Movimento dei Focolari

Il nostro viaggio in Terra Santa

«Quando dalla costa azzurrissima del Golfo di Beirut contemplavo la città a ridosso di colline e si riprendeva il volo verso il mare, colline, non credevo che Gerusalemme e i luoghi santi avrebbero inciso così sul mio animo». La strada che conduce a Gerusalemme è fiancheggiata da greggi pascolanti. «Ad un tratto ci fu detto di scendere perché le macchine non potevano proseguire, di là bisognava salire a piedi, era una vecchia strada di Gerusalemme, in salita, variata ogni tanto da qualche scaletta di pietra. Quella strada era la via Crucis, quella che Gesù fece allora». Il cortile interno delle torre Antonia, il Litostrotos, è il luogo dove Gesù flagellato, ora il selciato fa da pavimento alla chiesetta detta della Flagellazione, tanti resti dell’epoca incorniciano l’ambiente. «Ecco la scalinata, ancor ben mantenuta, all’aperto sotto il cielo, tra il verde dei prati che la costeggiano e di piante. Qui il Maestro, ormai vicino a morire, con il cuore pieno di tenerezza per i suoi discepoli uscenti dal cielo si, ma ancora fragili e incapaci di comprendere, alzò al Padre la Sua preghiera a nome Suo e di tutti quelli per i quali era venuto, ed era pronto a morire». «Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me». «Il Getsemani e l’orto, splendido giardino mi fecero rimanere raccolta e addolorata nella linda chiesa decorata con gusto, illuminata di viola, che chiude nel cuore una pietra, arrossata ora da una luce, un tempo dal sangue di Gesù. Mi sembrava di vederlo Gesù lì, ma non azzardavo immaginarlo. «Vicino alle mura tombe, tombe e tombe, ancora nella valle di Josafat danno l’impressione di una Risurrezione che non ci fu, perché migliaia di lapidi sono lì per terra in qualche modo, rovesciate, diritte o spezzate e questo è frutto di trascorse guerre. I luoghi mi sono impressi profondamente: Betfage, il Gallicantus, il posto dell’Assunzione della Vergine, il luogo dell’Ascensione. Gerusalemme anche sotto il sole orientale è piena quindi di luce. Ti offre tutt’ora la spianata enorme, spaventosamente vuota, dove una volta si ergeva il magnifico Tempio. Vuota, vuota. Solo una moschea, anche robusta sta lì, incapace di cancellare le parole di Cristo «Di te non rimarrà pietra su pietra». Betania la vidi in pieno sole e salendo le straducole che portano alla tomba di Lazzaro, mi sembrava di udire le parole di Gesù a Marta “Una sola cosa è necessaria”». Signore se tu fossi stato qui il mio fratello non sarebbe morto. Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Marta rispose: «So che risusciterà nella risurrezione l’ultimo giorno» Gesù soggiunse: «Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me quando anche fosse morto, vivrà e chi vive e crede in me non morirà in eterno». Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e si imbatté in ladroni i quali spogliatolo e feritolo se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Ora a caso scendeva per la stessa strada un sacerdote, vide quell’uomo e passò oltre. Così pure un Levita, giunto nelle vicinanze, guardò e tirò avanti. Ma un samaritano che era in viaggio, giunto vicino a lui lo vide e si impietosì, gli si accostò, ne fasciò le piaghe versando sopra olio e vino e collocatolo sulla propria cavalcatura lo condusse all’albergo e si prese cura di lui. Il giorno dopo, trasse fuori due denari e disse all’oste «Prenditi cura di lui e quanto spenderai di più, te lo pagherò al mio ritorno». Chi di questi tre, ti pare, sia stato prossimo per quello che si imbatté nei ladroni? Quegli rispose: quello che gli usò misericordia. E Gesù soggiunse: «Va’ e fa’ tu pure lo stesso». «Volti oscuri sotto turbante bianco o sciolto, uomini rasseganti, o poco rassegnati a quella vita di miseria, volti invisibili coperti di un velo nero, di donne». Gesù viene condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. “Se sei tu il figlio di Dio, comanda a queste pietre di trasformarsi in pane. Se tu sei il figlio di Dio, gettati giù di qui. Tutte queste cose ti darò, se tu prostandoti dinanzi a me, mi adorerai”. Ma Gesù gli rispose «Va via Satana perche’ sta scritto, adora il tuo Signore Dio tuo e serve a lui solo». In quei giorni Gesù fu battezzato da Giovanni nel Giordano e mentre usciva dall’acqua vide spalancarsi i cieli e lo Spirito scendere sopra di lui, quasi come colomba e dal cielo una voce si fecce udire: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto». Gesù, entrando in Gerico, attraversava la città. Allora Zaccheo corse avanti e salì su un sicomoro per vederlo. “Zaccheo scendi presto, perché oggi mi devo fermare a casa tua”. “Ecco Signore la metà dei miei beni la do ai poveri e se ho frodato qualcuno gli rendo il quarto”. Gesù gli replicò: “Per questa casa oggi, è venuta la salvezza. Il figliolo dell’uomo è venuto infatti a cercare e salvare ciò che era perduto”. E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la più piccola tra le principali città di Giuda perché da te uscirà il condottiero che deve reggere il mio popolo Israele. «Ed ogni pietra diceva una parola, molto piu’ di una parola, cosi che alla fine l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù. Ricordo con evidenza d’essermi al settimo giorno scordata letteralmente della mia patria, dei miei conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica, spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senza altro compito che rimanere e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’uomo Dio che quelle pietre mi avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato». Nota: stralci del diario di Chiara Lubich, alternati a passi del Vangelo ambientati in quei luoghi. Voci fuori campo: Graziella De Luca, Enzo Fondi (altro…)

1956: Video inedito del viaggio in Terra Santa

1956: Video inedito del viaggio in Terra Santa

Terra Santa, 1956: La pietra divisa A Gerusalemme le religioni sono varie e le denominazioni cristiane senza numero. Avevo negli occhi e nell’anima la Città Santa, quando entrai a visitare il santo sepolcro. Fummo introdotti nella chiesa che già conteneva il Calvario e, girando a sinistra, ci fu mostrato il luogo, tuttora venerato, dove Gesù venne unto dalle pie donne. Più in là ci fecero entrare in una stanzetta antistante il sepolcro. Finalmente fummo al luogo sacro: ivi ci fu mostrata una pietra lunga un metro e novanta, quella su cui Gesù morto era stato deposto. Dall’alto pendevano varie lampade con luce più o meno pallida: lampade antiche, diverse l’una dall’altra. Ci inginocchiammo e pregammo. Un padre francescano, accanto a noi, disse: “Questo primo pezzo di pietra è dei cattolici, quest’altro pezzo lo tengono tuttora i greco-ortodossi”. Anche il sepolcro di Gesù era diviso. Povero Gesù! In quel momento mi passarono nell’anima tutti i traumi e le separazioni che hanno colpito nei secoli la Chiesa, il mistico Corpo di Cristo e un dolore profondo minacciava sommergermi, quando una luce, attraversandomi l’anima, mi ridiede la speranza (…): un giorno, ci riaccosteremo come fratelli  con una unità fra noi, non solo nella fede ma in una carità più profonda vissuta fino all’estremo Allora faremo una grande festa senza confronto… Uscii dal sepolcro con qualcosa di molto diverso da prima, nella fiducia, piena di speranza, che quel cielo di Gerusalemme possa riudir un giorno le parole dell’Angelo a Maria Maddalena: “E’ risorto, non è qui”. Le pietre che parlano Emmaus ci accolse in un pomeriggio di sole. Ricordo le pietre della strada dove Gesù era passato in mezzo ai discepoli e l’accoglienza più che fraterna fattaci dai padri francescani di lì. Essi desiderano essere, verso i pellegrini, ospitali come lo furono un giorno i due con Gesù. Ci offrirono di tutto, dopo la visita ai luoghi santi con un sorriso pieno e un cuore largo. Quando salimmo sul taxi, per tornare a Gerusalemme, un sole rosso-dorato ammantava tutto il luogo e la scritta che incornicia il cartello d’entrata “Resta con noi Signore, perché si fa sera”, raccolse tutti i presenti in un sentimento misto di commozione e divina nostalgia. Betania la vidi in pieno sole e, salendo le straducole che portano alla tomba di Lazzaro, mi sembrava riudire le parole di Gesù a Marta: “Una sola è la cosa di cui c’è bisogno…”. Vidi Betfage,con la pietra, venerata tuttora, dove Gesù avrebbe posto il piede per montare sull’asina e avviarsi a Gerusalemme tra gli ulivi e gli osanna della folla. Il Getsemani e l’orto, splendido giardino, mi fecero rimanere raccolta e addolorata nella linda chiesa decorata con gusto, illuminata di viola, che chiude nel cuore una pietra arrossata ora da una luce, un tempo dal sangue di Gesù. Mi sembrava di vedere Gesù ma non azzardavo immaginarlo. Poi il Gallicantus, dove il gallo cantò, e la scaletta ancora ben mantenuta, all’aperto sotto il cielo, tra il verde dei prati che la costeggiano, e di piante. Porta dal Sion al torrente Cedron. Qui il Maestro, ormai vicino a morire, col cuore pieno di tenerezza verso i suoi discepoli, scelti dal Cielo sì, ma ancor fragili e incapaci di comprendere, a nome suo e di tutti quelli per i quali era venuto ed era pronto a morire, alzò al Padre la sua preghiera: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi”. Lì Gesù aveva invocato il Padre di affiliarci, anche se lontani per colpa nostra, e di affratellarci tra noi, nella più salda, perché divina, unità. Vidi tanti altri posti, seguii tante strade che Gesù aveva fatte, osservai luoghi che Gesù aveva osservato, mi passarono sotto gli occhi pietre, pietre e pietre ancora… E ogni pietra diceva una parola, molto di più di una parola, cosicché, alla fine, l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù. Ricordo con evidenza di essermi letteralmente scordata della mia patria, dei miei conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica, spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senz’altro compito che rimanere e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’Uomo Dio che quelle pietre mi avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato! Un solo pensiero mi smosse e mi fece tornare. C’era anche in Italia un posto che valeva di più di quei luoghi, dove avrei trovato Gesù vivo: era il tabernacolo, ogni tabernacolo con Gesù eucarestia. Stralci tratti da Scritti Spirituali 1 “L’attrattiva del tempo moderno” – 2° ed. 1978 e 3° ed. 1991. (altro…)

Settembre 2010

Audio della Parola di Vita

Gesù con queste sue parole risponde a Pietro che, dopo aver ascoltato cose meravigliose dalla sua bocca, gli ha posto questa domanda: "Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? fino a sette volte?". E Gesù: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".
Pietro, probabilmente, sotto l'influenza della predicazione del Maestro, aveva pensato di lanciarsi, buono e generoso com'era, nella sua nuova linea, facendo qualcosa di eccezionale: arrivando a perdonare fino a sette volte. […]
Ma Gesù rispondendo: "…fino a settanta volte sette", dice che per lui il perdono deve essere illimitato: occorre perdonare sempre.

"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".

Questa Parola fa ricordare il canto biblico di Lamech, un discendente di Adamo: "Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette" . Così inizia il dilagare dell'odio nei rapporti fra gli uomini del mondo: ingrossa come un fiume in piena.
A questo dilagare del male, Gesù oppone il perdono senza limite, incondizionato, capace di rompere il cerchio della violenza.
Il perdono è l'unica soluzione per arginare il disordine e aprire all'umanità un futuro che non sia l'autodistruzione.

"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".

Perdonare. Perdonare sempre. Il perdono non è dimenticanza che spesso significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte che l'ha commesso. Il perdono non consiste nell'affermare senza importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male.
Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, che consiste nell'accogliere il fratello e la sorella così com'è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste nel non rispondere all'offesa con l'offesa, ma nel fare quanto Paolo dice: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male" .
Il perdono consiste nell'aprire a chi ti fa del torto la possibilità d'un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di ricominciare la vita, d'aver un avvenire in cui il male non abbia l'ultima parola.

"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette".

Come si farà allora a vivere questa Parola?
Pietro aveva chiesto a Gesù: "Quante volte dovrò perdonare a mio fratello?".
E Gesù, rispondendo, aveva di mira, dunque, soprattutto i rapporti fra cristiani, fra membri della stessa comunità.
E' dunque prima di tutto con gli altri fratelli e sorelle nella fede che bisogna comportarsi così: in famiglia, sul lavoro, a scuola o nella comunità di cui si fa parte.
Sappiamo quanto spesso si vuole compensare con un atto, con una parola corrispondente, l'offesa subita.
Si sa come per diversità di carattere, o per nervosismo, o per altre cause, le mancanze di amore sono frequenti fra persone che vivono insieme. Ebbene, occorre ricordare che solo un atteggiamento di perdono, sempre rinnovato, può mantenere la pace e l'unità tra fratelli.
Ci sarà sempre la tendenza a pensare ai difetti delle sorelle e dei fratelli, a ricordarsi del loro passato, a volerli diversi da come sono… Occorre far l'abitudine a vederli con occhio nuovo e nuovi loro stessi, accettandoli sempre, subito e fino in fondo, anche se non si pentono.
Si dirà: "Ma ciò è difficile". Si capisce. Ma qui è il bello del cristianesimo. Non per nulla siamo alla sequela di Cristo che, sulla croce, ha chiesto perdono al Padre per coloro che gli avevano dato la morte, ed è risorto.
Coraggio. Iniziamo una vita così, che ci assicura una pace mai provata e tanta gioia sconosciuta.


Chiara Lubich

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La vita oltre le sfide attuali

Editoriale

LA CULTURA DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI. DIALOGO CON LA SUA PRESIDENTE, MARIA VOCE – a cura di Antonio Maria Baggio – Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, descrive la radice della cultura del Movimento, collocandola nell’originaria esperienza di Chiara Lubich e delle prime focolarine. La spiritualità dell’unità dà vita, fin dall’inizio, ad una cultura di comunione, di popolo, attenta alle esigenze della vita quotidiana, all’impegno laicale nei diversi campi della vita associata. È una cultura che si sviluppa insieme alla vita del Movimento; essa dunque si articola anche in specifiche iniziative che riflettono gli scopi del Movimento stesso: dall’impegno nei diversi dialoghi (con cristiani non cattolici, con le grandi religioni, con le diverse culture), all’approfondimento di nuove prospettive di azione sociale, economica, politica. Per ciascuno di tali aspetti, sorgono gli strumenti culturali corrispondenti, dalle numerose case editrici alla recente esperienza universitaria.

Nella luce dell’ideale dell’unità

GESÙ MAESTRO – di Chiara Lubich – Questo discorso fu rivolto da Chiara Lubich il 17 febbraio 1971 agli abitanti della allora nascente cittadella dei Focolari di Loppiano. Ella sviluppa l’idea – espressione diretta del carisma dell’unità – dell’azione di Gesù-Maestro in tutti i luoghi e i momenti della vita quotidiana, così che l’intera cittadella può essere vista come una “scuola” che vive e si sviluppa alla presenza di Dio. In questa prospettiva, la ricerca della Verità non si limita allo strumento costituito dallo studio, ma si attua attraverso l’incontro vitale con la Sapienza che scaturisce dal Vangelo vissuto. ALLA SCUOLA DI CHI? – di Francesco Châtel – In una “società senza padri” appare più che mai urgente e centrale la questione di chi sia l’educatore. Guida, insegnante, testimone… sono molti gli aspetti che l’hanno caratterizzato nel corso dei secoli. Chiara Lubich si inserisce in questo percorso, e in particolare nell’alveo della pedagogia cristiana, presentando il Cristo quale maestro-modello che illustra non solo le caratteristiche che deve avere ogni educatore, ma si pone quale “unico Maestro”, quello che “abita tra” gli uomini. Ne deriva una chiara centralità della dimensione relazionale nell’educazione che trova riscontro in vari e affermati Autori.

Saggi e ricerche

LA VITA OLTRE LE SFIDE ATTUALI – di Flavia Caretta – Le sfide attuali alla vita ci interpellano quasi quotidianamente, anche per il progresso tecnologico dai ritmi vertiginosi che sembra sfuggire al controllo dell’uomo. Paradossalmente, queste minacce provengono anche dalla medicina, cioè da quell’ars medica nata proprio per tutelare la vita. L’Autrice richiama al criterio etico con il quale la singola persona, la società civile ed ecclesiale, le scienze, e tra queste anche la medicina, si devono sempre confrontare: la concezione della persona e la dignità della sua vita: alla luce di questo criterio si dovrebbero leggere anche i progressi scientifici ed elaborare i giudizi etici. Gli argomenti che confermano la dignità della persona, unica e irrepetibile, provengono ormai non solo dall’ambito teologico, ma da quello scientifico della biologia, della biochimica, della fisiologia. ROBERTO DE NOBILI E L’INDUISMO: IL SUO APPROCCIO TEOLOGICO – di Roberto Catalano – L’articolo affronta il pensiero e l’esperienza del gesuita italiano dalla prospettiva teologica, dalla quale emerge un De Nobili piuttosto controverso, che, sebbene aperto ad un adattamento culturale, di linguaggio e di comportamento, resta fermo sui principi fondamentali della teologia del suo tempo, tipicamente tomistica e tridentina. Questa però non impedisce a de Nobili la ricerca di strade nuove per facilitare la scoperta di Dio. Se, da un lato, la sua critica teologica si concentra sull’idolatria e sul concetto di avataras, dall’altro la sua spinta missionaria, la sua apertura intellettuale e la capacità di adattamento culturale lo portano alla definizione di concetti atti a facilitare la comprensione della “rivelazione cristiana”. Particolarmente motivante è il concetto di Guru divino, che emerge dalla cristologia di De Nobili e che gli permette di presentare il Cristo con categorie culturali provenienti dal contesto in cui vive. DALLA MORALE ALL’ETICA: SINONIMIA O ROTTURA SEMANTICA? – di Philippe Van den Heede – Partendo dalla sinonimia etimologica di “morale” e “etica”, l’Autore percorre brevemente la storia dei due termini e delle diverse interpretazioni che, di volta in volta, li hanno interessati. L’analisi si sposta dunque dal livello etimologico a quello delle variazioni culturali che incidono sui significati dei due termini e che toccano gli strati più profondi del percorso culturale dell’Occidente, attraverso lo sviluppo tecno-scientifico, la regressione della cristianità, la crisi delle grandi ideologie definitorie, l’affermarsi del pluralismo, la crescita dell’individualismo. Questo percorso complesso ha conferito a ciascuno dei due termini connotazioni proprie, costringendo coloro che li usano ad una esplicita definizione dei loro contenuti: pur rimanendo valido l’aspetto della sinonimia, si registra infatti una accentuazione della rottura semantica. IVI È PERFETTA, MATURA E INTERA… – di Giovanni Casoli – “Ivi è perfetta, matura e intera/ ciascuna disïanza”: l’articolo approfondisce il significato delle parole che Dante, nel canto XXII del Paradiso, pone sulla bocca di s. Benedetto, il quale in tal modo esprime la profondità teologica ultima dell’essere umano redento e salvato, nel momento in cui la sua storia si compie. L’Autore tratteggia le possibilità per ogni uomo di costruire la propria “storia di libertà” raggiungendo la verità del desiderio, quella che lo porta non verso la ricerca di un appagamento effimero e, per questo, strenuamente ed inutilmente ripetuto, ma verso l’essere-dono che lo rivela a se stesso nella sua provenienza e nel suo destino. ATTUALITA’ DI GUARDINI INTERVISTA A SILVANO ZUCAL – a cura di Anna Maria Canteri – A quarant’anni dalla morte del teologo e filosofo nato a Verona e vissuto in Germania, appare con sempre maggiore evidenza la rilevanza del suo pensiero. “Praeceptor Germaniae”, guida spirituale del suo tempo, Guardini, pur essendo pienamente partecipe del suo momento storico, si rivela sempre più capace di introdurre alla ricerca della Verità che non ha tempo. Indagatore della dinamicità dell’essere attraverso la sua “opposizione polare”, ispiratore dei giovani della “Rosa bianca”, egli sviluppa un pensiero potente, antropologicamente solido, e profondamente anti-ideologico. Silvano Zucal guida il lettore lungo il percorso intellettuale ed esistenziale guardiniano, mettendo in rilievo la coerenza e la continuità di un pensiero apparentemente non sistematico.

Per il dialogo

GESÙ ABBANDONATO E LA TRADIZIONE ANGLICANA: PENSIERI PRELIMINARI – di Callan Slipper – Nella prima parte dell’articolo, l’Autore comincia con un’analisi breve, sotto tredici punti, di Gesù Abbandonato nel pensiero di Chiara Lubich, in modo da mettere in rilievo il novum del suo approccio. Successivamente, prende in considerazione lo sviluppo del pensiero dottrinale della tradizione Anglicana circa l’opera di redenzione compiuta da Gesù in croce, individuandone quattro distinti periodi di sviluppo: l’epoca delle basi fondamentali, gli apprendimenti esperienziali, l’approfondimento biblico-storico e le nuove aperture dell’epoca moderna. L’Autore conclude mettendo in rilievo il rapporto fra il pensiero di Chiara e la tradizione Anglicana: da un lato, ciò che Chiara presenta è in un senso profondo un compimento e un completamento ulteriore di ciò che si trova nella tradizione Anglicana e, dall’altro lato, la tradizione Anglicana sottolinea e arricchisce alcuni aspetti importanti del pensiero di Chiara.

Spazio letterario

IL REGALO DELL’ARTISTA – di Isaline Bourgenot Dutru. «Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria.

Libri

ECONOMIA E BENE COMUNE. SPILLI, TORTE, SECCHI BUCATI E ALTRO ANCORA. – Benedetto Gui commenta l’analisi con la quale Zamagni, nel suo L’economia del bene comune (Città Nuova, Roma 2007) mette in rilievo la profondità e l’attualità di un concetto classico, oggi non sempre inteso rettamente. PIERO CODA E LA LIBERA “VERITÀ” DEL CRISTIANESIMO – Massimo Donà presenta il recente libro di Piero Coda, Dio che dice Amore (Città Nuova, Roma 2007), incentrato sulla relazionalità originaria di Dio Amore. DIO E CESARE – di Marco Aquini – A partire dall’episodio evangelico, Giuseppe Dalla Torre, in Dio e Cesare. Paradigmi cristiani nella modernità (Città Nuova, Roma 2008), sviluppa alcuni dei temi centrali del rapporto tra Chiesa e ordine politico. INDICI «NUOVA UMANITÀ» 2008 – a cura di Valentina Raparelli. XXX, Novembre-Dicembre 2008/6, n. 180