettare di essere raccontata; è l’incedere dei discepoli di Emmaus che, benché delusi e tristi, camminano insieme e, nella comunione, si sostengono, finché il Risorto non si accosta a loro. L’occasione da non perdere, quella per riconoscerlo in mezzo a noi.

Maria Grazia Berretta

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Messico: Visite Virtuali alle comunità cristiane

In questi giorni nei quali nell’emisfero nord si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2022, dal Messico il racconto sull’ideazione del progetto ecumenico “Visite Virtuali alle comunità cristiane”, nato un anno fa per promuovere l’unità tra le diverse Chiese. “Il Messico è un Paese a maggioranza cattolica. Nel vivere la spiritualità dell’unità, abbiamo scoperto l’anelito per l’unità dei cristiani e da diversi anni abbiamo coltivato delle belle relazioni ecumeniche”. Sono le parole di Dolores Lonngi, moglie di Pablo, entrambi volontari nel Movimento dei Focolari che da anni seguono il dialogo ecumenico in Messico. Insieme alla loro figlia Ursula, focolarina, nel febbraio scorso, hanno dato il via al progetto “Visite virtuali alle comunità cristiane” con il fine di estendere l’ecumenismo oltre la Settimana di preghiera per l’unità e iniziare un cammino di fraternità e comunione di esperienze. Conoscere come ogni tradizione vive ed esprime la fede nella società in cui è immersa e identificare il modo di collaborare per il bene di tutta la società sono stati, fin dall’inizio, gli obiettivi di questo progetto. Ursula, come si sono svolte queste visite virtuali e da dove siete partiti? “Per portare avanti il progetto si è creata una vera Commissione Centrale formata da noi, l’Ufficiale di Ecumenismo per la Chiesa Anglicana del Messico e Presidente del Consiglio Interreligioso del Paese, il Segretario della Commissione di Dialogo ecumenico ed interreligioso della Conferenza Episcopale Messicana, una docente di “Teologia Ecumenica” all’Universitá Pontificia del Messico e una di Ecumenismo all’Universitá Anahuac della città di Querétaro, oltre che un sacerdote della Confraternita dei Missionari Ecumenici La prima visita è stata alla Chiesa anglicana per poi passare alle Chiese cattoliche orientali. Tutte ci hanno donato delle vere “perle” (la storia, i ministeri, la testimonianza di fede e di carità di giovani e adulti). Nella Chiesa anglicana erano presenti vari sacerdoti anglicani e il Vescovo anglicano emerito dell’Uruguay, Mons. Miguel Tamayo, che ha raccontato degli incontri di Vescovi di varie Chiese promossi dal Movimento dei Focolari. In ognuna delle nostre “visite virtuali” abbiamo avuto un momento di dialogo a piccoli gruppi, che ci ha dato l’occasione di conoscerci di più e di tessere rapporti di amicizia con le persone di diverse Chiese”. Pablo, quali i momenti salienti e che tipo di affluenza? “Nel programma dell’anno c’è stato un momento di preghiera in occasione della Pentecoste (periodo in cui nell’emisfero sud celebriamo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani) e altre sette Visite Virtuali a diverse Chiese, l’ultimo giovedì di ogni mese, oltre che un festival ecumenico di letture bibliche e canti all’inizio dell’Avvento. Per la diffusione dell’iniziativa sui social media e con l’intento di generare una comunità ecumenica, abbiamo aperto dei canali  WhatsApp, Telegram e Facebook, che nei primi mesi del progetto hanno raggiunto più di 10.500 persone di Ecuador, Perú, Argentina, Venezuela, Colombia, Costa Rica, Honduras, USA, oltre che in diverse città del Messico. Dolores, cosa vi ha lasciato questa esperienza? “Siamo rimasti sorpresi dalla grande risposta che questa iniziativa ha avuto e siamo felici di aver contribuito nel nostro piccolo alla crescita dello spirito di unità nelle e tra le nostre Chiese. Ci accorgiamo che così possiamo realizzare quanto già il Concilio Vaticano II proponeva nel n.5 della Unitatis Redintegratio: ‘La cura di ristabilire l’unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo le proprie possibilità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici. Tale cura manifesta già in qualche modo il legame fraterno che esiste fra tutti i cristiani e conduce alla piena e perfetta unità, conforme al disegno della bontà di Dio’ ”.

Maria Grazia Berretta

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