Movimento dei Focolari

Il nostro viaggio in Terra Santa

«Quando dalla costa azzurrissima del Golfo di Beirut contemplavo la città a ridosso di colline e si riprendeva il volo verso il mare, colline, non credevo che Gerusalemme e i luoghi santi avrebbero inciso così sul mio animo». La strada che conduce a Gerusalemme è fiancheggiata da greggi pascolanti. «Ad un tratto ci fu detto di scendere perché le macchine non potevano proseguire, di là bisognava salire a piedi, era una vecchia strada di Gerusalemme, in salita, variata ogni tanto da qualche scaletta di pietra. Quella strada era la via Crucis, quella che Gesù fece allora». Il cortile interno delle torre Antonia, il Litostrotos, è il luogo dove Gesù flagellato, ora il selciato fa da pavimento alla chiesetta detta della Flagellazione, tanti resti dell’epoca incorniciano l’ambiente. «Ecco la scalinata, ancor ben mantenuta, all’aperto sotto il cielo, tra il verde dei prati che la costeggiano e di piante. Qui il Maestro, ormai vicino a morire, con il cuore pieno di tenerezza per i suoi discepoli uscenti dal cielo si, ma ancora fragili e incapaci di comprendere, alzò al Padre la Sua preghiera a nome Suo e di tutti quelli per i quali era venuto, ed era pronto a morire». «Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me». «Il Getsemani e l’orto, splendido giardino mi fecero rimanere raccolta e addolorata nella linda chiesa decorata con gusto, illuminata di viola, che chiude nel cuore una pietra, arrossata ora da una luce, un tempo dal sangue di Gesù. Mi sembrava di vederlo Gesù lì, ma non azzardavo immaginarlo. «Vicino alle mura tombe, tombe e tombe, ancora nella valle di Josafat danno l’impressione di una Risurrezione che non ci fu, perché migliaia di lapidi sono lì per terra in qualche modo, rovesciate, diritte o spezzate e questo è frutto di trascorse guerre. I luoghi mi sono impressi profondamente: Betfage, il Gallicantus, il posto dell’Assunzione della Vergine, il luogo dell’Ascensione. Gerusalemme anche sotto il sole orientale è piena quindi di luce. Ti offre tutt’ora la spianata enorme, spaventosamente vuota, dove una volta si ergeva il magnifico Tempio. Vuota, vuota. Solo una moschea, anche robusta sta lì, incapace di cancellare le parole di Cristo «Di te non rimarrà pietra su pietra». Betania la vidi in pieno sole e salendo le straducole che portano alla tomba di Lazzaro, mi sembrava di udire le parole di Gesù a Marta “Una sola cosa è necessaria”». Signore se tu fossi stato qui il mio fratello non sarebbe morto. Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Marta rispose: «So che risusciterà nella risurrezione l’ultimo giorno» Gesù soggiunse: «Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me quando anche fosse morto, vivrà e chi vive e crede in me non morirà in eterno». Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e si imbatté in ladroni i quali spogliatolo e feritolo se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Ora a caso scendeva per la stessa strada un sacerdote, vide quell’uomo e passò oltre. Così pure un Levita, giunto nelle vicinanze, guardò e tirò avanti. Ma un samaritano che era in viaggio, giunto vicino a lui lo vide e si impietosì, gli si accostò, ne fasciò le piaghe versando sopra olio e vino e collocatolo sulla propria cavalcatura lo condusse all’albergo e si prese cura di lui. Il giorno dopo, trasse fuori due denari e disse all’oste «Prenditi cura di lui e quanto spenderai di più, te lo pagherò al mio ritorno». Chi di questi tre, ti pare, sia stato prossimo per quello che si imbatté nei ladroni? Quegli rispose: quello che gli usò misericordia. E Gesù soggiunse: «Va’ e fa’ tu pure lo stesso». «Volti oscuri sotto turbante bianco o sciolto, uomini rasseganti, o poco rassegnati a quella vita di miseria, volti invisibili coperti di un velo nero, di donne». Gesù viene condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. “Se sei tu il figlio di Dio, comanda a queste pietre di trasformarsi in pane. Se tu sei il figlio di Dio, gettati giù di qui. Tutte queste cose ti darò, se tu prostandoti dinanzi a me, mi adorerai”. Ma Gesù gli rispose «Va via Satana perche’ sta scritto, adora il tuo Signore Dio tuo e serve a lui solo». In quei giorni Gesù fu battezzato da Giovanni nel Giordano e mentre usciva dall’acqua vide spalancarsi i cieli e lo Spirito scendere sopra di lui, quasi come colomba e dal cielo una voce si fecce udire: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto». Gesù, entrando in Gerico, attraversava la città. Allora Zaccheo corse avanti e salì su un sicomoro per vederlo. “Zaccheo scendi presto, perché oggi mi devo fermare a casa tua”. “Ecco Signore la metà dei miei beni la do ai poveri e se ho frodato qualcuno gli rendo il quarto”. Gesù gli replicò: “Per questa casa oggi, è venuta la salvezza. Il figliolo dell’uomo è venuto infatti a cercare e salvare ciò che era perduto”. E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la più piccola tra le principali città di Giuda perché da te uscirà il condottiero che deve reggere il mio popolo Israele. «Ed ogni pietra diceva una parola, molto piu’ di una parola, cosi che alla fine l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù. Ricordo con evidenza d’essermi al settimo giorno scordata letteralmente della mia patria, dei miei conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica, spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senza altro compito che rimanere e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’uomo Dio che quelle pietre mi avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato». Nota: stralci del diario di Chiara Lubich, alternati a passi del Vangelo ambientati in quei luoghi. Voci fuori campo: Graziella De Luca, Enzo Fondi (altro…)

1956: Video inedito del viaggio in Terra Santa

1956: Video inedito del viaggio in Terra Santa

Terra Santa, 1956: La pietra divisa A Gerusalemme le religioni sono varie e le denominazioni cristiane senza numero. Avevo negli occhi e nell’anima la Città Santa, quando entrai a visitare il santo sepolcro. Fummo introdotti nella chiesa che già conteneva il Calvario e, girando a sinistra, ci fu mostrato il luogo, tuttora venerato, dove Gesù venne unto dalle pie donne. Più in là ci fecero entrare in una stanzetta antistante il sepolcro. Finalmente fummo al luogo sacro: ivi ci fu mostrata una pietra lunga un metro e novanta, quella su cui Gesù morto era stato deposto. Dall’alto pendevano varie lampade con luce più o meno pallida: lampade antiche, diverse l’una dall’altra. Ci inginocchiammo e pregammo. Un padre francescano, accanto a noi, disse: “Questo primo pezzo di pietra è dei cattolici, quest’altro pezzo lo tengono tuttora i greco-ortodossi”. Anche il sepolcro di Gesù era diviso. Povero Gesù! In quel momento mi passarono nell’anima tutti i traumi e le separazioni che hanno colpito nei secoli la Chiesa, il mistico Corpo di Cristo e un dolore profondo minacciava sommergermi, quando una luce, attraversandomi l’anima, mi ridiede la speranza (…): un giorno, ci riaccosteremo come fratelli  con una unità fra noi, non solo nella fede ma in una carità più profonda vissuta fino all’estremo Allora faremo una grande festa senza confronto… Uscii dal sepolcro con qualcosa di molto diverso da prima, nella fiducia, piena di speranza, che quel cielo di Gerusalemme possa riudir un giorno le parole dell’Angelo a Maria Maddalena: “E’ risorto, non è qui”. Le pietre che parlano Emmaus ci accolse in un pomeriggio di sole. Ricordo le pietre della strada dove Gesù era passato in mezzo ai discepoli e l’accoglienza più che fraterna fattaci dai padri francescani di lì. Essi desiderano essere, verso i pellegrini, ospitali come lo furono un giorno i due con Gesù. Ci offrirono di tutto, dopo la visita ai luoghi santi con un sorriso pieno e un cuore largo. Quando salimmo sul taxi, per tornare a Gerusalemme, un sole rosso-dorato ammantava tutto il luogo e la scritta che incornicia il cartello d’entrata “Resta con noi Signore, perché si fa sera”, raccolse tutti i presenti in un sentimento misto di commozione e divina nostalgia. Betania la vidi in pieno sole e, salendo le straducole che portano alla tomba di Lazzaro, mi sembrava riudire le parole di Gesù a Marta: “Una sola è la cosa di cui c’è bisogno…”. Vidi Betfage,con la pietra, venerata tuttora, dove Gesù avrebbe posto il piede per montare sull’asina e avviarsi a Gerusalemme tra gli ulivi e gli osanna della folla. Il Getsemani e l’orto, splendido giardino, mi fecero rimanere raccolta e addolorata nella linda chiesa decorata con gusto, illuminata di viola, che chiude nel cuore una pietra arrossata ora da una luce, un tempo dal sangue di Gesù. Mi sembrava di vedere Gesù ma non azzardavo immaginarlo. Poi il Gallicantus, dove il gallo cantò, e la scaletta ancora ben mantenuta, all’aperto sotto il cielo, tra il verde dei prati che la costeggiano, e di piante. Porta dal Sion al torrente Cedron. Qui il Maestro, ormai vicino a morire, col cuore pieno di tenerezza verso i suoi discepoli, scelti dal Cielo sì, ma ancor fragili e incapaci di comprendere, a nome suo e di tutti quelli per i quali era venuto ed era pronto a morire, alzò al Padre la sua preghiera: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi”. Lì Gesù aveva invocato il Padre di affiliarci, anche se lontani per colpa nostra, e di affratellarci tra noi, nella più salda, perché divina, unità. Vidi tanti altri posti, seguii tante strade che Gesù aveva fatte, osservai luoghi che Gesù aveva osservato, mi passarono sotto gli occhi pietre, pietre e pietre ancora… E ogni pietra diceva una parola, molto di più di una parola, cosicché, alla fine, l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù. Ricordo con evidenza di essermi letteralmente scordata della mia patria, dei miei conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica, spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senz’altro compito che rimanere e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’Uomo Dio che quelle pietre mi avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato! Un solo pensiero mi smosse e mi fece tornare. C’era anche in Italia un posto che valeva di più di quei luoghi, dove avrei trovato Gesù vivo: era il tabernacolo, ogni tabernacolo con Gesù eucarestia. Stralci tratti da Scritti Spirituali 1 “L’attrattiva del tempo moderno” – 2° ed. 1978 e 3° ed. 1991. (altro…)

Palestina: una terra dove vale la pena vivere

Palestina: una terra dove vale la pena vivere

«Vale la pena vivere in questa terra». Così cantano i versi di una composizione poetica palestinese, che viene recitata sullo sfondo di un power-point che ripropone gli avvenimenti unici nella storia dell’umanità avvenuti in questa parte di mondo: la nascita di Gesù, il suo battesimo, i suoi miracoli, fino al suo presentarsi ai discepoli di Emmaus. È il pezzo che ha concluso la festa al termine dell’incontro della comunità della Terra Santa con Maria Voce e Giancarlo Faletti. Erano arrivati in tanti da Gerusalemme, Haifa, Nazareth, Ramallah, Gaza (il gruppo è accolto con un calorosissimo applauso) e Betlemme, dove si è tenuto l’incontro nel pomeriggio di sabato 19 febbraio. Proprio quella frase che esprime l’anima palestinese sembra la risposta immediata a quanto poco prima aveva detto la presidente dei Focolari, nel rispondere alla domanda di Ghada di Gaza che chiedeva una parola per chi vive in una situazione così difficile. «Vorrei darvi una parola di speranza. – ha detto Maria Voce – Abbiamo visto la vostra situazione, siete i prediletti. Siete particolarmente nel nostro cuore. L’Opera di Maria è con voi, tutta l’Opera di Maria». Dopo una presentazione di varie esperienze di famiglie, giovani ed adulti provenienti da diverse parti della Terra Santa, alcune immagini hanno accompagnato tutti i presenti nei vari momenti della storia dell’Opera in questa parte di mondo, a partire dalle immagini della visita di Chiara Lubich nel 1956.  Si sono visti i primi passi, compiuti a Nazareth, alla fine degli anni ’60, grazie a padre Armando Bortolaso, diventato poi vescovo di Aleppo. Le prime Mariapoli negli anni ’70 con Aletta Salizzoni e Guido Brini ed altri provenienti dal Libano. Poi, l’arrivo dei due focolari nel 1977 e nel 1980 e lo sviluppo dei Focolari tra le tante sofferenze di questi decenni, ma anche con sviluppi e frutti inattesi nel dialogo a diversi livelli. Le domande alla presidente e al copresidente hanno toccato molti punti: dai tipici problemi dei giovani al dolore, dalla scelta della propria strada al desiderio di santità risvegliato dalla beatificazione di Chiara Luce.  Soprattutto, però, si sono concentrate sullo specifico di questo mondo: le divisioni fra cristiani, i rapporti con musulmani ed ebrei, la vita di una minoranza, quella cristiana, che si assottiglia sempre più senza un’apparente speranza per il futuro. Una nota di speranza è venuta anche dal Nunzio Apostolico Mons. Antonio Franco, che, dopo essere stato presente per buona parte del programma, ha rivolto alla sala parole calorose: «Vi saluto con affetto. Sapete che vi voglio bene. La presenza della presidente e del copresidente qui significa che avete tutto il Movimento con voi. Ho sperimentato lo stesso quando il Papa è stato con noi. Sentivo la stessa forza. E’ come un passaggio del Signore che vi vuole donare qualcosa. Andiamo avanti rafforzati!» Infine la festa finale, danze e canzoni coinvolgenti, ma anche un messaggio forte che sottolineava il titolo della giornata, che campeggiava nel poster sul palco: Tasselli di un magnifico mosaico. di Roberto Catalano (altro…)

1956: Ho visto la Terra Santa

1956: Ho visto la Terra Santa

La pietra forata – Quando dalla costa azzurrissima del golfo di Beirut contemplavo la città a ridosso di colline costellate da migliaia di casette, e si riprendeva il volo verso il mare, per alzarci onde poter riaffrontare, ritornando, i primi monti della Palestina, non credevo che Gerusalemme e i Luoghi Santi avrebbero inciso così sul mio animo. (…) Sette giorni durò il mio soggiorno in Palestina. Non ricordo l’itinerario delle visite, ma i luoghi li ho impressi profondamente: Betfage, il Gallicantus, la scaletta di pietra del testamento di Gesù, il Getsemani, la fortezza Antonia, dove Pilato espose Gesù al pubblico dicendo:”Ecco l’uomo!”; il posto dell’Assunzione della Vergine; il luogo dell’ascensione, racchiuso in una “edicola”; poi Betania e la strada che da Gerusalemme porta a Gerico, menzionata nella parabola del Buon Samaritano; poi Betlemme…Tutta una serie di nomi dolcissimi, che né la vita né la morte riusciranno a cancellare. A sera calata, alzando gli occhi al cielo, grondante stelle cariche di luce, cieli che qui in Italia non si sognano nemmeno, sentivo una strana e logica affinità tra quel firmamento e quei luoghi. (…) Una vecchia strada di Gerusalemme, in salita, larga forse tre metri, riecheggiante le urla dei mercanti che, a destra e a sinistra vendevano la loro merce. Gente che andava e veniva sgomitandosi, indossando i costumi più vari dell’oriente e dell’occidente. Si salì, e lungo quel bazaar – così è chiamato dagli abitanti – ogni tanto ci veniva indicata una porta  che non si sapeva se appartenesse ad una casa o ad una cappella: “Ecco una stazione, ecco la terza, ecco la quarta…Qui Gesù incontrò Maria, qui il Cireneo…”. Quella strada era la Via Crucis, quella che Gesù fece allora. Qualche metro più in su, ci fu annunciato: “Siamo al sepolcro: qui, in questa Chiesa, sostenuta da travature fortissime, antiestetiche, c’è quanto di più sacro si possa immaginare: il Calvario e il sepolcro”. Nell’animo un senso vivo di dolore e quasi di sgomento. Entrammo e infilammo una scaletta stretta stretta, lisa nel marmo dai milioni di pellegrini che la salirono, e ci trovammo di fronte ad un altare sul quale potevano celebrare anche i greco-ortodossi e gli armeni. Un cicerone ci mostrò attraverso un vetro, che custodiva una roccia, un buco, e disse: “In questo foro fu piantata la croce”. Inavvertitamente, senza dircelo, ci trovammo tutti in ginocchio. Io, per conto mio, ebbi un momento di raccoglimento. In quel foro fu piantata la croce… la prima croce. Se non ci fosse stata questa prima croce la mia vita, la vita di milioni di cristiani che seguono Gesù portando la loro croce, i miei dolori, i dolori di milioni di persone, non avrebbero avuto un nome, non avrebbero avuto un significato. Egli, che lì fu innalzato come un malfattore, diede valore e ragione al mare di angoscia da cui è toccata e, alle volte sommersa l’umanità e, non di rado, ogni uomo. Non dissi nulla a Gesù in quel momento. Aveva parlato quella pietra forata. Solo aggiunsi, come un bambino estatico: “Qui, Gesù, voglio piantare, ancora una volta la mia croce, le nostre croci, le croci di quanti ti conoscono e di quanti non ti conoscono” Stralci tratti da Scritti Spirituali 1 “L’attrattiva del tempo moderno” – Città Nuova,  3° ed.1991 (altro…)