Movimento dei Focolari

«Il crudo del Vangelo»

SOMMARIO

Editoriale

BENEDETTO XVI E IL CAMMINO DELLA CHIESA CATTOLICA – di Piero Coda – Il presente intervento vuole offrire qualche appunto di riflessione sul cammino della Chiesa cattolica in quest’ultimo periodo, prendendo come termine di riferimento il ministero petrino di Benedetto XVI. Non si tratta di fare una pregiudiziale apologetica di ciò che dice e fa il Papa, ma di cercare di cogliere quanto lo Spirito santo ci indica attraverso tale ministero. Si toccano, in particolare, i seguenti punti: l’invito affabile e insieme deciso a radicarsi nel cuore della fede cristiana; l’interpretazione e la recezione vitale del Vaticano II; il servizio all’unità della Chiesa (il motu proprio Summorum Pontificum sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970; il rapporto coi Movimenti e le Nuove Comunità ecclesiali; l’impegno ecumenico); il dialogo interreligioso e l’impegno a una nuova proposta culturale in cui prendano forma, da un lato, la novità della fede cristiana e, dall’altro, una risposta pertinente e incisiva alle formidabili questioni che investono oggi l’esistenza umana nel mondo, a livello personale, sociale e globale. XXX (2008/2)176, pp. 141-158

Nella luce dell’ideale dell’unità

IL CRUDO DEL VANGELO – di Chiara Lubich – Questo testo di Chiara Lubich, datato 3 dicembre 1973, è il frutto di una esperienza spirituale fatta da lei in quell’anno, quando, colpita nel fisico da una dolorosa doppia ernia del disco e nello spirito da altre sofferenze, venne ad approfondire una dimensione nuova del Vangelo. Il testo conserva la forma di una conversazione familiare perché così è nato. XXX (2008/2)176, pp. 159-163

Saggi e ricerche

LA NOTTE TEMPO DI PROVA. L’ESPERIENZA DEI SANTI – di Fabio Ciardi – Sotto il simbolo della “notte” viene raccolta una grande varietà di esperienze della tradizione cristiana sul cammino di purificazione per poter giungere all’esperienza piena di Dio. Dopo aver accennato alla simbologia della luce e delle tenebre l’articolo si sofferma sul significato dato dalla Scrittura e dall’esperienza dei mistici alla notte come tempo di prova, passando in rassegna una decina di autori, soprattutto del secondo millennio, da Bernardo di Chiaravalle a Madre Teresa di Calcutta. Infine si domanda il perché della prova, sperimentata come notte. La risposta si articola attorno a quattro motivazioni: la notte costituisce una via per la purificazione dell’anima, così da portarla all’unione intima con Dio; per la sua piena conformazione a Cristo; per consentire una partecipazione alla sofferenza redentrice di Cristo; per poter attuare la missione di generare un’opera nuova nella Chiesa (è la notte che riguarda in particolare fondatori e fondatrici). XXX (2008/2)176, pp. 165-187 IL DONO DELLA DIVINIZZAZIONE NELL’ANTROPOLOGIA TEANDRICA DI MAURICE BLONDEL – di Tomáš Tatranský – L’antropologia integrale di Maurice Blondel, filosofo e teologo francese di una profondissima spiritualità cristocentrica, si basa su una concezione dinamica dell’essere che ha come modello supremo la reciprocità del dono costituente l’Essere di Dio Uno e Trino. L’uomo, creato con un atto kenotico di Dio, è chiamato a superare l’essere puramente naturale che lo forma come un individuo, attraverso il processo della propria personalizzazione che richiede una donazione libera e totale di sé. Aprendosi così kenoticamente agli altri e a Dio, l’uomo ritrova in sé il soprannaturale che plasma il suo “uomo nuovo”. In definitiva, la persona umana è destinata ad accogliere il dono della divinizzazione che opera in essa l’unione teandrica dell’umano con il divino. Elevato così a partecipare alla vita trinitaria e a rivivere i rapporti trinitari anche sul piano orizzontale, l’uomo coopera con Dio all’avvento di un mondo nuovo in cui il “Cristo integrale” unirà a sé tutto il cosmo. XXX (2008/2)176,  pp. 189-224 DALLA FRAMMENTAZIONE ALL’UNITÀ: GENERAZIONI IN RELAZIONE – di Francesco Châtel – In un oggi sempre più frammentato e dalle molte verità, la relazione educativa autentica si presenta quale strada maestra per affrontare il mondo dei giovani.  Pur in un gioco di luci ed ombre, le generazioni di oggi si presentano particolarmente aperte al dialogo e capaci di costruire un mondo più unito. Il pensiero e l’azione educativa di Chiara Lubich e dei Focolari ci offrono stimolanti prospettive che collegano l’osservazione della realtà, le mete e i modi per raggiungerle. XXX (2008/2)176,  pp. 225-233 NORBERTO BOBBIO E IL PROBLEMA DELL’ABORTO – di Anselmo Palini – Tra i grandi meriti del filosofo torinese Norberto Bobbio, considerato il padre della cultura laica in Italia, vi è quello di aver tolto il problema dell’aborto  dalle secche della contrapposizione fra laici e cattolici, per inserirlo nel più ampio contesto dei diritti umani. La lezione di Bobbio è oggi più che mai attuale, in quanto ci ricorda che il diritto alla vita è il primo e fondamentale diritto umano e che, come tale, non può essere disatteso o violato. Secondo Norberto Bobbio, la contrarietà all’aborto e l’affermazione del diritto alla vita non sono essenzialmente posizioni desunte dalla fede, come se fossero un patrimonio dei soli cattolici, bensì hanno a che fare con i diritti umani accertati dalla ragione. Sulla base di una tale impostazione del problema, per il filosofo torinese credenti e non credenti dovrebbero essere uniti nell’impegno per la promozione del diritto alla vita e nel contrasto all’aborto. XXX (2008/2)176,  pp. 235-246

Spazio letterario

«Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. NERI, COME I TUOI – di Stefano Redaelli. XXX (2008/2)176,  pp. 247-260

Per il dialogo

LA RELIGIOSITÀ DEI PRIMI CINESI SECONDO I TESTI DI STANISLAUS LOKUANG – di Philippe Hu Kung-Tze – L’Autore si propone di indagare la religiosità degli antichi cinesi rileggendo alcuni scritti dell’Arcivescovo Lokuang, specialista nella filosofia cinese. In alcuni suoi articoli, l’Arcivescovo prende in considerazione i primi tre libri cinesi: Shang-shu (Libro dei Documenti), Shi-jing (Libro delle Poesie) e Yi-jing (Libro dei Cambiamenti). Secondo l’indagine di Lokuang, questi libri mostrano la presenza nell’antica cultura cinese di una profonda e diffusa religiosità. Dai passi esaminati emerge una idea molto chiara: gli antichi cinesi credevano in un Dio unico, la cui concezione è comparabile col concetto cristiano di Dio. Il risultato dell’indagine può essere utile in funzione della realizzazione delle mete proposte nella Dichiarazione sulle religioni non-cristiane del Vaticano II. Essa inoltre contribuisce a stabilire un ponte per il dialogo con il popolo cinese e  a mostrare come i suoi antenati non sono stati dimenticati dalla rivelazione di Dio. XXX (2008/2)176,  pp. 261-270

Libri

LA FERITA DELL’ALTRO, DI LUIGINO BRUNI – di  Giovanni Casoli – Casoli incentra la sua analisi del libro di Bruni intorno alla scelta, che quest’ultimo compie, di parlare di economia dei rapporti umani alla luce del rapporto con l’altro/Altro inteso come ferita, come trauma salvifico e, per questo, necessario. Bruni discute le diverse visioni che, nel corso degli ultimi secoli, la riflessione economica ha proposto dei rapporti umani, spesso interpretandoli proprio in modo da evitare un vero confronto con la realtà dell’alterità. La lettura che Bruni compie  non evita la durezza della realtà dell’altro, ma scopre, nella ferita, la possibilità di una crescita, di una “benedizione”. A partire da questa prospettiva, Bruni sviluppa una interpretazione dell’economia contemporanea nella quale “eros”, “philìa” e “agape” – concetti rappresentanti i principali atteggiamenti relazionali –  si articolano tra di loro nella composizione di una economia civile capace di bene comune. XXX (2008/2)176,  pp. 271-279 NUOVA UMANITÀ XXX –  Marzo – Aprile – 2008/2, n.176

Alla Basilica di Santa Maria Maggiore per il trigesimo della "partenza" di Chiara

Alla Basilica di Santa Maria Maggiore per il trigesimo della "partenza" di Chiara

Un’anima toccata da Dio”, “che ha lasciato come testamento spirituale l’amore scambievole”. Così il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, ha ricordato Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, durante la concelebrazione eucaristica per il trigesimo della sua morte, avvenuta il 14 marzo scorso. A precedere la liturgia brevi testimonianze sul dialogo, di rappresentanti di movimenti cattolici, Chiese diverse e altre religioni. Da tutti la gratitudine e l’impegno a restare fedeli all’ideale dell’unità. Non un’omelia, ma un “Magnificat”, “un rinnovato rendimento di grazie per le grandi opere che Dio ha compiuto nella sua umile serva Chiara“. “Questo vogliamo fare nel trigesimo del suo ritorno alla casa del Padre“, dice il cardinale Rylko, facendosi interprete di tutti. Il Cardinale ripercorre “la vita ricolma di doni naturali e soprannaturali”, della giovanissima maestra di Trento, la cui prima e ultima parola, il 14 marzo scorso, è stata un sì a Dio e ai suoi progetti. Una vita inscindibilmente legata al Movimento dei Focolari che ha portato avanti a partire solo dalla volontà di vivere l’ideale evangelico, dall’amore alla Chiesa, al Papa e ai vescovi di cui si fidava senza riserve. “La Provvidenza la chiamava ad aprire nuovi itinerari di vita cristiana, ma per andare avanti ci voleva coraggio. E lei rispose: “Sì”. Poi il cardinale Rilko torna al cuore del carisma sorgivo del Movimento dei Focolari: credere nell’amore di Dio su ciascuno e amarsi a vicenda perché tutti siano uno. Una unità basata su Gesù abbandonato. Questa, ripete il Cardinale, “è stata e resta la risorsa dell’Opera di Maria” di cui sottolinea “gli straordinari i frutti” nella vita di innumerevoli persone e nel dialogo ecumenico e interreligioso. A confermarlo per altro le molte iniziative civili e religiose nonché gli echi sulla stampa estera seguiti alla scomparsa di Chiara. Tutto porta a dire, conclude il cardinale Rylko, che la si possa annoverare nell’albo delle “grandi donne cristiane del XX secolo“- qui cita, Madre Teresa e Edith Stein –  in cui con forza e bellezza , ripetendo Giovanni Paolo II, si è manifestato il genio femminile. E a chi si chiede “come sarà il futuro senza di lei“, il Cardinale non può che ripetere le parole della fondatrice ”non lo conosco, è scritto in cielo. A noi adempierlo con l’aiuto di Dio come finora e meglio ancora”.

L’eredità di Chiara Lubich

L’universalità del messaggio di Chiara rimbalza fra le testate giornalistiche, i network e le varie agenzie: Chiara incarnazione di un «cristianesimo mite» (Osservatore Romano) che ha creato una «famiglia con i confini del mondo» (Il Sole 24 ore), scaturita «dalle macerie della guerra a un’umanità senza confini» (l’Unità). Sorprende la forza umana e spirituale che sgorga da colei che appare come «una piccola grande donna […] una protagonista della storia che propone un cristianesimo mite, aperto e solidale» (il Giornale). «Chiara Lubich, però, era un vulcano […] la sua testimonianza evangelica doveva essere declinata in ogni ambiente, per fare ritrovare tutti attorno al “focolare”. Il fuoco dell’amore per il prossimo la scaldava. Era il suo motore» (Il Messaggero). Un «Fuoco evangelico», un «Carisma fecondo» sottolinea l’Avvenire,  mettendo in rilievo come l’ideale dell’unità rivelato da Chiara abbia tessuto legami di comunione con uomini e donne di diverse culture, confessioni e fedi religiose. «Una vita per gli altri. Una lunga esistenza spesa per intero a praticare il dialogo […] facendo tesoro del Vangelo e del testamento di Cristo. Chiara Lubich, una piccola, grande donna che ha sparso nel mondo il seme della fratellanza» (Corriere della Sera). Lei, una donna che imprime una svolta alla storia della cristianità e della civilizzazione umana con un contributo tipicamente femminile: «donna di un Dio appartato: un carisma femminile e silenzioso. Un’operosità che rifugge dagli scontri e dalle battaglie culturali […] un movimento per il quale vale davvero la massima per cui “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” […] così è avvenuto che la foresta crescesse e portasse frutti» (Il Foglio). Chiara, «una figura che con il suo genio femminile ha fatto del Magnificat mariano la Magna Charta di una “rivoluzione sociale” cristiana» (Il Mattino), e in tanti paragonano Chiara alle straordinarie figure della storia della spiritualità, al pari di Caterina da Siena – per esempio – Chiara è «donna minuta ma la sua divina avventura è radicata in 182 paesi» (Il Mattino), e ancora «Signora innamorata di Gesù […] che si dedicò instancabilmente al dialogo interreligioso» e che fece di «unità, pace e dialogo tra popoli e culture i tre pilastri del movimento nato dal desiderio di vivere quotidianamente il Vangelo» (Il Tempo). Chiara visse un’amicizia speciale con Giovanni Paolo II, al quale Chiara rappresentava «una delle forme del genio femminile, di cui amava tanto parlare» (La Stampa). La figura di Chiara è ricordata nella saldatura con la storia del Movimento dei focolari: «il suo è tra i movimenti più innovativi del mondo ecclesiastico […] nato quando Chiara scelse “Dio Amore” come proprio motto di vita» (la Padania). Ma Chiara non è solo i focolari ma «un faro nell’arcipelago dei movimenti ecclesiali laici contemporanei e delle nuove comunità che Giovanni Paolo II definì “dono dello Spirito e speranza per gli uomini» (Il Mattino). È impossibile separare la storia personale di Chiara con quella del movimento che da lei ha preso vita: «piovevano le bombe su Trento» e Chiara «cominciò a dire alle persone che impaurite la circondavano che però c’è l’Unico che nessuna bomba avrebbe fatto crollare, e ha continuato a insegnarlo a quanti, poi, l’hanno seguita» (Avvenire). «Chiara aveva scoperto Dio come l’unico ideale che rimane […] e aveva compreso che lo scopo della sua esistenza era quello di contribuire ad attuare le parole del testamento di Gesù “Che tuti siano una cosa sola”» (il Giornale). «In questa unità d’amore si sostanzia il programma e il carisma dei Focolari» (Avvenire). Il Vangelo vissuto da Chiara non è fatto per essere solo contemplato: in esso è vivo un disegno sociale che si pronuncia come rimedio efficace e storico alle lacerazioni del nostro vissuto: «Chiara Lubich, dalla parte dei poveri», è riuscita a «coniugare le ragioni della fede cristiana con quelle della solidarietà umana», «una donna coraggiosa, forte della sua fede, tra i poveri del mondo, la figlia di un tipografo socialista […] capace di costruire un grande movimento laico nella Chiesa cattolica con l’ambizione di realizzare l’unità» (l’Unità). Chiara «dà il via ad un movimento economico con il progetto dell’economia di comunione che ispira la gestione di oltre settecento aziende di produzione e servizi “for profit” nei cinque continenti, con la destinazione di parte degli utili ai meno abbienti. Si abbozzano le linee di una nuova economia capace di incidere sugli enormi squilibri tra ricchi e poveri» (Osservatore Romano).  «La cultura del dare e la nascita di “Economia di comunione”, 800 imprese che nel mondo investono i profitti per aiutare i poveri e creare lavoro. O, in politica, il “Movimento per l’unità”, cui aderiscono tanti parlamentari» (Corriere della sera). «Santa Chiara», titola a grandi lettere Liberal, che ravvisa che Chiara «è stata come le montagne del suo Trentino: tutta protesa verso l’alto […] e questo le ha permesso di entrare in contatto con tutti: credenti non credenti, cristiani e musulmani, ricchi e poveri. Un dialogo che è una risposta attuale a questa nostra società lacerata»: «la Lubich una maestra del dialogo tra religioni» (la Repubblica) «che apre nel Movimento i dialoghi prospettati dal Concilio Vaticano II. Si riveleranno vie privilegiate per contribuire a comporre in unità la famiglia umana. Si sviluppa il dialogo a tutto campo che mira ad approfondire la comunione, a sanare le divisioni e a suscitare la fraternità» (Osservatore Romano). Le biografie di Chiara che si moltiplicano in queste ore sulle pagine dei quotidiani più importanti rivelano tutte come la sua storia sia inestricabilmente connessa con la spiritualità che in lei si è rivelata: «questa corrente di spiritualità di amore si rivela sempre più universale, perché l’amore e l’unità che sono al cuore sono iscritti nel Dna di ogni uomo. È da questa vita nuova vissuta da persone di ogni età, categoria sociale, cultura, razza e credo che dà vita a un movimento di rinnovamento spirituale e sociale a dimensione mondiale, il Movimento dei Focolari di cui Chiara sarà la guida. Continuamente vi imprimerà nuovo sviluppo, con l’unico obiettivo di contribuire a comporre in unità nella fraternità la famiglia umana, secondo quel progetto divino iscritto nel Vangelo» (Osservatore Romano).

Il segreto dell’unità

«Molte voci in questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, così ricca di iniziative in tutto il mondo, hanno evidenziato quanto l’ecumenismo spirituale sia sempre più l’anima del cammino verso la piena unità visibile dei cristiani e susciti nuova speranza per il futuro. Dalla “vita nuova in Cristo e nello Spirito Santo, proviene la capacità di superare ogni egoismo, di vivere insieme in pace e in unione fraterna e portare ognuno i pesi e le sofferenze degli altri”. Lo ha ripetuto il Papa in questi giorni, definendo “provvidenziale” l’iniziativa dell’Ottavario di preghiera, nata cento anni fa per opera di padre Paul Wattson. Era questo uno dei primi segni del risveglio che lo Spirito Santo suscitava, chiamando i cristiani al rinnovamento, alla riconciliazione e alla comunione dopo secoli di lotte, incomprensioni e pregiudizi. La memoria della conversione di san Paolo che si celebra a conclusione della Settimana di preghiera, ci richiama proprio a questa testimonianza evangelica. Molte sono le vie percorse dallo Spirito per richiamare con forza la cristianità a questa conversione. In tutti i tempi, infatti, sa “far cavare” dal Vangelo quel che serve all’umanità di quell’epoca e che di secolo in secolo appare talmente nuovo e rivoluzionario da sembrare prima quasi ignorato. È per me una meraviglia sempre nuova costatare la varietà dei doni, ancora sconosciuti ai più, che lo Spirito Santo ha riversato nel nostro tempo nelle diverse Chiese cristiane, facendo scoprire le molteplici ricchezze contenute nel Vangelo di Cristo e nella redenzione da Lui operata. Lo sperimentiamo reciprocamente, man mano che si approfondisce il cammino di comunione avviato da quasi un decennio tra movimenti, gruppi e comunità non solo cattolici, ma anche evangelico-luterani, ortodossi, anglicani e anche delle Chiese libere. Comunione che diventa possibile per la comune esperienza dell’incontro con Gesù, per il capovolgimento di vita che provoca. È un’esperienza del dialogo della vita, quella nuova via auspicata da vari ecumenisti in questo momento in cui si parla di una riconfigurazione del movimento ecumenico e che può costituire un humus su cui possono svilupparsi le varie espressioni del dialogo. È stata proprio l’esperienza del Vangelo vissuto narrata ad alcuni pastori e religiose in Germania più di 40 anni or sono, che ci ha aperto il dialogo della vita con il mondo evangelico-luterano e poi con le diverse Chiese cristiane. Ero rimasta colpita dalla sorpresa di quel piccolo gruppo che mi aveva ascoltato:  “Come? Anche i cattolici vivono il Vangelo?”. In verità agli inizi non pensavo affatto all’ecumenismo. Per diversi anni ho creduto che il carisma dell’unità fosse unicamente per contribuire a ravvivare il mondo cattolico. I piani di Dio, infatti, mi erano del tutto sconosciuti. Negli anni ’40, era stata per me folgorante la scoperta di un Dio che mi amava immensamente. Era stata più forte dei bombardamenti che colpivano Trento. E tale che ha cambiato radicalmente la mia vita. Ero alla ricerca della verità:  m’è nata la certezza che Gesù sarebbe stato il mio maestro. Un’unica cosa volevo:  amare Dio come voleva essere amato. Insieme alle mie prime compagne correvo nei rifugi antiaerei anche undici volte al giorno. Portavo solo il Vangelo. Quanto mi sono apparsi annacquati in quel tempo i libri spirituali che avevo letto e meditato! Ogni parola di Gesù, invece, era un fascio di luce incandescente:  tutto divino! Vivendole tutto cambia:  il rapporto con Dio e con i fratelli. Dal Vangelo apprendo la difficile arte d’amare che esige di immedesimarmi con gli altri, sentendomi peccato col fratello peccatore, errore col fratello errante, fame col fratello affamato. “Entrare” nel fratello, suscita la sua rinascita:  rivede la luce perché sente l’amore e nella luce la speranza che allontana la disperazione. Ho l’impressione che si scarceri la redenzione, agendo Gesù – mistica vite – attraverso i suoi tralci uniti a lui. “Che tutti siano uno… come Io e Te”. Queste parole lette a lume di candela in un rifugio, mi sono rimaste impresse a caratteri di fuoco. Avevo una certezza:  per quella pagina eravamo nate! Avevo intuito che vi era racchiuso un disegno che avrebbe illuminato cultura e politica, economia, arte e scienze. Un disegno di unità che abbracciava il mondo, tanto che sullo stipite delle porte del nostro piccolo appartamento a Trento, avevamo scritto i nomi dei cinque continenti. Prima di spalancarmi gli orizzonti dei grandi dialoghi aperti poi dal Concilio, lo Spirito mi sottolineava con forza che prima di tutto eravamo chiamate noi a mantener sempre viva l’unità, a tutti i costi, giorno per giorno. Come scrivevo negli anni ’40:  “Tutti saranno uno, se noi saremo uno”. Diventa nostro motto:  “Far dell’unità tra noi il trampolino per correre dove non c’è l’unità e farla”. L’unità diventa la nostra passione. Tra le molte parole che Gesù aveva detto, scopro che c’è un comando che chiama “mio” e “nuovo”: “Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”. Da allora non facciamo un passo se non siamo unite dalla mutua carità:  Ante omnia… (cfr 1 Pietro, 4, 8). Non è sentimentalismo. È costante sacrificio di tutto il proprio io per vivere la vita del fratello. È la perfetta rinuncia di sé, il portar l’uno i pesi dell’altro. È un partecipare di tutto ciò che possiedo, beni materiali e spirituali, al fratello.  La vita ha un balzo di qualità. Sperimentiamo una gioia, una pace nuova, una pienezza di vita, una luce inconfondibile. È Gesù che realizza fra noi quella sua promessa:  “Dove due o più sono riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro”. “Dove due o più”:  quante volte l’ho sperimentato in seguito anche con fratelli ortodossi, luterani e anglicani. È Lui che lega noi, membra sparse, in unità col Padre, e in unità fra noi, quell’unità sinora possibile. Ma questa via dell’unità ha un segreto:  è racchiuso in quel “come” Gesù ha amato noi: dando tutto di sé sulla croce sino a lanciare al cielo quel misterioso grido “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?”. È il dramma di un Dio abbandonato da Dio. Il sentimento della presenza del Padre non doveva farsi più sentire. L’amore era annientato, la luce spenta, la sapienza taceva. Eravamo staccati dal Padre, bisognava che il Figlio provasse la disunità dal Padre per riunirci tutti a Lui, per far di noi Lui:  figli di Dio, pieni di luce, del suo amore, della sua potenza, ricolmi di dignità altissima. La sua è una nuova chiamata forte e decisiva. Mi affascinava. Lo vedo dovunque. Ogni divisione, trauma, ogni dolore fisico, morale, spirituale è come un’ombra del suo grande dolore da amare, volere per dare con la morte di me, la vita a molti. Sgorga una preghiera:  “T’ho trovato. Ti cerco e spesso ti trovo, ma dove sempre ti trovo è nel dolore. In un qualsiasi dolore sei Tu che mi vieni a visitare. Ed io ti rispondo:  Eccomi”. E in questo incontro, per un’alchimia divina il dolore si tramuta in amore, e tante volte, la divisione in unità, che si ricompone. Se non avessi amato Lui nelle prove della vita questa via dell’unità non ci sarebbe. Gesù abbandonato ha vinto tutte le battaglie. È Lui la risposta alla preghiera che gli avevo rivolto insieme alle mie prime compagne, quando affascinate dal suo testamento, gli avevamo chiesto di insegnarci lui come realizzare l’unità». Chiara Lubich (©L’Osservatore Romano – 25 gennaio 2008)