Movimento dei Focolari

A 60 anni dal Vaticano II: ritornare a sognare

L’11 ottobre 1962 si aprivano i lavori del Concilio Vaticano II. A 60 anni di distanza, una riflessione ed uno sguardo su questa ricorrenza storica ed eccezionale nella vita della Chiesa. “Il Concilio che inizia sorge nella Chiesa come un giorno fulgente di luce splendidissima. È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente!”. Con queste parole Papa Giovanni XXIII, concludeva l’11 ottobre del 1962, la celebrazione solenne nella Basilica di San Pietro, dando inizio ad una nuova era. Sono passati 60 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, un Concilio ecumenico, cioè universale, e un momento di grande comunione per affrontare, alla luce del Vangelo, le nuove questioni poste dalla storia e rispondere ai bisogni del mondo. I lavori, portati avanti successivamente da Paolo VI, si protrassero fino al dicembre del 1965 e proprio un mese prima la chiusura dell’evento conciliare Chiara Lubich, Fondatrice del Movimento dei Focolari, scriveva: “Oh! Spirito Santo, facci diventare, attraverso ciò che già hai suggerito in Concilio, Chiesa viva: questa è l’unica nostra brama e tutto il resto serve a questo”[1]. Parole frutto del crescente fervore che animava già i movimenti e le nuove comunità ecclesiali preconciliari; segno indelebile di quella “circolarità ermeneutica che, in virtù dell’azione dello Spirito Santo nella missione della Chiesa, s’instaura tra il magistero di un Concilio come il Vaticano II e l’ispirazione di un carisma come quello dell’unità”[2]. Ma con che occhi, oggi, guardare a questo anniversario? Ce ne parla Vincenzo Di Pilato, docente di Teologia Fondamentale presso la Facoltà Teologica Pugliese (Italia). Professor Di Pilato, quali sogni animarono il desiderio di dar vita a questo Concilio? A partire dalla decisione risoluta di convocare un Concilio universale, il 25 gennaio 1959, ultimo giorno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, papa Giovanni XXIII cercò di spiegare le sue intenzioni impiegando termini che oggi sono diventati fortemente significativi, quali ad esempio: aggiornamento, segni dei tempi, riforma, misericordia, unità. Nei mesi precedenti all’apertura del Concilio, il papa si attendeva da esso che fosse un’epifania del Signore (cf. Es. ap. Sacrae Laudis, 6 gennaio 1962), che avrebbe portato Roma a diventare una nuova Betlemme. I Vescovi di tutto il mondo, come un tempo fecero i Magi, sarebbero giunti ad adorare Gesù in mezzo alla sua Chiesa. Roncalli sognava una Chiesa sinodale, una Chiesa in uscita “dal recinto chiuso dei suoi cenacoli” (10 giugno 1962); una “Chiesa di tutti, particolarmente dei poveri” (11 settembre 1962) perché lo “scopo” del Concilio coincideva con quello dell’Incarnazione e della Redenzione, ovvero “il congiungimento del cielo con la terra… in tutte le forme della vita sociale” (4 ottobre 1962). Perché soffermarsi a riflettere su questa ricorrenza oggi? Non è una ricorrenza come le altre, ma l’occasione irrinunciabile per una rinnovata presa di coscienza davanti a un tempo di grazie speciali. La Chiesa – forse un po’ appesantita dai suoi duemila anni – è incoraggiata a tornare a “sognare”, a rivivere cioè anche oggi quell’evento nello Spirito del Risorto con la certezza che Egli è qui e lo sarà «fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Cosa altro potrebbe significare il processo sinodale impresso da papa Francesco se non quello di perpetuare la Pentecoste in ogni tempo e in ogni luogo? Inoltre, nel periodo precedente e, soprattutto, successivo al Concilio, la crescente vitalità di nuovi movimenti, come ad esempio il Movimento dei Focolari e altre aggregazioni di fedeli e comunità ecclesiali, hanno favorito la maggior comprensione del principio della co-essenzialità tra la dimensione istituzionale e la dimensione carismatica della Chiesa. È importante fare memoria di questa sinergia dello Spirito che fa sì che la Chiesa non sia mai lasciata sola dinnanzi alle immani sfide che di volta in volta si presentano nel cammino della storia. In una parola: la Chiesa è il luogo della fraternità dove ha inizio il Regno di Dio i cui confini vanno ben oltre quelli visibili della Chiesa stessa. La “corresponsabilità” dei laici nella Chiesa, parola riconducibile al Concilio, è un cammino ancora aperto… Sì, è certamente un discorso in divenire ed equivale a riconoscere l’uguaglianza fondamentale di tutti i battezzati; a rivedere il rapporto presbiteri-laici; ad apprezzare la circolarità delle vocazioni; a mettere in atto tutte le strutture di comunione e le forme di sinodalità che sono già possibili; a puntare sulla collegialità episcopale e nel presbiterio stesso (fra il clero e con il vescovo); a scoprire la co-essenzialità dei ministeri e dei carismi; a promuovere la piena reciprocità uomo-donna nella Chiesa; ad impegnarsi nel dialogo ecumenico e interreligioso; ad aprirsi in un rapporto autenticamente dialogico con il mondo circostante, con la/le cultura/e, valorizzando la capacità e la disponibilità all’ascolto, che la familiarità con il Cristo ci dona e ci affina; promuovere nuovi tentativi di dar vita a piccole vivaci comunità locali. In una parola: far sì che emerga Cristo non solo in ciò che diciamo, ma nei rapporti che costruiamo con ogni prossimo e a tutti i livelli.

Maria Grazia Berretta

[1] [1] C. Lubich, Una nuova Pentecoste, dal diario, 11 novembre 1965, in La Chiesa, a cura di B. Leahy e H. Blaumeiser, Città Nuova, Roma 2018, p. 69. [2] Piero Coda, in occasione del Convengo “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’Unità di Chiara Lubich”, Firenze, 11-12 marzo 2022. (altro…)

Papa Francesco firma il “patto” con i giovani: “una nuova economia non è utopia”

Il 24 settembre 2022 papa Francesco si è recato ad Assisi per incontrare i giovani economisti, imprenditori e changemakers di Economy of Francesco giunti da oltre 100 Paesi del mondo per la terza edizione dell’evento, la prima in presenza. Pace, cura, servizio, tutela, amicizia, alleanza, riconoscimento, dignità, condivisione, felicità. Sono queste le dieci parole dell’economia della vita che i giovani economisti, imprenditori, changemakers hanno deciso di incarnare nella realtà, su invito di papa Francesco. Non un’utopia, “perché la stiamo già costruendo”, conclude il “Patto” firmato il 24 settembre scorso nel teatro Lirick di Assisi dalla quattordicenne Lilly Ralyn Satidtanasarn, a nome di tutti i partecipanti di The Economy of Francesco (EoF), e dallo stesso papa Francesco. Un’adolescente thailandese e il vescovo di Roma sono i custodi di questa “giara del futuro”. Un’anfora di carta e inchiostro in cui i ragazzi e le ragazze hanno raccolto i loro impegni personali, nati e maturati in tre anni di sessioni di lavoro online. “Insieme al testo del Patto, li affideremo alla terra come radici dell’economia di domani, nel roseto della Porziuncola, da dove i figli di Francesco partirono per il mondo”, ha detto Lourdes, uno dei tre conduttori che si sono alternati sul palco, su cui c’era una trentina di coetanei, tra cui gli otto testimoni. Sognatori con i piedi, però, ben piantati per terra, capaci di rivoluzionare il mondo con “l’amore, con l’ingegno e con le mani”. Come Facundo Pascutto, argentino di Lomas de Zamora, enorme città-satellite di Buenos Aires che, insieme alla facoltà di Scienze sociali, trasforma associazioni di quartiere, sindacati, università, cooperative, mense comunitarie, unità penitenziarie e imprese in “piccole Assisi”, cioè spazi di incontro tra i differenti attori sociali. O Henry Totin, del Benin, che, con l’associazione Javev, ha reso una pianta infestante – il giacinto d’acqua o togblé – una risorsa economica per i contadini della valle di Ouémé. O ancora Maryam, attivista per i diritti delle donne, fuggita all’Afghanistan dei taleban proprio grazie alla rete di contatti attivata da The Economy of Francesco. È impossibile sintetizzare il caleidoscopio di storie e storia su cui si fondano i dodici punti del Patto. Alcune nuovissime, come “la Fattoria di Francesco”, inventata da Mateusz Ciasnocha, contadino della Polonia del Nord, che proprio nel corso del processo innescato dal Papa ha trovato il modo di coniugare agricoltura e giustizia. “Come? Rispettando i campi e quanti li lavorano. Ora abbiamo creato una nuova impresa in Nigeria per sostenere la produzione famigliare di cinque villaggi della zona di Ibadan”, ha raccontato. Altre, invece, sono antiche. La Comunità di pace di San José de Apartadó ha venticinque anni. “È stata fondata il 23 marzo 1997 quando nessuno parlava di economia circolare e coltivazioni sostenibili. Non ne sapevamo molto nemmeno noi. È avvenuto tutto per ‘chiripa’”. Ha ripetuto questa parola più volte José Roviro. “Vuol dire ‘fortuna’ o ‘provvidenza’”, spiega. Costituito da un gruppo di contadini sfollati del conflitto colombiano, la Comunità ha scelto di dire no alla violenza. “Poiché l’avevamo sperimentata sulla nostra pelle – ha aggiunto Sayda Arteaga -, abbiamo deciso di non infliggerla ad altri”. Ora l’iniziativa – sostenuta da Operazione colomba – produce alimenti sostenibili grazie a un sistema di lavoro comune. Dal modello pioniere, poi, si irradiano altri percorsi. “La neo-nata Fondazione Rut partirà proprio dalla Comunità il processo di ascolto per elaborare una grande piattaforma digitale (Inter Zona) sulle violazioni dei diritti umani e le forme di resistenza nonviolenta”, hanno sottolineato Annamaria De Paola e Giovanna Martelli. Esempi piccoli e grandi di un’altra economia possibile in cui credono i giovani di Eof e, alcuni di loro, “in mattine particolarmente luminose, hanno già intravisto l’inizio della terra promessa”. Quanto ci vuole per raggiungerla? Troppo, sostengono gli scettici, spesso non proprio disinteressati. Il popolo di Eof non se ne preoccupa e ora prosegue il cammino con l’apertura di The Economy of Francesco 2.0. In questo sono profetici: abitano la notte, come la sentinella del brano di Isaia. Non hanno risposte per i passanti angosciati che domandano quanto manca allo spuntare del sole, eppure li ascoltano. Sono donne e uomini del dialogo notturno. Perché – è risuonato ieri con forza dal palco di Assisi – “non c’è alba più bella di quella che ci sorprende in compagnia dei profeti”.

Di Lucia Capuzzi

Fonte: Papa Francesco firma il “patto” con giovani: «Una nuova economia non è utopia» (edc-online.org) Discorso papa Franscesco: Visita del Santo Padre Francesco ad Assisi in occasione dell’evento “Economy of Francesco” (24 settembre 2022) (vatican.va) Video: – IT – Papa Francesco e la comunità EoF – YouTube  

L’unità come “ecumenismo del cuore”

In un clima di gioia, pace e fraternità, si è conclusa da qualche giorno l’11.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico mondiale delle Chiese, a Karlsruhe, Germania.  Il racconto dell’ équipe del Centro “Uno”, segreteria internazionale per l’ecumenismo del Movimento dei Focolari, presente all’evento. “L’amore di Cristo muove il mondo alla riconciliazione e all’unità”. È stato questo il tema cristologico attorno al quale si è svolta l’11.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) che ha avuto luogo a Karlsruhe (Germania) dal 31 agosto all’8 settembre 2022.  Presenti i rappresentanti di circa 350 Chiese, Delegati e leader membri del CEC, leader di altre comunità di fede che collaborano con il Consiglio per l’unità dell’umanità, nonché una delegazione sia della Chiesa ucraina, che di quella russa. Un forte segno e una testimonianza concreta di come questo Consiglio sia veramente una piattaforma perennemente aperta al dialogo. I partecipanti provenienti da tutti i continenti della terra hanno portato con sé l’’immagine viva di tutta l’umanità, nella sua diversità, sofferenza e ricchezza. Hanno raccontato le loro storie, il loro grande amore per Cristo, le lotte per la pace, e il desiderio di mirare proprio all’unità. Un progetto che per essere realizzato non necessita di un amore qualsiasi, ma dell’Amore che nasce dal cuore della Trinità, che si trova solo nel contatto con Dio. Questo è stato espresso nella speciale importanza e cura data della preghiera. Ogni giorno, infatti, cominciava e si concludeva pregando, all’interno di una tenda spaziosa e luminosa allestita proprio in memoria del luogo del patto, dove il popolo ebraico si incontrava con Mosè. La diversità delle liturgie, delle lingue, della musica, dei canti e dei costumi, hanno alimentato la gioia e lo stupore della ricchezza dell’unica fede comune, espressa in un’infinità di modi. Le delegazioni sono giunte a Karlsruhe come pellegrini che vogliono accompagnarsi e sostenersi a vicenda, tracciare nuove direzioni e testimoniare insieme l’amore di Dio. A guidare la delegazione della Chiesa Cattolica il cardinal Kurt Koch, che all’apertura dell’evento ha fatto dono di alcune parole di Papa Francesco scritte per l’occasione, incoraggiando i partecipanti a crescere nella comunione fraterna in nome di Cristo, per essere credibili come Chiesa in uscita e per confortare il mondo in un’epoca di divisioni e guerre. Il contributo del Movimento dei Focolari si è inserito come un tassello in questo grande mosaico, con una presenza di oltre 30 persone, cattoliche e di varie Chiese, tra vescovi amici dei Focolari, focolarine e focolarini, gen (i giovani del Movimento), volontari di Dio e un amico musulmano. Essere presenti insieme a tante persone delle varie Chiese è stata una esperienza unica per ciascuno di noi e un’occasione preziosa per sentirci una cosa sola nell’amore di Cristo. L’assemblea si è conclusa deliberando un report, accolto da una maggioranza che ha espresso il suo consenso, e che fa riferimento a tre sfide significative del nostro tempo: giustizia climatica, giustizia razziale, uguaglianza fra uomo donna – sottolineando in che modo le Chiese possono affrontarle. Elementi che non solo ci mettono in cammino ma, come si legge in alcune righe di questo documento finale, rivelano la somiglianza con gli obiettivi e con lo spirito che guida il Movimento dei Focolari: “Si può definire la ricerca dell’unità che è ispirata dall’amore e radicata in una relazione profonda e reciproca: un ‘ecumenismo del cuore’. È l’amore cristiano che ci spinge a camminare accanto onestamente e con tutto il cuore l’un l’altro, per cercare di vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri e per provare compassione gli uni per gli altri”.

Centro “Uno”

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X Incontro Mondiale delle Famiglie: chiamati ad essere nutrimento per la Chiesa

X Incontro Mondiale delle Famiglie: chiamati ad essere nutrimento per la Chiesa

L’amore familiare: vocazione e via di santità. È  questo il tema del X Incontro Mondiale delle Famiglie che si sta svolgendo a Roma dal 22 al 26 giugno 2022. La voce e la testimonianza di alcune coppie di “Famiglie Nuove”, diramazione del Movimento dei Focolari, che prenderanno parte all’evento. Un momento di festa e di condivisione per farsi abbracciare dalla Chiesa, “famiglia di famiglie” (Al 87) e per sentirsi parte integrante di questo popolo in cammino. Dal 22 al 26 giugno 2022 Roma ospita il X Incontro Mondiale delle Famiglie, evento nato per volontà di San Giovanni Paolo II nel 1994 e che ogni tre anni, da allora, si ripete sempre in luoghi diversi. L’incontro, come annunciato da Papa Francesco in un videomessaggio, questa volta si terrà in forma “multicentrica e diffusa” rispondendo alle esigenze dettate dalla pandemia e al desiderio di tanti di partecipare. Nel mondo, infatti, tante saranno le famiglie che seguiranno l’evento nelle rispettive diocesi, altre invece avranno la gioia di vivere questo momento di presenza. “È la terza volta che partecipiamo all’Incontro Mondiale delle Famiglie e ogni volta portiamo a casa davvero un bagaglio di doni”.

Dori e Istvan Mezaros, Serbia

Istavan e Dori Mezaros (Serbia), sono i referenti per il Movimento Famiglie Nuove dell’Europa orientale e raccontano l’importanza e la gioia di essere presenti a questo evento.  “Nel 2018 a Dublino (Irlanda), abbiamo scoperto il tesoro meraviglioso che il Santo Padre ci ha dato con l’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, una vera e propria guida da usare quotidianamente in ambito familiare. Oggi siamo grati a Dio di poter essere a Roma, sia per vivere un momento di gioia piena, ma anche per condividere con il Santo Padre e con la Chiesa universale la difficoltà che la famiglia vive. Vorremmo capire come avvicinarci, anche in modo nuovo alle famiglie, come accompagnarle, soprattutto se ferite”. Il tema scelto da Papa Francesco per questo X Incontro Mondiale delle Famiglie è “L’amore familiare: vocazione e via di santità”. Una vocazione oggi più che mai messa a dura prova.

João Francisco e Soraia Giovàni, Brasile

“Nel nostro Paese, l’Argentina, quando una famiglia nasce, la prima difficoltà è quella di trovare una stabilità economica, ma la grande povertà, la mancanza di lavoro e l’inflazione non aiutano i giovani in questa ricerca” raccontano Liliana e Ricardo Galli, per anni animatori e responsabili a vario livello per Famiglie Nuove in Argentina, oggi a guida del corso internazionale per famiglie nella cittadella internazionale dei Focolari a  Loppiano (Italia). “Inoltre – continuano – quando la famiglia si allarga, i figli arrivano e crescono, non si può contare su alcun aiuto istituzionale che accompagni i coniugi in questa tappa, senza dimenticare che il forte secolarismo, frutto dell’individualismo e del consumismo, non aiuta i giovani ad avere una progettualità. La sfida, dunque, è sostenere la famiglia, vederla come progetto comunitario e prendersene cura nella comunità. Vivere in rete con altre famiglie aiuta a tenere vivo questo amore familiare e a non sentirsi soli”.

Ricardo e Liliana Galli, Argentina

“L’amore vissuto nelle famiglie è una forza permanente per la vita della Chiesa” si legge nell’ “Amoris Leatitia” (Al 88) e per poter essere nutrimento è necessario far sì che questa unione sia sostenuta, come raccontano João e Soraia Giovani, per monti anni responsabili per Famiglie Nuove in Brasile. “Da quando siamo sposati la fede ci ha guidati nel rapporto con Dio e tra di noi. Per noi, il matrimonio è un camino verso la santità che costruiamo ogni giorno. Con tanta gioia abbiamo accolto i nostri figli e, insieme ad altre famiglie, abbiamo cercato di mettere in pratica le parole dal Vangelo, crescendo nella fede. Certo non sono mancate le sfide durante questi 25 anni di matrimonio e qualche volta non avevamo risposte, ma la voglia di fedeltà all’ amore di Dio è stato un faro. Abbiamo imparato sempre a dirci tutto e nei momenti di difficoltà abbiamo saputo chiedere aiuto. Due parole dal Vangelo ci hanno guidati fin oggi: “Il Signore fa meraviglie per chi è fedeli” e “Chiunque crede in lui non sarà deluso”. La grazia del matrimonio è stupenda e ringraziamo Dio per la nostra vita insieme”.

  Maria Grazia Berretta

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Movimenti e nuove comunità: preziosi tasselli nel mosaico della Chiesa

Il 20 giugno 2022 si è svolto a Roma il convegno “L’identità dei Movimenti e delle nuove Comunità nel cammino sinodale della Chiesa” promosso dalla Pontificia Università Lateranense insieme all’Istituto Universitario Sophia. Accrescere e approfondire il dialogo tra i doni gerarchici e carismatici, tra Chiesa istituzionale, Movimenti e Nuove Comunità. L’augurio del card.  Marc Ouellet è che questi tempi caratterizzati dal cammino sinodale allarghino la consapevolezza dei carismi in tutte le comunità ecclesiali. Queste parole del Prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina esprimono bene la tappa importante del convegno “L’identità dei Movimenti e delle nuove Comunità nel commino sinodale della Chiesa” svoltosi ieri presso la Pontificia Università Lateranense e promosso insieme all’Istituto Universitario Sophia. Al centro dei qualificati interventi, il cammino e le questioni aperte su queste nuove espressioni dello Spirito che richiedono risposte attualizzate e che sappiano misurarsi con un mondo in continuo e veloce cambiamento. Il Card. Kevin Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, Famiglia e Vita ha identificato in quattro punti le sfide che questo cammino presenta oggi: fedeltà dinamica al carisma, unità, sinodalità, e missionarietà: “Le prospettive nuove che lo Spirito Santo apre dinanzi a noi si presentano sempre come sfide, qualcosa che non lascia tranquilli, perché lo Spirito è dinamismo, è creatività, è vita”.

Come attuare, dunque l’aggiornamento che necessita di essere fatto in molteplici ambiti: formazione dei membri, attività di evangelizzazione, attività di aiuto e guarigione delle ferite più profonde delle società?  Nella loro varietà e complementarietà, le risposte e i contributi offerti dai rappresentanti dei Movimenti e Nuove Comunità hanno offerto un panorama dello stato dell’arte di queste realtà ecclesiali oggi. Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari, ha sottolineato che: “In questo tempo, in cui tutta la Chiesa si orienta verso uno stile sinodale, siamo chiamati a un ulteriore passo: camminare uniti, non solo all’interno delle nostre realtà, ma insieme a tutti”. Solo mettendosi in rete, essendo dono per la Chiesa e l’umanità i Movimenti scopriranno in modo nuovo anche la propria identità. Mary Healy, docente di Sacra Scrittura (Sacred Heart Major Seminary di Detroit, USA) ha evidenziato nella formazione, nell’evangelizzazione e nel primato della dimensione carismatica i tre frutti principali di cui Movimenti e Nuove Comunità si sono fatti portatori, a partire dal Concilio Vaticano II: doni portati alla Chiesa e all’umanità, fondati sull’incontro personale e comunitario con Cristo. Intervenendo su “I movimenti ecclesiali e le nuove comunità oggi nel kairos del processo sinodale”, Mons. Piero Coda, teologo, Segretario Generale della Commissione Teologica Internazionale e docente presso l’Istituto Universitario Sophia, ha evidenziato una sfida ancora aperta: la provvisorietà della configurazione di queste realtà ecclesiali in riferimento al loro riconoscimento nell’ordine canonico. La cura della Chiesa in questa fase prelude, nell’attuale contesto ecclesiologico dinamico, a nuovi e più maturi assetti”.
Ad una rappresentanza dei Movimenti e delle Nuove Comunità è stata affidata quindi la sessione su “Fondazione, sviluppo e incarnazione del Carisma”. Moysés Louro de Azevedo Filho, Comunità Cattolica Shalom, fondatore e moderatore generale della Comunità Cattolica Shalom , ha presentato  spirito e finalità di questa espressione ecclesiale che è “portatrice di un carisma la cui sintesi è la parola pronunciata da Gesù quando incontra i discepoli nel cenacolo: ‘Shalom’, verso una santità comunitaria”. Daniela Martucci, vicepresidente della Comunità Nuovi Orizzonti ha messo in luce il cuore del carisma: l’ascolto al grido di Gesù Crocifisso e abbandonato nei poveri, negli ultimi e negli scartati come pure quello d’amore dell’Uomo-Dio che continua a ripetere: “amatevi come io vi ho amati”. Iraci Silva Leite ha evidenziato la centralità della Parola di Dio che orienta l’esperienza della “Fazenda da Esperança”, Parola che “ci unisce, in particolare nello sforzo di vivere l’amore tra di noi e di donare a chi soffre la presenza di Gesù”. Michel-Bernard De Vregille della Comunità dell’Emmanuele ha toccato il tema delle crisi che hanno attraversato e attraversano le realtà ecclesiali: “Spesso si corre il rischio di voler contrapporre carisma e istituzione” ha affermato. “Tuttavia, la fiaccola della Chiesa gerarchica e istituzionale e la fiaccola del carisma sono fatte per incontrarsi e diventare una grande e bella fiamma per illuminare il mondo con la presenza del Risorto”. Per l’aspetto dell’incarnazione, il prof. Luigino Bruni, economista, si è concentrato sulla sfida “narrativa” dei carismi che nascono in un periodo storico spesso raccontato con modalità tipiche del tempo fondativo. “Occorre aggiornarsi assieme al carisma – ha affermato – senza però perdere contatto con il nucleo fondamentale di esso. Un nuovo capitale narrativo arriverà dal pluralismo dei linguaggi, da esperimenti vari, dal dialogo di diverse sensibilità: giovani ed adulti, accademici e gente comune, Chiesa e movimenti, ecc.”
Nel pomeriggio i lavori si sono focalizzati su come i carismi possano e debbano fermentare tutti gli aspetti della vita dei membri e delle comunità, da quelli spirituali a quelli organizzativi,  dall’inclusione di membri di diverse vocazioni, alla formazione, fino all’amministrazione dei beni e a tutte le forme di  responsabilità e Governo. La Prof.ssa Elena Di Bernardo, ordinario di Diritto Canonico (Institutum Utriusque luris, Pontificia Università Lateranense) ha offerto un excursus altamente qualificato sui rapporti tra teologia e diritto canonico, così come si sono realizzati ed evoluti nel corso del tempo. “Si deve presupporre che l’identità in sé di un Movimento o realtà ecclesiale  –  ha osservato – risulti pienamente acquisita quando tutti gli aspetti carismatici costituivi di essa abbiano ricevuto una configurazione giuridica adeguata”. A chiusura dei lavori la relazione della dott.ssa Linda Ghisoni, Sottosegretario del Dicastero per i Laici, Famiglia e Vita dal titolo “Laici oggi nell’ecclesiologia di comunione” ha messo in luce due polarità sulle quali è necessario porre attenzione: persona-istituzione e prassi-statuti. Per la prima ha osservato che “l’ente, Movimento o nuova comunità, sarà preservato se ne saranno garantiti il carisma originario, le finalità proprie in cui coniugare preghiera e apostolato, e, soprattutto, sarà preservato se sarà custodito il bene delle persone che la compongono. Quest’ultimo non potrà mai essere alternativo al bene dell’istituzione!” Sottolineando come l’esperienza ci insegni con dolore che ogniqualvolta si è preteso di preservare il “buon nome” della comunità sacrificando le singole persone e i loro diritti, sono state commesse aberrazioni, dannose per l’intera istituzione, ha concluso: “La persona al centro, sempre, costituisce un investimento sulla comunità o movimento”. L’altra polarità riguarda invece prassi e statuti: se è vero che “la vita senza dubbio anticipa ogni definizione normativa” è vero anche che, va evitato ogni legalismo o demonizzazione del diritto che “lungi dall’essere un male necessario da sopportare redigendo un elenco di articoli, costituisce una via di libertà per tutti: per i membri tutti e per coloro i quali sono in prima persona chiamati a farsene garanti, particolarmente per chi ha incarichi di governo, a tutti i livelli”.

Stefania Tanesini

(Activer les sous-titres français) https://youtu.be/uwykF7mn3f0 (altro…)

Una vocazione a servizio del dialogo

Il 30 aprile del 1982, 7000 tra sacerdoti, religiosi e seminaristi provenienti da tutto il mondo e accomunati dalla spiritualità dell’unità, si riunirono a Roma per l’evento “Il sacerdote oggi, il religioso oggi”. Il ricordo di questa giornata, a 40 anni di distanza. Sacerdoti che si sentono chiamati a essere innanzi tutto testimoni del Vangelo e uomini del dialogo; religiosi che hanno trovato nella spiritualità del Movimento dei Focolari uno sprone ad incarnare con maggiore pienezza il carisma dei loro fondatori; seminaristi che hanno capito di voler scegliere Dio e di confermare la propria chiamata. Sono queste le esperienze di molti tra i partecipanti al Congresso internazionale dal titolo “Il sacerdote oggi, il religioso oggi”, svoltosi il 30 aprile del 1982 in Aula Nervi, in Vaticano. Un appuntamento che vide la partecipazione di circa 7000 persone e che, attraverso testimonianze da ogni parte del globo, evidenziarono i frutti dell’incontro del carisma dell’unità con i ministri della Chiesa cattolica e di altre Chiese e il rinnovamento portato in tante comunità religiose. Chiara Lubich, nel suo intervento di quel giorno, sottolineò i due punti focali di quest’esperienza: Gesù crocifisso e abbandonato come modello del sacerdote e del religioso; l’amore reciproco e l’unità come lo stile e lo scopo della loro missione. Essere uomini del “dialogo”. È questo il mandato che, già allora, racchiudeva in sé il desiderio di una Chiesa in uscita, come si evince dalle parole più che mai attuali della fondatrice dei Focolari: “Mai come ai tempi d’oggi, in cui la Chiesa deve guardare fuori di sé stessa ai cristiani tutti, a chi crede diversamente, e a chi non crede, viene in rilievo quello che alcuni chiamano il mandato missionario del IV Vangelo. Giovanni lo dà in questi termini: ‘Da questo conosceranno che siete miei discepoli: se vi amerete gli uni gli altri’. (…) Oggi i cristiani sono chiamati ad evangelizzare anche in questo modo: amandosi e presentando agli altri l’esperienza della loro nuova vita. Essa non può non toccare, non meravigliare, non porre domande. Ed ecco fiorire il dialogo”. In quel giorno l’allora Santo Padre, Giovanni Paolo II, presiedette “la concelebrazione più grande dall’istituzione dell’Eucaristia”, come titolò L’Osservatore Romano. Fu un momento di gioia e condivisione, un’occasione per fare bilanci, un punto di partenza per nuovi sviluppi. Oggi, a 40 anni di distanza, ascoltiamo il racconto di alcuni tra i partecipanti.

a cura di Maria Grazia Berretta

  https://youtu.be/Ves2qHKNh-g

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