Gen 25, 2023 | Ecumenismo, Testimonianze di Vita
Un passo avanti per conoscersi e per camminare insieme. A conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, da Bari (Italia) un’esperienza di sinodalità, dialogo e di vicinanza con i fratelli di varie Chiese. Da alcuni anni io e mio marito Giulio seguiamo il dialogo ecumenico nell’ambito della diocesi insieme ad altri movimenti e per conto del Movimento dei Focolari. Tempo fa ci è arrivata la lettera del Cardinale Kock, Prefetto del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e del Cardinale Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, sulla necessità di coinvolgere i fratelli delle altre Chiese nei Tavoli Sinodali, momenti in piccoli gruppi, organizzati per elaborare riflessioni e proposte idonee al cammino della nostra Chiesa diocesana proprio in occasione del Sinodo avviato nell’ottobre 2021. Cogliendo l’occasione sono andata da don Alfredo, il delegato del nostro Vescovo per il dialogo ecumenico e interreligioso, invitandolo a considerare questa ipotesi ed egli, dopo qualche tempo, mi ha contattata per invitarmi a partecipare ad un corso per facilitatori dei Tavoli Sinodali in Diocesi che è stato molto interessante. Il passo successivo è stato iniziare ad immaginare il nostro incontro con i nostri fratelli cristiani, e poi man mano concretizzarlo: abbiamo cercato una sala adatta, abbiamo coinvolto nella preparazione gli amici degli altri movimenti, ognuno dei quali conosceva persone di altre Chiese, che sono diventati a loro volta altri facilitatori. Abbiamo fissato la date e sin dal mattino siamo andati insieme con la mia famiglia a preparare la sala per renderla accogliente: abbiamo apparecchiato 6 tavoli con tovaglie colorate, cartelloni, pennarelli colorati, ma anche cioccolatini, bevande, bicchieri ecc. Non sapevamo quante persone sarebbero venute per cui abbiamo voluto esagerare ed abbiamo messo 6 sedie per tavolo. Nel primo pomeriggio sono arrivati i nostri ospiti e alla fine eravamo 38 persone di 9 Chiese diverse e abbiamo dovuto aggiungere 2 sedie. È stata un’esperienza bellissima in cui siamo entrati come estranei e siamo usciti come fratelli, con il desiderio di conoscerci sempre più per poi poter pregare insieme e vivere la carità fraterna. C’era un grande entusiasmo per la scoperta di poter stare insieme con la gioia di essere un solo Popolo di Dio.
Rita e Giulio Seller
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Gen 18, 2023 | Nuove Generazioni, Testimonianze di Vita
Al via la prima edizione del premio annuale promosso dalla Fondazione Chiara Badano Ti piace aiutare concretamente gli altri? Hai un’idea su un progetto di solidarietà e non vedi l’ora di avviarlo? Bene, c’è un’iniziativa che potrebbe interessarti. Il 29 ottobre 2022 durante l’anniversario della nascita della Beata Chiara Luce Badano, la Fondazione che tiene viva la sua memoria ha istituito la prima edizione del Premio Solidarity. È un evento annuale per promuovere progetti di solidarietà in ogni parte del mondo. Chiara Luce fin da piccola ha mostrato la sua passione per i più bisognosi, i più deboli, gli emarginati della società, anziani e bambini in particolare. Per questo motivo la Fondazione Chiara Badano ha deciso di istituire questo premio. L’obiettivo è infatti di sostenere e incentivare progetti per la promozione di azioni positive rivolte alle fasce deboli della popolazione (anziani, persone con disabilità, immigrati…) e azioni volte al contrasto dello sfruttamento e della violenza su donne e bambini, nuove povertà e per la salvaguardia del pianeta. Il premio individuerà ogni anno un progetto innovativo su specifiche tematiche di rilievo sociale, con l’obiettivo di diffonderne i contenuti per farne patrimonio comune. Lo scopo sarà sostenere il progetto attraverso un contributo economico di 2mila euro, incentivarlo attraverso una comunicazione efficace sui social media e aprirlo a nuove forme di sostegno. Al premio possono aderire organizzazioni e gruppi, anche informali, composti in maggioranza da giovani under 30, con un progetto che promuova e sostenga la cultura e la pratica della solidarietà. La scadenza per la presentazione dei progetti (20 gennaio 2023) è stata prorogata al 20 febbraio. Per maggiori info leggi il bando. La Fondazione Chiara Badano promuove inoltre anche il Premio Art, un’iniziativa per dare ai giovani la possibilità di esprimere – attraverso talenti artistici – quanto lo stile di vita di Chiara Luce li abbia affascinati e ispirati. A marzo 2023 uscirà il bando per la sesta edizione. www.chiarabadano.org
Lorenzo Russo
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Gen 17, 2023 | Spiritualità, Testimonianze di Vita, Vite vissute
Imparare a fare il bene vuol dire impadronirsi di un alfabeto che ci permette di cogliere la volontà di Dio nella nostra vita e andare incontro all’altro. È un alfabeto fatto di gesti e la giustizia non è che il tesoro prezioso da ricercare, la gemma desiderata e la meta di questo nostro agire. L’incidente Stavo tornando a casa per il pranzo quando la macchina davanti a me ha preso a sbandare per poi capovolgersi. Mi fermo ed esco dall’auto per prestare aiuto. Grazie anche all’arrivo di altri soccorritori gli infortunati vengono estratti dal veicolo, insanguinati: sono un’anziana signora, un uomo giovane e un bambino. Per timore di essere coinvolto nell’incidente nessuno però si è fatto avanti per portarli in ospedale. Toccava dunque a me! Sono molto emotivo e talvolta la vista del sangue mi ha fatto perdere i sensi. Ma stavolta c’era da farsi coraggio e agire. Al pronto soccorso per accettare i feriti chiedevano una somma che in quel momento non avevo; vero che avrei potuto fare un assegno: era un rischio, ma non potevo abbandonarli. Così ho firmato l’assegno e dopo essermi assicurato che i feriti erano ben sistemati (come il buon samaritano), sono ripartito. Mi sentivo leggero, come dopo un esame: avevo superato l’ostacolo della mia emotività ma soprattutto ero stato d’aiuto a dei fratelli in un momento cruciale. Ho provato la gioia vera del Vangelo. (Marciano – Argentina) Rinascita L’adolescenza ribelle di uno dei nostri figli, la sua depressione, gli attacchi di panico, le amicizie distruttive, le dipendenze avevano aperto una grande ferita nella nostra famiglia. Dentro di me cresceva un fiume di rabbia, di sentimenti ostili che, sommati, mi facevano agire negativamente verso mio marito e gli altri figli. Come madre consapevole di essere fallita, mi sono sempre più chiusa in me stessa. Una cara amica, vedendomi in tale stato, mi ha consigliato di parlare con un sacerdote. La grazia è arrivata proprio in quel colloquio. Come se Dio rompesse le spesse pareti del cuore dove erano rinchiuse le mie lacrime, ho pianto a lungo, ho gridato tutte le cose terribili accadute a nostro figlio nel corso degli anni. Quel giorno la liturgia riportava una frase di Ezechiele che confermava la mia rinascita: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 26). Nella preghiera ho ritrovato la pace per poter essere accanto ai figli come un punto sicuro. (W.Z. – Polonia) Perdono Una mia conoscente aveva ricevuto dal fratello un messaggio che le annunciava la morte improvvisa della moglie e la pregava di andare a trovarlo. Lei però non era mai stata in buoni rapporti con la cognata, specialmente da quando aveva impedito al marito di andare a trovare la madre sul punto di morire. Anche certe amiche le dicevano che faceva bene a non andare da un fratello che non si era comportato bene con tutta la famiglia. La donna, a modo suo molto religiosa, ha cominciato a pregare per la cognata, a far celebrare messe di suffragio… ma non si è mossa: non riusciva a perdonare il fratello. Come convincerla dell’incongruenza del suo cristianesimo? Proprio quel mese la Parola di vita era incentrata sull’amore scambievole. Come tentativo ho portato alla mia conoscente il foglietto con il commento che spiegava come vivere quel comando evangelico. Dopo alcuni giorni, la vedo arrivare in casa mia tutta sorridente: era per raccontarmi che dopo aver letto quel foglietto non aveva più potuto resistere, era andata dal fratello e si era riconciliata con lui. (D.P. – Brasile)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno IX – n.1- gennaio-febbraio 2023) (altro…)
Gen 12, 2023 | Testimonianze di Vita, Vite vissute
Il 31 dicembre 2022 ci ha lasciato Luisa Del Zanna, una delle prime focolarine di Firenze. Era nata nel 1925 in una famiglia cristiana con 8 figli. Conosciuta la spiritualità dell’unità subito l’ha fatta propria. Nel 1954 entra a formar parte del focolare di Firenze. Negli anni successivi ha visto nascere e seguito le comunità del Movimento in tutte le vocazioni e si è dedicata ad essi con amore, intelligenza, sensibilità e delicatezza. Dal 1967 sarà a Rocca di Papa dove Chiara Lubich l’ha chiamata per occuparsi della sua segreteria e l’archivio, che ha coordinato fino al 2007, e la nascita del Centro Santa Chiara, per la comunicazione, insieme a Vitaliano Bulletti. “Custode dei ‘tesori dei Focolari’ – si legge in un articolo del 2008 su Città Nuova – Luisetta, un nome che ti accarezza, che ti fa pensare ad una creatura delicata e gentile. E lo è davvero nella sua figura minuta, Luisa Del Zanna, una di quelle persone alle quali si affidano solitamente compiti importanti per la loro discrezione, competenza, fedeltà, del cui valore non sempre ci si rende conto perché non appaiono ma senza le quali certi ingranaggi finirebbero per incepparsi…”. Nei suoi primi anni di vita di focolare lavorava come maestra in un paesino tra le montagne che raggiungeva facendo un pezzo di strada in groppa a un asino dovendo stare fuori tutta la settimana. E’ proprio di quegli anni la esperienza che ha scritto nel 1958 che e pubblichiamo a continuazione. “Per favore, la strada per Bordignano?[1]” Dopo quattro ore di corriera ero arrivata al Comune Capoluogo di quel paese che sulla carta topografica (scala 1:100.000) non ero riuscita a trovare. Nessuna agenzia d’informazioni ne sapeva dare notizia, né gli orari dei vari mezzi di trasporto lo menzionavano. Eppure, il foglio di nomina parlava chiaro: “La S.V. è invitata a prendere servizio venerdì 7 ottobre nella scuola elementare di Bordignano del Comune di Firenzuola”. E il nome era scritto a carattere stampatello, non ci si poteva sbagliare. La persona alla quale avevo rivolto la parola – un omone alto e robusto – mi squadrò con aria interrogativa: “Come ha detto?” e mi fece ripetere la domanda. Credeva d’aver capito male. Allora indicò lontano: “Vede quel colle laggiù? Dietro ce ne sono altri due e poi c’è B…. Io ci vado anche ora a portare la posta”. Non esitai un momento a capire che vi andava a piedi: gli stivaloni che calzava e il suo viso abbronzato lo facevano intravedere chiaramente. Ebbi un attimo di sgomento: riguardai quel colle, gli stivali di quell’uomo, capii che non c’erano altri mezzi, mi feci coraggio. “Vengo con lei”, dissi decisa. Il portalettere parve non capire, come prima, ma io mi misi in cammino e lo seguii. Furono tre lunghe ore di viaggio, interrotto solo da brevi momenti di sosta in cima alle salite ripide; c’erano raffiche impetuose di vento dove la vallata si apriva. Alla fine, arrivai: tre case di pietra allineate e su, in cima a una stradina alberata, la chiesa col campanile. Salutai un vecchietto, seduto con la pipa in bocca, sulla soglia di casa. Gli dissi che ero la maestra. Si alzò e si mosse per accompagnarmi. Entrammo per una porta sconnessa nella seconda di quelle case in fila, tutte proprietà del vecchietto; la prima era la bottega, fornita di tutto (tranne di poche cose che non avevo e che proprio mi sarebbero servite). C’erano scarpone chiodati, fiammiferi, trappole per topi (di tante specie, quelle), pane raffermo, quaderni, di tutto insomma. Salimmo una scaletta e si entrò nella scuola. Uno stanzone, pochi banchi accatastati in un angolo (non ne avevo mai visti di quel genere: ci stavano in uno solo di quelli anche sei bambini), una sedia spagliata, una lavagna rotta: era tutto l’arredamento. – Di qua c’è la sua abitazione – mi spiegò il vecchietto – può essere contenta! Quest’anno c’è l’acqua corrente. L’ho fatta mettere io, a mie spese! M’introdusse in una cucinetta; in un angolo spiccava il caminetto spento. Avevo freddo. Cominciava a imbrunire: cercai l’interruttore della luce per accenderla, ma non c’era. (Imparai, nei giorni che seguirono, ad usare la lampada a carburo e a lavorare e a scrivere alla luce di quella linguetta di fuoco tremolante). Cercai quel giorno stesso il Pievano (seppi che era la Pieve la sua chiesa, la più bella tra quelle della vallata e dei poggi circostanti) e lo pregai di bandire alla Messa domenicale, che la scuola iniziava. “Eh, Signorina, è tempo di raccolta. Ora ci sono le castagne e poi le olive; i ragazzi aiutano molto in questi lavori. Di scuola – aggiunse – se ne parlerà a gennaio”. Mi parve impossibile. Avevo imparato da qualche tempo a non indietreggiare nelle difficoltà, anzi – mi avevano detto – servono da pedana di lancio – e avevo visto che era vero. Trovai un altro modo per far sapere che ero arrivata. Individuai le abitazioni dei miei alunni tra quelle casette sparse, isolate e vi andai. La prima fu la casa di Angiolino e Maria. Mi è rimasto di quella un ricordo vago di nero e di fumo. C’era Maria accoccolata in un cantuccio tra la cenere del focolare (aveva male alla gola), teneva il braccino alzato sul viso perché non la vedessi. Angiolino era in piedi: in un angolo con la testa bassa, seguiva il discorso che facevo con la mamma. Durante il colloquio conobbi la sfiducia di quella gente nella scuola e più ancora nell’insegnante. Ascoltai molto, in silenzio. Mi sforzavo di capire il parlare di quella donna in un dialetto duro, astioso, quasi incomprensibile. Seppi che il ragazzo da due anni aveva lasciato la scuola, senza aver compiuto gli studi elementari, per le monellerie che perpetrava a danno dei maestri. Dissi poche cose: ero venuta per loro, la scuola era gratuita, i ragazzi avrebbero avuto il pomeriggio libero per aiutare nel lavoro dei campi. “Vedremo – disse la donna – manderò Maria”. Nel congedarmi salutai il ragazzo: “Vorrei far bella la scuola per i piccoli che verranno, se puoi venirmi ad aiutare… t’aspetto”. Non ci fu bisogno di molti altri inviti. I bambini arrivavano uno ad uno, a coppie i fratellini, incerti, timorosi. Si erano dati la voce incontrandosi per i giuochi, nei campi, durante la custodia del gregge, o trovandosi insieme nel bosco curvi per la raccolta delle castagne. “Vieni anche tu? È bello, sai!” “Ci si sta bene, la maestra non batte!” La scuola diventò accogliente in breve tempo con l’aiuto valido di Angiolino. La natura di ottobre offriva un ricco materiale di ornamento nel colore vario delle sue foglie. Incominciò il lavoro. Avevo conosciuto una maestra: la sua scuola si ispirava a quella del Maestro Divino. Volli fare anch’io come lei. Nei pochi anni precedenti del mio insegnamento avevo cercato di conoscere i metodi pedagogici più in voga e di farli miei. Ogni anno però terminava con un senso di fallimento e di sconfitta. Ma questo era il metodo pedagogico di un Dio: non poteva fallire. Stabilii i miei rapporti con gli alunni e i rapporti degli alunni tra loro sul comando di Gesù: “Amatevi scambievolmente…”. Fu la base di tutto il lavoro di quell’anno. La scuola divenne un piccolo paradiso. Il libro preferito fu il Vangelo e le intelligenze di quei bambini, inusate e chiuse al ragionamento umano, si aprivano alla logica evangelica con una spontaneità sorprendente. Era impegnativo quel metodo. “Pro eis sanctifico me ipsum” (Per loro santifico me stesso), l’aveva detto Gesù, altrimenti non aveva efficacia. Era una battaglia e occorreva esser forti; c’era però l’Alimento che le dava la forza e non ne feci a meno, mai. Anche quando gli uffizi funebri nelle parrocchie lontane richiedevano la presenza del Pievano ed egli se ne partiva a cavallo assai prima dell’alba, non mancava l’appuntamento nella chiesetta per avere Gesù, e valeva la pena sfidare per questo il buio e l’abbaiare dei cani lungo il sentiero. Mi accorsi alla fine dell’anno che la vita evangelica dei piccoli non si era fermata entro le mura della scuola, ma si era riversata a casa, nella famiglia. Me ne accorsi dal saluto riconoscente dei genitori che non erano rimasti indifferenti a quel soffio di vita gioiosa che i bambini, tornando portavano tra loro. Era scomparsa dagli animi la scorza rude che me li aveva fatti sembrare insensibili e, inconsciamente in loro era entrata quella stessa vita.
Esperienza di Luisa Del Zanna
[1] Bordignano, nel comune di Firenzuola (Firenze, Italia). (altro…)
Dic 29, 2022 | Cultura, Focolari nel Mondo, Testimonianze di Vita
Due tappe fondamentali per vivere scambi culturali, formare percorsi di inclusione attraverso l’arte e valorizzare talenti musicali. Yann Dupont è un professore francese. Insegna all’istituto Sainte Catherine di Villeneuve-Sur-Lot, in Francia. Aveva un sogno nel cassetto: portare alcuni suoi studenti in Madagascar, a Moramanga per uno scambio culturale con la scuola di Antsirinala. Per caso un giorno Dupont incontra Valerio Gentile del Gen Rosso. Un dialogo vivace, semplice, sincero. Nasce un’idea: perché non andare insieme in Madagascar, Gen Rosso e cinque suoi studenti per uno scambio culturale e umanitario? Detto fatto! I giovani francesi sono stati così inseriti nel gruppo di formazione “train the trainer” dove hanno partecipato anche alcuni giovani interessati alle arti dello spettacolo. Avevano come motto le parole vissute poi durante i workshop in Madagascar: “chiamare per nome, mettersi nelle scarpe dell’altro, vivere l’uno per l’altro con gioia, ricominciare”. Un tour a novembre di 8 giorni – grazie al sostegno economico della ONG Edugascar – in 4 città diverse: Ambatondrazaka, Moramanga, Antsirinala, Antingandingana. Le giornate sono trascorse fra workshop di danza, percussioni, canto e concerti. Oltre 500 giovani coinvolti. “Crediamo che tutti abbiamo sperimentato un pezzetto di mondo più unito qui in Madagascar – affermano dal Gen Rosso -. Abbiamo scoperto un popolo che trasmette speranza, pazienza, senso di adattamento, serenità e coraggio nell’affrontare la vita con le sue sfide quotidiane”. Nancy Judicaelle, giovane malgascia racconta: “Da un lato sono triste che il tempo con loro sia stato così breve, ma sono tanto felice e profondamente commossa, sperimentando una gioia inspiegabile”. Angel, uno dei giovani partecipanti aggiunge: “Il concerto è stato formidabile, perché abbiamo fatto uno scambio sulla musica, sull’educazione dei figli, il rispetto dell’ambiente. È stato uno spettacolo grande in cui anche i bambini hanno potuto dare il loro contributo per tutta la nostra comunità”. I cinque studenti francesi insieme al Gen Rosso hanno proseguito il tour, prima ad Antsirinala dove li ha accolti – in un clima di festa e cordialità – una scuola di 200 bambini e ragazzi gemellata con la scuola di Villeneuve, e poi ad Ambatondrazaka. Qui l’incontro con la comunità dei Focolari, in festa perché era la prima volta che il Gen Rosso sbarcava in Madagascar. “Ho vissuto momenti incredibili, di scambio culturale avvenuto in maniera del tutto naturale tra il Gen Rosso e il popolo malgascio umanitario – afferma Dumoulin Nicolas, reporter francese che ha seguito il tour -, includendo un gruppo di studenti francesi presente qui per uno scambio. È stata una grande avventura di vita”. Tappa in Libano Altro importante viaggio per la band internazionale è il Libano per il progetto HeARTmony. Dopo l’esperienza in Bosnia, questo programma formativo nel mese di novembre ha fatto tappa a Beirut, per giovani interessati alle metodologie dell’inclusione sociale per migranti e rifugiati attraverso l’arte. Uno sprone per rafforzare le competenze interculturali e riflettere sulle cause e gli effetti delle migrazioni nel Mediterraneo. Adelson, Michele, Ygor e Juan Francisco, in rappresentanza del Gen Rosso si sono ritrovati con i giovani di Caritas Egypt, Caritas Lebanon e membri di Humanité Nouvelle Lebanon. Atterrati a Beirut sono stati accolti calorosamente dai membri dei focolari. Lo scopo principale del viaggio era quello di imparare ad utilizzare la musica e l’arte come strumenti per avvicinare le persone, soprattutto chi vive ai margini della società come ad es. i migranti, per farle sentire accolte in una comunità. “L’arte è un mezzo potente, – sottolinea Adelson del Gen Rosso – la musica arriva dove noi spesso non riusciamo con le parole. Una persona si può sentire amata e rispondere all’amore in tanti modi”. Il metodo è quello di sempre: attraverso workshop di canto, musica, percussioni si cerca di valorizzare i talenti dei partecipanti in vista della costruzione dello spettacolo finale. Una sera la band e i partecipanti al progetto sono stati invitati ad una festa organizzata dalla comunità dei focolari di Beirut: fare musica e conoscersi. È stata l’occasione per condividere alcune esperienze di vita e scoprire meglio la realtà che oggi vivono i giovani libanesi. “Voglio andarmene via, ma sento che il Libano cambierà solo se io ho il coraggio di restare, se metto in pratica quanto ho imparato” racconta una giovane ragazza durante la serata. “In questo momento è difficile dire ai giovani di restare, ma le parole di questa ragazza mi hanno colpito profondamente – continua Adelson -. Penso che da qui si possa ripartire: mettere l’amore nelle cose che facciamo, per diventare protagonisti della propria realtà. Forse non vedremo i risultati subito, ma sono certo che presto il Libano rinascerà, come una fenice”!
Lorenzo Russo
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Dic 28, 2022 | Cultura, Nuove Generazioni, Testimonianze di Vita
Le emozioni vissute in un anno indimenticabile e le prospettive per il nuovo anno Il 2022 difficilmente lo dimenticheremo. La guerra in Ucraina, paragonabile ad un virus ancora senza vaccino ci ha segnati ogni giorno di quest’anno che volge al termine. È stata però un’occasione per tanti artisti nel dare messaggi di pace e speranza. E così è nato il brano “We Choose Peace”, inciso dal gruppo artistico internazionale Gen Verde proprio con l’inizio del conflitto in Ucraina. Il videoclip, registrato insieme ai giovani della cittadella di Loppiano e lanciato durante la Settimana Mondo Unito, è stato di forte attualità durante tutto il 2022, soprattutto ai vari concerti in giro per l’Europa. La band ha inciso anche un altro brano, “Walk On Holy Ground”, scritto in particolare per i seguaci di San Vincenzo de’ Paoli ma anche per tutti quelli che si sentono chiamati a seguire Gesù. “Sentirmi guardata ed amata da Colui che mi ha scelta così come sono – racconta dal Gen Verde Andreína Rivera cantante Venezuelana – mi ha dato la forza di continuare con ancora più convinzione”. Quest’anno è stato anche caratterizzato dal ritorno dei concerti nelle piazze e nei teatri, con workshop e laboratori, dopo poco più di due anni di stop dovuto dalla pandemia. Vari i concerti del Gen Verde in Italia e in uno speciale tour europeo. L’esperienza più forte si è vissuta nel carcere femminile a Vechta, in Germania. “Per la prima volta sono stata in grado di non sentirmi in prigione. Era così bello – ha raccontato una detenuta al termine del concerto -. Non ho sentito nessuna differenza, loro erano come noi. Alcune di loro avevano anche le lacrime negli occhi. Ci hanno capito davvero”. E ancora: “Molte canzoni erano così adatte alla nostra situazione, soprattutto la canzone “On the other side” perché aiuta a non giudicare chi è diverso da te”. Un’altra detenuta sottolinea come “il tempo è passato così in fretta e non volevamo che finisse. Le storie delle canzoni sono anche il mio passato ed è per questo che non mi sento sola con il mio dolore. Ora so che anche altre persone con le stesse storie, con lo stesso dolore, sono riuscite a ritrovare la felicità”. Dicevamo del ritorno dopo la pandemia. Per il Gen Verde è stato emozionante riprendere con lo Start Now Workshop Project, cioè ritrovare i giovani nei laboratori artistici e salire sul palco insieme a loro. “È stato forte incontrare i giovani da diverse parti d’Europa – confida dal Gen Verde Raiveth Banfield, cantante panamense -. Donando le nostre esperienze tanta luce riaffiorava nei loro occhi. Una conferma che vale la pena vivere per la fratellanza universale”. A queste parole fanno eco quelle di due giovani ragazze slovacche: “Prima di venire non sapevamo bene a cosa andassimo incontro. All’inizio non volevamo neanche uscire da noi stesse. Poi nei workshop abbiamo scoperto che tutti avevamo tanto in comune, anche se non ci conoscevamo o non potevamo capirci per le lingue diverse. Così abbiamo scoperto che ognuno di noi ha una piccola luce dentro di sé, nonostante qualche piccola oscurità. Questa esperienza è indimenticabile: la porteremo con noi per il resto della vita”. Al Gen Verde si comincia a intravedere un 2023 pieno di sorprese e novità. “Ci prepariamo da vari mesi perché sarà carico di viaggi, tour, concerti e anche di varie sorprese – afferma Alessandra Pasquali, cantante e attrice italiana -. Non possiamo svelare ancora molto perché ci sono cose in elaborazione, tanto lavoro in corso”. Nei primi mesi del 2023 il Gen Verde sarà di nuovo in Germania e poi in Austria, Romania e d’estate in Portogallo per la Giornata Mondiale della Gioventù, oltre che in varie città italiane. Tra queste ultime il 24 febbraio ad Assisi ci sarà un concerto dedicato alla pace.
Lorenzo Russo
Info: https://www.genverde.it/ (altro…)